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La monnezza in Campania

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: La monnezza in Campania

Messaggioda flaviomob il 29/10/2010, 9:22

Non c'è bisogno del federalismo perché un cittadino di Napoli si incazzi e voglia imitare Salerno. Franz, io in Svizzera italiana ho passato le mie estati per anni da bambino e da adolescente e conosco abbastanza la situazione. Gli svizzeri sono uno dei popoli meglio organizzati ed affidabili al mondo, hanno raggiunto importanti risultati sul piano politico che li hanno resi tra i più ricchi (basta pensare alla conquista della neutralità, che ha evitato i disastri di due guerre mondiali, distruzioni, ricostruzioni; oltre all'affidabilità e stabilità - in senso buono e meno buono - del sistema bancario) e questa ricchezza, conquistata con fatica (persino Hitler aveva capito che la Svizzera sarebbe stata quasi inespugnabile, con una mobilitazione di un milione di soldati pronti a difendere il "ristretto" svizzero su una popolazione di 5 milioni), è stata utilizzata per realizzare uno stato sociale invidiabile. Giocoforza, la società svizzera ha sviluppato una forte componente conservatrice. Sia per la tradizionale indole degli abitanti delle montagne verso la stabilità e la parsimonia, sia perché aver raggiunto uno standard sociale molto alto porta conseguentemente a tentare di difenderlo, quindi di 'conservarlo'. In questo tipo di società, le aree di lingua italiana sono considerate periferiche e 'non allineate' a questi standard; oltretutto, in quanto stereotipo della disorganizzazione, agli svizzeri non vanno molto a genio gli italiani... :) Quindi pur in un contesto di rispetto e di civiltà, alcuni pregiudizi nella Svizzera di lingua tedesca permangono verso il Canton Ticino, e sarebbe velleitario negarli. Così come in Svizzera italiana e francese circolano parecchie barzellette, simili alle nostre sui carabinieri, aventi per oggetto gli svizzeri tedeschi :)
Tutte queste facezie per concludere: la Svizzera unisce culture e religioni diverse tra loro attraverso un contesto democratico radicato in ottocento anni di storia. E' naturale che sia un paese federale. Del resto, se anche non lo fosse la tradizionale organizzazione ed affidabilità dei suoi cittadini non muterebbe di una virgola. Nel contesto italiano un federalismo imposto dalla deriva leghista e quindi calato dall'alto in molte regioni non porterebbe automaticamente ad una migliore organizzazione, ma a uno stato arlecchino diviso in feudi, favorirebbe la criminalità organizzata (la mafia, storicamente, ha sempre spinto per l'autonomia siciliana, ed anche Miglio teorizzava un federalismo con la criminalità organizzata che controllasse il Meridione) ed impoverirebbe ulteriormente alcune aree.


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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda pierodm il 29/10/2010, 10:31

certo che se in un posto sono tutti mafiosi, o quasi, non mi sembra strano che governi la mafia.
In fondo sarebbe anche un fattore di democrazia.
Ma se non sono tutti mafiosi, se i mafiosi (i razzisti etc etc) sono minoranza, allora è dura ipotizzare che governino.


Il "fattore di democrazia" era esattamente quello che mi aspettavo, quando nel mio post precedente dicevo:
uno potrebbe, a questo punto, dire: va be', è roba brutta, ma almeno in questo modo sappiamo come stanno le cose.
Sarebbe un discorso giustissimo, se non fosse che questa "verità federale" non si unisse alla retorica della "democrazia diretta": non serve a niente sapere come stanno le cose, se queste cose sono comunque sanate politicamente dal fatto che provengono da una espressione della volontà dei cittadini, e dunque sono insindacabili come archetipi di democrazia.

Il che equivale ad esigere un "supplemento d'inchiesta" per discutere su cosa significa democrazia, al di là della visita rituale ai seggi elettorali.

