Ora pare che anche Pisapia sia diventato "divisivo" e renziano.
Teste mozzate e Renzi: Pisapia agita i "compagni"
Rivolta dentro Mdp sulla proposta di rotazione dei mandati: "Questo è renzismo". In alto mare cabina di regia
17/07/2017 16:49 CEST | Aggiornato 16 ore fa
Alessandro De Angelis Politics reporter, L'Huffington Post
Ritornano ombre, veleni e sospetti su Giuliano Pisapia tra i suoi "compagni" di viaggio della Ditta che fu. Ombre, veleni e sospetti alimentati da un paio di uscite dell'ex sindaco suonate come qualcosa di più di voci dal sen fuggite: il "non mi candido", il principio della "rotazione", ovvero il limite di due mandati nella scelta delle candidature. Le riunioni di Articolo 1 si sono trasformate, qualche giorno fa, in uno sfogatoio. In parecchi hanno evocato "la vecchia cultura piccolo borghese della destra italiana che considera la politica un lavoro sporco". Enrico Rossi è sbottato: "Il principio della rotazione è mutuato dai Cinque Stelle. È un principio giacobino teorizzato da Marat che risolveva il problema indicando ogni giorno le teste da tagliare".
In questo sfogo, le teste mozzate sarebbero, ça va sans dire, quella del perfido e ingombrante D'Alema ma anche quella del buon Bersani, entrambi con diverse legislature alle spalle. E chissà se il modello, si sono chiesti in parecchi, sia Marat o se sia assai più vicino: la Leopolda. "Nella filosofia questo è un approccio renziano... La rottamazione...". Così l'ha interpretata Susanna Camusso parlando venerdì sera all'ambasciata francese con qualche amico, anche un po' contrariata. Perché davvero è apparsa assai bizzarra la posizione di uno già investito del ruolo di leader che evita di confrontarsi col voto popolare, magari con tanto di retorica su privilegi e poltrone a cui rinunciare, e, al tempo stesso, propone regole rottamatorie, come il limite dei due mandati. Marco Furfaro, braccio destro di Pisapia, spiega all'HuffPost: "Tra rottamazione e restaurazione, noi abbiamo proposto la rotazione, per favorire un mix di esperienza e rinnovamento. Le primarie chieste da D'Alema? Rischiano di essere meccanismi che favoriscono il ceto politico. Se ad esempio vogliamo candidare il migliore ricercatore d'Italia, con le primarie mica passa".
Ecco, la questione di fondo che ha poco a che fare con carattere e umore del leader riluttante, come lo ha definito Gad Lerner. Pisapia ha chiesto agli altri in prospettiva di sciogliersi e cedere sovranità nell'ambito di un processo più ampio e gli altri gli hanno fatto capire che non se ne parla; Pisapia ha alzato un muro verso Sinistra Italiana e Speranza sta lavorando per una cabina di regia con dentro i vari pezzi della sinistra, compresa Sinistra Italiana; Pisapia vorrebbe applicare a tutti, a partire da sé il limite dei due mandati, gli altri pensano a una forma di primarie dal basso; Pisapia non ha detto una parola sul governo, mentre gli altri si preparano a un autunno caldo: "Per noi – dice Arturo Scotto all'HuffPost - è finita. E se qualcuno ha dubbi, la vicenda dello ius soli li dirada. Alfano non è d'accordo e si blocca lo ius soli. Mentre non ci fu analoga sensibilità verso i partner della maggioranza quando si reintrodussero i voucher in barba a chi aveva firmato per i referendum della Cgil. Gentiloni si cerchi altrove i voti".
E si capisce perché, su questi presupposti, la famosa cabina di regia che dovrebbe nascere in questi giorni per la costruzione del famoso "processo unitario a sinistra" è un complicato work in progress di cui si capirà qualcosa quando mercoledì si vedranno, a Roma, Roberto Speranza e Giuliano Pisapia. Perché, al fondo, non è solo questione di frasi, ma di compatibilità e visione politica. La verità è che, in cuor suo Pisapia, non ha rinunciato ancora al "modello Milano", una coalizione di centrosinistra, vera e con tanto di primarie. E razionalmente, oltre che col cuore, pensa che il discorso non sia chiuso. Infastidito da questo chiacchiericcio che lo dipinge come pronto a tornare con Renzi, simbolo di una sinistra potabile, rispetto alla sinistra comunista e baffuta, l'ex sindaco pensa però che tutto è ancora possibile. E che, dopo la elezioni siciliane, qualcosa nel Pd accadrà se, come annunciato, sarà una debacle per il centrosinistra. E che, ciò che oggi appare chiuso, si potrà riaprire. Ovvero una nuova trattativa di legge elettorale, su cui quella volpe di Berlusconi ha già dato segnali a quanti nel Pd sono interessati proponendo una disponibilità a un modello di coalizione.
Dopo piazza Santi Apostoli, dove sembrava iniziato un percorso irreversibile, Pisapia ha confidato a più di un amico il suo disappunto. Perché aveva chiesto una piazza senza bandiere di partito, e invece ha visto sventolare un mare di bandiere rosse, portate con orgoglio dai militanti di Articolo 1. Un atteggiamento piaciuto assai poco ai suoi compagni di viaggio, giudicato irrispettoso verso gente che ha viaggiato in pullman anche sei, sette ore, per applaudirlo come leader. E anche ostile, snobisticamente ostile, come spesso accaduto nel giro di Lotta Continua milanese, verso la "burocrazia comunista".
In parecchi si chiedono, dentro Articolo 1, in un clima che non ha l'orgoglio e l'entusiasmo di un nuovo inizio se sia adatto a guidare, se lo voglia fare fino in fondo, o se alla fine si disimpegnerà. In parecchi, tra i renziani, hanno visto le sue ultime uscite come uno smarcamento verso D'Alema, ma anche verso Bersani perché anche da quelle parti se uno dice "non mi candido" dopo aver chiuso una manifestazione è chiaro che sta prendendo le distanze: "Con Pisapia - dice Matteo Richetti - dialogo e confronto tutta la vita, con D'Alema e chi ci spara addosso tutti i giorni no".
E allora il punto è questo: si è capito che Pisapia farebbe il "nuovo Prodi", anche con la benedizione del vecchio Prof e con i preziosi consigli di Lerner. Ma finora, come nota Richetti, non si è mai posto come leader alternativo a Renzi, pronto a sfidarlo in tv, a fargli una campagna contro, perché un'alleanza col Pd continua a metterla in conto prima del voto, come ci sperano – a questo schema - Franceschini, Orlando, lo stesso Romano Prodi. Se poi invece lo schema fosse Leopolda contro bandiere rosse, "Renzi contro gli sconfitti da Renzi", sempre per dirla con i suoi consiglieri e ideologi, beh allora sull'irreversibilità del suo impegno in pochi sono disposti a scommettere un euro. In fondo potrà dire, dopo quella dichiarazione, che in campo non è mai sceso, non essendosi candidato.