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A proposito di Alta Velocità...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda gabriele il 08/07/2011, 11:59

annalu ha scritto:Insomma, non è che davvero stiamo tutti in Italia pensando con "pensiero parziale"?


Discuterne non fa mai male. Tant'è vero che "da anni se ne parla", ma forse ben pochi sanno come stanno le cose. Da alcuni articoli e opionioni postate anche in questo forum, ci sono degli aspetti economici e ambientali che sono tutt'altro che risolti. Un pensiero parziale? Io direi che è un punto di vista, senza attribuirgli fuorvianti aggettivi.

annalu ha scritto:A me l'idea che l'Italia venga tagliata fuori dai grandi traffici merci (europei, ma anche auro-asiatici) mi pare suicida.


Annarosa, aldilà dell'opportunità della costruzione dell'opera per aumentare il traffico delle merci, purtroppo si è perso il punto di vista...globale. Noi abbiamo un problema diverso. Far fermare le merci e produrre qualcosa. Questo però dipende dalla forza industriale e manufatturiera italiana e quindi da un vero e proprio piano industriale italiano. Il passaggio delle merci è una parte di questo processo e l'alta velocità per le merci è una minima parte di quest'ultima.
Come è stato scritto anche in questo 3d se l'alta velocità non è competitiva in termini di prezzi, chi muove la merce preferisce farla andare più piano e rimanere competitivo nel mercato soprattutto se le merci vengono mosse da luoghi vicini al punto di utilizzo.
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda gabriele il 08/07/2011, 12:09

annalu ha scritto:Per esempio, l'amianto è un problema serio, ma amianto è stato trovato anche scavando il Gottardo, e le soluzioni per non arrecare danno alla salute delle popolazioni e degli operai, sono state trovate. Perché in Val di Susa dovrebbe essere impossibile?


Fibre d'amianto nella roccia di gneis
Comunicati stampa, 25.06.2004

Durante i lavori di avanzamento sul cantiere NEAT ad Amsteg sono state scoperte nella roccia di gneis alcune isolate fessure contenenti amianto. L'amianto è una forma di asbesto ed è formato da fibre microscopiche. Nel caso in cui queste fibre entrassero nei polmoni, ciò causerebbe dei danni alla salute. I controlli effettuati dall'istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni Suva hanno mostrato che per i minatori non si presenta alcun rischio per la salute. AlpTransit San Gottardo SA ha prontamente introdotto le misure accordate preliminariamente con la Suva per la protezione dei minatori.

Sia nel tubo est che nel tubo ovest della galleria di base del San Gottardo nella tratta di Amsteg sono state incontrate, durante la scorsa settimana, delle singole vene d'amianto. Nei due tubi la Suva ha perciò effettuato complessivamente dieci rilievi. Su sette rilievi non si sono incontrate delle fibre d'amianto dannose per i polmoni. Su tre rilievi i risultati erano ben al di sotto della soglia dei valori limite. AlpTransit San Gottardo SA ha comunque imposto le maschere speciali di protezione per la sicurezza delle squadre d'avanzamento.

L'effetto di queste misure di sicurezza viene controllato dalla Suva con ulteriori rilievi direttamente sul posto. Dopo i rilievi effettuati nel frattempo nel tubo est si è potuto rinunciare alll'obbligo della maschera di protezione. Nel tubo ovest si sono trovate le ultime vene d'amianto il 23 giugno 2004. Per questo i minatori nel tubo ovest devono ancora portare le maschere speciali.

http://www.alptransit.ch/it/stampa/arch ... -di-gneis/
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda gabriele il 08/07/2011, 12:31

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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 08/07/2011, 13:17

Già il sistema italiano del general contractor è qualcosa di osceno e che dovrebbe portare ad una valutazione il più possibile NON superficiale dei progetti. E non mi pare che dire "si fa perchè si deve fare" sia un approccio strepitoso, sia alla luce di contributi discussi ma discutibili appunto in merito all'opportunità dell'opera e della reale necessità della stessa, sia alla luce di (minimo) 11 miliardi di euro. Un ex ministro, Burlando, se pur PD, azzarda a parlare di assurdità vuol dire che è legittimo esprimere sia perplessità che contrarietà. Che non vuol dire suicidio.
Visto che abbondiamo di contributi ce ne metto uno mio:

“Non è facile spiegare ai non addetti ai lavori la truffa spaventosa che si cela dietro le parole altisonanti, ovviamente in inglese, come project financing e general contractor […] Il sistema anti Mani Pulite e pro Tangentopoli è perfetto: pubblico per i rischi e i quattrini, privato per i profitti. Un sistema che istituzionalizza e legalizza i fondamenti della corruzione. Taglia le mani a ogni controllo, amministrativo e giudiziario, favorendo le grande imprese e le grandi mafie che potranno subappaltare tutto a trattativa privata, con una stretta di mano fra quattro mura” (pag. 9-11).
Così scriveva Marco Travaglio oltre sei anni fa nella prefazione di “Le grandi opere del cavaliere”, il libro di Ivan Cicconi.
Da allora sarà cambiato qualcosa? Oppure lo scenario descritto nell’opera è ancora pienamente attuale?
Intorno al 2005 è uscito anche il libro “Dove sono le ragioni del sì? La "Tav in Val di Susa" nella società della conoscenza” di Antonio Calafati, docente di Economia urbana e Analisi delle politiche pubbliche: l’opera, analizzando articoli ed editoriali, ha voluto comprendere le cause del cosiddetto pregiudizio di razionalità proprio dei comuni lettori in una società dell’informazione che, di fatto, alla luce del travisamento della realtà e di un giornalismo che è il fantasma di se stesso, diventa poi “una società della pseudo-conoscenza – con tutte le conseguenze del caso”.
I due libri, pubblicati nello stesso periodo, si integrano perfettamente.
A meno che i due autori abbiano voluto raccontarci delle favole, che però difficilmente possono essere imbastite quando si analizzano leggi dello Stato, non pare sia cambiato molto.
Tutt’al più, volendo prendere per buono quanto ci riferisce Cicconi, sono stati spesi altri milioni di euro non si sa per cosa e soprattutto si è continuato nella consueta opera di disinformazione da parte dei media che se la possono sbrigare facilmente con editoriali fotocopia, nei quali, se i sacri principi del progresso e del riformismo vengono ribaditi come un mantra, con altrettanta pervicacia vengono omessi dati, cifre, dei progetti cui la UE chiede realmente conto, spiegazioni della normativa esistente.
E’ quindi probabile, vista la complessità dell’argomento “grandi opere”, che implica problemi finanziari, di bilancio, ambientali, tecnici, non sia del tutto corretta ed esaustiva la contrapposizione riformismo-massimalismo, modernità-cavernicoli (cito Libero), letta sui quotidiani ed ascoltata nei servizi televisivi.
Tra l’altro non è di molti anni fa un articolo pubblicato sul sito dell’Istituto Bruno Leoni, think tank ultraliberista (http://brunoleonimedia.servingfreedom.n ... 41_TAV.pdf) in cui Andrea Boitani (professore di Economia politica all'Università Cattolica di Milano), Marco Ponti (professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano) e Francesco Ramella (fellow dell'IBL) sostenevano come i benefici della Tav in Val di Susa, sia dal lato economico sia ambientalo, fossero inferiori ai costi.
Probabile quindi ci si debba ragionare un po’di più. Da persone informate.
La lettura del libro di Ivan Cicconi serve proprio a questo: preso atto che negli altri paesi non funziona come da noi, un contributo che si contrappone all’idea del sistema italiano della Tav quale progresso per il paese e che ci racconta molti dei grandi progetti, già presi per buoni senza se e senza ma, sui quali appunto non pare lecito sollevare dubbi, pena essere tacciati di massimalismo, sindrome nimby o peggio, come delle autentiche truffe legalizzate ai danni dell’erario e dei cittadini.
Ivan Cicconi, già capo della segreteria tecnica di Nerio Nesi, ministro dei lavori pubblici nella XIII legislatura, ha fatto tesoro di quella esperienza professionale e ha voluto analizzare la genesi e l’evoluzione (ma forse sarebbe il caso di chiamarla involuzione) del modello italiano delle cosiddette “grandi opere”.
Il titolo del libro prende le mosse da una nota trasmissione televisiva dove, nel 2001, il cavalier Silvio Berlusconi, tra cartine e grafici, in previsione delle elezioni politiche prometteva la realizzazione di grandi infrastrutture, con l’ingegner Pietro Lunardi garante, per le quali disse: “Adotteremo il modello Tav”.
E una volta tanto il cavaliere questo impegno l’ha mantenuto: molte delle opere ovviamente non sono state realizzate ma in compenso il “modello Tav” è stato adottato in pieno, con tutti gli effetti collaterali del caso.
Effetti collaterali che peraltro, pur dando particolare attenzione agli aspetti legislativi e finanziari della vicenda, Cicconi non dimentica, citando ad esempio la ricerca di Simona Baldanzi sui lavoratori impegnati nel Mugello, oppure dando conto della necessità di un controllo tecnico capillare e straordinario per un’opera colossale come il Ponte di Messina.
Il libro piuttosto che la storia dettagliata delle singole grandi opere, molte delle quali ancora sulla carta e che tali rimarranno, è una puntuale disamina del modello Tav all’italiana in quanto tale.
Una disamina che non fa sconti a nessuno; tanto meno a quelli che Travaglio, sempre immaginifico, definisce i nuovi geni della “Calce e Martello”, ovvero i progressisti “abbacinati dalle grandi opere all’italiana, non si sa se per insipienza o per qualcosa di peggio”.
Un modello che se è stato definito da Pietro Lunardi con legge n. 443 del 2001 (“Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”) ed è stato inizialmente gestito da Necci, va ricordato però per il suo inventore: Paolo Cirino Pomicino.
E’ infatti nel 1991 che viene costituita grazie alla fantasia dell’allora ministro per il Bilancio, la Tav S.p.A. che procede ad affidare la progettazione e la costruzione delle opere a dei “general contractors”, senza alcuna gara, a trattativa privata.
Si sperimentano così i primi affidamenti con contratti di “concessione di committenza”.
Ivan Cicconi non si risparmia ed entra nel dettaglio – e qui il lettore ha il suo bel daffare per seguire tutti i contorcimenti legislativi e societari imbastiti negli anni – dando conto di voci dissonanti come quella di Luigi Preti nel 1993, dell’on. Ugo Cecconi di AN nel 1994 (“Ho subito sentito puzza di affarismo e tangenti”) che poi non sarà più candidato, Franco Reviglio già nel 1990 (“un motore da fuoriserie montato su una utilitaria”); e poi intercettazioni in cui compaiono Pacini Battaglia ed altri protagonisti di tangentopoli; e poi ancora della Rocksoil S.p.A. la società di ingegneria fondata dal ministro Lunardi (“Il modello Tav [….] aveva consentito l’acquisizione di un sostanzioso contratto. L’affidamento era stato garantito appunto dal general contractor della tratta BO-FI, la Fiat S.p.A. e materialmente attribuito dal sun-general contractor il consorzio Cavet”).