La storia e la cronaca è piena di casi in cui certe minoranze di fatto governano, attraverso i meccanismi più diversi, tra i quali la violenza e la sopraffazione non sono nemmeno i più diffusi e i più efficienti.
Quindi direi che sarebbe meglio trovare un criterio di giudizio diverso rispetto al conteggio delle percentuali di maggioranza e minoranza: bisognerebbe (non solo limitatamente a questo aspetto, per altro) rimettere in discussione l'argomento del "potere", a livello sociale ed economico prima ancora che giuridico e politico -masi dovrebbe emigrare su altri piani del discorso, e rinunciare per esempio all'immagine francamente un po' evanescente e idilliaca dei cittadini che "si rmboccano le maniche" e che festosamente s'adunano davanti al sagrato della chiesa per decidere, da bravi padri di famiglia, il bene e il male della comunità, come ai tempi di Beniamino Franklin.

Do' per scontato che il federalismo vero è per forza anche democratico, perché senza voto LIBERO non puoi scegliere i rappresentati che preferisci. Non conosco la situazione nigeriana a livello istituzionale ma vedo che il sistema è basato sulla legge islamica e sulle leggi tribali... forse è questo che fa la differenza.

Giusto darlo per scontato nell’ambito di un discorso teorico, ma in un ambito politico bisogna mettere nel conto tutte le variabili: non è vero che un assetto federale non possa convivere benissimo con un regime autoritario o con culture assai lontane dal liberalismo, quali la legge islamica.
Il che contraddice l’assunto, che era stato espresso, per cui tale assetto rappresenta intrinsecamente una manifestazione di democrazia.

Per quanto riguarda il federalismo, esso non è regionalismo e io da sempre propongo un modello basato sulle provincie e sui comuni. Nell'esempio che fai, prima o poi i cittadini di Napoli si incazzano (hanno già cominciato, a dire il vero) e decidono si seguire l'esempio di Salerno.

Capisco il desiderio,legittimo, di essere precisi, ma non vedo molto spazio di manovra per distinguere significativamente il concetto generale di federalismo dal localismo e dal regionalismo.
Per esempio, non è che definire “regione” un modulo dell’assetto federale rende questo modulo differente da un “cantone”, e non è nemmeno che per essere federale un assetto debba necessariamente chiamare “stato” un dato territorio.
E’, ovviamente, una questione di rapporti e non di nomi.
Però è difficile accettare l’idea che un’Italia divisa in un centinaio di province sia esente dal “localismo”, e peggio ancora se l’unità politica di base non è nemmeno la provincia ma il comune.
Quindi non si tratta certo di vedere l’Italia divisa in diecimila staterelli, quanti sono i comuni, e questo ci porta al fatto che si sta parlando in definitiva di un decentramento più che di federalismo: assai più logico, del resto, dato che una simile atomizzazione dello stato corrisponderebbe meglio ad esigenze amministrative, più che politiche.

Fermo restando il fatto che – federalismo o localismo, o regionalismo che sia – esisto i rischi e i fenomeni sul piano sociale e culturale dei quali ho accennato, che vanno in direzione diversa, se non opposta, al “dare il meglio di sé” di cui si è parlato.
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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda franz il 29/10/2010, 22:29

flaviomob ha scritto: Giocoforza, la società svizzera ha sviluppato una forte componente conservatrice. Sia per la tradizionale indole degli abitanti delle montagne verso la stabilità e la parsimonia, sia perché aver raggiunto uno standard sociale molto alto porta conseguentemente a tentare di difenderlo, quindi di 'conservarlo'..

