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Immoralità della morale

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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pinopic1 il 14/12/2008, 0:22

Non lo so se i romani erano crudeli o meno. Forse quanto quelli che oggi si divertono con le lotte tra cani. Ma al Colosseo si giocava il derby Roma-Lazio?
E non è che tutti debbano andare a vedere gli spettacoli al Colosseo per sostenere quello che dico. E' sufficiente che non sia un comportamento socialmente rifiutato. Dai più.
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda franz il 14/12/2008, 12:47

pierodm ha scritto:Seguendo questa vocazione di tedoforo, Franz non si accorge, per esempio, che dà ragione a Pino, il quale però dice esattamente l'opposto di quello che Franz intende fargli dire.
"Così nell'ambito della stessa società può essere immorale l'omicidio e morale la guerra e perfino il saccheggio, la riduzione in schiavitù e gli spettacoli dei gladiatori. Comportamenti questi che possono essere utili alla collettività, coincidere con il bene comune, ove non sia riconosciuto e accettato il valore della "dignità umana" indipendentemente dalla cittadinanza." - afferma Pino
Dignità umana espressamente posta a fondamento della Dichiarazione del '48, richiamata da Franz.

Avendo parlato di una morale che cambia nel tempo, va da sé che è sbagliato dare un giudizio ai popoli antichi con la morale o le leggi di oggi. Parliamo degli antichi romani solo perché a noi culturalmente piu' vicini ma potremmo parlare dei maja e dei loro sacrifici umani, del cannibalismo e via dicendo. Ma l'altro errore che potremo fare è appiattire, generalizando, luna singola civiltà antica su un'unica morale. Ogni tempo e popolo ha la sua "morale dominante" e non sempre è quella dei suoi piu' illustri e noti esponenti. Ma presenta anche una pluralità di comportamenti e di giudizi morali su di essi. Mi risulta che proprio in epoca romana ci fosse un tale, diventato noto come "catone il censore". Questo mi fa supporre che alcuni avessero una visione morale piu' rigosora rispetto all'andazzo dominante e che quindi già allora i corrispondenti temporali di Pierodm e franz (con o senza corona d'alloro) discutessero di "questione morale". :-)

pierodm ha scritto:In civiltà tribali, o comunque più ataviche, la religione era niente di più di un mezzo per inculcare per vie brevi alcuni principi di vita e di comportamento che l'esperienza aveva elaborato come utili alla vita comune, e al mantenimento del sistema sociale - a cominciare dalla sacralità del capo, del re, del "faraone" di turno.
Si tratta di società nelle quali la distinzione tra pubblico e privato è assai limitata, o inesistente, e dunque è difficile distinguere l'utilità sociale dalla moralità come valore individuale.
Il problema comincia seriamente con la società romana, e successivamente con la religione cristiana che si sovrappone all'ordinamento imperiale.

Scusa Piero ma anche se in una società non è ancora emersa la distinzione tra sfera pubblica e sfera privata, l'utilità sociale di un qualsiasi aspetto umano si pone lo stesso con forza. Questo vale anche per la morale, che è pre-esistente al rapporto pubblico-privato ed alla nascita dello stato. Che poi con la nascita dello stato (e soprattutto con la diffusione dei sistemi di comunicazione e di educazione) l'aspetto morale, come ogni aspetto culturale, abbia un suo fortissimo impulso, credo sia pacifico. L'aspetto morale diventa per esempio uno dei tanti strumenti, se non il principale, per la gestione ed il mantenimento del potere.
pierodm ha scritto:La nostra discussione, in definitiva, verte esattamente sul punto di rottura, di divaricazione nel quale si moltiplicano le diverse "morali", non sul fatto (ovvio) che esistano, né sul loro divenire nel tempo (fatto altrettanto ovvio).
La nostra discussione verte sul fatto che ciascuna di queste morali serva a ordinare e reggere un sistema o sotto-sistema, fornendo ad alcuni comportamenti una legittimazione "superiore", a costo di porsi in stridente contraddizione con gli altri livelli della morale, o con la morale applicata ad altri soggetti che fanno parte dello stesso corpo sociale.