In altre parole un sistema definito dal decreto del Ministro Lunardi che ha avvantaggiato l’ingegner Lunardi.
A questo punto però conviene chiarire il significato di general contractor, perché altrimenti tutte le disquisizioni Si Tav e No Tav rischiano di avere poco senso.
Ivan Cicconi ci torna più volte tra le pagine del libro.
Sulla base della L. 443 del 2001 questa figura viene raccontata come un soggetto economico che somma i poteri del concessionario senza però alcun rischio ed il ruolo dell’appaltatore totalmente retribuito per le attività che è chiamato a svolgere.
Quindi nulla a che vedere con quanto conoscevamo dalla legge Merloni , la 109 del 1994, e che ora conosciamo con il “Codice dei contratti”. D.lgs 163/2006.
Nel caso del “general contractor” c’è una contraddizione rilevante non solo sul piano formale, ma proprio dal lato economico e sinallagmatico.
Così Cicconi, che mi pare abbia ben sintetizzato la questione: “Nel contratto di appalto le funzioni del committente sono in capo all’amministrazione aggiudicatrice, mentre nel contratto di concessione tutte le funzioni del committente si trasferiscono in capo al concessionario. Il trasferimento di queste funzioni hanno però senso se, e solo se, il concessionario si assume il rischio di recuperare in toto o in parte, l’investimento necessario per realizzare l’opera attraverso la gestione. In questo caso invece abbiamo un concessionario committente esecutore privato, garantito totalmente dal finanziamento pubblico fino al 100% del costo, e, come dice la legge, con l’esclusione della gestione dell’opera eseguita” (pag. 96).
Peraltro si ricorda come in precedenza, con la L. 493/1993, il Parlamento sia intervenuto in modo specifico per annullare la “concessione di committenza” che l’allora ministro del Bilancio, Paolo Cirino Pomicino, di concerto con quello della Sanità, Francesco Di Lorenzo, aveva affidato a tre general contractor privati per un valore di 2100 miliardi di lire (i dirigenti di una di queste società poi ammisero di aver versato tangenti ai suddetti politici).
Da allora sono cambiate molte cose.
Il contraente generale, sulla base della legge obiettivo, quindi si occupa esclusivamente dell’organizzazione, della progettazione, della realizzazione (direttamente o mediante imprese terze) con esplicita esclusione di qualsiasi attività di successiva gestione.
Un istituto già censurato dall’Autorità Garante e dalla Corte Europea, ma reintrodotto nel nostro ordinamento contestualmente alle norme sulla “finanza di progetto”.
Censure che hanno una logica solo se pensiamo che il diritto di gestire determina nel concessionario una “condizione di interesse oggettivo e soggettivo” a definire un buon progetto e una buona esecuzione con costi e tempi contenuti.
Ne consegue che “solo se dalla gestione dell’opera dovrà ricavare (recuperare) le risorse necessarie per realizzarle, sarà stimolato a farlo presto e bene. Solo se l’opera sarà fatta bene potrà utilizzarl a con i massimo profitto” (pag. 104).
E infatti questa la definizione recepita dalla L. 109/1994, la Merloni.
Invece nel “modello Tav” il privato – ripetiamolo - assume tutti i poteri del concessionario ma con l’esclusione del rischio di gestione.
“Il rischio della gestione è invece a carico del concessionario al quale lo Stato ha affidato la progettazione, costruzione e gestione dell’opera: una società di diritto privato (S.p.A.) con capitale tutto pubblico. E’ su questo concessionario che rimane il rischio della gestione e dunque del project financing necessario per la realizzazione” (pag. 107).
In questo modo l’attribuzione della progettazione definitiva ed esecuzione al contraente generale lo pone nella condizione più favorevole per imporre le soluzioni più costose e di ampliare il più possibile gli interventi indiretti e connessi all’opera.
Altrettanto critica è la situazione che si determina nella delega al general contractor della attività di esproprio e pagamento indennizzi, con tanto di plausibili meccanismi ricattatori.
Cicconi inoltre fa notare come il general contractor, agendo in un sistema totalmente privatistico, non solo è libero di realizzare come e con chi vuole la progettazione e la realizzazione dell’opera ma altresì non è nemmeno concessionario di un servizio pubblico.
Di conseguenza potrebbe scambiare tangenti e favori senza alcun rischio di contestazione di corruzione, concussione, reati che appartengono al titolo II del secondo libro, “dei delitti contro la pubblica amministrazione”.
Insomma “i riti tangentizi oggi possono essere celebrati come e più di ieri e pure con meno rischi” (pag. 115).
L’autore negli ultimi capitoli del libro, citando anche un’antica e dimenticata inchiesta del 2002 di Gianni Barbacetto, torna al cosiddetto “Patto con gli italiani” siglato dal cavalier Berlusconi per l’esecuzione di “opere epocali”.
Tra queste appunto i trafori alpini, le Pietra del Mo.Se. a Venezia, ed ancora di stretta attualità la Tav Torino-Lione e il Ponte sullo Stretto.
Sono passati sei anni da quando è stato pubblicato questo libro, ma le vicende che hanno riguardato queste opere, nella considerazione che se ne parla da decenni e sulla base di progetti antichi nel tempo, non dimenticando puntuali citazioni da personaggi quanto meno discutibili e con la fedina penale non proprio immacolata, è probabile che ancora una volta possano far apparire la discussione modernità-cavernicoli sotto una luce un po’diversa.
Giunti alla fine di questo libro, sicuramente un po’impegnativo, se torniamo alle tabelle del DPEF del luglio 2002, in cui si individuano ventuno opere prioritarie, ed in particolar modo alla riga dove c’è scritto “Ponte sullo Stretto di Messina, previsione per la fine lavori anno 2012”, è ancora probabile che qualche spiegazione alternativa alla “sindrome nimby” ed alla contrapposizione riformisti-massimalisti, si sia pure affacciata alla mente del lettore.
Scriveva Cicconi nel 2005 proprio in merito al Ponte di Messina e a chiusura dell’opera: “La storia del futuro di racconterà della continua e straordinaria lievitazione dei costi, delle tante varianti per garantire la massima sicurezza, di un cantiere infinito, della “Sagrada Famiglia” d’Italia, di un opera epocale che l’Uomo del Ponte non potrà mai vedere realizzata. E chissà se vedremo mai conclusa. Si vedrà, ma come direbbe Luciano Canfora, uno che di storia se ne intende: Non c’è nulla di più inedito dell’edito. La storia del futuro del ponte è già tutta scritta. C’è solo da sperare che qualcuno la legga, prima che sia troppo tardi” (pag. 179).
Tra un anno è il 2012 e il sospetto che il Ponte di Messina non sarà completato è molto forte.
Davvero molto.