Non basta passare qualche vancanza infantile in un posto per conoscerlo come chi ci vive da una vita o da un paio di decenni. Gli svizzeri sanno che non possono dormire sul posto per conservare quello che hanno: devono lavorare attivamente, rinnovarsi costantemente. Progredire. Quindi bilanciare conservazione e innovazione. Basta sapere quanto investono in innovazione tecnologica, ricerca, cultura, formazione, scuola, saperi. Quanti libri e giornali leggono, musei visitano, per capire che hai sparato una serie immane di cazzate e luoghi comuni in perfetto stile "Novella 3000". Ma non è un problema, Flavio. Certe cose non si sanno ma si possono prima o poi imparare. Recentemente un libero pensatore locale ha citato "l'ignoranza non si impara" e mi è tanto piaciuta. ;)

Poi se uno vuole imparare solo dalla barzellette in stile "carabinieri" sono fatti suoi.
Per quanto riguarda l'Italia, se vogliamo lasciare il federalismo alla Lega di Bossi hai ragione tu: sarà un disastro.
Ma non credo sia il caso. Se vuoi sarebbe come dire che se vogliamo lasciare il socialismo al craxismo saremmo messi da schifo o che se volessimo lasciare il comunismo allo stile di cossutta cadremmo dalla padella alla brace. Per non parlare di quelli che sono ancora convinti (ma qui il caso è quasi psichiatrico) che Berlusconi sia liberale. Dovremmo quindi ragionare suicontenuti che sui luoghi comuni della propaganda. Forse in un forum questo è piu' utile.

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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda pierodm il 30/10/2010, 12:19

A me il discorso di Flavio mi era sembrato, nel leggerlo, azzardato e in qualche modo coraggioso: non è facile dare un giudizio complessivo su una nazione, uno stato, un popolo, e Flavio ci ha provato con i dati che aveva a disposizione.
Azzardato, ma abbastanza convincente. Forse non esaustivo, e forse nemmeno perfettamente centrato, nel senso che le caratteristiche da lui individuate non sono quelle determinanti, ma comunque un discorso interessante che assolutamente non merita di essere liquidato con la definizione di "serie immane di cazzate e luoghi comuni": non lo merita il suo discorso, e non lo merita Flavio come interlocutore, che ha sempre la pazienza e l'intelligenza di ragionare e di non lasciarsi andare a comode scorciatoie.

E poi, da quando bisogna essere residenti da vent'anni in un posto per impegnarsi in un giudizio?
Tu, Franz, dai (legittimamente) giudizi sull'Italia, sulla Sicilia, su Napoli, su Roma, sulla Germania, sugli USA, sulla Cina, sull'Africa e l'Oceania, e non credo che tu possieda il dono dell'onnipresenza.
E' ben vero che tu in genere - ma non sempre - usi la certificazione dei numeri per dare i tuoi giudizi, ma esistono giudizi che devono abbandonare questa (ingannevole) certezza per affrontare le acque libere del ragionamento, con tutti i rischi connessi. Anche i numeri, del resto, andrebbero "ragionati".
Il discorso di Flavio, per esempio, non mi sembra in contrasto con le tue precisazioni, né col fatto che gli svizzeri abbiano un tasso stratosferico di lettura di libri e di visite ai musei.

Per quanto mi riguarda, aggiungerei sia al giudizio di Flavio, sia al tuo, un accenno al fattore finanziario, che non credo sia estraneo al lindore cristallino del paesaggio sociale elvetico.
L'unica mia perplessità riguarda la neutralità della Svizzera, che Flavio definisce come una virtù.
Il discorso è delicato. Io, come sai bene, appartengo alla categoria di quelli che considerano le guerre come un caso assolutamente estremo.
Ebbene, proprio tu – in occasione della disgraziatissima polemica sull’intervento anglo-americano in Irak e Afghanistan – hai ripetutamente portato ad esempio di “guerra giusta” e comunque necessaria, e perfettamente giustificata, quella contro la Germania nazista. Da ciò discenderebbe che la “neutralità”, in questo caso, sarebbe una virtù assai dubbia.
Io francamente un’idea precisa non ce l’ho, ma propenderei per una forma complessa di convenienza e di calcolo, mascherati da pacifismo.

