da pierodm il 28/11/2009, 3:40
C'è stato un tempo in cui si è esagerato con le occupazioni, anche se quel tempo - inquadrato nella storia - era una fase di transito da un tipo di società ad un altro, e come tale implicava un certo tasso di anomalie.
D'altra parte è anche vero che i comportamenti - così come il linguaggio - hanno un loro codice simbolico, in parte consapevole, in parte istintivo.
Nel caso di certe occupazioni, la loro stessa pesantezza, la loro stessa "nequizia civile" - se giudicata con il metro strettamente legalistico - vuole rappresentare non solo e non tanto un generico stato di disagio, ma la forza di quel disagio.
Ricordo di aver pensato questo -la volta più recente, intendo - quando pochi anni fa i lavoratori del trasporto urbano, mi sembra milanese, scesero in sciopero perché da due anni aspettavano la regolarizzazione e l'adeguamento degli stipendi, insomma il rinnovo dei contratti. Due anni. Stipendi di 800 euro mensili.
Io, personalmente, non sono mai stato un dipendente, se non per undici mesi tanti anni fa.
Ma da cittadino "indipendente" ho sperimentate ugualmente la disperazione di fronte alla sordità di un sistema, o l'indifferenza, e ho percepito chiaramente che in una situazione di rabbia e di disperazione si può arrivare a fare qualunque cosa per farsi ascoltare. Ovviamente, quando si vede che non ci sono altre strade efficaci.
Tuttavia, in alcune situazioni okkupare risulta troppo disagevole per gli altri, e può essere giusto intervenire per far rispettare "la legge". Ma non con i manganelli. Non come se lavoratori o studenti fossero dei criminali.
Se è vero che ci sono modi civili per protestare, ci sono modi civili anche per protestare contro le forme della protesta.
Una citazione particolare, poi, meritano alcuni degli argomenti e dei toni che qui sono stati usati sull'argomento.
L'acredine di chi si picca di essere tanto legalista, contro altri cittadini che vengono definiti criminali e ci si augura che siano trasferiti nelle galere del regno, io trovo che sia un atteggiamento davvero miserabile.
Miserabile e vigliacco, come lo sono spesso i benpensanti, timorati di tutto fuorché di dio - in questo caso della legge, che invocano con padronale spregiudicatezza: a questi individui non interessa la ragione della protesta, né interessa se e quanto tale protesta sia generata da altre infrazioni della legge stessa, né interessa il problema della "libertà" in un contesto sociale complessivo, ma interessa soltanto la loro eventuale, piccola, sordida libertà di poter andare a fare lo shopping senza troppi fastidi, o di andare a sedersi nel loro ufficietto, senza dover ascoltare gli schiamazzi di quelli che il lavoro l'hanno perso, o di quelli che lo shopping se l'attaccano in fronte.
Infine, ha ragione Myosotis, a ricordare l'episodio di Cucchi, che non è nemmeno il peggiore tra i tanti, ma solo il più recente.
Perchè chiunque sia stato a far morire quel ragazzo, probabilmente trae l'idea di una propria legittimazione e una speranza d'impunità proprio dall'esistenza di questo genere di sentimenti e di questo tipo di "legalisti".