Io veramente avevo creduto di capire che questo non era elemento di discussione, tanto lo diamo per assodato, quanto lo fossero le nostre politiche per porre rimedio a cio'. Come e perché, quindi. Se esiste una "questione morale" diamo per assodato che per lo meno a livello di percezione identifichiamo le divaricazioni, ... ma la soluzione è morale?
Credo che queste divaricazioni siano sempre state percepite e discusse, almeno nei contesti in cui cio' era possibile senza finire sul patibolo per aver offeso qualche faranone o potente. Sono un po' come i conflitti generazionali. Ogni generazione ha il suo, anche se il nostro (del momento) sembra sempre il piu' acuto. E c'è relazione tra le due cose, visto che morale e genitorialità sono fortemente legate.

Ora se siamo d'accordo su questo ed anche sul fatto che la soluzione è politica e non morale, mi associo al tuo dubbio di non sapere bene cosa e perché stiamo discutendo.

Ciao,
Franz
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pierodm il 14/12/2008, 13:39

A questo punto, la nostra discussione sento che ha perso la sua "spinta propulsiva", come direbbero certi vecchi lupi da Comintern.
Abbiamo detto quello che potevamo, e in una sede come questa tanto basta, io credo.

Piuttosto, riprendo volentieri l'ultima frase di Franz: mi associo al tuo dubbio di non sapere bene cosa e perché stiamo discutendo.
Stamattina, sedendomi a guardare la campagna infreddolita, dopo il caffé, e svagando col pensiero qua e là, m'era venuta la voglia di impostare un nuovo argomento di discussione proprio su questo punto.
Una riflessione critica, e probabilmente anche auto-critica, sulla tendenza delle nostre discussioni a ramificarsi immediatamente in tutte le direzioni, così che ognuno fa il suo discorso con scarse probabilità di incontrarsi sul serio con quelli degli altri, se non sul fragile legame dato da una parola-chiave o dal solo fatto di trovarsi riuniti sotto lo stesso titolo.

Per la verità la cosa non nasce da qui, e non nasce adesso, ma mi accompagna da tempo, assistendo ai dibattiti televisivi e ad altre discussioni in sedi diverse: sembra che non siamo in grado di attuare un "dialogo" vero e proprio, o meglio, di rispondere alla domanda data dal titolo di una discussione, o a quella posta dal nostro interlocutore.
Nel nostro forum, questa discuussione sulla "morale" mi sembra emblematica, ma il fenomeno si presenta in qualche misura per tutti gli argomenti.

Devo dire che questa tendenza - chiamiamola "anarchica" - non la trovo del tutto negativa. Anzi, ha secondo me diversi aspetti simpatici e caratteristici della nostra mentalità italiana, per ciò che riguarda l'elasticità mentale e la capacità di cogliere la varietà dei punti di vista dai quali osservare un argomento, un fenomeno, un ragionamento.
Ma - per rimanere nell'attualità tiberina - è un po' come il corso di un fiume: bellissimo nella sua naturalità e imprevedibilità, se gli argini spontanei risultano solidi e geologicamente "coerenti", ma distruttivo e caotico se tracima in tutte le direzioni diventando un pantano indistinto.
Un rischio, quest'ultimo, che risulta assai limitato in una discussione "materiale", ma molto più incombente in una sede immateriale come un forum, dove la grandissima parte del rapporto è dato dalle sole parole e dal loro significato.

Per tornare, dopo questo lungo giro, a noi, fa una gran difefrenza discutere sulla morale o discutere invece su "cosa fare in presenza di una pluralità di sfere morali", in sede politica.
Se da tutto inizio si divarica in differenti direzioni, si dicono un sacco di cose più o meno giuste e belle, ma difficilmente ci s'incontra, non dico per essere d'accordo, ma almeno per essere in disaccordo in modo utile.
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda franz il 14/12/2008, 15:16

pierodm ha scritto:Piuttosto, riprendo volentieri l'ultima frase di Franz: mi associo al tuo dubbio di non sapere bene cosa e perché stiamo discutendo.
Stamattina, sedendomi a guardare la campagna infreddolita, dopo il caffé, e svagando col pensiero qua e là, m'era venuta la voglia di impostare un nuovo argomento di discussione proprio su questo punto.
Una riflessione critica, e probabilmente anche auto-critica, sulla tendenza delle nostre discussioni a ramificarsi immediatamente in tutte le direzioni, così che ognuno fa il suo discorso con scarse probabilità di incontrarsi sul serio con quelli degli altri, se non sul fragile legame dato da una parola-chiave o dal solo fatto di trovarsi riuniti sotto lo stesso titolo.

