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Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda Robyn il 29/01/2015, 21:13

L'Europa senza la Grecia non sarebbe più europa perche la cultura greca ha influenzato tutta la cultura europea,ma non è solo questo l'aspetto,perche significherebbe principalmente rifiutare alla base la solidarietà,l'idea che nello stato federale esistono partner più deboli.L'europa senza la Grecia limitata ai più forti sarebbe un club somiglierebbe all'impero di Carlo Magno.L'uscita della Grecia è semplicemente una cosa che non esiste anzi mancano ancora la Bosnia,la Croazia,l'Islanda.Anche negli USA c'è l'Uthat e altri stati che sono deboli
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 29/01/2015, 21:28

Nemmeno a maggior ragione senza Italia, Francia, Spagna e Germania.
Quanto al contributo della cultura greca secondo alcune fonti autorevoli (per esempio Bertand Russell) è un contributo assolutamente negativo, che ha bloccato con Platone ed Aristotele lo sviluppo e l'evoluzione del pensiero umano almeno fino alll'illuminismo. Solo quando il pensiero greco è stato superato allora l'Europa si è liberata dalle catene idelogiche ed ha conosciuto scienza e tecnologia. Quello che però è rimasto sul fronte metafisico, con Engels e l'idealismo, ha fatto disastri mondiali, generando tutti i mostri del 1900.
L'influenza esiste, vero, ma è negativa.
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda mariok il 30/01/2015, 10:19

franz ha scritto:
mariok ha scritto:L'accostamento poi di una parte storicamente e culturalmente fondamentale della nostra stessa identità con gli
affamati del terzo mondo è un capolavoro.

Vero: sicuramente ci sono esseri umani di serie A, perché sono parte storicamente e culturalmente fondamentale della nostra stessa identità, ed altri di serie B, perché diversamente colorati e culturalmente lontani.
Così va il mondo. Sono certo - conoscendoti - che non è questo che volevi dire ma se ci pensi, lo hai detto.

Grazie per avermi dato del razzista...però inconsapevole :)
Evidentemente mi sono espresso male.
Ciò che voglio dire è che il problema non va affrontato in termini di "buonismo" o di semplice solidarietà umana. Da questo punto di vista è vero, non vanno fatte distinzioni tra primo, secondo e terzo mondo.

La questione è politica. Essa si inquadra in una visione dell'Europa e del suo destino, che non riguarda il popolo greco, ma riguarda tutti noi.

Lasciar affondare la Grecia o peggio metterla fuori dall'Unione è un errore politico, più che un problema etico.

E' inutile illudersi che un ritorno indietro verso le chiusure nazionali (ognuno per sé) possa essere compatibile con il mantenimento del mercato aperto e della libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali.

Alimentare la concorrenza tra gli stati, senza limitare gli squilibri sociali economici tra le diverse aree, porta dritto a politiche protezioniste, alla guerra dei cambi, al risorgere di vecchie tensioni ed inimicizie.

Non è un caso se anche personaggi non certo ascrivibili al solidarismo cattolico o al collettivismo comunista, come Luigi Einaudi, auspicavano una forte integrazione europea che comportasse la cessione di sovranità degli stati nazionali e la costruzione di un vero e proprio stato federale.

E' sbagliato e miope pensare che la costruzione dell'Europa politica sia solo un sogno più o meno utopistico di "anime belle" alla Altiero Spinelli. Essa risponde a precisi interessi economici e politici di tutti gli europei. E come tutti i processi politici ha anche dei costi, come quello per esempio di compiere un'azione di salvataggio di paesi in difficoltà come la Grecia, anche se per loro errori passati.

Ciò non significa lasciarli continuare ad indebitarsi. Se necessario vanno anche pensate forme di "commissariamento", che però presuppongono una rappresentanza politica di livello superiore e democraticamente legittimata. Forme di limitazioni di singole sovranità messe in atto da un'Europa degli stati, hanno il sapore di una dominazione di nazioni su altre e finirebbero con l'innescare inevitabili reazioni e conflitti, come peraltro l'avanzare dei vari populismi sta già evidenziando.

Sto rileggendo in questi giorni un libro di Guido Carli, il quale agli inizi degli anni '90, a ridosso del "famigerato" trattato di Maastricht, evidenziava come senza dei "vincoli esterni", conseguenti alla costruzione europea, in Italia non si sarebbero mai fatti passi importanti, pur se ancora insufficienti, verso un'economia più libera ed efficiente.

