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ho ascoltato il Prof. Martino

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 17/05/2009, 22:36

Gabriele
Dev'esserci qualcosa di sbagliato nel modo in cui leggo quello che scrivi, perchè continuo ad avere difficoltà a capire.
Nella fattispecie, non capisco perché ti soffermi su una ipotesi "autoritaria", come se scaturisse dall'esempio da me citato.
Non dico che nella mia ipotesi non possa venir fuori un sistema come quello che tu descrivi, ma è solo uno dei casi possibili.
Io ho soltanto tracciato in via estremamente larga quello che è l'itinerario comune ad ogni genesi di società: nel momento in cui una "comunità" decide di darsi un'organizzazione per gestire le risorse naturali disponibili, per cercane altre alternative, per procurarsi la sopravvivenza, per distribuire quella che in quel contesto è la "ricchezza", può esperire diversi sistemi: da quello del capo-tribù assimilato ad un dio, che ha diritto di vita e di morte su chiunque, e che accentra su di sé in via simbolica ogni possedimento della comunità e ne decide la cessione pro tempore a chi dice lui, all'agorà in cui ogni decisione viene presa a maggioranza e tutti hanno diritto di voto, o solo i guerrieri-cacciatori, o tutti i maschi e non le donne, ad un sistema in cui decide un consiglio dei saggi per età, o per elezione, o perché hanno gli occhi chiari.

Quello che volevo stabilire è la genesi, che con concetti moderni possiamo chiamare "economica", che dà luogo ad un sistema che nel suo insieme definiamo "politica", e quindi l'inscindibile unitarietà del sistema sociale che ne deriva.

Forse si capisce ancora meglio ciò che intendo, se dico che anche il più estremo dei liberismi che definiamo "economici", o industriali, o capitalistici, o quel che sia, ha tutti i connotati di una scelta e di un'organizzazione che possiamo altrettanto legittimamente definire "politica".
Nell'ottica moderna - fortemente influenzata dall'ipotesi "democratica" - un mondo e una società governati da chi detiene il potere economico, o dal notabilato del capitale o del latifondo, etc, appare come una prevaricazione del settore economico sulla politica, ossia una forma di oligarchia basata sul censo, e come tale viene osteggiato o negato da chi ha interesse (in buona o cattiva fede) a tenere separata l'economia dalla politica, salvaguardandone la massima libertà operativa dai limiti imposti alla politica.
Ma per la gran parte della storia umana, fino a poco tempo fa, questa è stata la realtà, dai tempi del senato romano dei latifondisti, alle società monarchiche fondate sull'aristocrazia terriera e sulla borghesia mercantile, senza che nessuno trovasse strana questa identificazione tra potere economico e politico.
Il discorso si complicherebbe ancora di più, se poi andassimo ad analizzare il concetto stesso di economia, che molti storici trovano difficile rintracciare nelle società relativamente antiche, per quanto complesse e ricche di attività produttive.
Possiamo dire, senza eccessive forzature, che questa divaricazione concettuale nasce insieme con l'affermazione del capitalismo, dal '600 in poi, e diventa una questione centrale nell'era industriale.
Ultima modifica di pierodm il 17/05/2009, 23:05, modificato 1 volta in totale.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 17/05/2009, 23:02

pierodm ha scritto:Immaginiamo, infatti, la canonica comunità di villaggio, archetipo di studio della genesi sociale: un centinaio di persone che non hanno, seduti in circolo davanti al fuoco, speciali effervescenze "politiche", ma hanno certamente un modo di procurarsi il cibo nel dato territorio (poniamo cacciando) e che già nei primi giorni di convivenza hanno constatato che bisogna mettere alcune cose in chiaro, per non litigare e per ottimizzare gli sforzi di tutti.
Da qui - senza che la facciamo lunga - è facile immaginare la concatenazione di decisioni, di suddivisione dei compiti, e via via di rapporti organizzativi, gerarchici e personali nei quali si materializza la "caccia perfetta", la conservazione del bottino e la sua consumazione in rapporto ai bisogni, o al contributo dato, o alla perpetuazione dell'etnia del villaggio, etc.
La domanda è: l'organizzazione sociale della comunità che ne viene fuori è "politica" o "economia"?

