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Referendum: svolta storica dei lavoratori

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Rappresentanza Sindacale

Messaggioda Robyn il 17/01/2011, 22:43

Per porre fine alla lunga stagione delle divisioni sindacali inaugurate da Pezzotta bisogna riformare la rapprsentanza sindacale.Per poter fare ciò serve almeno il 60% della rappresentanza sindacale per stipulare un 'intesa sia a livello decentrato sia tra le parti sociali,questo per favorire il più possibile l'unità fra i lavoratori,un 3% per dare rappresentanza ai sindacati minori e la possibilità di modificare intese.Infatti se per stipulare intese fra le parti sociali sarebbe stato necessario il 60% confindustria,Cisl e Uil non avrebbero mai potuto inserire il punto 16 nel nuovo modello di contrattazione decentrata che prevede la possibilità anche in via sperimentale di modificare in tutto o in parte il ccnl.La Cisl non può dire di no.In democrazia non può mai vincere la minoranza.E la stessa cosa del parlamento se si è minoranza non si governa.Le regole della democrazia sono queste.Inoltre serve la registrazione obbligatoria dei sindacati che devono avere un'ordinamento interno a base democratica come come prescrive la costituzione italiana ciao robyn
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda flaviomob il 18/01/2011, 1:03

BLOG | di Luigi De Magistris 17 gennaio 2011


Mirafiori, la vittoria oltre i numeri

In quel 46% di no, espresso nel referendum di Mirafiori, è raccolta tutta la dignità del mondo del lavoro, oltre alla speranza di un futuro in cui possa essere realizzato integralmente l’art.1 della Costituzione e nasca, veramente, una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La forza dei numeri è cogente e costringe a ratificare una sconfitta numerica, ma è altrettanto vero che i numeri vanno interpretati e, una volta interpretati, possono condurre ad un altro riconoscimento.

In questo caso è chiaro: il referendum di Mirafiori segna, per la Fiom e il fronte del no, una vittoria politico-sindacale. Non c’è stato infatti un plebiscito a favore del piano autoritario e regressivo di Marchionne, Confindustria e governo (da questo punto di vista la votazione è andata addirittura meglio di Pomigliano d’Arco). Il ricatto fra lavoro servile e disoccupazione non ha piegato tutti i dipendenti Fiat e anche verso quanti hanno dato il loro assenso si deve nutrire il massimo rispetto umano per una scelta drammatica e sofferta: nessun essere umano a cuor leggero autocertifica la propria schiavitù . Con il referendum di Mirafiori è stato comunque dimostrato che la coscienza dei propri diritti, la necessità di una rappresentanza libera, l’importanza di difendere la democrazia nei luoghi di occupazione sono sentimenti radicati fra chi lavora, anche nel momento di massima difficoltà personale, quando si è chiamati alla decisione non libera come nel caso della consultazione torinese.

Analizzando qualitativamente il voto, come hanno evidenziato diversi studiosi e gli stessi rappresentanti sindacali, si nota come nel settore dove il vincolo di lavoro è maggiore, cioè dove le condizioni di lavoro sono più dure perché costringono alla scarsa autonomia anche di movimento, il fronte del no è stato massiccio. Del resto le condizioni imposte dal piano “Fabbrica Italia”, come la riduzione delle pause e lo spostamento della mensa a fine turno o i turni di 10 ore, avranno conseguenze più pesanti proprio sulle spalle di chi è impegnato alla linea di montaggio oppure (anche se in modo minore) alla lastratura, cioè nel fronte hard dell’attività lavorativa/produttiva. Proprio questi lavoratori hanno maggiore necessità di difendere i loro diritti in relazione a tempi e ritmi di lavoro/produzione, oltre che quello allo sciopero come arma essenziale per questa stessa difesa.

Un successo politico-sindacale, quello della Fiom e dei lavoratori attestati sulla linea Maginot del diritto e della democrazia, che è stato conseguito nonostante una situazione di pressione e controllo esercitata dentro la fabbrica da parte della dirigenza aziendale. Mirafiori, ancora di più di Pomigliano, è un centro produttivo spaccato e non governabile: Marchionne, Confindustria e governo devono prendere atto di questo quadro e riaprire una vera trattativa con tutti i soggetti interessati. Una trattativa che però non può vedere i diritti indisponibili (salute, sciopero etc) trattati come merce di un baratto per l’investimento Fiat: i lavoratori sacrificati in cambio di un lavoro in base alla rinuncia ai diritti. Perché? Perchè non è legittimo, come per questo non lo era il referendum che, infatti, la Fiom insiste a disconoscere, tanto da non poter firmare l’intesa che esso ratifica. Si tratta di rispettare la Costituzione e lo statuto.