Ivan Cicconi, Le grandi opere del cavaliere, Koinè edizioni, Roma 2005, pp. 192 "
Ultima modifica di lucameni il 08/07/2011, 13:30, modificato 2 volte in totale.
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 08/07/2011, 13:24

Controllo sui costi con questo sistema?
Non è per caso che insistano tanto con questi progetti proprio perchè non vogliono che i costi siano controllati?
Peraltro in Italia a quanto pare assimilabile ai black blok, almeno per certa logica "parziale", pare sia rimasta solo la corte dei conti, se vogliano andare a leggere cosa ha scritto in merito ai lavori al Mugello.
Robina mica poi tanto lieve.
Quindi ben vengano le discussioni e poi le decisioni.
Ma le decisioni possono anche essere dei NO.
E decidere altri progetti razionali finalmente e metterli in essere. Non certo iniziare comunque senza se e senza ma dei lavori che non si sa se finiranno e dei quali non possiamo conoscere i costi effettivi a carico dello Stato (attualmente il sistema porta a questo), tanto più se questi progetti sono stati inizialmente proposti dall'Italia alla UE che li ha approvati (non è proprio vero che la UE ce li abbia imposti).
Quindi legittimo - ripeto - essere contrari, protestare anche in previsione dei salassi futuri alle tasche nostre e dei nostri figli, senza necessità di evocare suicidi o cavernicoli (come fa Libero e i suoi degni compari della sinistra).
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 08/07/2011, 14:26

CRONACA | di Alessio Pisanò

Tav, un progetto europeo in alto mare

(non solo per il tunnel in Val di Susa)

La Torino-Lione è un tratto dell'asse ferroviario che dovrebbe arrivare fino all'Ucraina. Ma sui 1.638 chilometri previsti finora ne sono stati realizzati solo 234. E in Italia non è stato ultimato nemmeno il 20 per cento del percorso: sono necessari 20 miliardi di euro, di cui l'Ue non finanzierà più di 671 milioni Sembra che il destino dell’Alta velocità in Italia dipenda solo dai cantieri della Val di Susa, ma la situazione è molto più complessa. La famigerata Torino-Lione rappresenta infatti solo una parte del lungo asse che dovrebbe collegare Lione con il confine ucraino, passando attraverso Italia, Slovenia e Ungheria: 1.638 chilometri di strada ferrata, di cui finora ne sono stati completati solo 234.

