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Chi vuole in realtà le grandi intese?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 12/10/2016, 19:04

Con un po' di ottimismo, potremmo aggiungere che "la strada del colle" è sempre una ripartenza che può creare qualche illusione di cambiamento.
Infatti, nel nostro paese, l'unico cambiamento di cui siamo maestri è cambiare (spesso) il governo.
Cambiando spesso il governo si riaccendono speranze e si può traccheggiare un po' anche con gli osservatori esteri a cui si offre, appunto, lo scalpo del governo uscente e contemporaneamente le promesse di quello entrante.

Quanto potrà andare ancora avanti questo squallido giochino?

Ormai non mi viene una parola migliore di squallore.
Sopratutto se il nuovo è costituito da una banda di cariatidi cariate.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda Robyn il 12/10/2016, 20:19

Agora per recuperare al voto gli elettori e diminuire la distanza fra partiti e corpo elettorale l'unica possibilità è che i partiti recuperino il contatto con i cittadini.Quindi la presenza dei partiti sulle realtà locali e le periferie delle città deve essere capillare.Altra cosa molto importante è uscire dalle federazioni periodicamente e fare banchetti per strada in modo coinvolgere gli elettori e capire cosa pensano,organizzare incontri culturali fare in modo che lefederazioni siano attrattive per i giovani,magari riempendole di pc libri per la cultura.Alle federazioni non si và a giocare a carte e a bere come era una volta,non stiamo più parlando della vecchia forma partito burocratica,non si parla alla gente,ma con la gente.Il partito oggi deve essere agile,per nulla burocratico,ma non può abbandonare la partecipazione dei cittadini.Le forme di partecipazione a differenza di un tempo si sono solo diversificate,primarie,web,ma queste si aggiungono e nessuna forma di partecipazione sostituisce l'altra,c'è cioè una pluralità di forme di partecipazione
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda flaviomob il 12/10/2016, 23:36

Bah. I governi più stabili e duraturi hanno creato debito a go go (Craxi, Berlusconi, Renzi), incremento della corruzione (Craxi, Berlusconi), fino alla dittatura (legge Acerbo, molto simile all'Italicum renziano: Mussolini).

Si confonde la mancanza di un controllo serrato e democratico con il mito della stabilità per un paese autoritario, prepotente, patriarcale, approssimativo, mafioso, consociativo e in cui l'arroganza è direttamente proporzionale all'ignoranza. Da una parte si vuole il motore della Ferrari, dall'altra i freni della Graziella.


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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 13/10/2016, 0:11

Facciamo prima a dire che, siccome la nostra politica fa disastri, è meglio fare a meno della politica.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda flaviomob il 13/10/2016, 0:41

La mancanza di controllo fa disastri. L'autorità arrogante, la casta, i poteri forti non fanno politica: la usano.


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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda Agora il 13/10/2016, 9:59

Certo pare che i Poteri Forti non si combattano dall'Aventino ne' dimettendosi dal Parlamento ne' affacciandosi al terrazzo (ben coperto) senza troppo sporgersi; ora e adesso perché no? veramente si vuole credere che siamo una pre dittatura? possiamo ancora arrossire alla lettura di Mazzini ma proprio quel '48 ci insegna che vale sempre la pena provarci con tutti i rischi sottesi facendo le dovute distinzioni tra le segrete carbonare e gli studi della 7.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 13/10/2016, 10:05

flaviomob ha scritto:La mancanza di controllo fa disastri. L'autorità arrogante, la casta, i poteri forti non fanno politica: la usano.


Ma il controllo non è il rifiuto.
Fa una bella differenza.
Non si può buttare giù qualsiasi cosa e stroncare ogni iniziativa.
Ci vuole il coraggio di affrontarli i problemi; non è possibile semplicemente cancellarli.
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda flaviomob il 13/10/2016, 10:21

La produzione legislativa italiana è superiore alla media UE. Con la riforma tutto sarà in mano al presidente del consiglio: ci vuole un bel coraggio a inventarsi che ciò viene fatto per motivi di "efficienza".


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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda pianogrande il 13/10/2016, 12:40

flaviomob ha scritto:La produzione legislativa italiana è superiore alla media UE. Con la riforma tutto sarà in mano al presidente del consiglio: ci vuole un bel coraggio a inventarsi che ciò viene fatto per motivi di "efficienza".

Perché il presidente del consiglio diventa il presidente della camera?
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Re: Chi vuole in realtà le grandi intese?

Messaggioda mariok il 14/10/2016, 9:11

Per la verità tra i numerosi errori di renzi non si può includere quello di aver fatto il referendum che è dovuto per l'art. 138 della costituzione.

Per il resto sembra che occorra scegliere tra la padella renzi-alfano-verdini e la brace d'alema-quagliariello-de mita-gasparri-fini-matteoli-ingroia-brunetta-craxi (fratelli) ecc. ecc.

Sulla carta la favorita è senz'altro la squadra di baffino: non solo per un fatto numerico, ma perché, sommandosi a quella di grillo e di cagaleggio associati, è certamente maggioritaria.

Sembrerebbe dunque che non c'è partita. Vediamo che succede dopo questa grande probabilissima vittoria.

