da pierodm il 29/03/2009, 1:58
Intanto, una mozione d'ordine.
Sono stato redarguito per aver detto scherzando una cosa tipo "se il vino non lo reggi, lascia stare", e va be'.
Ma inviterei anche Franz e qualcun altro a non trincerarsi dietro il bon ton falso e cortese, al riparo del quale assumere un atteggiamento fastidiosamente saccente e offensivo, che tende ad alludere sistematicamenteai propri interlocutori come disinformati, o che non hanno riflettuto abbastanza, o che sono come degli stronzetti che parlano a vanvera, o in preda ai rigurgiti di nostalgismo o ad altre affezioni psicologiche, etc.: non è vietato da nessuna netiquette - e probabilmente a qualcuno basta questo - ma è un ostacolo per una discussione decente.
Se vogliamo fare la guerra delle palle di sabbia, come nella via Paal, per me va bene, ma non so se vale la pena di metter su un forum per questo: bastano le liti con la suocera.
E adesso veniamo a noi.
Cito di seguito una cosa appena letta in un link di Repubblica, della quale volevo fare un argomento a parte - facciamo ancora in tempo, comunque.
Il leghista (Borghezio, ndr), ex sottosegretario alla giustizia, parla ai fascisti francesi dell'Ump: "Infiltratevi così..." L'europarlamentare, noto per le sue invettive e azioni razziste e xenofobe, suggerisce le tecniche più efficaci per infiltrare le istituzioni.
Una di esse, come spiega, è quella di presentarsi come movimento territoriale e occupare in primo luogo i piccoli comuni, per poi arrivare "là dove si vuole arrivare".
Tutto questo, ovviamente, va fatto con discrezione, "non bisogna assolutamente cedere alla tentazione di dichiararsi fascisti".
Il suo intervento, ripreso dalla tv francesce Canal+, ha fatto velocemente il giro della rete. E ora il corso accelerato di neofascismo è arrivato anche in Italia.
Personalmente, vado dicendo che la Lega è un movimento fascista fin dai primi anni, e ne ho anche parlato proprio qui nel forum poco tempo fa. Più che "capito" direi meglio che avevo "visto": bisognava solo credere a ciò che si vedeva, come nella maggior parte dei casi.
Tra l'altro, nel corso degli anni mi è capitato di ascoltare - tramite Radio Radicale - un paio di discorsi di Borghezio in diretta, e li ho trovati agghiaccianti.
Mettiamo da una parte Borghezio, ma non lo dimentichiamo.
Andiamo per punti, visto che un discorso strutturato non riesce a rispondere direttamente ai tanti temi sollevati.
- Qualcuno ha ricordato la "battaglia sulla Mammì", elencando quelli che "avevano capito", tra i quali la "sinistra DC".
Peccato che si è dimenticato di citare la sinistra, che è stata la maggior forza politica a battersi contro lo scempio di quelle leggi televisive - e ancora Berlusconi non accennava a entrare in politica.
La Dc ne aveva fatto una battaglia di potere - ebbene sì, caro Pino - mentre a sinistra era considerato soprattutto un fatto di sistema e di cultura - vedi lo spazio dedicato al tema su Micromega, oltre alla trincea rappresentata da Repubblica.
Caso vuole che allora stavo seguendo questo fenomeno da vicino, per ragioni professionali, e ricordo bene gli avvenimenti e le posizioni.
- Il nazismo non è "sfociato" in una dittatura, ma è nato e cresciuto come una dittatura, e si è affermato dichiarandosi per ciò che era. Il Mein Kampf è del '24-'25, ossia otto anni prima della data fatidica del cancellierato di Hitler, che nel frattempo non ne aveva fatto mistero e anzi lo aveva propagandato in lungo e in largo.
Se l'ombra del baffetto nero risulta troppo ingombrante, forse vale meglio l'analisi di ciò che l'ha preceduto e accompagnato al potere, ossia la Repubblica di Weimar: non per le forze in campo in sé, ma in quanto "repubblica in crisi" nei suoi meccanismi e nella sua contraddittoria capacità di rappresentare, appunto, la "società".
- Franz si addanna - gli capita di tanto in tanto - per convincerci di alcune cose sulle quali nessuno si sogna di obiettare, alle quali attacca senza soluzione di continuità altre cose sulle quali obiettiamo, che sono una sua personale interpretazione: ma obiettiamo inutilmente, visto che come risposta continua a ripetere le cose ovvie e non affronta le nostre obiezioni.
Nessuno dice che non bisogna "capire la società": chi è così stupido da negare una cosa così evidente, necessaria, ineludibile come questa?