Adesso la sfida che si apre è quella di sostenere questa lezione di democrazia che ci giunge dal 46% dei contrari all’accordo, appoggiando le iniziative annunciate dalla Fiom: l’insistenza sulla riapertura della trattativa anche affinché Marchionne chiarisca dove intende investire i soldi – oltre al miliardo promesso per Mirafiori – e soprattutto per produrre quali modelli e in quali stabilimenti, cioè cosa intende fare in tutta Italia; il ricorso alla magistratura contro un’intesa anticostituzionale; l’attività sindacale Fiom fuori da Mirafiori, a cui è precluso l’accesso a seguito del referendum; una nuova legislazione sulla rappresentanza sindacale affinchè il potere finale di decidere sugli accordi che li riguardano spetti ai lavoratori, rappresentati in modo realmente proporzionale e democratico.

In particolare, poi, la sfida più immediata è trasformare lo sciopero nazionale del 28 gennaio indetto dalla Fiom in una grande manifestazione di “presidio della democrazia”, dove si realizzi una partecipazione ampia dei partiti del centrosinistra che si dicono pronti all’alternativa al berlusconismo: perché il tema del lavoro e del modello di sviluppo sono la cartina di tornasole di una sinistra vera, che non confonde la richiesta di modernità proveniente da questi due ambiti con la regressione ad un modello ottocentesco schiavistico, che ha la presunzione di garantire competitività con gli altri modelli ottocenteschi schiavistici che emergono dall’Est del mondo. E’ un dovere per la sinistra ed è un dovere verso tutto il paese.

La Fiat – che per anni ha ricevuto contributi pubblici senza investire in nuovi modelli e in innovazione tecnologica, come accaduto nel resto dell’Europa nello stesso settore, dove si è anche arrivati alla partecipazione dei lavoratori nella gestione aziendale come la Germania insegna – non è una ‘cosa loro’, intendo di Marchionne, Marcegaglia o del governo dei Sacconi, ma patrimonio di tutta Italia. Cosa nostra, nel senso nobile e pulito del termine.

dal Fatto Quotidiano


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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda Iafran il 18/01/2011, 1:38

Robyn ha scritto:Per porre fine alla lunga stagione delle divisioni sindacali inaugurate da Pezzotta bisogna riformare la rapprsentanza sindacale.Per poter fare ciò serve almeno il 60% della rappresentanza sindacale per stipulare un 'intesa sia a livello decentrato sia tra le parti sociali,questo per favorire il più possibile l'unità fra i lavoratori,un 3% per dare rappresentanza ai sindacati minori e la possibilità di modificare intese.Infatti se per stipulare intese fra le parti sociali sarebbe stato necessario il 60% confindustria,Cisl e Uil non avrebbero mai potuto inserire il punto 16 nel nuovo modello di contrattazione decentrata che prevede la possibilità anche in via sperimentale di modificare in tutto o in parte il ccnl.La Cisl non può dire di no.In democrazia non può mai vincere la minoranza.E la stessa cosa del parlamento se si è minoranza non si governa.Le regole della democrazia sono queste.Inoltre serve la registrazione obbligatoria dei sindacati che devono avere un'ordinamento interno a base democratica come come prescrive la costituzione italiana

Mi sembra che la stagione delle divisioni sindacali sia stata inaugurata da Sergio D'Antoni, quando ha disgregato la triplice Cgil-Cisl-Uil.
Guardando, allora, l'avvenimento in TV, mi sono meravigliato per la contentezza dei delegati CISL, che gridavano "Libertà! Libertà! Libertà!". In effetti ritrovarsi con la possibilità di poter fare in autonomia gli accordi che ritenevano opportuni con il Governo, non pensavo che fosse una grande conquista né che doveva dare la "felicità" che dimostravano!
Pezzotta mi ha meravigliato ancora di più quando aveva definito una manifestazione CGIL a Roma come "una giornata di lutto per il sindacato" (o qualcosa del genere) !