Già, ma oggettivamente parlando, se si discute sulla "immoralità della morale" per me è giocoforza che si divaghi, perché il tema sfiora abbondantemente la metafisica e la filosofia. E qui divagare è d'obbligo. Anche divertente ed istruttivo. Sicuramente non inutile.
Discutessimo invece se il finanziamento della scuola debba essere del 5.2 o del 5.9% del PIL e come dividere la spesa tra docenti e investimenti, se affrontassimo temi concreti e tangibili, sul pensionamento a 65 anni o 25 o 75, se si parlasse se concedere meno il rimborso sanitario delle spese di prevenzione, sui controlli per evitare malversazioni pubbliche, forse si divagherebbe di meno (.... forse ...) e si concluderebbe di piu'. Sicuramente sarebbe piu' concreto.

Ogni dicussione va bene, ma non possiamo lamentarci se in alcune si divaga piu' che in altre.

Ciao,
Franz
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pierodm il 14/12/2008, 20:12

Franz
No. Avrei voluto trovare la pace dei sensi, ma non posso essere d'accordo.
Per due ragioni.

- Il problema che ho evidenziato sussiste indipendentemente dall'argomento.
Non è vero che i temi generali, o magari "filosofici", diano più facilmente la stura alle divagazioni.
Si può - e si dovrebbe - rispettare la logica del "dialogo" anche in questi casi.
Nel momento in cui, per esempio, io pongo il problema: "che valore ha una morale che giudica un mostro il padre che vede morire di fame, o comunque soffrire, i propri figli, mentre spende i soldi che ha per un SUV TD supersport, mentre si astiene dal giudizio verso un sistema che devolve risorse enormi in spot pubblictari e tira la cinghia sull'assistenza, o sulla ricerca sul cancro, etc?" (una delle diverse domande che avevo posto all'origine) - nel momento che pongo un problema come questo, non è difficile rispondere, rimanendo in tema.
Naturalmente, nel giustificare la propria risposta, si può partire per lunghi viaggi intellettuali: la risposta in sè, però, rimane alla base di questi viaggi, li giustifica e li rende "concreti".

- Nemmeno se parliamo di cifre e di percentuali, di commi e pandette, di fontanelle e di modalità di prelievo di bancomat, in un forum siamo "concreti": questa è sostanzialmente un'illusione. Un'inutile illusione.
In un forum non si governa, e nemmeno si gestisce l'opposizione. In un forum si parla, si esprimono idee.
Se le idee sono astratte, sono TUTTE astratte. Se sono concrete, sono concrete TUTTE.
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda mauri il 15/12/2008, 11:52

terminate le riflessioni ai massimi sistemi il volgo vorrebbe scendere a quelle terraterra
è morale che la pasta costi 1 euro e passa quando si sono dimezzate le condizioni che ne determinarono il raddoppio dei prezzi di questo anno?
è morale che chi perpetra omicidi di massa a lungo termine non venga processato dopo 20 anni per strage?
libertà, la sua morale è anche fare del male agli altri?
non credo ma allora perchè accade
questa nostra società, la globalizzazione? ha portato una nuova presa di coscienza che è l'impotenza di fronte ai problemi reali di tutti i giorni, l'incapacità risolverli perchè richiede un impegno quotidiano che non si è in grado di affrontare, non siamo tuttologi
e la politica ne è lo specchio, mauri
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pinopic1 il 15/12/2008, 12:34

Pierodm scrive:
"Nel momento in cui, per esempio, io pongo il problema: "che valore ha una morale che giudica un mostro il padre che vede morire di fame, o comunque soffrire, i propri figli, mentre spende i soldi che ha per un SUV TD supersport, mentre si astiene dal giudizio verso un sistema che devolve risorse enormi in spot pubblictari e tira la cinghia sull'assistenza, o sulla ricerca sul cancro, etc?"