La domanda implica una risposta sola: l'organizzazione sociale che ne viene fuori è una organizzazione sociale.
Un po' come dire che il tavolo che ne scaturisce è un tavolo.
I piu' scafati possono approfondire, scoprendo che il tavolo è composto di un piano e di gambe.
Ma se uno mi chiede: <Il tavolo che ne viene fuori è "piano" o "gambe"?> rispondo che un tavolo è un tavolo, composto di piano e gambe (di solito 4).
La società è composta di sottosistemi. Una maledetta abitudine di chi analizza la realtà è di scomporla in elementi piu' piccoli, da studiare separatamente, studiandone poi le interrelazioni. E via di seguito.

In quella società primitiva possiamo studiare le relazioni economiche, la divisione del lavoro, gli aspetti di mercato, le forme di capitalizzazione (magari sotto forma di manufatti) ed anche le relazioni culturali, sotto forma di rituali, credenze, sistemi di comunicazione, linguaggio, conoscenze. Poi le relazioni politiche, piu' che altro un portato della struttura familiare estesa (matriarcale o partiarcale) e le alleanze tra membri interni (in casi di conflitto) e con i villaggi vicini.

Anche in certe specie di primati superiori (scimpanzè mi pare) sono stati osservati comportamenti "politici", in occasione di conflitti tra i membri; il tutto sotto forma di alleanze tra membri del gruppo. Anche i primati hanno una cultura e sistemi primitivi di comunicazione. Anche i primati hanno sistemi economici tesi alla massimizzazione dei risultati minimizzando le risorse spese. Loro non ne sono consapevoli ma anche vedere ... anche noi. Al massimo noi cerchiamo di capire o crediamo di capire. Loro non danno ad intendere di farlo. Magari ne sanno piu' di noi :-)

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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 17/05/2009, 23:28

Grazie, Franz: era quello che volevo dire.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 18/05/2009, 8:02

pierodm ha scritto:Grazie, Franz: era quello che volevo dire.

Benissimo. Ora se interessa, dopo excursus sulla costituzione e sui rapporti tra politica ed economia (che sono stati entrambi utili) magari si puo' tornare a parlare di lavoro e sviluppo, che era il filone inizialmene scaturito all'inizio dle thread.

In quel villaggio di cui sopra, abbiamo poco lavoro, nel senso di creazione di valore aggiunto, e tanta fatica per sopravvivere (che è altra cosa dal lavoro). Abbiamo anche poco sviluppo ed infatti villaggi del genere hanno attraversato la storia da decine di migliaia di anni e qualcuno ogni tanto lo si scopre ancora nelle foreste piu' isolate. Senza sviluppo c'è solo stasi. Studiare i villaggi scoperti oggi significa in pratica usare una sorta di macchina del tempo per vedere come eravamo noi 40'000 o 100'000 anni fa. Come mai invece alcuni popoli sono usciti dalla condizione di stasi (mancanza di sviluppo) e sono arrivati fino alla civiltà odierna, che comunica via Internt e non con i segnali di fumo? Cosa li ha cambiati? Che rapporto c'è tra lavoro, mercato, sviluppo? Come mai si è passati da quei 100 abitanti dell'esempio a quasi 7 miliardi?

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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 18/05/2009, 8:55

Stefano'62 ha scritto:Significa che il grado di autonomia del mondo economico,per quanto elevato possa (e debba) essere,deve essere una concessione della volontà popolare per precisa scelta,significa che se per caso in un ipotetico Stato si decida diversamente in modo democratico resta una scelta legittima;folle e perdente ma legittima.
Perchè quel popolo in piena sovranità decide di fare così punto e basta,e l'economia si deve sottomettere perchè la gente,sovrana,cioè che sta sopra,con strumenti politici,ha deciso così.

Ok, se vogliamo affermare il principio del dirittto al suicidio per una nazione, hai ragione.
Tuttavia stiamo discutendo razionalmente su cosa sia lecito o non lecito gestire e mi pare che è assodato che il mercato va regolato ma non gestito. Per gestito intendo determinare artificialmente i prezzi per chi compra o il reddito di chi vende.

Ecco un tema interessante. Il mercato è troppo vasto (globale) ed interconnesso ed ogni tentativo di gestione fallisce.
In realtà l'economia (gli attori economici) sembra sottomettersi, ma trova subito sistemi, leciti e meno leciti, per aggirare l'ostacolo. Di fatto la politica, normando, pone paletti, cose da fare e non fare. Prendi l'equo canone. Conquista rivoluzionaria del popolo sovrano. Invece di determinare il prezzo dell'affitto sulla base della domanda e dell'offerta c'era un calcolo complesso basato sulla vetustà, sui metri capestabili, le zone e via dicendo.