Stamattina per Radio (RAI 3), ho sentito dell'esistenza in Tunisia di sindacati "lealisti" (diversi dai quelli "radicali") che avevano la funzione di contribuire a dare una parvenza democratica al regime di Ben Ali, ma che, alla fin fine, condividevano qualsiasi disposizione imposta alla popolazione.
Chissà che non si appurerà in futuro la presenza di qualche "lealista" anche in Italia? Il clima di regime non manca da
tempo e gli opportunisti ... fioccano!
L'idea di Robyn di "riformare la rappresentanza sindacale" potrebbe scongiurare questa eventualità.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda matthelm il 18/01/2011, 10:52

UOMINI E NO
QUEL DISPREZZO VERSO CHI HA VOTATO SÌ
di PIERLUIGI BATTISTA

In democrazia i voti si contano e non si pesano. Ma il voto degli operai che hanno scelto il «sì» a Mirafiori viene trattato come se avesse un peso etico inferiore.
E un`ingiustizia: chi vince, è squalificato moralmente come un uomo piccolo piccolo che si piega ai ricatti in nome del tengo famiglia. Chi perde è il paladino della dignità umana, il combattente dei diritti umani fondamentali.
il «no» è degli eroi. li «sì» è dei servi. Ma questo sì che è un ricatto inaccettabile.
Il Fatto quotidiano titola: «Uomini e no».
Ricalca uno dei più discutibili titoli della letteratura italiana. Lo scelse Elio Vittorini e si riferiva alla Resistenza: da una parte gli uomini, dall`altra chi veniva privato persino di una consistenza umana Discutibile se applicato a una guerra civile, quel titolo diventa offensivo se riferito a una competizione democratica L`operaio di Mirafiori che ha votato «sì» è forse un uomo di qualità inferiore? Chi si oppone è moralmente superiore a chi consente? E` affiorata una pessima retorica ideologica in questa drammatica vicenda della Fiat. L`umanità di Mirafiori è stata tagliata in due. Da una parte quella che ha la «schiena dritta», quella che incarna i valori della dignità, del coraggio, dell` etica, del rifiuto dei soprusi. Dall`altra, quella che cede, si piega, si inchina, ingoia passiva e servile il ricatto dei potenti. Eugenio Scalfari ha evocato addirittura le «anime morte» di Gogol. Sull`Unità Concita De Gregorio è scivolata nella volgarità suggerendo che, mercimonio per mercimonio, sarebbe stato preferibile che le figlie degli operai ricattati si fossero acconciate a qualche «bunga bunga» per spillare qualche quattrino alla corte del sultano. E` evidente: l`intenzione del direttore dell`Unità era sarcastica.
Ma a volte il sarcasmo riesce male, e il sarcasmo malriuscito è controproducente, oltre che deprimente.
E invece va difesa la dignità dei 1386 ope- rai del montaggio che hanno votato sì, dei 412 addetti alla lastratura che hanno votato sì, dei 255 operai addetti alla verniciatura che hanno votato sì, dei 262 operai del turno di notte che hanno votato sì, dei 421 impiegati (esseri umani, lavoratori) che hanno votato sì. Mentre nei commenti e nelle cronache a volte si dà l`impressione addirittura che contino più i no che i sì. Si fa anche uso di un doppio registro lessicale. La vittoria del sì al 54 per cento è «risicata», «di strettissima misura», «sul filo del rasoio».
Nella cronaca di Paolo Griseri su Repubblica, invece, è scritto che al montaggio, con «oltre il 53 per cento», «il no ha stravinto».
Se si vota dalla parte considerata nobile, giusta, eroica, allora i numeri consentono di «stravincere» anche con una percentuale inferiore a quella, «risicata», con cui prevale la parte sbagliata, ricattata, indegna.
Un`ingiustizia, appunto. Un insulto a chi viene negato il diritto, questo davvero fondamentale, di essere rispettato per le scelte che compie, giuste o sbagliate che siano, senza che siano bollate come infami «svendite» o riprovevoli «compromessi». Ma anche una malattia politica e culturale molto diffusa a sinistra e persino talvolta tra i «moderati». Il radicalismo, l`oltranzismo verbale, il «no» degli intransigenti sono più o meno inconsciamente sovraccaricati di valori positivi: la difesa dei valori, la custodia dell`identità, la salvaguardia della purezza.
Mentre chi si colloca su una posizione riformista è sempre sospettato di essere vulnerabile, esposto a un`etica compromissoria e alle lusinghe del cedimento morale.
Perciò i «riformisti» Bersani e D`Alema, di fronte al risultato di Mirafiori, si sentono in obbligo morale prima di tutto di rendere omaggio a chi ha votato «no», senza spendere una parola per gli operai che hanno votato sì. Per questa mai smaltita subalternità culturale viene tributato un apprezzamento maggiore a Nichi Vendola, che si è speso per il «no» davanti ai cancelli di Mirafiori, rispetto a quello riconosciuto al leader della Cisl Bonanni, l`artefice sindacale di un accordo che, risicato o no, ha comunque registrato la maggioranza dei consensi tra i lavoratori della Fiat. Era ovviamente uno scherzo (sebbene riuscitissimo) quello del finto Vendola radiofonico a colloquio con Sergio Marchionne. Ma dalle parole dello stesso amministratore delegato della Fiat, proprio di chi cioè è stato veementemente descritto come il «massacratore» dei diritti operai, traspariva un rispetto ammirato per l`interlocutore che sembrava Vendola imparagonabilmente superiore a quello che il vero presidente della Puglia ha dimostrato di coltivare per il «vero» Marchionne.
Per questo i lavoratori che hanno votato sì vanno difesi. Nella loro dignità, nelle loro convinzioni, nelle loro scelte. Nel loro diritto di non sentirsi eticamente di serie B. Di non essere bollati e squalificati come servi del padrone disposti a piegare la schiena pur di accettare un lavoro, a qualunque costo.
Liberi, anche stavolta, da un inaccettabile ricatto morale.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda pianogrande il 18/01/2011, 11:03