Insomma, per quanto piccola, la Svizzera merita di avere un giudizio adeguatamente complesso, né ispirato ai luoghi comuni negativi e derisori, né ai toni agiografici.
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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda flaviomob il 02/11/2010, 2:18

Non basta passare qualche vancanza infantile in un posto per conoscerlo come chi ci vive da una vita o da un paio di decenni. Gli svizzeri sanno che non possono dormire sul posto per conservare quello che hanno: devono lavorare attivamente, rinnovarsi costantemente. Progredire. Quindi bilanciare conservazione e innovazione. Basta sapere quanto investono in innovazione tecnologica, ricerca, cultura, formazione, scuola, saperi. Quanti libri e giornali leggono, musei visitano, per capire che hai sparato una serie immane di cazzate e luoghi comuni in perfetto stile "Novella 3000". Ma non è un problema, Flavio. Certe cose non si sanno ma si possono prima o poi imparare. Recentemente un libero pensatore locale ha citato "l'ignoranza non si impara" e mi è tanto piaciuta.


Il tuo intervento si giudica da se' in funzione dei termini che utilizzi per attaccare me, le mie opinioni e i fatti che mi hanno portato a formarle. Il termine cazzate lo rispedisco al mittente e, con questi toni e in questi termini, mi rifiuto di considerarti un interlocutore valido con cui confrontarmi in futuro. Ragioni in maniera ideologica, ripetitiva, assillante e sempre più spesso faziosa, peccando spesso di superficialità colpevole (perché quando si tenta di approfondire il lato umano, sociale, antropologico, culturale... ti rifugi nei numeretti). La tua unica teoria si riassume in questo: trapiantiamo la Svizzera in Italia e andrà tutto bene. Eh, no, magnifica presunzione, la realtà dei fatti è leggermente più complessa: basta paragonare la storia dei due paesi e anche un bambino capirebbe che il federalismo svizzero non funzionerebbe 'come in Svizzera' a Oristano piuttosto che a Galatina, a Comacchio piuttosto che a Latina. L'Italia ha inventato i comuni, la Svizzera i cantoni.
Conosco bene la Svizzera e ne stimo la storia, per certi versi addirittura esemplare (ottocento anni di democrazia che tende ad evolvere efficacemente verso la democrazia diretta), alcune tradizioni e alcune espressioni virtuose non solo perché ci passavo le mie vacanze, ma perché ci vive una parte importante della mia famiglia, ne ha acquisito la cittadinanza, ha sviluppato un'impresa che ha dato lavoro a decine di persone, fino ad essere coinvolta pesantemente, con la chiusura, nel dramma della crisi di questi ultimi anni.
Stima che non mi porta da esimermi dalle critiche, se lo ritengo opportuno.
Ho assistito a matrimoni in Ticino in cui, per timore di essere additati come 'italiani', si proibiva categoricamente agli invitati di suonare i clacson o di gettare riso sul sagrato. Conosco persone di origine italiana che hanno persino mutato idioma della declinazione del diminutivo del proprio nome, usando il francese. Cose che ho visto, conosciuto, vissuto da dentro. Cose che accomunano milioni di migranti di prima, seconda, addirittura terza generazione in tutte le latitudini e longitudini, o non te ne sei accorto?
Con la tua spocchia, hai ovviamente equivocato sul concetto di 'conservazione', che io intendevo in senso più che positivo, essendo ovvio che un paese che raggiunge un elevato tenore di vita, uno stato sociale tra i più evoluti al mondo e l'eccellenza in alcuni settori di produzione di qualità ricerca il mantenimento di questa alchimia, ma ciò non esclude in alcun modo un alto investimento nell'innovazione tecnologica. E perché mai non dovrebbero esserci musei molto frequentati? Bah...
Paese che comunque non è immune da forti contraddizioni, come forse tutti gli stati quando si inizia ad analizzarli a fondo, in cui la precocità e la longevità del modello democratico ha fatto a pugni con la secolare negazione del diritto di voto (attivo e passivo) alle donne, la presenza di beni patriziali, le collusioni del sistema bancario con le dittature estere e con gli evasori, etc.
Forse è questo che ti dà fastido. E' un chiaroscuro. Non ci sono solo luci.

