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Mediazione di Bersani sull'articolo 18

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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda franz il 14/04/2012, 12:02

flaviomob ha scritto: E' una stratificazione di modelli tra di loro in contraddizione: corporativismo, liberismo, familismo e un vecchio welfare in crisi.

Ecco, qui concordo. Abbiamo un sistema misto che comprende aspetti sia della società di mercato che del socialismo.
Non esistono paesi interamente socialisti o liberisti ma miscugli a strati.
Ed il nostro miscuglio ha preso il peggio di tutto, direi. :o
Io preferisco i sistemi misti in cui si prende il meglio. ;)
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda lucameni il 14/04/2012, 20:35

Ho seguito in altri post la discussione. Ma rimango - come spesso mi accade - a dir poco perplesso.
Fermo restando come il comunismo come inteso storicamente è qualcosa di più (e molto peggio) di un semplice collettivismo, visto che si parla di Stati totalitari e non semplicemente di uno spirito di solidarietà applicato alla politica e alle decisioni economiche; anche dal lato "liberismo" (ma forse questo non è il post giusto) mi sfuggono certe osservazioni.
Una maggiore sensibilità verso il welfare e le garanzie del lavoro è legittima come è legittima una politica più di stampo liberale-liberista (i termini non sono sinonimi) che punti più ad una responsabilità individuale e privilegi la libera iniziativa privata. Fin qui è lapalissiano.
Ma quando mi si racconta dell'Italia "liberista", ecco che qui davvero non capisco.
Per capirci: sono state fatte privatizzazioni ma senza liberalizzazioni, dove lo Stato è comunque azionista e sono rimasti in piedi monopoli.
Questo è un esempio di Italia liberista? Non credo proprio.
Siamo reduci da un berlusconismo conclamato (ancora in essere un berlusconismo senza Berlusconi) ma quale sarebbero state le politiche "liberiste" dei suoi governi?
Ha contribuito, insieme al Cs, a precarizzare il lavoro senza contrappesi (una legge "Biagi" incompleta) questo è vero. Ma è "liberismo"? Avrei dei dubbi, non fosse altro che bisogna chiarirsi se la fiducia nel cosiddetto "mercato" è sinonimo di liberismo.
Per il resto?
Nulla.
Berlusconi ha fatto gli affari suoi, al più ha fatto piaceri a grandi gruppi industriali (da qui la riforma incompleta del mercato del lavoro), ha mantenuto fermi tutti i monopoli esistenti (e qui altra contraddizione con l'idea di mercato).
Un monopolista come lui non poteva certo fare altrimenti.
Mi pare che ci si confonda tra "liberismo" buttato là, senza chiarire di che liberismo si tratta (tipo reganiano oppure un "liberismo" come sperimentato in Germania o che altro?), se si intende liberismo come mercato (e allora se si rifiuta il mercato cosa si vuole in alternativa nel disconoscere la libera iniziativa privata), con una politica che invece con maggiore facilità concettuale possiamo definire miope, prona ad interessi di gruppi industriali (o bancari che dir di voglia) ma poco attenta alle difficoltà, molto concrete, dei cittadini.
Quello in fondo si rimprovera - ad esempio - con i comportamenti scaturiti con l'affare degli "esondati" o con uscite tipo "il lavoro fisso è noioso", frutto - forse - di una mentalità ben lontana dal sentire comune e lontana anche dalla logica.
Per di più la nostra industria è sempre stata lontana dai canoni di autentico libero mercato visto che ha ricevuto abbondanti sovvenzioni statali. E ad oggi, con i sistemi contrattuali esistenti, viene ancora foraggiata dallo Stato, in maniera quasi occulta, per la costruzione di grandi infrastrutture che non vedranno mai la luce. Insomma un modo per farsi foraggiare dallo Stato.
Sarebbe liberismo?
Mi pare davvero che in Italia abbiamo preso molto (non tutto) del peggio di tutti i sistemi, ma non si possa dire che fino ad oggi siamo stati in mano a politiche "liberiste". E quando mai?
Siamo stati vittime di politiche miopi, ciniche, che hanno speculato sul lavoro e che parimenti hanno assistito chi non se lo meritava.
Non basta una pessima legge incompleta come quella malamente definita "Biagi" per renderci un paese "liberista".
Un paese dove abbondano i monopoli, le professioni come caste impermeabili, dove un'industria si spartisce con i partiti risorse pubbliche grazie a sistemi contrattuali truffaldini, come possiamo pensare di essere "liberisti"?
Men che mai liberali.
Quello che semmai si può e si deve contestare all'attuale governo è di aver fatto cassa e di volerla fare con coloro che hanno sempre pagato ma di lasciare in piedi certi meccanismi monopolistici, ricattatori e truffaldini che non faranno che perpetuare questa situazione; ed anzi in alcuni casi di peggiorarla. Se cito spesso un Passera, come pessimo esempio, non è un caso.
Non c'è nemmeno bisogno di evocare il "complotto" bancario-massonico o quant'altro.
Quando ci sono interessi stratificati negli anni, chi ne ha beneficiato ha armi potenti per ovviare ad un ridimensionamento dei propri privilegi. Di certo in questo caso è difficile usare argomenti "liberisti".
Se vengono usati lo sono a sproposito, anche se chi dice di applicarli è considerato un paladino del "mercato" (che - ricordiamolo - non è sinonimo di finanza).
E' vero, sono in atto pessime politiche, che hanno pure dato il via libera a forme di autentici ricatti (accettati da alcuni sulla base di una supposta "necessità), ma non bastano a rendere l''Italia "liberista".
L'Italia ha 1000 problemi e - ripeto - sono causati da un mix di politiche che non si possono ricondurre al solo liberismo (che poi mi si deve spiegare che liberismo intendete)
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda Stefano'62 il 14/04/2012, 21:52