Il risultato è stato che chi già affittava si è adeguato al calcolo ma per i nuovi affitti sono state cercate altre soluzioni (appartamenti immobiliati, foresterie, ecc) ma in buona sostanza trovare una casa in affitto è diventato quasi impossibile.
Questo perché c'è un limite alla gestione pubblica della cosa privata e non puoi obbligare uno ad affittare una casa.
Se per lui non c'è abbastanza redditività, piuttosto non la affitta. E cosi' è stato.
Tutale l'unico modo per avere una casa è stato comprarsela. Bel guadagno. Oggi, caso unico al mondo, l'Italia ha una % di proprietari pari al 70% ed oltre. Pensa che uno dei paesi piu' ricchi del mondo, la svizzera, ha una percentuale di proprietari del 30%. E che oggi un affitto a Milano e Roma è piu' caro, a parità di appartamento, di Zurigo e Ginevra.

Tantissimi hanno dovuto risparmiare per pagarsi la casa. Un mutuo dura decenni e per lungo tempo questo risparmio forzato per il mattone ha depresso i consumi e lo sviluppo economico. E quindi il lavoro. Inoltre mentre un sistema principalmente basato sull'affitto è piu' dinamico (se trovi lavoro in un luogo distante cambi casa in pochi mesi) quello basato sulla casa di proprietà è statico: difficilmente vendi la casa per cui hai fatto tanti sacrifici e quindi piuttosto di venderla si fanno anche 100 Km al giorno per andare a lavorare o si rinuncia ad offerte interessanti ma distanti.
Il tentativo di gestire il mercato immobiliare dell'affitto ha distrutto quel mercato ma ha avuto ripercussioni gravi su tutta l'economia e sul mercato del lavoro (già compromesso da altre leggi).

Direi che Gabriele ha introdotto la questione giusta, che è il tema delle libertà.
Secondo te una maggioranza (volontà popolare) puo' interferire con le legittime libertà (anche economiche) degli individui.
In pratica tu stai dicendo una cosa che se cessassimo di usare l'economia come esempio e ne usassimo altri, credo che cambieresti idea.

Se la volontà popolare è sempre legittima, giustifichi le leggi razziali? Giustifichi che oggi si facciano leggi, frutto di una volontà popolare, sui respingimenti, sui medici spia, su tutto quanto sappiamo? Io spero di no.
Oltre la volontà popolare esistono dei diritti (quelli dell'uomo sanciti dall'ONU) che nemmeno la volontà popolare puo' violare. Oggi non si potrebbe fare, anche alla unanimità, una legge per mettere gli ebrei nei forni. Quindi come vedi la volontà popolare non puo' stare sopra tutto. Ha delle limitazioni. I diritti e le libertà degli altri. Tra le libertà ci sono anche quelle economiche e va ricordato che tra i diritti inviolabili ed inalienabili dell'uomo, scritti nella famosa convenzione, c'è la proprietà privata. Il che vuol dire poter disporre dei propri beni, poterli vendere al prezzo che si ritiene adatto.
Una legge, frutto di volontà popolare, che abolisse la propprietà privata sarebbe contro la "DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI". Questo è un caso in cui la poliitca, si autolimita perché comprende che senza limiti si possono mettere a rischio libertà inalinabili.

Ciao,
Franz
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pianogrande il 18/05/2009, 10:18

franz ha scritto:
Stefano'62 ha scritto:
pianogrande ha scritto:Il minimo risultato che dovrebbe emergere da questa discussione, per me, sarebbe che governare l'economia significa, semplicemente, costringerla a rispettare delle regole nella sua interazione con la società.
Che questo sia necessario e non sia roba da comunisti per definizione mi sembra che trovi un po' tutti daccordo.
Può sembrare poco ma sarebbe già un bel risultato.

Concetto chiaro e semplice che può servire a sgombrare il campo da tiriterie varie (anche le mie,si intende)e stanare le reali posizioni.
Io naturalmente ero d'accordo fin dall'inizio e credo si fosse capito;
ora lo dico esplicitamente e vediamo se qualcun altro si associa.