Già... la negazione, vecchio meccanismo di difesa psicologico. Censura preventiva del pensiero. URSS della mente.

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http://it.wikipedia.org/wiki/Segreto_bancario_svizzero


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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda franz il 02/11/2010, 9:54

Certo che è un chiaroscuro come tutte le nazioni ma qui si parlava di italia che come chiaroscuri ha piu' scuri che chiari.
Ed allora appena si fa riferimento a realtà diverse (ho fatto riferimento al federalismo ed al caso che conosco meglio) lo sport preferito di qualcuno è sparare merda sugli altri, trovare tutti i difetti come a voler sostenere che in fondo l'italia deve rimanere come è: altre strade non sono auspicabili. Ora che sappiamo che tra gli scuri della svizzera federale c'è il segreto bancario, il divieto di suonare clacson e di gettare riso al matrimonio (veramente un'usanza idiota che si comincia a vietare anche in Italia) siamo tutti piu' contenti. Certo, se l'Italia fosse come la svizzera non avremmo problemi di monnezza e tanti altri. Sarebbe sicuramente inaccettabile ed intellerabile non poter suonare il clacson ai matrimoni e gettar riso. Non avremmo poi la necessità di sistemare all'estero quello che vogliamo nasconere al nostro fisco. Smetteremmo di essere un inferno fiscale e quindi sparirebbe la necessità di paradisi. Mi chiedo, come jfk, perché no?

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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda pierodm il 02/11/2010, 10:09

Sul merito dell'argomento ho già dato, e la sparatoria ormai si è trasferita tra Franz e Flavio.
Ragione per cui mi dedico ai dettagli, riprendendo la faccenda della citazione di GB Shaw.

Smetteremmo di essere un inferno fiscale e quindi sparirebbe la necessità di paradisi. Mi chiedo, come jfk, perché no?

Da Shaw a Robert Kennedy, da Robert a John, fra poco la metteremo in bocca a Jacqueline, poi a Onassis, poi a Gheddafi, poi a Topo Gigio ...
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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda franz il 02/11/2010, 10:30

pierodm ha scritto:Sul merito dell'argomento ho già dato, e la sparatoria ormai si è trasferita tra Franz e Flavio.
Ragione per cui mi dedico ai dettagli, riprendendo la faccenda della citazione di GB Shaw.

Smetteremmo di essere un inferno fiscale e quindi sparirebbe la necessità di paradisi. Mi chiedo, come jfk, perché no?

Da Shaw a Robert Kennedy, da Robert a John, fra poco la metteremo in bocca a Jacqueline, poi a Onassis, poi a Gheddafi, poi a Topo Gigio ...

Dettaglio veramente indispensabile e insostituibile.
In effetti la frase cambia completamente senso a seconda di chi la dica per cui sapere se l'ha detta Shaw, John, Robert o Topo Gigio è cruciale. Ma diamo a Robert quel che è di Robert.
Grazie della precisazione.
Franz
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Federalismo alle vongole? no, grazie!

Messaggioda flaviomob il 02/11/2010, 22:16

http://www.sinistrainrete.info/politica ... e-chi-paga

Federalismo fiscale, chi paga?
Domenico Moro*

Il problema della pressione fiscale è molto avvertito nel nostro Paese, soprattutto per il peso eccessivo a carico dei lavoratori dipendenti e dei redditi più bassi. Sotto questo aspetto gli interventi recenti non hanno migliorato le cose, preoccupandosi di ridurre il numero degli scaglioni dell’Irpef nazionale, introdurre addizionali Irpef regionali e aumentare la tassazione indiretta, cioè sui consumi.