lucameni ha scritto:Ma è "liberismo"? Avrei dei dubbi, non fosse altro che bisogna chiarirsi se la fiducia nel cosiddetto "mercato" è sinonimo di liberismo.

Quoto anche il resto,ma questa è da incorniciare.
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda soloo42001 il 14/04/2012, 22:27

Possiamo fare filosofia per decenni.
Ma tanto non siamo filosofi.

La "definizione" di liberismo chiede lucameni.
O quella di "comunismo", altri.

Ma qual e` lo scopo?

Poiche` l'oggetto della critica politica non e` ben definito o definibile, allora forse e` non criticabile?

B&B non erano "liberisti"?
E secondo quale canone?
Quello tatcheriano?
E chi ha detto che esiste un canone, chi l'ha stabilito?
Come giudicare dunque le demonizzazioni ideologiche di questi decenni: del lavoro dipendente, del mondo industriale, dei sindacati, del sociale?
Un side-effect, un danno collaterale? E di cosa? Derivante da quale politica?

No.
A mio avviso, una volta divenuta lecita la critica verso la sinistra a forza di slogan e semplificazioni, giocoforza diviene lecita la critica verso il mondo capitalista a forza di slogan e semplificazioni.
Cosi` come persino la dottrina cristiana viene accomunata al comunismo, allo stesso modo diviene uso comune associare ogni apertura al mercato al capitalismo piu` selvaggio.
E` un segno dei tempi che viviamo, purtroppo.

Immagino la risposta sara`: "ma in questo modo si polarizza la discussione politica senza addivenire ad alcun risultato".

Ebbene, sorpresa sorpresa.

Il mondo occidentale e` polarizzato da oltre 200 anni.
Per la precisione dall'illuminismo, quando nacquero due correnti di pensiero e politiche, quella sociale e quella liberale.
Se dunque e` lecito aggiungere un ISMO all'idea sociale, dandone una semantica di estremismo che l'idea sociale non ha, e` allora anche lecito aggiungere un ISMO all'idea liberale.

E del resto negli anni 80 l'occidente si e` polarizzato ancor di piu`.
La globalizzazione iniziava i suoi primi passi.
Il LIBERISMO come ideologia (tatcher, reagan, craxi in Italia), muoveva i suoi primi passi politici verso lo smantellamento culturale (allora, oggi diviene materiale) dell'idea di Stato e di stato sociale.
Poi e` caduto il comunismo, giustiziato dalla Storia.

E da allora viviamo in un mondo culturalmente dominato dall'ideologia liberista, nel frattempo propagatasi ovunque.
Nel'ex blocco comunista, in sudamerica, in Cina, persino a Cuba.

In questo contesto, il fatto che a distanza di decenni, tenda a riemergere una tenue idea sociale e` cosa del tutto normale.
Oserei dire salutare dal punto di vista politico e degli equilibri delle differenti visioni etiche.
Eppure, persino in questo forum ulivista, si stenta persino a riconoscere l'esistenza egemone di una cultura liberista e delle sue conseguenze.

Possiamo chiudere gli occhi di fronte a un'ideologia dannosa per il fatto che non sia perfettamente definita dal punto di vista filosofico o politico.
O possiamo negarne l'esistenza dandone una definizione teorica, puramente accademica, che non si rispecchia del tutto nella realta` (per ora...).