Vedo purtroppo che tale consapevolezza è stata in gran parte smarrita.
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda pianogrande il 30/01/2015, 12:58

Non si può essere d'accordo con chi ha fatto debiti ed ora non vuole pagarli.
La "solidarietà" deve venire innanzitutto dalla Grecia.
Se, come tanti italiani, vedono i creditori come il nemico da abbattere, che solidarietà possono aspettarsi dai creditori stessi?
Il termine, che considero sommamente ipocrita, di "rinegoziazione" dovrebbe significare: vediamo di metterci d'accordo su come fare a pagare.
Niente altro.
Questo è il primo problema "politico" da risolvere.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 30/01/2015, 16:54

mariok ha scritto:La questione è politica. Essa si inquadra in una visione dell'Europa e del suo destino, che non riguarda il popolo greco, ma riguarda tutti noi.

Lasciar affondare la Grecia o peggio metterla fuori dall'Unione è un errore politico, più che un problema etico.

Certo che è politico e come ogni probelma politico ha due facce.
Giusto dire che mettere fuori la grecia è un errore ma l'altro lato della medaglia parla dell'etica della responsabilità (a cui nel nord eurpa tenno tanto, forse per via dell'etica protestante) e che quindi sarebbe altrettanto errato non mettere la Grecia di fronte alle sue responsabilità.

Considera che per quanto riguarda i debiti che la grecia aveve verso i privati essi hanno già subito un sostanziale haircut, quindi un defalult parziale. Se ricordo bene è circa del 50%. Come a dire che se tu mi avevi prestato 100'000 euro, io te ne ridaro' solo 50'000. Per quanto riguarda invece di debiti tra stati, li' c'è stato un rinvio fino al 2019 o 2020, nel senso tutto è già stato prorogato. Quali altre proroghe si vogliono ancora? Inoltre grazie alla protezione dell'euro, il tasso di interesse medio per questo debito è inferiore al 2%. Quindi non certo interessi da usura.

La grecia ha accettato tutto questo, anni fa (e tra l'altro si sta riprendendo proprio grazie al rigore) ed ha accettato anche le contropartite. Contropartite nel senso che è stato detto: ti tagliamo il debito privato del 50%, proroghiamo quello con gli stati fino al 2020, ma in cambio la grecia deve fare a, b, c, e .... eccetera eccetera.

Ora un nuovo governo mette in discussione sia gli impegni presi in termini di restituzione del debito, sia di misure di risanamento del conti. Ora è vero che la democrazia prevede che ogni popolo sia sovrano ... ma fino ad un certo punto. Se hai accettato regole superiori, se hai impegni internazionali se non li rispetti puoi essere messo alla porta. Da sola la grecia potrà sperimentare tutte le politiche che vuole, dentro la zona euro deve invece rirpattare i patti presi con organismi sorvanazionali.

Per me l'errore politico piu' grande sarebbe di lasciare la grecia morire di nuovi debiti, di politiche di spendi e spandi. Se le fanno, non possono presentare i conti agli altri. Che aumentino le tasse o che le facciano pagare agli evasori ma quanto a nuovi debiti i mercati hanno già risposto, esigendo tassi di interesse al 17% (come quelli che ora deve promettere la Russia, altra nazione vicina al fallmento).
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda flaviomob il 30/01/2015, 20:26

franz ha scritto:Nemmeno a maggior ragione senza Italia, Francia, Spagna e Germania.
Quanto al contributo della cultura greca secondo alcune fonti autorevoli (per esempio Bertand Russell) è un contributo assolutamente negativo, che ha bloccato con Platone ed Aristotele lo sviluppo e l'evoluzione del pensiero umano almeno fino alll'illuminismo. Solo quando il pensiero greco è stato superato allora l'Europa si è liberata dalle catene idelogiche ed ha conosciuto scienza e tecnologia. Quello che però è rimasto sul fronte metafisico, con Engels e l'idealismo, ha fatto disastri mondiali, generando tutti i mostri del 1900.
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Stai scherzando, vero?

Il pensiero greco ha generato la democrazia. Quando abbiamo ritrovato il pensiero greco (ovvero sotto l'influenza di molti pensatori arabi in esilio, dopo che per secoli avevano salvato - gli arabi stessi - manoscritti dell'antica Grecia, realizzando l'evoluzione della chimica e dell'algebra, di tutte le arti e le scienze, della società civile), siamo usciti dal Medioevo per entrare nel Rinascimento. Senza questo processo, l'Illuminismo ce lo scordavamo!


