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ho ascoltato il Prof. Martino

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 16/05/2009, 22:47

Franz
Stai dicendo che qualunque siano le opinioni sul pianeta sul ruolo o la natura della politica, la verità è quella che tu hai stabilito essere?
Io ho dato la mia definizione e l'ho - credo ampiamente, dato il contesto - motivata: come altre che circolano "sul pianeta".
Quella è la mia verità.
Se qualcuno preferisce adottarne altre, è libero di farlo.
Non vedo, per altro, argomenti che vadano ad obiettare significativamente l'unica cosa che vale la pena obiettare, ossia le già accennate motivazioni che ho cercato di dare.

Per il resto, Franz, mi sembra che non hai ben riflettuto e dunque ben capito il senso di ciò che intendo dire: non di poco, ma di molto.
Ma in fondo non è grave, e nemmeno importante.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 16/05/2009, 23:38

pianogrande ha scritto:Il minimo risultato che dovrebbe emergere da questa discussione, per me, sarebbe che governare l'economia significa, semplicemente, costringerla a rispettare delle regole nella sua interazione con la società.
Che questo sia necessario e non sia roba da comunisti per definizione mi sembra che trovi un po' tutti daccordo.
Può sembrare poco ma sarebbe già un bel risultato.

Concetto chiaro e semplice che può servire a sgombrare il campo da tiriterie varie (anche le mie,si intende)e stanare le reali posizioni.
Io naturalmente ero d'accordo fin dall'inizio e credo si fosse capito;
ora lo dico esplicitamente e vediamo se qualcun altro si associa.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Loredana Poncini il 17/05/2009, 7:41

Stefano, mi associo.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda gabriele il 17/05/2009, 9:35

pierodm ha scritto:Come - anche questo - ho già proposto all'attenzione, a me sembra che l'operazione di toglier via dalla politica fenomeni e valori, per metterli in categoria separate, nasconda la voglia di sottrarre queste categorie, queste attività, ai vincoli dell'etica, ossia agli obblighi di una loro coscienza e funzione sociale, per vincolarli esclusivamente ad un criterio di efficienza "tecnica" autoreferenziale.


Non è del tutto vero. La differenziazione fra economia e politica ha fini sì concreti ma comunque di impatto etico sulla società stessa.
Infatti, se lo Stato è definito con regole democratiche, l'impresa, che è a tutt'oggi uno dei fulcri centrali dell'economia, non è detto che debba esserlo. Anzi, nella maggior parte dei casi assume carattere antidemocratico e questo perché mentre la politica si interfaccia con i cittadini tramite i loro diritti fondamentali, l'impresa si interfaccia con i cittadini tramite contratti stipulati reciprocamente.

Le ripercussioni della divisione sono quindi notevoli. Ad esempio, senza una suddivisione fra la politica ed economia non si potrebbero legiferare norme che tutelino i lavoratori sul posto di lavoro.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 17/05/2009, 10:03

pinopic1 ha scritto:Se parliamo di concetti, il concetto di economia è già incluso (mi sembra) in quello di politica. Invece mi pare che parlassimo proprio del modo di far politica, del potere politico, e del modo di agire da parte degli operatori economici e dei poteri economici.
Il fine della politica dovrebbe coincidere con quello dell'economia o i due dovrebbero essere inscindibili. Di fatto ciò non avviene o per il prevalere del potere politico che condiziona eccessivamente l'economia per fini di parte o per convenienze contingenti, o per il prevalere dei poteri economici che condizionano la politica per fini che non sempre coincidono con l'interesse generale.

Etimologia di economia
oikos - e nomos - (norma, legge) = regole per la buona amministrazione della (dei beni della) casa (naturalmente secondo la legge del minimo mezzo = ottenere il massimo utile con il minimo dispendio di risorse).

Dalla etimologia che hai fornito mi pare di poter affermare che caso mai parte del concetto di politica è incluso in quello di economia, non il contrario. L'economia potremmo definirla come l'amministrazione della cosa privata (con la legge del minimo mezzo) mentre la politica si dedica alla cosa pubblica, la quale è una cosa privata che si è deciso di gestire colettivamente. Anche qui si auspica la legge del minimo mezzo, dato che le risorse pr la gestione pubblica vengono dai privati cittadini. Lo stato non si autofinanzia.
Ora mentre la cosa privata viene gestita dal singolo (individuo o azienda) la cosa pubblica è gestita collettivamente e questo comporta leggi, regolamenti, una pubblica amministrazione. Anche le aziende pubbliche vanno gestite secondo principi eonomici (del minimo mezzo) ma sappiamo che non è così: sperchi, clietelismo etc.
La politica ha pero' un altra funzione, oltre alla gestione della cosa pubblica, ed è l'attività normativa sull'intera società (quindi codici e leggi). Questa è una funzione specifica della politica e concettualmente non è contenuta nell'economia.
Un codice civile o penale non è "amministrazione". In parte quindi il concetto economico sta sopra la politica (quanto è amministrazione della cosa pubblica) in parte quando è "normativa" è la politica a dominare, anche se non su tutto.
Come dicevo il mercato, che è la parte determinante della nostra società, è regolato ma non gestito (prezzi e redditi) dalla politica. Il concetto della politica (per concettualizzare) quindi è, facendo un disegno di insiemistica, solo parzialmente coincidente con quello dell'economia. Sono due sfere con una parte in comune e parti separate di competenza esclusiva di entrambe.