Ma gli effetti, quelli si vedono comunque, eccome se si vedono.
Come diceva qualcuno, l'albero si riconosce dai frutti, e non dall'etichetta (politica) che ci sta sopra.
I frutti del comunismo li abbiamo iniziati a vedere negli anni 50, ma sono stati (quasi) universalmente riconosciuti a fine anni 80.
I primi frutti del liberismo (aziende che chiudevano e delocalizzavano) li abbiamo iniziati a vedere a inizio anni 90.
Adesso vediamo quanti altri decenni occorreranno per riconoscere i frutti dell'altro albero.

Ciao.


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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda lucameni il 14/04/2012, 22:48

Si ma vorrei capire dove inizia la critica al "liberismo" e inizia la critica al "mercato" (accettato, con diverse sfumature e in diverse "dosi" sia dai socialisti che dai liberali).
Perchè una politica deve stabilire quanto Stato devi esserci nell'economia, quanta protezione sociale, quanta iniziativa privata.
Niente di tutto questo è filosofia. Quindi intendersi sui termini è qualcosa di molto pratico e non di meramente speculativo.
Io insisto a dire che ci sono diversi problemi che si intersecano: la somma di delocalizzazione - tanto per dire - che è un problema vero di un modo globalizzato, più industria assistita, caste, monopoli non dà come risultato scontato il "liberismo" (quale?).
Dà semmai una cattiva politica e problemi che cinicamente non sono affrontati, quello si.
Ma ha poco senso metterci in mezzo Reagan.
Con le nostre industrie e - tanto per dire - il project financing italico e altri abominii tutti nostrani che c'incastra?

Comuque lasciamo stare Cuba.
Lì c'è un regime e non vedo proprio come il primo loro problema sia il "liberismo".
Magari prima sarebbe il caso di pensare a libere elezioni, niente censura e il ritorno ad un minimo di iniziativa privata per tutti.
Ovvero democrazia.
Perchè dicendo che il problema, o uno dei problemi di Cuba, è il liberismo allora davvero temo che si intenda liberismo (nella sua versione "malefica") come sinonimo di mercato.
E su questo siamo lontani distanze siderali.
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda pianogrande il 15/04/2012, 1:20

Resto dell'idea del sopra e sotto.
La vera divisione della società non è tra ideologie ma consiste in una gerarchia fatta di rapporti di forza.

Così il liberismo, liberalismo, tatcherismo o reagan(ismo?) sono sempre stati ismi che lhanno messa nell'ismo ai più deboli.
Non per nulla, nel nostro paese, il liberismo è passato e continua ad imperversare solo per i lavoratori dipendenti che sono i veri liberi professionisti.
Quelli che invece si autodefiniscono liberi professionisti (ormai non ci credono più neanche loro) sono una casta supergarantita, irraggiungibile.
Che cosa hanno di diverso dai poveri cristi?
Sono più forti.
Il resto sono chiacchiere.

E il comunismo?
A prescindere dai tanti duri e puri che ci hanno creduto (e ancora ci credono) davvero, non è che nei confronti del popolo si sia comportato meglio (non cito neanche gli esempi).

Politicamente, ormai, sono disposto a credere solo in chi mostra di voler incidere su questi rapporti di forza.
Il resto sono ..... ma l'ho già detto sopra.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda flaviomob il 15/04/2012, 1:41