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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda Robyn il 30/01/2015, 21:05

Non parlavo dei debiti contratti dalla Grecia ma della permanenza o meno in Europa.I creditori della Grecia sono paesi dell'eurozona,Bce,Fmi.La Grecia non è grande ed ha un debito che in confronto a quello dell'Italia della Francia della Germania è quasi una frazione.In ogni caso i creditori devono diluire buona parte del debito Greco in un numero alto di piccole rate a tassi di interessi molto contenuti,se questo non avviene saranno gli USA a fornire questo prestito a piccole rate alla Grecia.Il debito Greco quando ha subito il primo attacco speculativo era del 125% del pil invece con le misure dell'austerità ha raggiunto il 175%,non si possono applicare ricette che gia si sà in partenza che sono sbagliate per poi pretendere che ripaghi le scelte subite con la vendita delle isole Greche agli stessi che hanno speculato.In tutti i casi federalizzare una parte del debito di tutti i paesi dell'eurozona è una scelta strategica da fare per uscire definitivamente dalla crisi
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda franz il 30/01/2015, 22:17

flaviomob ha scritto:Stai scherzando, vero? Il pensiero greco ha generato la democrazia.

Assolutamente no.
Sto dicendo che ogni medaglia ha il suo rovescio. Ci sono luci ed ombre.
Quelle del pensiero greco (ombre) sono molto oscure e coperte da secoli di glorificazioni scolastiche sui banchi di scuola.
Ma Proprio Russell (e non solo) ha iniziato a mostrare quali influssi nefasti, ripeto, nefasti, il pensiero greco ci ha portato, bloccando per quasi 2000 anni lo sviluppo del pensiero umano. Direi soprattutto Platone (su questo Russell è chiarissimo) ma non è che per questo Aristotele si salva. Ora non è certo un forum il luogo indicato per approfondire questioni filosofiche ma nel caso potrebbe esere utile ricordare che Russell, con la "storia della filosofa occidentale" ha scritto un caposaldo del pensiero del '900 e che con le altre sua opere ha ben spiegato i motivi, anche semantici, di questo lato oscuro.
Con questo non voglio dire che tutto il pensiero grego è da buttare. Anche perché hanno detto tutto ed il contrario di tutto e quindi qualche cosa di buono per forza c'è, anche casualmente. ;)
Ma da qui a glorificare i greci di oggi per la filosofia e la matematica di 2500 anni fa ce ne passa.
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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda Robyn il 30/01/2015, 22:22

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Re: Elezioni in Grecia, fatti e conseguenze