La riduzione a cinque degli scaglioni Irpef ha limitato la progressività della tassazione diretta, quella sui redditi, che pesa sui lavoratori dipendenti. Inoltre, le addizionali Irpef regionali, al contrario dell’Irpef nazionale, non rispettano per nulla il criterio di progressività. Ad esempio, nel Lazio l’aliquota addizionale è dell’1,4% per tutti i redditi. Anche in Veneto c’è una sola aliquota, ma è dello 0,9%. In Piemonte, invece, ci sono tre aliquote che però variano in modo non progressivo. Ad esempio, coloro che hanno un reddito inferiore a 15mila euro pagano lo 0,9%; l’aliquota passa all’1,3% con un reddito oltre 15mila euro e all’1,4% oltre i 22mila euro; ma sempre su tutto l’imponibile e non, come avviene a livello nazionale, solo sulla parte che eccede lo scaglione precedente. Il panorama delle addizionali è insomma una vera giungla, in cui ogni regione adotta criteri propri, aumentando la confusione - anche a causa dell’intricato ventaglio di deduzioni (18) detrazioni (39) ed esenzioni fiscali (46) - e la disparità di trattamento dei cittadini-contribuenti lungo lo stivale.
A tutto questo si è aggiunto l’aumento della pressione delle tasse indirette sui consumi, dall’Iva alle accise, ai pedaggi autostradali. Scegliere di aumentare le tasse indirette appare un buon escamotage per governi attenti al consenso, in quanto appaiono più “neutre” e sono meno evidenti agli occhi di chi le subisce rispetto alla tassazione diretta. C’è però un grave neo: non sono progressive cioè pesano ugualmente su tutti, su Montezemolo e su Cipputi, che, quando comprano un prodotto o un servizio, pagano la stessa tassa, pur avendo redditi molto differenti.

Il risultato di queste misure è una tassazione fortemente ingiusta dal punto di vista sociale, ed anche anticostituzionale. Infatti, la Costituzione all’articolo 53 afferma che le tasse devono essere progressive, devono aumentare all’aumentare del reddito.

In un quadro siffatto il dibattito recente ha portato molti a concludere che il federalismo potrebbe allentare la pressione fiscale e risolvere la carenza di servizi-infrastrutture in cui versa il nostro Paese, costringendo la classe politica a più efficienti allocazioni delle risorse. Ma sarà veramente così? O non si rischia di accentuare le inique tendenze della fiscalità degli ultimi anni?

Per appurarlo vediamo cosa prevede lo schema di Decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario, approvato recentemente dal consiglio dei ministri (D.Lgs. 11/10/2010). In primo luogo, emergono i seguenti punti:

• Aumento delle tasse. Il decreto prevede la possibilità per le amministrazioni locali di aumentare ancora la tassazione diretta. Il tetto dell’addizionale regionale Irpef sarà dell’1,4% fino al 2013, del 2% dal 2014, e del 3% dal 2015 (art. 5, comma 1). A questo proposito è falso quanto riportato da alcuni giornali, secondo cui i primi due scaglioni di reddito sarebbero stati esentati dall’aumento. In realtà, sempre l’art. 5, al comma 2, dice che “la maggiorazione oltre lo 0,5 per cento non deve comportare aggravio, sino ai primi due scaglioni di reddito”. Se ne ricava che una maggiorazione entro lo 0,5% è prevista per tutti.[1]

• Redistribuzione del reddito nazionale a favore delle imprese. Mentre la tassa sui redditi da lavoro dipendente, l’Irpef, aumenterà, è prevista la riduzione e finanche l’azzeramento dell’Irap, la “tassa” pagata dalle aziende per la salute di chi lavora. Fra l’altro è falso che l’Irap non può essere ridotta se viene aumentata l’Irpef, perché all’articolo 4 comma 3 si dice solo che, in caso di riduzione dell’Irap, l’aumento dell’Irpef non può superare lo 0,5%. È da notare, infine, che l’Irap non è propriamente definibile una tassa. Rappresenta il vecchio contributo alla assistenza sanitaria dei lavoratori che nel 1997 venne inclusa, insieme ad altre voci, nell’Irap. Si tratta in pratica di una parte del salario, quella “indiretta”, pagata in servizi pubblici.