Il liberismo è in stretta relazione con il mercato e con la riduzione o l'assenza di quelle forme di protezione (per i lavoratori, per chi perde il lavoro e per le stesse imprese) che creano dei vincoli.
In questo senso, le critiche di Luca sono ben motivate e fondate, ma non dobbiamo dimenticarci che a fronte di una grande industria spesso assistita dai vari governi, abituata a socializzare le perdite e a mettere gli utili magari in qualche fondo nero all'estero, esiste anche una piccola / media impresa che si è trovata a far fronte a concorrenti mondiali al ribasso talvolta in forma estrema grazie al diverso costo della manodopera e alla scarsità di vincoli sindacali a far da contrappeso. E questo è liberismo.
Nel sociale e nella sanità ci sono state variegate realtà locali in cui spinte politiche (non proprio disinteressate) verso un certo grado di concorrenza provvedevano a smantellare parte del pubblico a favore del privato. La stessa scuola pubblica è stata penalizzata mentre ai privati - contro la Costituzione - venivano garantiti finanziamenti d'oro.
Inoltre la perdita di vincoli è stata clamorosa nei rapporti di lavoro (e nei rapporti di forza che ne derivano) con il precariato diffuso, i contratti a termine, le "false" partite iva e tutto questo è mercato, anzi vera e propria mercificazione dell'esistenza umana. Tutto questo precariato non ha paragoni con quanto avviene nell'Europa centrosettentrionale che continuiamo falsamente ad asserire di voler prendere come modello. Il lavoratore è sempre più solo, debole, ricattabile.
Il fatto più eclatante, comunque, rimane all'origine della crisi mondiale: rotti gli argini delle regole e dei controlli c'è stato uno stillicidio, da Enron a Lehman Brothers, dalla crisi dei mutui ai titoli tossici che hanno devastato le banche, a cui poi gli stati hanno dovuto fornire supporto indebitandosi ulteriormente. Il fatto che quest'ultima condizione non si sia verificata in Italia non significa che non abbia condizionato pesantemente la finanza mondiale e, di conseguenza, il clima di sfiducia.
L'Italia è stata certamente colpita dal populismo di Berlusconi ("non pagherete più ICI") e da mille promesse vane, ma va ricordato anche qui che l'origine della fortuna di costui fu la superficialità con cui gli si regalò praticamente il 50% dell'etere nazionale e il modo rapace in cui riuscì a conquistare con la sua "televendita" l'incredibile risultato primigenio di Forza Italia, cosa impossibile in qualsiasi paese occidentale serio, con regole salde in tema di comunicazione e oligopoli.
Da riportare anche un passaggio di Wikipedia sul liberismo (italiano):

Con la caduta del muro di Berlino, tornarono in auge delle politiche liberiste, sostanzialmente indipendenti dai governi. In quegli anni si sostenne che le liberalizzazioni e privatizzazioni avrebbero grandemente avvantaggiato i consumatori, grazie alla discesa dei prezzi provocata dalla concorrenza. Solo che si privatizzarono e liberalizzarono settori a domanda rigida dove è l'offerta che fa il prezzo mentre la domanda subisce il prezzo, comportando grandissimi guadagni per gli offerenti e grandi disagi per il resto della collettività. Alcuni esempi di domanda rigida privatizzata e "liberalizzata" si ebbero in particolare:
la liberalizzazione del prezzo della benzina;
la liberalizzazione delle assicurazioni per responsabilità civile;
la liberalizzazione del sistema bancario;
la privatizzazione dell'energia elettrica (con suddivisione tra produzione e distribuzione);
la privatizzazione delle infrastrutture, autostrade in primis.


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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda lucameni il 15/04/2012, 1:52

Bè ma se si usano delle parole e in base a queste si fa opposizione oppure si sostengono delle politiche bisognerà pure dare loro un significato coerente.
Se si usano così, 'ndo cojo cojo, diventa un casino che non si capisce davvero di cosa si sta parlando e contro cosa o a favore di cosa.
Magari si arriva pure a paventare una Cuba "liberista", proprio ora, in carenza di democrazia, di libere elezioni e con un'economia ancora pianificata che - forse - un po' si sta sgretolando su input dei suoi "pianificatori", che si rendono conto come quel sistema non funzioni affatto. Basta questo per paventarne il "liberismo"?
Timori che torni un'economia di mercato?
Basta intendersi.
Poi:
se mi si definisce Berlusconi un liberista allora mi si deve spiegare perchè è rimasto un monopolista e ha permesso a delle caste di proliferare più che mai.
Oppure è stato liberista per alcune cose (pro domo sua) e non per altre (pro domo sua)?

E comunque liberalismo e liberismo non hanno lo stesso significato. Almeno quello si può azzardare senza dover essere accusati di filosofeggiare.
Ci lamentiamo del berlusconismo come minaccia della democrazia liberale e poi la stessa democrazia liberale adesso diventa qualcosa di cui disfarsi?
Le parole e il loro significato, mi si permetta, hanno la loro importanza.
Altrimenti diventa inutile confrontarsi ed anche incazzarsi: non si capisce più contro cosa ci si deve incazzare.
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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda flaviomob il 15/04/2012, 8:03

E' vero, liberismo e liberalismo non sono la stessa cosa e non hanno lo stesso significato. Mi sembra proprio questo il punto.
In ogni caso esiste anche, al di là di liberismo e liberalismo, un capitalismo cinico che spinge per un sistema (mondiale) con meno regole possibili, un capitalismo finanziario, che necessita di paradisi fiscali, tangenti, corruzione, malaffare e mafia, oligopoli o monopoli e sfruttamento, oltre che devastazione ambientale, grazie a posizioni dominanti che nulla ha a che fare col liberalismo autentico. Forse anche da questo nasce l'equivoco.