Messaggioda flaviomob il 30/01/2015, 22:58

Repubblica 27.1.15
La sinistra italiana e il vento dell’est
di Gad Lerner

TENIAMOCI forte perché ora si comincia a ballare per davvero, sul bordo di un debito pubblico che tutti sanno inestinguibile .
E A uscirne terremotata potrebbe essere quell’alleanza fra le due famiglie tradizionali della politica europea — popolari e socialisti — su cui si regge la Commissione Juncker. La Grecia fa ballare l’Europa mandando al governo una Coalizione della Sinistra Radicale (questo significa l’acronimo Syriza) che ha riscosso il consenso del ceto medio impoverito grazie all’esempio del suo volontariato di mutuo soccorso e con la promessa di un’economia fondata su principi umanitari: aumentare pensioni e salari minimi, bloccare il pignoramento delle case, diluire il pagamento dei debiti con lo Stato, restituire l’assistenza sanitaria ai disoccupati. Anche a costo di infrangere gli accordi stipulati dai governi precedenti con la Troika. Giungendo fino a stipulare un’alleanza con il piccolo partito di destra anti-euro Anel, l’unico denominatore comune essendo proprio questa scelta di indisciplina rispetto ai memorandum europei applicati dal predecessore Samaras.
In campagna elettorale Alexis Tsipras, divenuto ieri capo del nuovo governo di Atene, ha enumerato le ragioni per cui la Grecia rivendica il diritto a negoziare un’insolvenza che l’establishment europeo e il Fmi considerano devastante, perché incoraggerebbe altri paesi indebitati a seguirne l’esempio. L’arma proibita, e perciò non dichiarata da Tsipras, in caso di fallimento dei negoziati, consisterebbe nella decisione unilaterale di ristrutturare il debito greco. Ovvero di pagarne solo una parte. Molti esperti ritengono che ciò rimetterebbe in discussione l’attuale moneta unica europea.
Se questo è lo scenario che si annuncia a seguito del terremoto politico in Grecia, è evidente che la prima a esservi coinvolta sarà la sinistra riformista, il Partito socialista europeo che vede improvvisamente stravolti, invecchiati, i suoi paradigmi: ammansire i mercati finanziari rispettando la disciplina di bilancio, anche se ciò l’ha costretta malvolentieri a applicare una politica economica di austerità. La sequenza fino a ieri solo temuta, e da oggi divenuta probabile, è che alle elezioni d’autunno in Spagna vinca Podemos sulla stessa linea di ristrutturazione del debito che ha premiato Syriza. A quel punto anche il Portogallo potrebbe seguire. E l’Italia, inchiodata da un debito gigantesco che toglie ossigeno all’economia reale?
Alexis Tsipras e Matteo Renzi sono coetanei, quarant’anni appena compiuti. Volti nuovi accomunati da una pulsione di leadership finalizzata al ricambio di classe dirigente per fronteggiare l’emergenza economica in cui sono precipitate la Grecia e l’Italia. Pablo Iglesias, il candidato premier di Podemos, è ancora più giovane e radicale di loro. Qui finiscono le somiglianze, ma è evidente che i nuovi leader di un’Europa mediterranea indebitata, disoccupata e impoverita, pur nella reciproca diffidenza avranno bisogno l’uno dell’altro per farsi valere a Bruxelles, Berlino e Francoforte. Non a caso i socialdemocratici tedeschi della Spd, al governo con la Merkel, restano i più freddi di fronte alla vittoria di Syriza, che invece accende le speranze euromediterranee. Ma è proprio nei paesi del Sud Europa che — con l’eccezione dell’Italia — si è già sbriciolato il consenso dei partiti socialisti vincolati dalle larghe intese rispettose dei trattati vigenti. Lo stesso Partito democratico, forte del suo 40,8% di voti validi consepolitica alle europee del maggio 2014, non può che guardare con preoccupazione alla sorte del Pasok, il “partito fratello” greco, precipitato dal 43% del 2009 al 5% odierno. I sondaggi dicono che il Psoe spagnolo rischia di fare la stessa fine.
Il nostro Renzi, proteso com’è a occupare il centro del sistema politico italiano recuperando i consensi in libera uscita da una destra acefala, finora ha diffidato di Tsipras. Più volte si è negato a richieste d’incontro col leader di Syriza (come già fece Bersani prima di lui), forse per non infrangere il patto di lealtà con il Partito socialista europeo cui solo di recente ha fatto aderire il Pd. Suonava anzi come un vistoso distinguo l’incontro fiorentino di Renzi con la cancelliera Merkel, avvenuto lo stesso giorno in cui Tsipras concludeva la sua campagna elettorale trionfale. Ma ora cambia tutto. Renzi ha fondati motivi per muoversi con maggior cautela (l’enormità del nostro debito pubblico), e inoltre gli è estranea la formazione culturale anticapitalistica di Tsipras e Iglesias. Eppure gli si presenta un’occasione unica per andare oltre le timide richieste di flessibilità nell’applicazione dei trattati che hanno contraddistinto il semestre italiano di presidenza dell’Ue.
All’improvviso si avvia una ricomposizione degli schieramenti politici europei in cui la “rivolta” dei paesi del Sud potrebbe determinare esiti fino a ieri imprevedibili. Un cambio di baricentro negli equilibri interni alla sinistra socialista, ma anche nelle linee di indirizzo della Commissione. Com’era prevedibile, la vittoria elettorale di Syriza rilancia pure le aspettative dell’estrema sinistra italiana che punta a uno sfaldamento del Pd. Soffiano di nuovo venti di scissione, dimenticando che se Renzi ha assunto con voto plebiscitario la guida del Pd, ciò fu dovuto alla palese inadeguatezza della classe dirigente che lui ha sconfitto.
Per escludere la possibilità di una meccanica trasposizione in Italia del fenomeno Syriza, basterebbe riconoscere le peculiari caratteristiche che hanno favorito il radicamento di quel movimento nella realtà greca: niente a che vedere con l’antiguito grillina o col litigioso ceto politico della veterosinistra nostrana, di matrice ex Pci o estremista. Syriza deve la sua fortuna a una pratica di giustizia sociale dal basso maturata in risposta alla sofferenza sociale. Un’intera generazione di medici e infermieri volontari che hanno dato vita a ambulatori gratuiti; e poi mercati popolari di generi alimentari, mense, ricoveri notturni… In una parola, quella cultura umanitaria del mutuo soccorso che finora in Italia si è sviluppata lontano da una politica concentrata nelle lotte di potere.
Se l’esperimento greco non si risolverà presto nell’ennesima disillusione, esso potrà schiudere un’alternativa popolare ai movimenti nazionalisti e xenofobi che minacciano l’edificio dell’Unione. Ieri Le Pen, Farage e Salvini hanno salutato con favore la vittoria di Syriza, ma è evidente che l’estrema destra resta agli antipodi del solidarismo uscito vincente dalle urne a Atene. Come si augurano i neonazisti di Alba Dorata, inquietante terza forza della politica greca, i reazionari confidano in un rapido fallimento di Syriza. Se verranno smentiti dalla realtà, allora è verosimile che dal bacino di civiltà del Mediterraneo si rigeneri un nuovo europeismo solidale, contrapposto ai paradigmi fallimentari dell’austerity. È un azzardo, ma per il futuro dell’Italia non è affatto una cattiva notizia.


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