da pierodm il 31/01/2009, 16:48
Stefano: ...ma noi appunto non siamo in un paese normale e forse è proprio per questo che ce lo debba venire a dire un non-politico,che alla fine risulta più politico di tutti gli altri che invece hanno perso il contatto con la realtà e sopravvivono nel loro limbo illudendosi che le regole della buona politica funzionino ancora.
Hai messo il dito nella piaga.
Sono più di dieci anni che succede questo: tanti discorsi, tante idee che dovrebbero appartenere alla politica, sono manifestate da attori, comici, giornalisti, magistrati - a livello di comunicazione nazionale, perché nel piccolo succede che sono alcuni di noi cittadini comuni a incaricarsi della faccenda.
Io non sono - come ben si è reso evidente dalle nostre ultime discussioni - non sono un "maggioritario", ossia uno che crede nella "verità della maggioranza", o almeno calcolata sulla base dell'audience.
Quindi dovrebbero essere proprio quelli che sono sulle posizioni opposte alle mie a fare un ragionamento come questo, che il successo di questi "soggetti impropri" impone all'attenzione: se attori e altri personaggi "impropri", che parlano al grande pubblico insistono da anni a sostituire la sinistra, e hanno il notevole seguito che hanno, significherà pure qualcosa.
Quello che significa di negativo per la politica politicante è abbastanza ovvio, e ne abbiamo parlato tante volte.
In via teorica potrebbe significare anche qualcosa di positivo, ma in pratica io di buono non ci vedo niente.
Per il resto, significa evidentemente che certe idee, certi livelli di opposizione incontrano un favore notevole, certamente superiore a quello che piace dire - e forse pensare - ai dirigenti del PD.
Di negativo, invece, c'è che ormai si va facendo strada una certa stanchezza nel vedere trattati da soggetti "impropri" temi che meriterebbero un serio discorso politico.
Io, per esempio, non ne posso più della "satira" interpretata dalla bravissima Sabina Guzzanti, o da Crozza, o da Neri Marcorè, da Vergassola e da altri. Fino a qualche anno fa ancora mi divertiva, adesso non la sopporto più, perché è troppo evidente che non è un segno di reattività culturale, ma che al contrario è un segno di impotenza, sia culturale sia politica.
Per quanto riguarda Di Pietro, tutto questo discorso vale a metà: Di Pietro non è propriamente un politico di lungo corso, e non ha un assetto da politico, quindi è anche lui parzialmente "improprio". Tuttavia è oggettivamente un politico, perché fa politica, partecipa alle elezioni, siede in parlamento, etc.
Oltre tutto, mi sembra francamente esagerato insistere nella sua vocazione a rimanere sempre, "dentro", un magistrato, anzi un pubblico ministero: il parlamento è pieno zeppo di avvocati, imprenditori, e altro genere di professionisti che fanno politica, e probabilmente ciascuno di loro rimane "dentro" (e spesso anche "fuori") un avvocato, un imprenditore o che altro, senza che nessuno alzi un ciglio.
Io credo che nel suo caso, come in altri, sarebbe assai meglio guardare alla luna, anziché al dito che la indica.
Una delle caratteristiche che meno mi piacevano nel vecchio PCI era l'abitudine di attaccare le persone che cominciavano a fare discorsi che non collimavano con la famosa "linea" ufficiale del partito: attaccare poco e di sfuggita le idee, ma molto e accanitamente le persone, definite spesso "provocatori", qualche volta "traditori", oltre che sempre indicati come causa di "pericolose spaccature".
Possibile mai che di quella vecchia e indubbiamente gloriosa sinistra si buttino via le tante cose buone, mentre si conservano puntigliosamente i quattro stracci peggiori?