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Re: Mediazione di Bersani sull'articolo 18

Messaggioda franz il 15/04/2012, 10:03

flaviomob ha scritto:E' vero, liberismo e liberalismo non sono la stessa cosa e non hanno lo stesso significato. Mi sembra proprio questo il punto.
In ogni caso esiste anche, al di là di liberismo e liberalismo, un capitalismo cinico che spinge per un sistema (mondiale) con meno regole possibili, un capitalismo finanziario, che necessita di paradisi fiscali, tangenti, corruzione, malaffare e mafia, oligopoli o monopoli e sfruttamento, oltre che devastazione ambientale, grazie a posizioni dominanti che nulla ha a che fare col liberalismo autentico. Forse anche da questo nasce l'equivoco.

Insisto a dire che il termine liberismo, nel dibattito politico-filosofco-economico è inesistente nel mondo aglosassone ed anzi, esiste solo in italia. È un'invenzione di Benedetto Croce che indica il "liberalismo economico".
Comunque è una teoria e come tale va vista. Il fatto che un sistema (capitalista) sia composto da milioni di soggetti, di cui alcuni in gamba, altri incapaci, alcuni ladroni, alcuni squali, alcuni illuminati, alcuni grandi monopolisti, milioni di piccolissimi impreditori, il tutto inseriti in strutture statali a volte snelle ed efficenti e molto piu' spesso burocratiche, corporative ed inefficenti, credo renda obbligatorio separate la teoria (chetende a dire cosa fare per migliorare la situazione) dai casi concreti, positivi e negativi che si trovano nella realtà. Perché è anche chiero che se non ci fossero casi negativi, non servirebbe alcuna teoria.

Non credo per esempio che si possano criticare le teorie economiche liberali sulla base di come si sono fatte (male) le privatizzazioni (con la golden share) liberalizzazioni (ridicole) in Italia.

Qui siamo di fronte al caso diametralmente opposto rispetto a quello del comunismo marxista. Li' la teoria è sbagliata e quindi i tentativi violenti di mettere in pratica in vari luoghi una teoria errata sono stati fallimentari. Nel caso delle teorie economiche liberali moderne (i classici come adamo smith ed altro sono vecchiotti ma non invalidati) come per http://it.wikipedia.org/wiki/Friedrich_von_Hayek la teoria generale è valida e si unisce ad altre teorie che sono sia descrittive che propositive. Il fatto che poi alcune persone abbiano preso a rifermento von Hayek facendo e dicendo cazzate succede anche in altri ambiti. Anche Darwin, per molti decenni è stato manipolato e frainteso, non solo Gesu' e Marx. Ma fatta la tara a questo, possiamo riconoscere teorie giuste e teorie sbagliate. Il liberalismo è, volente o nolente, la base delle nostre democrazie, su cui si innesta in alcuni paesi arretrati uno freno statale ancora fascio-corporativo.

Dalla scheda di wiki:
Il liberalismo è un insieme di dottrine, definite in tempi e luoghi diversi durante l'età moderna e contemporanea, che pongono precisi limiti al potere e all'intervento dello stato, al fine di proteggere i diritti naturali, di salvaguardare i diritti di libertà e, di conseguenza, promuovere l'autonomia creativa dell'individuo.
Storicamente il liberalismo nasce come ideale che si affianca all'azione della borghesia nel momento in cui essa combatte contro le monarchie assolute e i privilegi dell'aristocrazia a partire dalla fine del XVIII secolo. Le matrici filosofiche del liberalismo sono il giusnaturalismo, il contrattualismo e l'illuminismo nella sua accezione individualistica e razionalistica.

Il liberalismo ha contribuito a definire la concezione moderna di società, intesa come somma ed espressione delle varietà e singolarità umane, concernenti sia l'ambito spirituale come la sfera materiale.
Inoltre il liberalismo è probabilmente la dottrina che ha più influenzato la concezione moderna della democrazia: si parla infatti di "liberaldemocrazia" in modo generico per indicare una moderna democrazia che non sia basata esclusivamente sulla volontà della maggioranza ma - anche e soprattutto - sul rispetto delle minoranze.

http://it.wikipedia.org/wiki/Liberalismo

A mio avviso è meglio precisare che la situazione reale (società) è il frutto combinato di forze diverse, alcune libeali, altre corporative, altre staaliste. Non esiste quindi una"dittatura liberale" in democrazia ma un sistema misto.

Chiaramente il liberalismo ha i suoi nemici (principalmente in ogni movimento autoritario come il fascismo ed il comunismo) per cui questi nemici affibberanno al liberalismo ogni nefandezza possibile ed immaginebile. Lo possono fare, dire, scrivere proprio perché sono in un sistema democratico.
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