Si tratta del cosiddetto asse prioritario 6, progettato in linea teorica dall’Ue all’interno dell’enorme network Ten-T, la rete di trasporto trans-europea ideata negli anni Ottanta per collegare tutta Europa con ferrovie e autostrade del mare. Solo “in teoria”, perché a decidere dove far passare nella pratica i tracciati dei 30 assi ci pensano gli Stati membri in accordo con le autorità locali. Nel caso dell’asse 6, l’Ue si è limitata a dettare il tracciato di massima (Lione-Trieste-Divača/Koper-Divača-Lubiana- Budapest-confine ucraino), lasciando libertà di manovra ai diversi Paesi per i tratti di loro competenza.

Sicuramente il passaggio piemontese rappresenta lo snodo più delicato: per motivi geografico-ambientali e per la ferma opposizione della popolazione locale. Ma costruire il tunnel di 57 km tra Jean de Maurienne e la Val di Susa non vuol dire portare a casa l’Alta velocità, visto il ritardo cronico in cui versano i lavori sul resto dell’asse, a cominciare dalla parte italiana. Dove, secondo il Progress Report 2010 della Commissione europea, sinora è stato completato solo il 18,8 per cento dei lavori. In Italia sono state costruite solo le tratte Torino-Novara, Novara-Milano, Milano-Treviglio e Padova-Venezia. Per il restante 40,8 per cento del totale, il completamento dei lavori è previsto entro il 2013, ma dal momento che mancano sia i progetti che i soldi, si tratta di una data del tutto utopica. Sì perché l’Ue finanzia soprattutto le parti a cavallo dei confini. Nel caso del tratto italiano, Bruxelles non ne finanzierà più di 671 milioni (a causa dei ritardi, ieri l’Ue ha annunciato tagli ai fondi) a fronte dei 20 miliardi previsti per l’opera che saranno a carico delle finanze di Roma.

Proprio questa carenza di risorse destinate all’Alta velocità in Lombardia e Veneto ha spinto gli imprenditori del Nord Est ad organizzare il 17 giungo scorso una giornata dal titolo eloquente: “La Tav ce la facciamo da soli”. Convinti che l’Alta velocità ferroviaria sia indispensabile per il territorio più industrializzato d’Italia, a Casale sul Sile, a due passi da Treviso, imprenditori ed amministratori locali hanno parlato della possibilità di lanciare un project financing per finanziare l’opera privatamente. Da Treviglio a Padova e da Mestre a Trieste ci vogliono circa 15,8 miliardi di investimenti, ma secondo il vicepresidente di Confindustria Cesare Trevisani, “solo 1,4 miliardi sono stati finanziati con risorse pubbliche”.

Ma anche se si trovassero i soldi, restano i problemi del tracciato. Veneto e Friuli Venezia Giulia stanno bisticciano da anni per decidere dove far passare il tracciato al loro confine. Proprio per questo, come fotografa il report della Commissione, “il tratto Venezia-Trieste è in gravissimo ritardo”. Ai problemi di allineamento si aggiungono quelli di fermata. E’ il caso di Verona e Vicenza, entrambe interessate ad avere lo stop della Tav.

Uscendo dall’Italia la situazione non migliora. Tranne una breve tratta tra Slovenia e Ungheria, il tracciato versa totalmente in alto mare, con interi tratti su cui si deve ancora iniziare a ragionare. E l’Ucraina diventa sempre più lontana. Proprio per fare il punto sul network Ten-T, la Commissione ha lanciato una revisione delle proprie priorità, anche per ottimizzare i fondi messi a disposizione. Per il periodo 2007-2013, l’Ue ha stanziato oltre 50 miliardi di euro (8 dal programma Ten-T e 43 dal fondo di coesione e di sviluppo regionale). Secondo Monica Frassoni, presidente del partito europeo dei Verdi ed ex deputata al Parlamento europeo, l’Ue dovrebbe riconsiderare l’utilità dell’intero asse 6. “Si tratta di un’opera faraonica, impossibile da realizzare in una realtà come quella italiana e che proprio non possiamo permetterci”. E poi, certo, c’è la Val di Susa.

Il Fatto


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 09/07/2011, 12:05

http://intermarketandmore.finanza.com/t ... 31152.html


<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<

http://www.eddyburg.it/article/articleview/17284/0/162/


Ivan Cicconi si è laureato in ingegneria a Bologna dove vive e lavora. E’ autore di saggi e ricerche sul settore delle costruzioni e sul tema degli appalti. Ha lavorato in diverse società di ricerca ed è stato professore a contratto nelle facoltà di Architettura delle Università La Sapienza di Roma e de Il Politecnico di Torino. E’ stato capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Lavori Pubblici Nerio Nesi nella XIII legislatura. Fino al 2007 è stato è direttore generale di NuovaQuasco, una importante società di ricerca per la “Qualità degli appalti e la sostenibilità del costruire”.
Il suo libro più noto è “La storia del futuro di tangentopoli” (1998).

