da pierodm il 31/01/2011, 14:23
Leggendo gli interventi ho capito benissimo che qui è in atto una discussione che prescinde dal merito del post iniziale e che affonda nella storia di questo forum. Non era, e non è, mia intenzione intervenire in questa diatriba
Lodes, se vai a guardare, vedi bene che in quasi tutti i capitoli di questo forum ci si allarga facilmente al di là del post iniziale.
E farei anche appello alla tua cortesia, affinché evitassi di spazzare via come fosseri briciole di pane sulla tovaglia una decina di pagine di discussione, definendo il tutto "diatriba".
Per la verità, a me sembra che qui si sia trattato ampiamente il merito indotto dal post iniziale: non dovresti lasciarti ingannare da qualche giudizio personale e da qualche insultino che si affaccia qua e là, che sono ormai una spiacevole abitudine.
Non sono io che abolisco categorie, ma è la storia. Nel senso che per quanto mi riguarda l’’89 segna un punto di rottura che va colto in tutta la sua importanza. Certo si può anche utilizzare il pensiero marxista per analizzare le contraddizioni del capitalismo ma una volta utilizzati questi strumenti di analisi manca, inesorabilmente, una risposta, anzi una proposta alternativa. La storia ci consegna il capitalismo e non il socialismo, allora secondo me una sinistra deve domandarsi come stare dentro a questa dimensione con l’obiettivo di realizzare quei valori/obiettivi che stanno nel suo DNA,
Certo, la storia. Alla storia possiamo far dire qualunque cosa, salvo poi doverla discutere e confrontare con altri "messaggi" che la storia ci manda. A questo servono le discussioni, i dialoghi, le polemiche, la politica stessa: altrimenti potremmo evitare di stare qui a picchiettare sui tasti del PC, per esempio.
Tu dici l'89: importante, ma qual è "tutta" l'importanza?
Se si tratta di tirare una linea sul bolscevismo e sul sovietismo, personalmente è la prima cosa che ho fatto quando al liceo ho cominciato ad interessarmi di politica - e purtroppo non era l'89 ma era qualche decennio prima.
Il tracollo dell'URSS non ha niente a che vedere, secondo me, con la validità o meno del marxismo.
Io non sono nemmeno d'accordo con il quadro che tu dipingi, che mi sembra molto "veltroniano", ossia impostato sulla falsariga del "da un lato ... ma dall'altro", e "è così ... ma anche".
Da ciò che dici se ne ricava - o almeno io ne ricavo, sbagliando? - che bisogna non abiurare alle radici, ma bisogna altresì proiettarsi verso il futuro: ottima idea, che vale per qualunque organismo vivente. Il problema politica sta nel decidere, nel capire quali sono le radici, qual è il DNA irrinunciabile, e qual è il futuro.
La sinistra ha mancato di elaborare queste "nuove vie" - anche prima del fatidico 89, quanto a questo - ma stiamo vedendo ora che non è solo questione di buona volontà: per rispondere all'esigenza che tu e noi tutti sentiamo ci vuole la convergenza di diverse condizioni, da quella di un adeguato impegno ideologico ad una diagnosi efficace della realtà, da un buon contesto culturale della società ad un'efficiente selezione dei dirigenti politici.
Soprattutto, serve ineludibilmente la capacità di scegliere: non si fa un partito, non si rinnova una politica, rimanendo nei limiti del "ma anche", e non si diventa per incanto "partito di governo" inseguendo tutto e il contrario di tutto, e ricercando un improbabile ecumenismo.
La storia ci consegna il capitalismo e non il socialismo,
Per un intero secolo la sinistra - politica e sindacale - è stata ben cosciente che la storia "consegnava" il capitalismo, e che insieme con il capitalismo consegnava anche l'antidoto ai suoi veleni: il socialismo.
Non il bolscevismo, o il leninismo, ma certamente il socialismo, e la sfera dei diritti civili difesi dal socialismo, tra i quali i diritti sindacali.
Quando tu dici che, fatta l'analisi, magari tramite il marxismo, manca la soluzione alternativa, trascuri uno o due secoli di storia: che altro sono le nostre moderne democraazie, se non un prodotto del liberalismo unito al socialismo democratico?
Un'unione che è servita a sottrarre il liberalismo al destino di essere l'instrumentum regni del puro capitalismo, ossia l'evoluzione in chiave borghese dell'ancien regime di matrice aristocratica.
Se questo è il DNA del quale tu stesso parli, a me non sembra che l'orientamento attuale sia quello di ispirarsi a questo DNA.
la difesa dell’ambiente, l’utilizzo delle risorse ecc riguarda tutti: padroni e operai.
Va be', questa te la potevi evitare.
Anche nei secoli bui del medioevo la riforestazione riguardava tutti, servi della gleba e feudatari, chierici e maniscalchi.
Come idea di base per rilanciare e rifondare la sinistra e la civiltà occidentale, e per fornire una soluzione dopo le "sterili analisi marxiste" mi sembra un po' vaga, un po' debole, e non molto "moderna".
C’è il timore di uno spostanmento a destra? Attenzione! A parte le facili enunciazioni di principio dovremmo essere d’accordo che oggi è più problematico definire ciò che è di destra e ciò che è di sinistra. Allora quello che conta sono le soluzioni che si propongono. Per esempio in un paese con il più alto deficit statale è di destra o sinistra tendere a meno spesa pubblica e alla razionalizzazione e alla efficienza dellA PA?
Non c'è il timore di. C'è lo spostamento, molto reale.
Le enunciazioni sono facili, questo è vero: tutte. Anche dire che le enunciazioni sono facili è una facile enunciazione.
Come dicevo a Manuela, l'efficienza della PA o la riduzione del deficit sono - devono essere - comuni a qualunque buon governo, così come lo sarebbe la costruzione di strade senza buche, o di binari di treni dritti e non a zig zag.
Ma basta mettere nel conto le persone e la loro vita e le cose cominciano ad essere un po' più facili da definire.
Basta mettere nel conto, cioè, gli interessi delle persone, i rapporti di potere, le gerarchie sociali ed economiche: qui, su questi fattori, che si fanno le scelte politiche.
Sarà pure difficile definire cosa è di sinistra, e quali sono le soluzioni di sinistra, ma mi sembra tuttavia piuttosto chiaro cosa è la destra e quali sono le soluzioni che piacciono alla destra.
Tra parentesi: parlare in astratto di DNA della "nostra storia" significa poco, perché il DNA non parla e non vota.
Il DNA della "nostra storia" siamo noi: basta capire chi siamo, noi, e a quale pezzo di storia di preciso apparteniamo.
Persopnalmente , come ho accennato, appartengo a quel pezzo di storia che non ha mai avuto santini o idoletti, e che continua a non averne, nemmeno riveduti e corretti in chiave "moderna".