SCENARI
Se la Russia usa i profughi come arma contro l’Europa
L’obiettivo nel mirino di Putin è la Merkel, da mettere sotto pressione
di Luigi Ippolito
Non è stato un errore, quello di lunedì. L’attacco dei jet russi sull’ospedale di Medici senza frontiere è stato il culmine di una strategia deliberata: nella settimana precedente le forze di Bashar el Assad e di Vladimir Putin avevano distrutto i due principali ospedali di Aleppo, lasciando oltre 50 mila siriani senza assistenza vitale. Altre infrastrutture civili, come ad esempio le panetterie, erano finite nel mirino, col chiaro obiettivo di mettere in ginocchio la popolazione locale. Come risultato, nelle ultime due settimane oltre 40 mila persone sono scappate dalla regione di Aleppo, ammassandosi al confine con la Turchia.
Il Financial Times ha parlato di weaponisation dei profughi, ossia la trasformazione dei rifugiati in un’arma scagliata contro l’Europa allo scopo di destabilizzarla. E non c’è dubbio che la crisi umanitaria dominerà la discussione al vertice europeo di domani e dopodomani. In particolare, a trovarsi sotto pressione a Bruxelles sarà la cancelliera tedesca Angela Merkel. Perfino il primo ministro francese Manuel Valls, in teoria il più stretto alleato della Germania, domenica scorsa si era espresso contro il piano Merkel di redistribuzione dei profughi nell’Unione, sostenendo che la politica tedesca delle porte aperte è «insostenibile nel lungo periodo».
E c’è chi comincia a pensare che l’obiettivo specifico nel mirino di Putin sia proprio la Merkel: è lei che negli ultimi due anni ha tenuto dritta la barra europea nei confronti della Russia, a partire dalle sanzioni inflitte per l’invasione dell’Ucraina. Una Merkel indebolita dall’emergenza profughi, all’interno e all’esterno, avrebbe come conseguenza un’Europa disunita e in ordine sparso di fronte a Mosca. Né si può escludere che il fine ultimo della strategia del Cremlino sia addirittura la caduta della «cancelliera del mondo libero». Senza di lei l’Europa potrebbe implodere, offrendosi a Putin come un aggregato di staterelli proni al ricatto energetico e politico.
C’è un filo rosso che lega l’aggressione all’Ucraina, l’appoggio ai partiti populisti e xenofobi e l’aggravamento della crisi dei profughi: impedire il consolidarsi di un’Europa forte e unita accanto alla Russia. Quando si discute dell’atteggiamento da tenere verso Putin, è importante capire qual è la vera posta in gioco.
16 febbraio 2016 (modifica il 16 febbraio 2016 | 23:48)