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Debito pubblico...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: La riduzione del debito pubblico secondo PdL e PD

Messaggioda franz il 10/08/2012, 15:03

trilogy ha scritto:Un'aliquota irpef al 23% sui redditi da 0 a 15.000 euro è una follia economica, una rapina sui più deboli.

Certo, ma soprattutto un'aliquota contributiva del 33% e le altre aliquote sul lavoro che arrivano in tutto al 50% ed oltre (flat tax, uguale per tutti) è una rapina sui piu' deboli. Non che le rapine sui piu forti siano preferibili (a meno di non essere rimasti ai tempi di Robin Hood e figure romantiche similari). Sempre rapine sono.
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda ranvit il 10/08/2012, 16:09

Ma se i nostri tassi di interesse continueranno, grazie all'idiota meccanismi dell'Ue e dell'euro, a restare cosi' alti, pur con tutte le riforme "lacrime e sangue" che stiamo facendo, dove le vuoi trovare le risorse per abbassare le tasse?

O si agirà in qualche modo per abbassare lo spread o è meglio uscire dall'Euro!
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda franz il 10/08/2012, 16:31

Guarda che i nostri tassi sono alti perché i mercati non si fidano che dopo monti si segua lo stesso rigore.
Se uscissimo dall'euro diventerebbro ancora piu alti (ricordiamo il decennio degli anni 70?)
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda ranvit il 10/08/2012, 17:09

franz ha scritto:Guarda che i nostri tassi sono alti perché i mercati non si fidano che dopo monti si segua lo stesso rigore.
Se uscissimo dall'euro diventerebbro ancora piu alti (ricordiamo il decennio degli anni 70?)




In Italia la situazione politica è quella che è e con questa dobbiamo fare i conti...non è che cambierà perchè come dici tu i mercati non si fidano.
D'altronde invece, secondo me, i mercati non si fidano dell'Euro, dei suoi cervellotici meccanismi e della guerra fratricida che è scoppiata.....

Se uscissimo dall'euro, con le riforme fatte, dopo una prima fase i mercati si calmerebbero....nel senso di un ritorno ad una normalità che ci darebbe il tempo di rimetterci in carreggiata!
Restando, se non cambiano i meccanismi, faremo solo da "agnello sacrificale"...per la gioia di chi ci vuole male...stranieri o italiani ;)
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda flaviomob il 10/08/2012, 21:52

trilogy ha scritto:Teoricamente dovrebbe funzionare per qualunque paese. E' una sorta di garanzia accessoria su un un titolo di debito pubblico.


E perché i nostri becchini bocconiani non hanno preso in considerazione l'ipotesi di Warren Mosler? Mi sembrano sempre più usciti da qualche lazzaretto medievale dove l'unica cura per il malcapitato paziente era il salasso... se rimaniamo senza sangue, come la facciamo "circolare" l'economia?


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda franz il 11/08/2012, 8:37

flaviomob ha scritto:E perché i nostri becchini bocconiani non hanno preso in considerazione l'ipotesi di Warren Mosler? Mi sembrano sempre più usciti da qualche lazzaretto medievale dove l'unica cura per il malcapitato paziente era il salasso... se rimaniamo senza sangue, come la facciamo "circolare" l'economia?

Sicuramente perché i "becchini" (ma c'è sempre bisogno di offendere quando si hanno idee diverse?) appartengono a una scuola economica ben diversa e non credono che la soluzione sia la moneta. Vedere http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_Monetaria_Moderna
Anche per me, che non sono bocconiano e nemmeno becchino, il problema non è il sangue (che ne abbiamo fin troppo) ma il cuore. Cioe' non è la moneta ma il lavoro, la produzione, la domanda e l'offerta. Cosa serve tanto sangue se non circola? Ed in effetti quello che la BCE ha immesso non circola e le banche lo hanno usato per comprare titoli di debito degli stati.
E perché è il lavoro? Perché l'economia privata è strozzata dalla voragine del debito pubblico (e non si risolve questo problema con altri debiti piu' garantiti) ed è limitata dalla dimensione abnorme della economia pubblica, che da noi arriva al 50%.
Il vero medico allora lavora qui, sulla dimensione della spesa pubblica e del prelievo fiscale. Un cuore abnorme ha bisogno di tanto sangue (per non contare poi le "perdite" dovute all'ineficenza, alla corruzione, al clientelismo, dell'evasione, diciamo ai "vampiri") ma un cuore piu' piccolo ed efficente ha bisogno di meno sangue. Per me ora tra chi chiede piu' sangue ci sono tutti i vampiri. Diciamo allora meno sangue, piu' lavoro, meno debiti.