Franz
Ultima modifica di franz il 17/05/2009, 10:22, modificato 1 volta in totale.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda franz il 17/05/2009, 10:19

Stefano'62 ha scritto:
pianogrande ha scritto:Il minimo risultato che dovrebbe emergere da questa discussione, per me, sarebbe che governare l'economia significa, semplicemente, costringerla a rispettare delle regole nella sua interazione con la società.
Che questo sia necessario e non sia roba da comunisti per definizione mi sembra che trovi un po' tutti daccordo.
Può sembrare poco ma sarebbe già un bel risultato.

Concetto chiaro e semplice che può servire a sgombrare il campo da tiriterie varie (anche le mie,si intende)e stanare le reali posizioni.
Io naturalmente ero d'accordo fin dall'inizio e credo si fosse capito;
ora lo dico esplicitamente e vediamo se qualcun altro si associa.


Parlare di "rispettare delle regole" è condivisibile ma è generico (quali regole?).
È comunque un bel passo indietro rispetto alle affermazioni categorice inziali: la politica deve governare tutto, deve stare sopra etc (che per me erano sì comunismo).
Ora invece il concetto di regolare alcune cose è condivisibile e liberale; è la base accettata di ogni paese libero ad economia di mercato. Anzi più che accettata: voluta come necessaria.
Ovviamente si tratta di stabilire quali regole e su quali ambiti.
Ma questa è storia di tutti i giorni.
Quindi mi associo anche io.
Abbiamo scoperto l'acqua calda ma è pur sempre un fatto positivo.

Franz
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda pierodm il 17/05/2009, 17:10

Gabriele.
Sinceramente, non ho proprio capito quello che vuoi dire.
Per esempio, non ho capito se sei d'accordo o no sul fatto che la separazione ideologica tra politica ed economia la giudichi positivamente o no.
Poi dici: Le ripercussioni della divisione sono quindi notevoli. Ad esempio, senza una suddivisione fra la politica ed economia non si potrebbero legiferare norme che tutelino i lavoratori sul posto di lavoro.
Perché non si potrebbero legiferare le norme, etc?

Per il resto, possiamo agevolmente concordare con quello che dice Franz, sulla scia della precisazione di Pino, ossia che sarebbe semmai la politica che nasce "dentro" l'esigenza economica: per ciò che riguarda il mio discorso non cambia nulla, e del resto avevo rappresentato l'identificazione tra oikos e polis già qualche post fa.
Una visione, questa, che nei percorsi del labirinto concettuale porta direttamente al marxismo, che si fonda esattamente su un tesi strutturale del fenomeno economico, dal quale discendono sia le strutture sia le "sovrastrutture" politiche.

Immaginiamo, infatti, la canonica comunità di villaggio, archetipo di studio della genesi sociale: un centinaio di persone che non hanno, seduti in circolo davanti al fuoco, speciali effervescenze "politiche", ma hanno certamente un modo di procurarsi il cibo nel dato territorio (poniamo cacciando) e che già nei primi giorni di convivenza hanno constatato che bisogna mettere alcune cose in chiaro, per non litigare e per ottimizzare gli sforzi di tutti.
Da qui - senza che la facciamo lunga - è facile immaginare la concatenazione di decisioni, di suddivisione dei compiti, e via via di rapporti organizzativi, gerarchici e personali nei quali si materializza la "caccia perfetta", la conservazione del bottino e la sua consumazione in rapporto ai bisogni, o al contributo dato, o alla perpetuazione dell'etnia del villaggio, etc.
La domanda è: l'organizzazione sociale della comunità che ne viene fuori è "politica" o "economia"?
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda gabriele il 17/05/2009, 17:57

pierodm ha scritto:Per esempio, non ho capito se sei d'accordo o no sul fatto che la separazione ideologica tra politica ed economia la giudichi positivamente o no.


Piero, mi sembra di aver argomentato esaurientemente la mia propensione affinchè politica ed economia siano separate ma non disunite.

pierodm ha scritto:Poi dici: Le ripercussioni della divisione sono quindi notevoli. Ad esempio, senza una suddivisione fra la politica ed economia non si potrebbero legiferare norme che tutelino i lavoratori sul posto di lavoro.
Perché non si potrebbero legiferare le norme, etc?