IL FRONTE DEL NO: L’ALLEANZA

Referendum, il fronte del no
Il ritorno della Prima Repubblica nella battaglia del 4 dicembre

Il plotone di uomini “nuovi”, e l’indietro tutta di politici come Ciriaco De Mita. L’asse di Massimo D’Alema con gli ex dc e gli eredi del Msi.

Ma Casini sta con il premier
di Aldo Cazzullo

Avanza un plotone di uomini nuovi, e si candida ad aprire per il Paese una nuova stagione. Che assomigli il più possibile alla vecchia, quando erano tutti più felici e contenti. Ci sono ovviamente i democristiani, che nella Prima Repubblica del proporzionale — e del debito pubblico — hanno prosperato. Attivissimo un uomo che del rigore di bilancio ha fatto una ragione di vita: Paolo Cirino Pomicino. Ma anche il suo antico rivale De Mita — «Ciriaco, io frequento gli stessi amici che frequenti tu; solo che tu li vedi a pranzo, e io li vedo dopo a cena» —, sempre disponibile a un pensoso «ragionamendo» il cui succo è: indietro tutta. Gli andreottiani sono rappresentati da un altro volto fresco: Lamberto Dini. Con agilità da toreri, i neodemocristiani di Lorenzo Cesa, dopo aver approvato la riforma in ogni votazione parlamentare, al referendum la bocceranno. Al fianco di Renzi sono rimasti solo Casini e i suoi cari. E il fronte del No ricompatta anche la diaspora socialista, dall’antico staff di De Michelis — Brunetta e Parisi — a un altro cognome mai sentito: Bobo Craxi, per una volta d’accordo con la sorella Stefania.

Poi ci sono i postcomunisti, anche loro venuti da lontano.

Nella Prima Repubblica Massimo D’Alema era capogruppo alla Camera del Pci-Pds, nelle cui fila militavano giuristi come Cesare Salvi e Guido Calvi, oggi richiamati in servizio. Tra i costituzionalisti si delinea la frattura generazionale: se i «giovani» Ceccanti e Clementi sono per il Sì, gli ex presidenti della Corte costituzionale — in Italia categoria ormai più numerosa dei metalmeccanici — sono quasi tutti per il No. Come Rodotà e Tocci, Ingroia e la «Magna carta», ambizioso nome di un’associazione che deve accontentarsi di essere presieduta da Quagliariello. L’ex Movimento sociale è rappresentato da Altero Matteoli, da Maurizio Gasparri coi suoi tweet e da un altro homo novus: Gianfranco Fini. Uno che nell’estate 1999 fece saltare le ferie ai suoi colonnelli per raccogliere le firme sull’abolizione della quota proporzionale, e ora si ritrova al fianco di chi reclama il ritorno al proporzionale purissimo. Del resto «la democrazia non è vincere», come ha detto Gustavo Zagrebelsky: è rappresentare. Mediare. Costruire consenso. Non a caso ancora nel 1992, alle ultime elezioni della Prima Repubblica, il quadripartito raccolse un sontuoso 49% e la maggioranza assoluta dei parlamentari; ancora non sapeva che gli restavano pochi mesi di vita, scanditi dalle bombe di Palermo e dagli arresti di Milano.

Ansia di legittimazione
Dall’altra parte, chi vagheggiava l’avvento della Terza Repubblica è rimasto isolato. L’errore tattico di Renzi non è stato solo personalizzare il referendum; è stato farlo. Ansioso di essere legittimato, ha finito per delegittimarsi. Convinto ancora di vivere nel Paese del 41%, ha creduto di rafforzare il Sì offrendo la propria testa agli elettori; ha ottenuto l’effetto contrario, oltretutto su una battaglia che non era la sua. Portare in fondo le riforme era il pedaggio pagato a Napolitano per ottenere la defenestrazione di Letta: Renzi prometteva di riportare al tavolo Berlusconi, e in una prima fase c’era pure riuscito. Poi, al momento di eleggere il nuovo inquilino del Quirinale, ha preferito ricompattare il suo partito sul nome di Mattarella, rompendo con Forza Italia. Ma ora, per la prima volta, è stato Bersani a fregare Renzi, e non il contrario come d’abitudine. La sinistra Pd prima ha ottenuto di peggiorare la riforma in cambio del suo Sì — il premier pensava a un Senato di sindaci, e ha dovuto puntare sui consiglieri regionali, vale a dire la classe «dirigente» più screditata d’Italia —; e ora, fiutato il vento di vittoria, voterà No. Resta da capire se Berlusconi schiererà davvero il suo impero mediatico — che è lì, intatto — nella campagna contro Renzi. A giudicare dalle confidenze di Fedele Confalonieri a Francesco Verderami del Corriere, non si direbbe. Al fondatore di Forza Italia il proporzionale non dispiace, e questo è il suo unico punto di contatto con Grillo; dal quale per il resto è terrorizzato. La penultima speranza di Renzi è che Berlusconi non si impegni a fondo contro di lui. L’ultima è che D’Alema organizzi presto un’altra bella riunione di reduci della Prima Repubblica.
13 ottobre 2016 (modifica il 14 ottobre 2016 | 07:46
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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