Bersani, sulla TAV ti sbagli di grosso
Data di pubblicazione: 09.07.2011

Autore: Cicconi, Ivan

Lettera aperta al segretario del Partito democratico, inviata anche a il Fatto quotidiano l'8 luglio 2011, su svarioni e rischi della posizione attuale sdraiate sulla linea degli "sviluppisti" ad ogni costo

Caro Bersani, Conosci il mio lavoro ed i miei scritti sulle problematiche connesse col Progetto Tav. Come sai, sono fra i pochi ad aver dato conto del fatto che sei stato l'unico Ministro dei Trasporti che ha provato a rimettere sui binari della legalità il sistema di finanziamento e di affidamento delle infrastrutture per il treno ad AV. Ci hai provato nel 2001 con la legge finanziaria e ci hai riprovato nel 2006 con la cosiddetta lenzuolata. Il governo di centro-destra, in entrambi i casi, ha cancellato quelle norme ripristinando sic etsimpliciter i contratti affidati a trattativa privata da Tav Spa nel 1991, con i costi, nel frattempo, lievitati di oltre il 400%.

Come ti è noto, quel progetto di AV è stato costruito su di una architettura contrattuale e finanziaria truffaldina ed ha già prodotto uno scandaloso debito pubblico: 12.950 milioni di euro, accumulati dal 1994 al 2005 da Tav spa e da Infrastrutture spa, tenuti fuori dai conti pubblici. Come sai, con il comma 966 della legge finanziaria per il 2007, quei 26.000 miliardi di vecchie lire, millantati come finanziamento privato, sono stati tutti trasferiti nel debito pubblico. La Corte dei Conti è arrivata a definire questo accollo del debito una norma “anodina” nei confronti delle future generazioni. Questo dunque lo sfondo, non oscurabile, che ospita la rappresentazione odierna del “confronto” sul progetto della nuova linea Tav/Tac Torino-Lione. Il primo accordo del 2001 con i francesi porta la tua firma e sai bene che prevedeva la ripartizione dei costi per la tratta internazionale in modo paritario fra i due Paesi. Nel 2003 il Cipe, con le procedure speciali della legge obbiettivo, approvava il progetto preliminare della tratta internazionale, con delle previsioni di traffico passeggeri e merci a dir poco fantasiose. Proprio quelle previsioni inattendibili portavano la società ferroviaria nazionale SNCF a esprimere forti dubbi e comunque a valutare in modo negativo il rapporto costo/benefici. Per convincere i Francesi, nel maggio del 2005, Berlusconi e Lunardi sottoscrissero un nuovo accordo nel quale si stabilisce che il costo della tratta internazionale per due terzi sarà a carico dell'Italia.

Nel 2006, dopo le drammatiche vicende di Venaus, due governi, Berlusconi e Prodi, decisero di fare uscire la Torino-Lione dal perimetro delle norme speciali della legge obbiettivo. Proprio in virtù di questa decisione il Consiglio di Stato, con la sentenza n.4482del 23.8.2007,dichiarava “improcedibile per cessata materia del contendere il ricorso in appello proposto dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia, nel presupposto che il progetto di realizzazione per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, approvato dal CIPE con la delibera 113/2003, sia stato stralciato dall'ambito applicativo della legge 443/2001 e ricondotto nell'alveo delle procedure ordinarie”. Oggi, in palese contrasto con decisioni politiche e sentenze, il progetto per la nuova galleria di servizio è stato approvato solo grazie alle norme speciali della legge obbiettivo, senza che nessuna autorità abbia mai fornito risposta ai ricorsi che la Comunità montana ha prodotto in proposito. Il nuovo progetto preliminare della tratta internazionale, per il quale non vi è ancora nessun cantiere aperto in Italia ed in Francia, prevede oggi un costo di 10,369 miliardi di euro. I francesi chiedono però che siano per intero a carico dell'Italia le modifiche apportate alla tratta in territorio italiano e ciò porterebbe a circa 8 miliardi la quota a carico del nostro Paese. Le mie stime, come sai le uniche risultate affidabili, valutano in capo al nostro Paese, considerando anche la tratta nazionale, un costo non inferiore ai 20 miliardi di euro. Il finanziamento europeo, stante il regolamento in essere, potrebbe coprire fra l'1,2 e l'1,6 miliardi di euro. Restano da trovare nelle casse dello Stato almeno 18,4 miliardi; cifra per la quale non vi è la benché minima ipotesi di copertura. Con il traffico merci realmente prevedibile, oggi il solo a motivare la realizzazione di questa infrastruttura, i ricavi consentirebbero a stento di coprire i costi di gestione e manutenzione della nuova infrastruttura.

Il giorno successivo alla apertura manu militari del cantiere per la galleria di servizio per la nuova linea Torino-Lione, la cronaca ti ha attribuito queste dichiarazioni:“ Non possiamo accettare l'idea che il processo di decisione venga bloccato da frange violente. ..quello che è successo in Valdisusa è spiacevolissimo ma non si possono fermare i cantieri”. Ho sperato, nei giorni successivi, nella lettura di una riflessione meno banale di quella che ti è stata attribuita. Al contrario, alle tue si sono aggiunte quelle ancor più generiche e arroganti del sindaco e dell'ex sindaco di Torino. Attesa vana anche dopo il 3 luglio, grazie allo spettacolo degli scontri fra frange violente e forze di polizia che ha consentito di oscurare la più grande e ordinata manifestazione mai vista in Italia su di un tema così specifico.