Perché se è l'economia a fare le leggi, di certo le farebbe a suo uso e consumo in barba ai lavoratori e ai loro diritti.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda gabriele il 17/05/2009, 18:35

pierodm ha scritto:Immaginiamo, infatti, la canonica comunità di villaggio, archetipo di studio della genesi sociale: un centinaio di persone che non hanno, seduti in circolo davanti al fuoco, speciali effervescenze "politiche", ma hanno certamente un modo di procurarsi il cibo nel dato territorio (poniamo cacciando) e che già nei primi giorni di convivenza hanno constatato che bisogna mettere alcune cose in chiaro, per non litigare e per ottimizzare gli sforzi di tutti.
Da qui - senza che la facciamo lunga - è facile immaginare la concatenazione di decisioni, di suddivisione dei compiti, e via via di rapporti organizzativi, gerarchici e personali nei quali si materializza la "caccia perfetta", la conservazione del bottino e la sua consumazione in rapporto ai bisogni, o al contributo dato, o alla perpetuazione dell'etnia del villaggio, etc.
La domanda è: l'organizzazione sociale della comunità che ne viene fuori è "politica" o "economia"?


La domanda reale è: esiterebbe una organizzazione del genere? Questo tipo di società prevede la creazione di una società basata sulla libertà della stessa a scapito di quella degli individui. Perché se solo uno dei membri è in disaccordo con gli altri, la coercizione diviene obbligatoria per la salvaguardia della collettività. In una società del genere il singolo non può decidere se percorrere un suo percorso in base a quanto può offrire e quanto gli altri vogliono, ma deve soddisfare le esigenze di una entità superiore che decide cosa occore o cosa non occorre fare.
In una società di questo tipo l'economia non è dettata dal principio della redditività e la politica alla democrazia, ma si ispira inevce ad un'autorità omnicoscente e omnicomprensiva che detta il senso morale di tutte le attività umane, economia compresa. Una super intelligenza.

Ebbene, se c'è una cosa, che anche Franz ha cercato di spiegare, è che al mondo non esiste alcuna persona che sappia cosa sia giusto o sbagliato a priori. Non esistono entità superiori che sappiano tutto.
Dobbiamo invece renderci conto che l'uomo vive in uno stato di profonda ignoranza e che deve continuare a interrogarsi su cosa possa fare per migliorare questa sua condizione.
In tal senso si parla libertà empirica, sperimentata un passo alla volta e migliorata in base agli errori del passato. Del tutto diversa dalla libertà assoluta esercitata in quasi tutti i regimi dispotici e quindi antiliberali che l'uomo ha visto da quando è al mondo.

Quindi alla tua domanda rispondo, ne l'una ne l'altra ma tutte e due insieme. Un dramma per quella società che, dopo una breve convivenza, scoprirebbe l'amarezza del disaccordo e del dispotismo.
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Re: ho ascoltato il Prof. Martino

Messaggioda Stefano'62 il 17/05/2009, 19:23

A me sembra di averlo specificato diverse volte che per politica al di sopra all'economia non significa necessariamente che il politico cacci il manager dal consiglio d'amministrazione.
Significa che il grado di autonomia del mondo economico,per quanto elevato possa (e debba) essere,deve essere una concessione della volontà popolare per precisa scelta,significa che se per caso in un ipotetico Stato si decida diversamente in modo democratico resta una scelta legittima;folle e perdente ma legittima.
Perchè quel popolo in piena sovranità decide di fare così punto e basta,e l'economia si deve sottomettere perchè la gente,sovrana,cioè che sta sopra,con strumenti politici,ha deciso così.
E nessuno pensi che sia giusto andarli a poi bombardare per un malinteso senso della democrazia da ristabilire.
Saranno poi fatti loro se quello Stato sarà destinato a fallire,ma così funziona la democrazia:la gente sceglie.
Se domani gli Stati Uniti decidessero per il protezionismo,folle o no le aziende vi si dovrebbero adeguare.
Gli Stati Uniti hanno stabilito un embargo contro Cuba,scelta apprezzata dal popolo americano;chi è stato al di sopra dell'altro:la politica o l'economia ?

Quindi ribadisco che la politica,essendo strumento nelle mani del popolo sovrano che con essa si organizza(come la definisce giustamente Piero) deve stare,nel bene e nel male,sopra a tutto quello che può avere la possibilità di diventare una minaccia,allo stesso modo con cui l'esercito deve difendere le nostre case.

I potentati economici,oggi,sono in grado di condizionare (e lo fanno accidenti) le scelte dei governi e di condizionare la vita della gente,e di porsi di fatto al di sopra delle nostre teste.
La gente deve avere il diritto di potersi organizzare (politica) per difendersi.
Negare alla politica questa possibilità significa negare a noi tutti di difenderci da qualcosa che non è proprio sempre una mano santa.

Nessun problema se qualcuno non è d'accordo,ma non voglio più sentire insinuare che auspico il dirigismo o mischiare le carte in tavola in qualche altro modo.
Stefano'62
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