Parlare di "rispettare delle regole" è condivisibile ma è generico (quali regole?).
È comunque un bel passo indietro rispetto alle affermazioni categorice inziali: la politica deve governare tutto, deve stare sopra etc (che per me erano sì comunismo).
Ora invece il concetto di regolare alcune cose è condivisibile e liberale; è la base accettata di ogni paese libero ad economia di mercato. Anzi più che accettata: voluta come necessaria.
Ovviamente si tratta di stabilire quali regole e su quali ambiti.
Ma questa è storia di tutti i giorni.
Quindi mi associo anche io.
Abbiamo scoperto l'acqua calda ma è pur sempre un fatto positivo.

Franz


Io sono ben felice che che tutto questo sia "acqua calda".
Fotti il sistema. Studia.
pianogrande
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 18/05/2009, 12:41

franz ha scritto:Tuttavia stiamo discutendo razionalmente su cosa sia lecito o non lecito gestire e mi pare che è assodato che il mercato va regolato ma non gestito. Per gestito intendo determinare artificialmente i prezzi per chi compra o il reddito di chi vende.

Che è anche la mia idea come già chiarito.
Ma non noti il fatto che quelle regole di cui parli non se le può dare autonomamente l'universo economico dato che non è obbligato a permearsi di democrazia e buoni propositi,bensì la società civile,quindi la politica,che solo in questo senso deve stare sopra ?
Mi è venuto il mal di testa a furia di ripeterlo,e ancora pare non basti,anzi mi si dice che ho fatto un passo indietro come se il mio voler dare il primato alla politica dovesse significare per forza che l'economia deve essere imbrigliata.

Ciao
Stefano'62
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 18/05/2009, 12:55

Franz

Ooops, basta concederti un'unghia, e ti prendi tutto il braccio.

Per altro, avendomi con il tuo post precedente dato ragione, non capisco i tuoi guizzi salmonati per recuperaread ogni costo il tuo concetto debordante di "sviluppo".
Probabilmente non ti rendi conto che stai facendo una battaglia nominalistica, dato che ti piace semplicemente chiamare "sviluppo" qualunque cosa sia vagamente positiva nel percorso di una società nel tempo e nello spazio.
Naturalmente, non si tratta di un nominalismo innocente, dato che - una volta battezzato il pargoletto - ti servi di questo nome per effettuare equivalenze, transizioni e causalità piuttosto arbitrarie, per condurre il discorso là dove ti conviene condurlo.
La tua buona fede "originaria", ossia delle intenzioni, è acclarata ed evidente, ma risulta meno evidente là dove nella discussione ti vengono portate obiezioni che dovrebbero - in una qualche misura almeno - farti riflettere su questa natura nominalistica: invece no, insisti nel tuo integralismo.
E poi, ricorri con troppa disinvoltura ad argomenti ed esempi che c'entrano con il tuo stesso dogma "sviluppistico" solo perché li metti tu nel discorso, ma in realtà sono molto meno di quanto vorresti - o per niente - coerenti con la tua tesi.

Per esempio, l'equo canone.
Fin da subito si capiva che non sarebbe stato un intervento positivo, quasi un caso di scuola di dirigismo nefasto.
Ma negli anni immediatamente precedenti il "mercato libero" degli affitti aveva generato canoni medi assolutamente insostenibili, oltre a togliere dal mercato stesso dell'offerta un gran numero di case.
Nei primi anni '70, si passò dalla possibilità di poter perfino scegliere il quartiere, la strada, il piano, la tipologia di case da visitare, con cartelli "affittasi" ogni venti metri, ad un vero e proprio deserto: strade e interi quartieri dove non c'era più esposto un solo cartello.
Quindi, la nefandezza dirigistica sopravveniva in una situazione nella quale era già vigente una nefandezza di mercato: la legge intendeva sanare la nefandezza di mercato, ma nel modo più inefficace, questo è evidente.
Classico caso della pezza peggiore, o uguale, al male che intendeva sanare.