Non credi sia da irresponsabili prendere a pretesto il comportamento di alcune frange violente e glissare totalmente sulle ragioni del NO di una intera comunità e dei loro rappresentanti? Non è da te per come ti conosco, non credo sia consentito al segretario del maggior partito di opposizione che ha fatto della consultazione popolare la sua ragion d'essere. La Comunità Montana della Valdisusa e Valsangone ha prodotto non solo osservazioni puntuali e dettagliate sui nuovi progetti della nuova galleria di servizio della Maddalena e della tratta internazionale Torino-Lione. Ha presentato anche esposti e ricorsi sulla illegittimità delle procedure di approvazione e sulle modalità di affidamento della nuova galleria di servizio della Maddalena alla cooperativa CMC di Ravenna (rigorosamente a trattativa privata, compresi i lavori fuori sacco affidati a tre piccoli imprenditori locali usati come scudo mediatico). Posso assicurarti, e sai quanto io sia rigoroso in queste valutazioni, che tutte le procedure e gli atti connessi adottati dalla società LTF sono quanto di peggio, e illegale forse, possa essere messo in atto a fronte delle norme europee e nazionali.

Non ho alcuna pretesa di essere creduto sulla parola, ma un partito importante come il PD credo abbia il dovere di confrontarsi nel merito delle ragioni del NO o del SI. Il NO a quel progetto è il frutto della conoscenza scientifica dei numeri usati per sostenerne la fattibilità: numeri che non hanno il minimo di credibilità, anzi clamorosamente smentiti dalla realtà. Nel 2003 transitavano su quella linea 1,5 milioni di passeggeri e 9,7 milioni di tonnellate di merci; il progetto preliminare approvato nello stesso anno dal Cipe prevedeva la saturazione della linea storica nel 2020 con oltre 6 milioni di passeggeri e 22 milioni di tonnellate di merci. Nel 2010 i passeggeri sono stati 700 mila e le merci 2,4 milioni di tonnellate. Previsioni sbagliate, no semplicemente false, oggi traslate di sette anni e riproposte pari pari. Conosco nel dettaglio quel progetto, essendo uno dei tecnici nominati, dalla Comunità montana, per valutarne il merito tecnico e le procedure per la sua realizzazione. Conosco la consapevolezza informata e diffusa delle ragioni del NO, dei Valsusini e di tutti i tecnici che hanno almeno una minima conoscenza di quel progetto. Posso sinceramente testimoniare che da quando mi occupo di questo progetto non ho mai avuto occasione di misurarmi con ragioni tecniche del SI minimamente affidabili.

I cantieri, se si apriranno, rischiano di tenere in piedi per decenni questo confronto dissociato fra le ragioni tecniche e scientifiche del NO ad un'opera inutile e le ragioni del NO alle frange violente. Dissociazione utile solo a chi, schierato per il SI, senza alcuna motivazione tecnica, si nasconde dietro il NO alle violenze vere e presunte di quattro gatti. Un paravento che solo l'occultazione della verità e la disinformazione può tenere in piedi.

La TAV Torino-Lione rischia di diventare per il PD e per la Politica, non solo in Valdisusa ed in Piemonte, ma in Italia, la questione dirimente della credibilità del tuo partito e della politica tutta, forse l'ultima occasione mancata per agganciare un rapporto con la nuova aria proposta dal popolo dei referendum dei beni pubblici e della legalità. Il NO al Tav, e non solo in quella Valle, è semplicemente una domanda di trasparenza e confronto nel merito. La politica, con la p maiuscola, non può disattenderla. La mia stima e la mia attesa fiduciosa.

Ivan Cicconi
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 16/07/2011, 7:54

http://letteraviola.it/2011/07/video-sh ... -immagini/

Pestaggio di un manifestante no-tav, lancio di sassi verso altri manifestanti.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 17/07/2011, 19:00

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06 ... -2/119855/


Il progetto Tav, un flop ad Alta velocità

Oltre settanta chilometri di gallerie, dieci anni di cantiere, materiali di scavo da smaltire e decine di migliaia di camion in viaggio. Tutto questo sta dietro all'opera che viene lanciata dal governo come uno strumento contro l'inquinamento. Senza contare che un tunnel ferroviario c'è già ed è quello del Frejus e che soprattutto da qui ai prossimi anni il traffico è annunciato in calo
Le grandi opere non le vuole più nessuno, salvo chi le costruisce e la politica bipartisan che le sponsorizza con pubblico denaro. Dell’inutilità del Ponte sullo Stretto non vale più la pena di parlare, e dell’affaruccio miliardario delle centrali nucleari ci siamo forse sbarazzati con il referendum. Prendiamo invece il caso Tav Val di Susa.

Per i promotori si tratterebbe di un progetto “strategico”, del quale l’Italia non può fare a meno, sembra che senza quel supertunnel ferroviario di oltre 50 km di lunghezza sotto le Alpi, l’Italia sia destinata a un declino epocale, tagliata fuori dall’Europa. Chiacchiere senza un solo numero a supporto, è da vent’anni che le ripetono e mai abbiamo visto supermercati vuoti perché mancava quel buco. I numeri invece li hanno ben chiari i cittadini della Valsusa che costituiscono un modello di democrazia partecipata operante da decenni, decine di migliaia di persone, lavoratori, pubblici amministratori, imprenditori, docenti, studenti e pensionati, in una parola il movimento “No Tav”, spesso dipinto come minoranza facinorosa, retrograda e nemica del progresso. Numeri che l’Osservatorio tecnico sul Tav presieduto dall’architetto Mario Virano si rifiuta tenacemente di discutere. Proviamo qui a metterne in luce qualcuno.