leggo nella scheda wiki:
'affermazione che la moneta è dunque "creatura dello stato"[26] comporta sia che non esiste alcuna ragione affinché la spesa pubblica debba essere coperta da un corrispettivo prelievo fiscale[27] sia che lo stato può spendere senza prima avere incamerato gettito fiscale e che perciò può impiegare tutte le risorse necessarie a incrementare l'attività economica e l'occupazione.[28] Ne consegue che secondo gli economisti della Teoria Monetaria Moderna, tra cui James Kenneth Galbraith, l'emissione di moneta veicolata all'aumento della produzione consente allo stato di fare deficit di bilancio, quasi senza limiti, senza un apprezzabile pericolo di inflazione, sin quando non si arriva al pieno impiego


Ecco come vedi oggi noi siamo qui. Una volta svincolata la moneta dall'oro (dalle riserve auree) gli stati hanno cominicato a fare deficit ed accumulare debito. Chi oggi propone cure come quella di Mosler (un debito piu' garantito di altri) appartiene alla stessa scuola di pensiero che ha generato il problema. E come lo risolve? Con altri debiti, naturalmente.

Semplicemente allucinante.
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda franz il 11/08/2012, 15:30

trilogy ha scritto:Capitali in Svizzera
Mi sembra una operazione molto difficile da attuare con aliquote di quelle dimensioni, i soldi si trasferirebbero altrove alla velocità della luce.

Corretto. Da notare che Brunetta, responsabile del programma di riduzione del debito del PDL, una riduzione del debito fatto senza riduzione della spesa pubblica (a cui sono allergici) che non sia quello degli interessi sul debito stesso farnetica attorno a cifre ancora piu' alte: "per un totale di 30-40 miliardi subito e ulteriori 5-7 miliardi negli anni successivi". Andrà bene se saranno 13-16 miliardi una tantum e 640 milioni ogni anno.
Leggete bene il testo di Brunetta: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... d=AbOhrDMG
Scoprirete cose assurde, come il fatto che questi 30-40 miliardi vengono messi a riduzione del debito ma anche come stimolo agli investimenti. Il che mi ricorda il gioco delle tre carte, i carri armati di mussolini e gli 8 milioni di baionette.
Divertente anche come Brunetta, insieme e contanti professori nostrani, ipotizzi il dimezzamento dell'onere di interessi.
Come? Beh, per dimezzare il costo degli interessi la strada maestra è dimezzare il debito. Passando da 1900 miliardi alla metà (950) è logico aspettarsi il dmezzamento dell'onere di interessi. Ma loro parlano di una riduzione di 400 miliardi. Ecco come "inventano" il resto, attraverso "il tendenziale dimezzamento del servizio del debito, nello stesso arco temporale, dai 75-82 miliardi attuali a 35-40 miliardi (circa 2 punti di Pil), che deriva dall'intervento sullo stock del debito, dalla conseguente riduzione dei tassi di interesse/rendimento e da azioni mirate di riduzione selettiva del costo del debito stesso, attraverso l'acquisto sul mercato secondario di titoli del debito pubblico italiano emessi a tassi eccessivamente elevati."
La riduzione di 400 miliardi ( che molti già considerano eccessiva e irrealizzabile) comporta al massimo la riduzione del 21% del debito, non del 50%. Il calo di interessi è possibile ma solo sulle nuove emissioni. Non è che tutto lo stock rimanente (1500 miliardi, pari nell'ipotesi a 1900-400) viene di colpo a costare meno. Quanto è già stato emesso al 7% per 10 anni (per ipotesi) continua a costarci il 7% ogni anno per 10 anni. Per comprarli (ammesso che uno voglia venderli) occorre avere soldi e qui torniamo al gioco delle tre carte perché si parla di usare i ricavi della minore spesa per interessi sia per ridurre la pressione fiscale (unico modo possibile vosto che in altri modi non toccano la spesa) sia per "stimolo agli investimenti".