• Riduzione della progressività della tassazione. Col federalismo fiscale aumenterà l’importanza dell’Iva e delle altre imposte indirette, come l’accisa sulla benzina e la tassa automobilistica, perché queste dovranno compensare la soppressione dei trasferimenti dello Stato centrale alle regioni (articoli 14 e 15). Con l’Iva, ad esempio, si alimenterà il fondo perequativo per le spese regionali (art. 11, comma 5). Si viene così a creare un meccanismo che spingerà ad incrementare proprio la tassazione sui consumi, ovvero la tassazione per eccellenza non progressiva.

Quali saranno le conseguenze sociali del federalismo fiscale? Saranno gravi da almeno tre punti di vista:

• Aumenterà il gap tra salari e profitti. Negli ultimi venticinque anni l’8% della ricchezza nazionale si è spostato dai salari ai profitti[2]. Con il federalismo fiscale il divario si allargherà. Il salario diretto verrà decurtato con l’aumento del tetto dell’addizionale Irpef e quello indiretto con la riduzione dei servizi pagati con l’Irap. Nello stesso tempo i profitti, sgravati interamente o parzialmente dall’Irap, aumenteranno. Il divario si aggraverà - è bene precisarlo - anche al Centro-Nord, proprio perché le regioni con meno difficoltà di bilancio e con l’addizionale Irpef allo 0,9%, saranno maggiormente invogliate a favorire le imprese, tagliando l’Irap, e a compensarla, aumentando l’addizionale Irpef.

• Aumenterà il gap tra regioni del Sud e del Nord. Non solo in termini di divario nella qualità dei servizi e nella disponibilità di infrastrutture. C’è un altro aspetto che non è stato considerato: la riduzione e ancor di più l’abolizione dell’Irap faciliteranno l’attrazione degli investimenti. E, dal momento che solo le regioni con bilanci in attivo, cioè quelle più ricche del Nord, potranno farlo, il Sud subirà un’ulteriore riduzione dell’afflusso dei capitali e una accentuazione della fuga già consistente della produzione verso il Nord. Il Pil del Mezzogiorno, sceso nel 2009 al livello minimo dall’Unità d’Italia (23,2% sul totale nazionale)[3], rischia un ulteriore tracollo.

• La sanità pubblica sarà gravemente ridotta. Con il federalismo si potrà ridurre l’Irap solo se i conti sono in regola e/o in presenza di tagli massicci alla spesa, ovvero con la riduzione del servizio. Già oggi si stanno chiudendo reparti e interi ospedali, con il federalismo fiscale ci sarà una vera ecatombe. Molti territori di provincia saranno costretti a fare capo alle strutture sopravvissute lontane decine di chilometri, con tutto ciò che ne consegue. Molti lavoratori rimarranno senza assistenza, con il non trascurabile effetto che la sanità privata avrà più spazi.

Ci sarà, dunque, una spinta a diminuire le tasse alle imprese, che è il vero obiettivo del federalismo, ed è per questa ragione appoggiato da Confindustria. Di conseguenza, si compenserà il taglio alle aziende con la riduzione dei servizi e/o con l’aumento dell’addizionale Irpef e delle tasse sui consumi, anche perché il taglio dell’Irap è a carico esclusivo delle regioni (art.4, comma 2).

Il vero nodo della fiscalità italiana è la più alta evasione fiscale d’Europa, stimata in 100 miliardi di euro, ovvero il 7% del Pil, un dato superiore al deficit pubblico, che ammonta al 5,2%. I maggiori responsabili dell’evasione sono gli industriali (32%), e l’incremento maggiore degli evasori nel 2010 si è registrato al Nord, in particolare nelle virtuose Lombardia (+10,1%) e Veneto (+9,2%)[4]. La questione fiscale è e diventerà sempre più importante nel nostro Paese e in generale nei Paesi più avanzati. Naturalmente è questione cruciale nella determinazione del salario reale complessivo, riguardando il salario indiretto ed il welfare, che è sotto attacco in tutta la Ue. E poi, con il permanere della crisi e la pressione dei mercati a ridurre deficit e debiti pubblici, la spinta ad aumentare le tasse rischia di essere sempre più forte. Quindi, decidere chi e in che misura deve pagare le tasse sarà decisivo.