Nel primo caso non è la morale che ci fa considerare un mostro il padre, ma la coscienza di ognuno di noi. Non ci sembra immorale, ma disumano. E vediamo facilmente la relazione diretta tra il padre e i figli. In presenza di una simile situazione avrei una reazione indipendente da tutte le altre miserie del mondo.
Nel secondo caso si può dare un giudizio morale sul sistema economico che funziona come hai scritto e molti infatti lo giudicano negativamente con diverse gradazioni: Ingiusto, immorale, criminale, inadeguato. Si tratta, mi pare, del sistema capitalista. Altri ne danno un giudizio positivo con varie motivazioni.
Tuttavia non mi convince l'accostamento. A meno che tu non voglia dire che il primo esempio è un caso particolare del secondo. Allora sento almeno una predisposizione a darti ragione. Però così la discussione diventerebbe "capitalismo: morale, immorale o indifferente?".
Perciò è meglio che la chiudiamo.
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pierodm il 15/12/2008, 18:58

Vedi Pino, che piano piano riusciamo a conquistare un pezzetto di condivisione - anche se troppo poco ancora, vista quella che era l'ovvietà di una gran parte della zona di partenza.
Che cosa significa che "non ci sembra immorale, ma disumano"?
In base a che cosa giudichiamo disumana qualcosa o qualcuno, se non a una sfera di valori "morale", che può essere individuale o sociale?
Mi sembra invece che tu limiti la morale ad un significato che equivale sostanzialmente al "moralismo", che della morale è una degenerazione autoritaria, o repressiva, o totalmente ipocrita, o semplicemente basata sulla doppiezza alla quale abbiamo accennato.
Una doppiezza, o un'ambiguità, tra l'altro, che è esattamente ciò che volevo mettere in evidenza da tutto principio, non come caratteristica connaturata alla morale in sé, ma come degerazione strumentale che si nasconde dietro i casi umani più individuali, per illudere le coscienze di appartenere ad un sistema di valori altamente "civile" - come nel caso che ho portato ad esempio.

L'accostamento tra i due casi - quello individuale e quello sociale - non lo devi cercare nei casi in sé, o in qualcosa che li lega al loro interno, ma nell'individuo o nel sistema comunicativo che li giudica.
L'eventuale legame intrinseco tra i due nella fattispecie esiste, ma potrebbe anche non esistere, senza che ciò attenui la contraddizione in chi giudica.
E' ovvio che la discussione potrebbe benissimo diventare "capitalismo sì o capitalismo no?", o una qualsiasi altra alternativa che un'analisi delle cause della contraddizione riuscisse a rintracciare - rientra in questa ipotesi anche la riflessione alla quale alludevo, quando parlavo in altra sede dello "stile di vita", ossia della ricerca di uno sviluppo economico o tecnologico esasperati, ottenibili soltanto con la riscrittura della morale pubblica, delle priorità politiche, delle "etiche professionali".

Per inciso, questa questione che sembra così avulsa dal "realismo" politico e dalla "concretezza", è la vera e autentica novità che traspare dalla proposta del new deal di Obama, ossia dal realismo politico che nasce in un momento di crisi del sistema.
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pinopic1 il 15/12/2008, 19:53

pierodm ha scritto:Vedi Pino, che piano piano riusciamo a conquistare un pezzetto di condivisione - anche se troppo poco ancora, vista quella che era l'ovvietà di una gran parte della zona di partenza.
Che cosa significa che "non ci sembra immorale, ma disumano"?
In base a che cosa giudichiamo disumana qualcosa o qualcuno, se non a una sfera di valori "morale", che può essere individuale o sociale?
Mi sembra invece che tu limiti la morale ad un significato che equivale sostanzialmente al "moralismo", che della morale è una degenerazione autoritaria, o repressiva, o totalmente ipocrita, o semplicemente basata sulla doppiezza alla quale abbiamo accennato.
Una doppiezza, o un'ambiguità, tra l'altro, che è esattamente ciò che volevo mettere in evidenza da tutto principio, non come caratteristica connaturata alla morale in sé, ma come degerazione strumentale che si nasconde dietro i casi umani più individuali, per illudere le coscienze di appartenere ad un sistema di valori altamente "civile" - come nel caso che ho portato ad esempio.