Ora il bello (o il brutto, se vogliamo) è che è pur sempre possibile trovare erorri anche grossolani nei mumeri inseriti nel progetto Alfano/Brunetta ma lo stesso non possiamo farlo con le propste del PD. Perché numeri non ce ne sono, a parte quelli per numerare le pagine.
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Scalfari: Le munizioni di Draghi e il decalogo del Pd

Messaggioda franz il 12/08/2012, 8:29

Metto qui il testo di ES perché bene o male qui abbiamo trattato questi temi


Le munizioni di Draghi
e il decalogo del Pd
di EUGENIO SCALFARI
Lo leggo dopo

VEDI ANCHE
articolo
Grilli: "Niente aiuti Bce e meno tasse
Ecco come salveremo l'Italia"

A LEGGERE i giornali e ad ascoltare i telegiornali di questi ultimi giorni, si ha la sensazione di catastrofi sempre più numerose e incombenti: insolvenza delle imprese, rallentamento drammatico del Pil, disoccupazione alle stelle (e non solo quella giovanile), motore tedesco fermo, motore cinese in visibili difficoltà, Goldman Sachs in fuga dai titoli italiani, deflazione in atto in tutti i Paesi dell'Europa mediterranea, credit-crunch, sistema bancario bloccato. Che cosa vogliamo di più e di peggio? Ci si mette anche la Siria dove è accesa una miccia che rischia di far saltare tutto il Medioriente. Vi basta?
Le fonti di queste notizie sono tutte attendibili: autentiche e ufficiali, non c'è assolutamente nulla di inventato. Solo che andrebbero contestualizzate, ma questo è un esercizio non dirò impossibile ma arduo. Eppure qualcuno dovrebbe farlo. Proviamoci.

La recessione dell'ultimo trimestre per quanto riguarda l'Italia è aumentata dello 0,7 per cento; in termini annui, significa appunto il 2,50 per cento, ma la recessione dell'intero 2012, ormai statisticamente definitiva, è dell'1,9-2 per cento rispetto all'anno precedente, come infatti era previsto da tempo dalle medesime fonti autentiche e ufficiali. Quanto alle previsioni per il futuro, le stesse fonti autentiche ed ufficiali (Istat, Fmi, Bce, Eurostat) prevedono un inizio di ripresa, una luce in fondo al tunnel, che alcuni collocano all'inizio ed altri alla fine del 2013. La disoccupazione è aumentata in modo esponenziale, soprattutto giovanile e soprattutto nel Sud. Il fenomeno purtroppo era largamente previsto fin dall'inizio dell'anno. Va detto che nel frattempo alcuni metodi di accertamento sono cambiati: fino a qualche mese fa i lavoratori in Cassa integrazione non erano conteggiati tra i disoccupati, adesso lo sono secondo alcuni parametri adottati. Il fenomeno comunque è molto preoccupante anche se risulta da molte fonti che sono numerosi i giovani che rifiutano lavori dequalificanti e preferiscono rientrare nelle case di famiglia. In questo modo i risparmi accumulati dalle precedenti generazioni cambiano destinazione e la famiglia diventa una sorta di ammortizzatore privato. Il fatto è spiacevole ma non drammatico se non forse per le sue conseguenze sul tasso demografico il quale, però, era a livello molto basso da almeno trent'anni e, quindi, assai prima della recessione attuale.

Le banche italiane sono in difficoltà? Lo scrive il Trimestrale della Bce ma la Banca d'Italia non sembra dello stesso avviso, il governatore Visco affermò pochi giorni fa nell'intervista a Repubblica che le nostre sono banche particolarmente solide e l'ha ripetuto in dichiarazioni pubbliche di questi giorni. È vero che molte banche, e certo non solo quelle italiane, hanno in portafoglio ingenti quantità di titoli di Stato di vari Paesi, e non tutti di prima scelta, ma la Bce continua a ripetere - e va benissimo che lo faccia - che l'Eurosistema non verrà mai abbattuto perché imponenti difese esistono per stabilizzarlo e sconfiggere la speculazione. Tutto ciò ci tranquillizza.