Se andiamo, comunque, a indagare tutto intero il problema-casa di allora, scopriremo sicuramente che s'intrecciano in modo inestricabile meccanismi politico-amministrativi e meccanismo di mercato, in tutta la gamma del bene e del male che ciascuno è capace di mettere in campo.
Ma la speculazione edilizia e sulle aree fabbricabili è sì un meccanismo automatico del mercato, ma non inevitabile , se la politica - ossia il sistema socio-economico - fa in modo che non se ne creino le condizioni, ossia la convenienza o la possibilità.
E fin qui siamo su un piano di discorso molto semplice, ma il settore di cui parliamo è estremamente complesso, ed è oltre tutto legato ad altri sistemi e altri settori altrettanto complicati.
Il fatto è che TUTTO questo discorso è "politica" o - se si vuole - "economia": sia che si scelga un termine, sia che si scelga l'altro, non cambia nulla circa il fatto che il problema esiste, che la gente DEVE abitare e deve poter pagare un affitto commisurato ai propri guadagni (anche questo è "mercato"), che non è una situazione ragionevole, se protratta, che esistano migliaia e migliaia di case sfitte mentre c'è un gran numero di persone che ne cercano una.
Non è chiamare tutto questo "economia" lo fa diventare meno assurdo o più accettabile da parte dei cittadini, e nemmeno chiamarlo "politica" ne smussa gli spigoli più acuti, nonostante si basi sul suffragio popolare di una maggioranza di governo.
Il suffragio, il cittadino, l'affittuario, il proprietario, il costruttore, l'immobiliarista, i poveri e i ricchi, gli speculatori e i legislatori, nella loro interazione, fanno parte TUTTI del medesimo sistema.

Quanto alla tema della "libertà", ne parliamo a parte.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 18/05/2009, 13:02

franz ha scritto:Secondo te una maggioranza (volontà popolare) puo' interferire con le legittime libertà (anche economiche) degli individui.
In pratica tu stai dicendo una cosa che se cessassimo di usare l'economia come esempio e ne usassimo altri, credo che cambieresti idea.

Se la volontà popolare è sempre legittima, giustifichi le leggi razziali? Giustifichi che oggi si facciano leggi, frutto di una volontà popolare, sui respingimenti, sui medici spia, su tutto quanto sappiamo? Io spero di no.
Oltre la volontà popolare esistono dei diritti (quelli dell'uomo sanciti dall'ONU) che nemmeno la volontà popolare puo' violare. Oggi non si potrebbe fare, anche alla unanimità, una legge per mettere gli ebrei nei forni. Quindi come vedi la volontà popolare non puo' stare sopra tutto. Ha delle limitazioni. I diritti e le libertà degli altri. Tra le libertà ci sono anche quelle economiche e va ricordato che tra i diritti inviolabili ed inalienabili dell'uomo, scritti nella famosa convenzione, c'è la proprietà privata. Il che vuol dire poter disporre dei propri beni, poterli vendere al prezzo che si ritiene adatto.
Una legge, frutto di volontà popolare, che abolisse la propprietà privata sarebbe contro la "DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI". Questo è un caso in cui la poliitca, si autolimita perché comprende che senza limiti si possono mettere a rischio libertà inalinabili.

Ciao,
Franz

Saddam Hussein prendeva i civili e li usava come scudi umani.
Tu hai preso il mio concetto di popolo sovrano che si difende dalle minacce per mezzo del principio di potenziale supremazia della politica (strumento di decisione popolare,non mero apparato politico) su tutto ciò che può minacciare la nostra libertà....e lo metti in mezzo a cose come le leggi razziali.
Le libertà economiche degli individui sono minacciate dalle leggi sulla flessibilità volute dal mondo economico e ottenute dai loro referenti che più che politici sono dipendenti d'azienda,non da quelle che per esempio obbligano i produttori a dichiarare di cosa è fatto un prodotto.
E dai cattivi politici che promulgano leggi contro l'Uomo dando poi la colpa alla "volontà popolare",ci difende la Costituzione che privilegia l'Uomo stesso e le sue libertà individuali per esempio citando il 'lavoro',al posto di un concetto ideologico vago che aleggi sopra alle nostre teste.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 18/05/2009, 13:31

Stefano'62 ha scritto:
franz ha scritto:Tuttavia stiamo discutendo razionalmente su cosa sia lecito o non lecito gestire e mi pare che è assodato che il mercato va regolato ma non gestito. Per gestito intendo determinare artificialmente i prezzi per chi compra o il reddito di chi vende.

Che è anche la mia idea come già chiarito.
Ma non noti il fatto che quelle regole di cui parli non se le può dare autonomamente l'universo economico dato che non è obbligato a permearsi di democrazia e buoni propositi,bensì la società civile,quindi la politica,che solo in questo senso deve stare sopra ?

Tu fai una equazione società civile ... quindi politica, come se fossero sinonimi.
Non lo sono. Nella società civile ci sono anche gli interessi economici.
E ci sono ancne diritti, incalpestabili.
Quindi nessuno deve stare sopra.
Bisogna dialogare alla pari e capire, decidere con razionalità, non con arroganza.
Se uno parte dall'idea di stare sopra è per forza di cose "prepotente".

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