Il primo assunto secondo il quale le merci dovrebbero spostarsi dalla gomma alla rotaia è di natura ambientale: il trasporto ferroviario, pur meno versatile di quello stradale, inquina meno. Il che è vero solo allorché si utilizza e si migliora una rete esistente. Se invece si progetta un’opera colossale, con oltre 70 chilometri di gallerie, dieci anni di cantiere, decine di migliaia di viaggi di camion, materiali di scavo da smaltire, talpe perforatrici, migliaia di tonnellate di ferro e calcestruzzo, oltre all’energia necessaria per farla poi funzionare, si scopre che il consumo di materie prime ed energia, nonché relative emissioni, è così elevato da vanificare l’ipotetico guadagno del parziale trasferimento merci da gomma a rotaia. I calcoli sono stati fatti dall’Università di Siena e dall’Università della California. In sostanza la cura è peggio del male.

Veniamo ora all’essere tagliati fuori dall’Europa: detto così sembra che la Val di Susa sia un’insuperabile barriera orografica, invece è già percorsa dalla linea ferroviaria internazionale a doppio binario che utilizza il tunnel del Frejus, ancora perfettamente operativo dopo 140 anni, affiancato peraltro al tunnel autostradale. Questa ferrovia è attualmente molto sottoutilizzata rispetto alle sue capacità di trasporto merci e passeggeri, sarebbe dunque logico prima di progettare opere faraoniche, utilizzare al meglio l’infrastruttura esistente. Lyon-Turin Ferroviarie a sostegno della proposta di nuova linea ipotizza che il volume dell’interscambio di merci e persone attraverso la frontiera cresca senza limiti nei prossimi decenni. Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino dimostra che “assunzioni e conclusioni di questo tipo sono del tutto infondate”. I dati degli ultimi anni lungo l’asse Francia-Italia smentiscono infatti questo scenario: il transito merci è in calo e non ha ragione di esplodere in futuro.

Un rapporto della Direction des Ponts et Chaussées francese predisposto per un audit all’Assemblea Nazionale nel 2003 afferma che riguardo al trasferimento modale tra gomma e rotaia, la Lione-Torino sarà ininfluente. E ora i costi di realizzazione a carico del governo italiano: 12-13 miliardi di euro, che considerando gli interessi sul decennio di cantiere portano il costo totale prima dell’entrata in servizio dell’opera a 16-17 miliardi di euro. Ma il bello è che anche quando funzionerà, la linea non sarà assolutamente in grado di ripagarsi e diventerà fonte di continua passività, trasformandosi per i cittadini in un cappio fiscale.

Ecco, allora, sintetizzata solo una minima parte dei dati che riempiono decine di studi rigorosi, incluse le recenti 140 pagine di osservazioni della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, dati sui quali si rifiuta sempre il confronto, adducendo banalità da comizio tipo “i cantieri porteranno lavoro”. Eppure il lavoro potrebbe arrivare anche da quelle piccole opere capillari di manutenzione delle infrastrutture italiane esistenti, ferrovie, acquedotti, ospedali, protezione idrogeologica, riqualificazione energetica degli edifici, energie rinnovabili.

Seguendo lo stesso criterio, anche l’Expo 2015 di Milano sarebbe semplicemente da non fare, chiuso il discorso. Sono eventi che andavano bene cent’anni fa. Se oggi in Italia tanti comitati si stanno organizzando per dire “no” alle grandi opere e per difendere i beni comuni e gli interessi del Paese, non è per sindrome Nimby (non nel mio cortile), bensì perché, come ho scritto nel mio “Prepariamoci” (Chiarelettere), per troppo tempo si sono detti dei “sì” che hanno devastato il paesaggio e minato la nostra salute fisica e mentale.

da Il Fatto Quotidiano del 18 giugno 2011

di Luca Mercalli


http://www.youtube.com/watch?v=wbUl6ey88Jk
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda ranvit il 17/07/2011, 19:06

Seguendo lo stesso criterio, anche l’Expo 2015 di Milano sarebbe semplicemente da non fare, chiuso il discorso. Sono eventi che andavano bene cent’anni fa. Se oggi in Italia tanti comitati si stanno organizzando per dire “no” alle grandi opere e per difendere i beni comuni e gli interessi del Paese, non è per sindrome Nimby (non nel mio cortile), bensì perché, come ho scritto nel mio “Prepariamoci” (Chiarelettere), per troppo tempo si sono detti dei “sì” che hanno devastato il paesaggio e minato la nostra salute fisica e mentale.

da Il Fatto Quotidiano del 18 giugno 2011

di Luca Mercalli


Meglio ancora sarebbe tornare all'età della pietra!!! :shock: :twisted: :shock:
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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