Ma che cosa significa "capire la società" è tutto da discutere. Ripeto: quali problemi? Per ottenere quali risultati? A favore di chi? Da quale punto di vista?
Capire la società, abbiamo detto, significa capirne la maggioranza a fini elettorali, o capire la società nel suo insieme, a prescindere dalle convenienze elettorali, nella sua evoluzione, nelle sue tendenze culturali e sociologiche?
E, in base a questo, i risultati di questa "comprensione" sono classificabili come "problemi" o come semplici "dati"?
Se sono identificati come "problemi" ciò significa che ne diamo un giudizio negativo, o li consideriamo come un dato che richiede un intervento risanatore: risanatore rispetto a quale "stato di salute" teorico?
- Io mi sono sempre riconosciuto in un'area culturale "di sinistra", a prescindere dai partiti. E ho sempre pensato che l'Italia fosse un paese sostanzialmente di destra, ossia prevalentemente di destra - e non di destra liberal-democratica, ma destra tendenzialmente fascista, anzi clerical-fascista.
Questa consapevolezza non ha significato che assumessi le posizioni di questa magmatica maggioranza di destra, né per anni e anni ha significato questo per tutti i partiti di sinistra europei che si trovavano in condizioni migliori di quelle italiane, e tuttavia nemmeno tanto dissimili.
- Pino e Stefano hanno detto cose giustissime.
Se capisco la società e ne risulta che la maggior parte dei cittadini vuole fare un culo così agli zingari, che faccio?
Mi metto in gara con la Lega a chi ce l'ha più duro?
Se gl'italiani adesso desiderano il presidenzialismo, che faccio, io che non lo voglio? Cambio idea? Perché dovrei?
Ma probabilmente Franz ha un'idea diversa in mente, quando parla dei "problemi". Pensa a problemi, per così dire, "tecnici": le pensioni, la burocrazia, l'orario di apertura dei negozi, il codice della strada, l'IVA sui generi alimentari, etc, che proprio esclusivamente tecnici non sono, ma non investono grosse conflittualità "etiche" o politico-istituzionali.
Se la politica fosse fatta solo di questo, in qualche modo saremmo d'accordo ... anche se poi, dipanando il filo si scopre che non c'è niente che sia esclusivamente "amministrativo", e che niente è separato da niente e tutto si lega in un sistema più generale.
E neanche la "società" è fatta soltanto dai problemi immediati e immediatamente percepibili dalla gente.
Anzi, direi che la politica ha il compito - non arrivo a scomodare il "dovere" - di "capire" quello che non si vede e non si può capire a livello di strada: ne ha i mezzi, ne ha il potere, e dovrebbe averne anche le facoltà intellettuali.
- Infine, Berlusconi e le TV.
Ne abbiamo parlato tante di quelle volte che ne ho quasi la nausea.
In un sistema chiuso e - capiamo la società - complessivamente poco incline alla lettura o ad altre sedi di comunicazione diverse dalla Tv, l'impatto delle televisioni commerciali è stato deflagrante. Una bomba incendiaria.
Ma in sé non sufficiente a far cambiare l'ecosistema mentale di un popolo, in un tempo relativamente breve.
Il fatto è che le Tv commerciali sono state allo stesso tempo causa ed effetto di una mutazione.
Ciò significa che, prima ancora della televisione, o insieme, è cambiata la società, i suoi rapporti, la sua composizione, il lavoro, la democrazia stessa al di là degli aspetti formali.
La TV commerciale è stato il sintomo vistoso del cambiamento e il martello che l'ha ribattuto e consolidato, gli ha dato un linguaggio e un'iconografia.
E poi sgombiamo il campo da una fanfaluca, che non a caso è ripetuta a spron battuto dagli ascari berlusconiani: "non sono le televisioni che fanno vincere il Cavaliere".
Primo, l'uso spregiudicato del mezzo televisivo può spostare quel tanto di voti che in effetti fa vincere, e come, specialmente in un sistema maggioritario dove alla fine è decisivo anche un solo voto in più.
Secondo, quello che più conta, è che la televisione fa vincere sempre e comunque il berlusconismo, cioè provoca una situazione per cui tutti coloro che vogliono vincere devono adottare quel linguaggio, quei tempi, quella misura delle idee.
Sul tema della sinistra che aveva capito, o non aveva capito, lascio stare
Ricordo soltanto che, quando mi sembra che avesse capito - avessimo capito - ci sentivamo anche allora rispondere le stesse cose di oggi: che non capivamo, che non eravamo up to date, e così via.
E Borghezio sta sempre lì, ad aspettare che ci facciamo su un pensierino.