Goldman Sachs. Ha ritirato nei mesi scorsi quasi tutti i suoi investimenti in titoli pubblici italiani: lo dicono i suoi stessi dirigenti e quindi è senz'altro vero. Nel frattempo però la Deutsche Bank ha moltiplicato i suoi investimenti in titoli italiani per un ammontare superiore a quello ritirato dalla Goldman. Se queste notizie vengono date contemporaneamente la questione si risolve in una diversa gestione delle due tesorerie. Dice un vecchio proverbio spagnolo: Si no es un problema no te preocupes y si es un problema porque te preocupas?

Si parla invece di insolvibilità d'una parte notevole delle imprese italiane. In quest'allarme c'è purtroppo molto di vero. Il governo è debitore delle aziende fornitrici per almeno 100 miliardi. Aveva deciso di metterne in pagamento subito almeno 30 e il ministro Passera aveva firmato il decreto necessario già il mese scorso, ma si scopre ora che la procedura per ottenere la bancabilità di quei crediti non sarà pronta prima della fine dell'anno.
Questa lentezza è inaccettabile, come pure il rinvio sine die degli altri 70 miliardi ed infine il fatto che i pagamenti di nuove forniture sono previsti nei contratti firmati dalle aziende pubbliche committenti a sei mesi data dalla fatturazione. In questo modo rischia di riformarsi lo stock di debito quand'anche fosse stato interamente liquidato. Tutto questo non va affatto bene, 100 miliardi di pagamenti che venissero effettuati nei prossimi giorni sarebbero, quelli sì, una frustata benefica per tutto il sistema. Passera lo sa meglio di tutti; se fossi in lui minaccerei ed effettuerei le dimissioni dal governo se questa pratica non verrà chiusa entro le prossime settimane.

Ma resta il tema che è il più importante di tutti: Draghi, la Bce, il ruolo che hanno e gli strumenti dei quali dispongono per salvare l'Europa dal default. Perché di questo si tratta. Limitandolo alla Grecia era comunque un rischio; estendere il rischio alla Spagna diventa un pericolo mortale; ma se il contagio si estende all'Italia, allora è l'Europa intera a dover combattere il naufragio. Forse si salverebbe la Germania pagando la sua sopravvivenza con la totale irrilevanza politica.

* * *

La Bce ha un armamentario di strumenti salvo i limiti che il suo Statuto gli pone: non può intervenire alle aste dei titoli sovrani e non può acquistarli sul mercato secondario se non per quantitativi limitati e autorizzati.
L'armamentario consiste in strumenti convenzionali e non convenzionali. Quelli convenzionali rientrano nella politica monetaria affidata alla Banca la quale stabilisce ogni anno la quantità di liquidità di cui l'Eurozona ha bisogno per il suo corretto funzionamento. Quelli non convenzionali sono previsti dallo Statuto in casi particolarmente emergenziali. L'erogazione di prestiti a tre anni all'1 per cento di tasso effettuata nell'inverno scorso dalla Bce alle Banche dell'Eurozona per un totale di mille miliardi rientrava in quella categoria e, checché se ne dica oggi, fu provvidenziale. Oggi forse sarebbe necessaria un'altra analoga operazione, probabilmente accompagnata da incentivi e disincentivi in funzione dell'uso che le banche richiedenti faranno di quella liquidità.
Un altro strumento potrebbe essere l'acquisto di obbligazioni emesse da imprese e un altro ancora nel ripetere l'acquisto di titoli a lunga scadenza sul mercato secondario ma per quantità limitate. Si tratta di strumenti di possibile applicazione ma di scarsa efficacia di fronte ad un attacco massiccio della speculazione.

Ma poi ci sono altri poteri dei quali dispone la Bce, che abbiamo già indicato domenica scorsa. Sostanzialmente sono due: intervento di politica monetaria per impedire l'emergere di isole deflazionistiche e analoghi interventi monetari per impedire turbativa nell'equilibrio dei prezzi e dei tassi di interesse tra i vari Paesi dell'Eurozona.
Non risulta che tali strumenti abbiano bisogno di speciali autorizzazioni. Deve essere solo accertata l'esistenz a dei pericoli dopodiché la Bce può dar seguito agli interventi monetari che consistono nell'acquisto di Bot a 12 mesi di massima scadenza.

