da pierodm il 22/01/2011, 9:21
«Il vuoto italiano? Riempiamolo di 'complessità'
Giovani senza lavoro? Sostituissero le badanti»
di Giuseppe Rizzo - l'Unità
...Tutti intellettuali giovani e tristi, come quelli del romanzo di Keith Gessen (“Tutti gli intellettuali giovani e tristi” - Einaudi), quelli di oggi? Stiamo provando a sentirli, stiamo provando a vedere se non sono allegri per contratto o perché non c’è niente di cui rallegrarsi.
Oggi tocca a Christian Raimo, 35 anni, di Roma. Autore di due raccolte di racconti, “Latte” e “Dov’eri tu quando le stelle del mattino gioivano in coro”, professore in un liceo della capitale, traduttore, consulente di Minimum fax e Laterza, collaboratore di diverse testate, Raimo da tempo denuncia la necessità di nuovi spazi pubblici in cui fare cultura (e, di conseguenza, fare politica), spazi contro “il vuoto che invade l’Italia”.
Concretamente, quali sarebbero questi nuovi spazi?
Immagino delle nuove comunità che non siano comunità di consumatori di cultura, ma comunità di dibattito, una specie di gruppi di autocoscienza, di studio. Come è sempre stato da Socrate a Sant'Agostino a Pascal ai soviet all'università ai partiti.
Autocoscienza e soviet, li prendeva già in giro Moretti nel suo “Ecce Bombo”, 30 anni fa...
All'origine c'è l'idea che la cultura sia un bene di consumo come gli altri, questo non è tecnicamente vero. E questo vale anche per la letteratura. Siamo cresciuti in un mondo in cui la letteratura era il modo di dare un senso alla complessità. Oggi questo "dare un senso alla complessità" può essere acquistato in vari formati.
Ci risiamo col mercato che insozza tutto?
Io lavoro per due case editrici, scrivo per il giornale della Confindustria e per Rolling Stone, cerco di non avere una visione nostalgica. Però mettiamo che oggi uscisse Moby Dick, e un giornale ne intuisse la portata e ne facesse una grande anticipazione. La settimana dopo non potrebbe tornare a parlarne. Siamo abituati oggi a dare sempre più spazio alle forme pubblicitarie, senza renderci conto che ciò che è pubblicizzato non potrà mai essere cultura.
Franzen sulla prima pagina del Time non è cultura?
Non sono apocalittico e Franzen è un caso anomalo. Sui giornali mainstream non si fa un discorso continuo, non ci sono critici che rispondono a altri critici. Per me non c'è niente di male nella letteratura popolare. Anzi sono proprio le narrazioni seriali oggi che creano un senso di comunità, di racconto comune, di possibilità di interagire sul lungo periodo che altrimenti non si dà.
E secondo te, J.J. Abrams, o Scorsese, quando pensano alle loro serie, non pensano al mercato?
Gli Stati Uniti hanno il miglior sistema di istruzione al mondo; il mercato può produrre cultura certo ovunque, e anche al cuore della produzione culturale americana si creano grandi cose; ma questo accade se gli autori hanno avuto il tempo per formarsi. Leggiamoli i curricula degli inventori di West Wing, The Wire, Lost, etc...
Il problema dunque sarebbe ancora una volta l’istruzione. Chi e cosa ha impoverito quella italiana?
La riforma dell'università del 3+2 è uno schifo. Pensata uno schifo, e gestita uno schifo. Ma anche l’idea dalemiana di un riformismo senza giustizia sociale ha fatto andare a carte quarantotto un paese che aveva fatto dell'istruzione e della cultura dagli anni '50 in poi la sua anomalia positiva. Se torniamo al punto di svolta, agli anni ’80, le responsabilità sono sicuramente anche dei socialisti che hanno bloccato l'ascesa sociale e culturale delle classi operaie. Se devo sparare merda su Berlusconi, mi sembra inutile...
Hai deciso di diventare un insegnate delle superiori, perché?
Quello che potevo fare con i giornali, il lavoro in casa editrice, mi sembrava sempre superficiale rispetto a quello che si poteva fare in un rapporto lungo con dei ragazzi in formazione. La scuola e l'università mi avevano dato moltissimo, mi sentivo che dovevo restituire qualcosa.
Dei ragazzi che ogni giorno incontri in classe si dice che è stato loro rubato il futuro...
Non è il futuro che è stato tolto ai giovani, ma la capacità di rielaborare il passato, prendendosi le responsabilità anche dei padri. “La crisi non la paghiamo” è un grande slogan, ma sta di fatto che poi la crisi la paghi. Facciamo un'ipotesi assurda: e se il 30% dei disoccupati venticinquenni, trentenni si occupasse dei servizi alla persona, di sostituire le badanti? Questo sarà il futuro: novantenni non autosufficienti da accudire. Ridateci il nostro futuro ha anche questo di slogan al suo interno. Questa era un'occupazione che i nostri genitori e i nostri nonni facevano: occuparsi dei vecchi; oggi viene data in outsourcing.
Ultime battute: il politico che ti convince di più in questo momento?
Landini, credo. Tabacci. E Vendola, sicuramente...
Un libro che consigli di leggere
“L'uomo senza inconscio” di Massimo Recalcati. “Essere maschi” di Stefano Ciccone, “Devozione” di Antonella Lattanzi, “Herzog” di Saul Bellow.
Un paese che consigli di visitare?
Subiaco. Il monastero di Subiaco. Le radici dell'identità italiana, il rapporto tra cultura classica e cultura cristiana...