L'accostamento tra i due casi - quello individuale e quello sociale - non lo devi cercare nei casi in sé, o in qualcosa che li lega al loro interno, ma nell'individuo o nel sistema comunicativo che li giudica.
L'eventuale legame intrinseco tra i due nella fattispecie esiste, ma potrebbe anche non esistere, senza che ciò attenui la contraddizione in chi giudica.
E' ovvio che la discussione potrebbe benissimo diventare "capitalismo sì o capitalismo no?", o una qualsiasi altra alternativa che un'analisi delle cause della contraddizione riuscisse a rintracciare - rientra in questa ipotesi anche la riflessione alla quale alludevo, quando parlavo in altra sede dello "stile di vita", ossia della ricerca di uno sviluppo economico o tecnologico esasperati, ottenibili soltanto con la riscrittura della morale pubblica, delle priorità politiche, delle "etiche professionali".

Per inciso, questa questione che sembra così avulsa dal "realismo" politico e dalla "concretezza", è la vera e autentica novità che traspare dalla proposta del new deal di Obama, ossia dal realismo politico che nasce in un momento di crisi del sistema.


Trascuri forse che il giudizio che individualmente si dà di un comportamento, lo sdegno o l'approvazione, spesso nasce da una reazione istintiva, innata, comunque può non essere indotto da una convenzione sociale o da un sistema di valori socialmente codificato.
Forse certe reazioni sono comportamenti codificati nel nostro DNA e probabilmente finalizzati alla conservazione della specie mentre altri sono soltanto frutto di una "cultura". Cultura dei rapporti umani che è probabilmente fragile rispetto allo sviluppo dei sistemi sociali, politici, economici e alla loro complessità. Voglio dire che non produce comportamenti individuali adeguati, cioè utili magari ancora alla conservazione della specie.
Più terra terra: uno lo vede subito che il padre trascura il figlio mentre è più complicato vedere come vengono utilizzate le risorse economiche e comprendere come potrebbero più utilmente essere utilizzate.
Senza contare che un esperto di economia di mercato potrebbe dimostrarti che la ricerca sul cancro sarebbe più trascurata in una economia pianificata.

Tornando al primo caso, anche la morte di bambini a causa, per esempio, del bombardamento di una città colpisce meno di un padre che che fa soffrire la fame al figlio. Il padre in questione ci sembra sempre più disumano di chi ha ordinato il bombardamento.
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Re: Immoralità della morale

Messaggioda pierodm il 16/12/2008, 9:58

Pino
D'accordo su tutto quello che dici, ma - vedi - questa non può essere la conclusione del discorso: questa era anzi la premessa, o almeno era la premessa sottintesa a ciò che avevo scritto in origine.

Più facile vedere la bestialità di un padre che quella di un bombardiere, o di una scelta economica? Certeamente sì, è chiaro.
E' ovvio che la politica - ma non solo la politica, anche la maturazione culturale, l'arte, la comunicazione, direi perfino la scuola - serve esattamente ad avere scienza e coscienza di tutto ciò che non è percepibile attraverso la sola esperienza immediatamente personale, di tutto ciò che non è familiare, individuale, e a superare la pura reattività quasi "sensoriale" dei fenomeni esistenziali.
Anzi, mi correggo: non è affatto ovvio.
Che la politica o la scuola, o la cultura, servissero prima di tutto a questo, è stato ovvio per molto tempo, ma sembra non esserlo più nei tempi recenti.

Piuttosto, l'andamento di questo dibattito mostra la ragione per cui nel nostro paese sia così difficile condannare un conflitto d'interessi monumentale come quello di Berlusconi, e come sia possibile l'avvento, l'ascesa e la permanenza ai vertici dei più svariati personaggi coinvolti nelle più svergognate faccende, e perché non serva a niente l'esercizio di una stampa che denuncia e mette a nudo gli scandali - se e quando riesce a farlo.
Siamo troppo "saggi", e per noi non esiste mai una linea retta che unisce due punti.
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