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Che modo squinternato di informare

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Re: Che modo squinternato di informare

Messaggioda pierodm il 19/02/2009, 4:05

E' verissimo: in Italia manca, storicamente quindi anticamente, una cultura liberale, e questo causa molti mali.

Ma le ragioni sono molto radicate nel tempo, e non hanno prodotto solo una destra fascistoide e di dubbia affidabilità democratica, ma anche una sinistra sempre troppo giacobina nelle premesse e troppo gesuitica nella prassi - una sinistra, cioè, sempre troppo poco sinistra.
Rimanendo in un campo causale intermedio, in genere definisco questa situazione con il concetto di un popolo sostanzialmente di destra e intimamente fascistoide nella sua determinante maggioranza.
Molti storici liberali, oltre a quelli marxisti, hnno fatto derivare questa illiberalità di fondo - questa impermeabilità al liberalismo - all'onda lunga della Controriforma. Credo che sia difficilemente eludibile il peso che ha avuto la Chiesa in questo processo.
Ma io ci vedo anche la mancanza di uno stato unitario, quella di una stabile e forte borghesia produttiva, e perfino di un'aristocrazia investita di un ruolo di governo responsabile, sia pure secondo i parametri dell'ancien regime.
In questo senso la Controriforma, oltre che svolgere un'azione diretta, è stata uno spartiacque tra due epoche, segnando l'avvio di una decadenza del mondo latino e italiano in particolare.
In precedenza, le città borghesi italiane avevano un assetto e una cultura nient'affatto dissimili da quelle mitteleuropee, e non è difficile imaginare che i prodromi del liberalismo che fin d'allora si stavano diffondendo in Europa avrebbero avuto un corso simile anche in Italia.
Le idee liberali non sono nate e non si sono affermate in virtù di un soprassalto "democratico", ma in relazione ad un sistema socio-economico, che in altri paesi esisteva, in Italia no, o in Italia era assai meno sviluppato.
Se è vero che la democrazia non si esporta con i bombardieri, è vero anche che il liberalismo non si esporta con la creazione di un parlamento e nemmeno con la scrittura di una costituzione: condizioni necessarie, ma non sufficienti, diciamo così, perché il liberalismo dev'essere cultura prima di diventare politica. Ovvio, ma nella sua ovvietà questa è anche una cruda realtà, intorno alla quale siamo costretti a girare da così tanto tempo che talvolta ce ne sentiamo stanchi, e cerchiamo ragioni diverse.
pierodm
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Re: Che modo squinternato di informare

Messaggioda Paolo65 il 19/02/2009, 9:41

Pierdom, se si scrive che in Italia non si è mai radicata una cultura liberale, bisogna anche scrivere che nel PD c'era uno sparuto gruppo di parlamentari, quelli radicali, che incarnano meglio di altri quella cultura.

Se prendiamo 1 ad 1 i temi di cui parlano i Radicali ed entriamo nel merito, non c'è paragone con qualsiasi altra posizione politica dentro e fuori al PD.

Detto ciò però, cosa ha fatto il PD? Li ha messi all'angolo ed in questo caos in cui è caduto il partito, verranno cacciati come reietti.

L'ipocrisia dilagante in tema di cultura dilagante è che tutte le forze politiche si dicono liberali,ma nei fatti concreti ripudiano come la peste chi è liberale davvero:i Radicali.

In questo paese ormai domina una "cultura politica" di DX-populista,ed è ormai minoranza l'altra "cultura politica", quella cattolica-buonista. Entrambe alla fine dei conti sono conservatrici ed hanno poco e nulla di progressista e riformista.

Paolo
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Re: Che modo squinternato di informare

Messaggioda pierodm il 19/02/2009, 11:20

Sono d'accordo sulla valutazione circa i Radicali - che ho per altro votato spesso, in occasione dei referendum da loro promossi.
Referendum che, dobbiamo però notare, hanno avuto successo o comunque un sostegno enormemente superiore alla forza dei soli Radicali, grazie all'edesione del "popolo di sinistra".
Il difetto di Pannella, infatti, è stato quello di avere avuto come riferimento polemico la nomenklatura della sinistra e di aver sminuito contestualmente il "partito reale" formato da questo "popolo".
Altro errore è stato, quello di essersi illuso circa il "liberalismo" berlusconiano, e prima ancora circa le aperture craxiane, che l'hanno indotto a portare il movimento radicale ina specie di cul de sac.
Un errore, a mio parere, generato proprio dall'esagerata importanza da lui data alla lotta contro i vertici della sinistra, che gli hanno fatto pensare che qualunque strategia fosse lecita allo scopo di prendere le distanze dalla sinistra stessa - fino al punto da trovarsi a lodare "l'amico Fini", anche al tempo in cui questo non aveva nemmeno compiuto l'ambiguo lavacro di Fiuggi.
Un atteggiamento che perfino a me - che avevo sempre avuto grande simpatia per Pannella e i Radicali - è sembrato inaccettabile e assurdo, visto che cancellava nella memoria i tempi, i lunghi tempi, in cui i camerati dell'amico Fini rincorrevano i "froci radicali di merda" con le catene in mano, mentre i banchetti dei referendum erano presidiati da ragazzi e ragazze radicali, socialisti e comunisti.

Voglio dire, insomma, che la storia del non-liberalismo italiano non è così omogenea e così schematica come si usa rappresentarla negli ultimi anni.
Anni nei quali, d'altra parte, il liberalismo radicale si è esageratamente orientato verso le tematiche economiche, mettendo in secondo piano quelle sui diritti civili, che avevano sempre distinto i movimenti radicali nelle democrazie moderne.

A prescindere da tutto ciò, i radicali non hanno mai costituito un partito per così dire "integrale", in nessun contesto politico, e in questo è sempre consistita la sua forza ma anche il suo limite.
Mettendo a fuoco il tema dei diritti civili e altri temi specifici hanno costituito una grande fonte ideale e un fattore di dinamismo politico.
I partiti più complessi e più "generalisti" dovevano invece avere una visione necessariamente più mediata della realtà politica, nella quale i temi "radicali" dovevano intrecciarsi con altro genere di valutazioni.
Non solo in Italia, ma certo soprattutto in Italia, i temi radicali erano in gran parte ricompresi nella complessiva visione politica della sinistra, sia pure in forma più compromissoria e meno netta rispetto alla proposta radicale.
Nel nostro paese, per di più, le cose si complicano in relazione al fatto che la maggiore forza della sinistra è stata il PCI, che ha avuto una genesi sociale e culturale, e uno sviluppo, tipicamente ambiguo nei suoi rapporti col liberalismo: la genesi storica lo portava, ideologicamente, a contrapporsi alla liberal-democrazia, mentre l'habitat culturale nel quale era cresciuto lo portava di fatto a proporsi come l'unico, pratico "partito liberale di massa" italiano, forse in misura maggiore dello stesso PSI -sicuramente con un peso maggiore.
Io capisco che, di questi tempi, non c'è spazio per troppi ragionamenti. Ma in piccole dosi possiamo provarci, senza troppo dare nell'occhio.
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