Non mi permetterei mai di dare del "servo del padrone" ad un lavoratore che ha votato sì con il cannone caricato a mitraglia nella zona del deretano.
Ho un po' meno stima per una catena di sindacalisti che hanno usato il sindacato per la propria carriera politica poi miseramente naufragata anche quella (non mi sembra che D'Antoni o Pezzotta reggano le sorti del mondo).
Certo che spacciare per democrazia un referendum della serie o la borsa o la vita è un po' una forzatura.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda matthelm il 18/01/2011, 11:35

Pianogrande, cosa vuoi che si risponda ad un intervento come il tuo?
Tu non dai del "servo dei padroni" ma peggio ad altri lavoratori e loro rappresentanti.

In condizioni normali e senza la estremizzazione di Fiom e compagni questo referendum in un paese normale, ed in crisi!, sarebbe passato con percentuali ben più alte ma i Landini e soci conoscono le tattiche per fare terrorismo psicologico e la pistola alla testa dei lavoratori l'hanno puntata loro dicendo che sarebbero stati schiavizzati e puttanate del genere.

Ora leggo della proposta di portare il quorum al 60%. E' incredibile il concetto di democrazia che avete voi. Siamo al ridicolo se non fosse tragico. I disoccupati, i cassintegrati, i precari , i giovani vi ringraziano per questa battaglia contro di loro. Resistete nel vostro fortino ideologico e conservatore e che il mondo... vada rotoli. Irresponsabili.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda Iafran il 18/01/2011, 12:45

matthelm ha scritto:Resistete nel vostro fortino ideologico e conservatore e che il mondo... vada rotoli. Irresponsabili.

"Noi" ... irresponsabili? :o

Iafran ha scritto:Chissà che non si appurerà in futuro la presenza di qualche "lealista" anche in Italia? Il clima di regime non manca da
tempo e gli opportunisti ... fioccano!
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda ranvit il 18/01/2011, 13:07

Il disprezzo riassunto nel titolo del Fatto Quotidiano (Uomini e No) non è altro che il solito atteggiamento "staliniano" tipico di tanta sinistra italiana....una vergogna!
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda matthelm il 18/01/2011, 13:45

Iafran, Irresponsabili! Sì, proprio così, perché dimenticano che il sindacato è una parte (minoranza!)sociale che pretende di imporre condizioni ad imprenditori d agli altri sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori. Non siamo in un paese comunista

E offendono, bruciano bandiere, fanno atti di teppismo (fascismo rosso) perché il vero punto è che difendono il "loro potere" non gli interessi dei lavoratori!
Il clima di regime e gli opportunisti ci sono già e il comportamento estremista li fa aumentare.

Per fortuna loro e nostra, gli irresponsabili, hanno perso il referendum!!!
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda Iafran il 18/01/2011, 14:51

matthelm ha scritto:Non siamo in un paese comunista

Infatti non lo siamo ... ma non sei proprio sfiorato dall'idea che possiamo essere in una "Repubblica delle Banane", ove comandano (con le armi) narcos e trafficanti vari (minimo, di capitali), delinquenti, sanguisughe, nani, ballerine e miss, nonché "ladies"? :o
Da questi "comandanti-governanti", i cittadini normali (quelli che tendono di opporsi alle loro angherie) non sono chiamati "ribelli" o "terroristi"? (Mi sembra che, a volte, siano chiamati addirittura "comunisti"!)
Irresponsabili ... "noi"!
La storia dei sindacati "lealisti" del regime di Ben Ali in Tunisia (e di altri regimi "democratici") non ti dice niente?
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