* Economista, consulente Filmcams-Cgil.

[1] Bisogna, inoltre, considerare che, al di là dei primi due scaglioni Irpef, il cui limite massimo è stato abbassato dal governo Berlusconi da 29 a 28mila euro lordi, l’aumento colpisce molti lavoratori. Infatti, 28mila euro corrispondono a poco più di 1400 euro per 14 mensilità di un lavoratore single o a 1500 euro per un lavoratore con coniuge e un figlio a carico. Quindi, percepire importi di 1500 euro o di 1600 euro, non certo redditi da nababbi, comporta il ricadere in aumenti al di sopra dello 0,5%.
[2] L. Ellis – K. Smith, The global upward trend in the profit share, Bank for International Settlements, luglio 2007. Vedi anche M. Ricci, Il declino degli stipendi, la Repubblica, 3 maggio 2008, e M. Mucchetti, “Torna il tema della redistribuzione”, Corriere della Sera, 24 agosto 2008.
[3] Per i dati storici vedi di Vittorio Daniele e Paolo Malanima, “Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)”, Rivista di politica economica anno XCII – serie III, marzo-aprile 2007 fascicolo III-IV, p.267-seguenti. Per il dato 2009 vedi il Sito web dell’Istat, Tabella allegata a Istat -Statistiche in breve, Principali aggregati dei conti economici regionali anno 2009, 28 settembre 2010.
[4] Sportello del contribuente (Contribuenti.it-Associazione contribuenti italiani), Rapporto del contribuente 2010.


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Re: La monnezza in Campania

Messaggioda trilogy il 02/11/2010, 23:01

pierodm ha scritto:Sul merito dell'argomento ho già dato, e la sparatoria ormai si è trasferita tra Franz e Flavio.
Ragione per cui mi dedico ai dettagli, riprendendo la faccenda della citazione di GB Shaw.

Smetteremmo di essere un inferno fiscale e quindi sparirebbe la necessità di paradisi. Mi chiedo, come jfk, perché no?

Da Shaw a Robert Kennedy, da Robert a John, fra poco la metteremo in bocca a Jacqueline, poi a Onassis, poi a Gheddafi, poi a Topo Gigio ...


:mrgreen: :mrgreen: Le citazioni ti intrigano eh? Allora ti racconto la storia "sorprendente" di una citazione famosa che ha provocato una crisi internazionale, è stata richiamata anche in un'altra discussione qui sul forum, ma che è taroccata.(secondo alcune fonti)

Ahmadinejad nel famoso discorso sempre citato, ha detto una cosa differente da “Cancellare Israele dalla mappa”

La frase in parsi era:
"Imam ghoft een rezhim-e ishghalgar-e qods bayad az safheh-ye ruzgar mahv shavad."

In inglese:
Imam (Khomeini) ghoft (said) een (this) rezhim-e (regime) ishghalgar-e (occupying) qods (Jerusalem) bayad (must) az safheh-ye ruzgar (from page of time) mahv shavad (vanish from).

Quindi:
The Imam said this regime occupying Jerusalem must vanish from the page of time

Si riferiva al governo israeliano che occupa Gerusalemme.

La frase venne modificata. Da chi? Da israele? Dagli Americani? No. La traduzione venne modificata dall’agenzia di stampa iraniana, organo di propaganda del clero. Da qui venne diffusa in tutto il mondo dai media internazionali che non andarono a controllare la fonte.

fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php? ... a&aid=4527
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