Non soffermiamoci ora sull'utilità dell'uso di tali operazioni che avverrebbero per importi illimitati. Diciamo solo che esse avrebbero effetti sicuramente trasmettibili sui titoli a scadenza media e lunga. Ma il punto è un altro: Draghi ha deciso di metter mano a questi strumenti a condizione che il Paese interessato ne faccia richiesta al fondo salva-Stati; solo l'ok di quel fondo consentirà a Draghi di entrare in scena. Questa richiesta è sicuramente una sua facoltà, ma perché la fa? Qualcuno glielo impone? Oppure la fa perché vuole che il governo italiano sia maggiormente controllato dalla Ue? Ma questo non rientra nei compiti della Bce. La Bce deve impedire la formazione di fenomeni deflazionistici e l'instabilità dei prezzi e degli interessi nell'Eurozona. Questi fenomeni vengono certamente da lontano e non si risolvono senza la crescita dell'economia reale, ma la mancata crescita dipende principalmente dalla politica economica dell'Europa, non è un Paese da solo che possa attivarla.

Il presidente della Bce può e anzi deve pungolare l'Europa a muoversi in modo appropriato e Draghi l'ha fatto egregiamente anche se le sue prediche finora sono state inutili; ma non è compito suo sostituirsi all'Europa specie nel regime intergovernativo tuttora vigente. Benissimo lo stimolo, ma nel frattempo intervenga. Se subordina l'intervento all'inchino di Monti al salva-Stati si tratta, a nostro avviso, di una omissione di atto dovuto. Se le cose stanno diversamente sarebbe non solo opportuno ma doveroso che lo dicesse.

* * *

I lettori mi perdoneranno se passo - per così dire - dal sacro al profano parlando ora dell'intervista rilasciata al Foglio di giovedì scorso da Stefano Fassina al bravo Claudio Cerasa. Per chi non lo sapesse, Fassina è membro della segreteria del Pd e titolare del dipartimento di politiche sociali ed economiche di quel partito.
L'intervista descrive il programma elettorale di quel partito che diventerà in caso di vittoria il programma di un governo di centrosinistra. È dunque altamente probabile che il contenuto di quell'intervista sia noto e approvato da Bersani visto che l'autore è il suo principale collaboratore.

Tralascio i giudizi su Monti, positivi per quello che ha fatto di buono e negativi per i molti errori e la molta insensibilità sociale. Tralascio anche la dichiarazione che con le prossime elezioni ci sarà comunque la cessazione di governi affidati a tecnostrutture. Vengo al sodo. Fassina espone un decalogo del quale cinque punti sono destinati all'Europa e cinque all'Italia. Eccone una sintesi.

Per l'Europa. "Chiediamo di fare un'unione fiscale nel continente e chiediamo che le leggi di bilancio di ciascun Paese siano autorizzate dal Consiglio Europeo prima di essere approvate e prevedano pesanti sanzioni per gli inadempienti. Va rilasciata al più presto la licenza bancaria al fondo salva-Stati affinché agisca sul mercato primario dei titoli pubblici. E poi Eurobond e Project Bond per mettere in atto una vera politica keynesiana. È necessaria l'unione bancaria e la vigilanza bancaria a livello europeo. L'euro è un progetto irreversibile. A questo fine è necessario un programma di ristrutturazione dei debiti pubblici e la lotta senza quartiere ai paradisi fiscali".

Per l'Italia. "Ci vuole una patrimoniale a bassa intensità. Abolizione del Titolo Quinto della Costituzione riducendo il Federalismo e aumentando i poteri del governo centrale per quanto riguarda le opere pubbliche e le politiche sociali. Bisogna rivoluzionare la pubblica amministrazione. Bisogna salvaguardare l'italianità delle imprese strategiche. Proseguire senza tregua la lotta all'evasione e ridistribuire il carico fiscale in favore dei lavoratori e delle imprese". Naturalmente Fassina pensa che il protagonista politico italiano sia il Pd e i suoi alleati del centrosinistra e in Europa tutte le forze socialiste e democratiche (per ora al governo soltanto in Francia).

Che dire? per quanto riguarda l'Europa il programma è esattamente quello della Merkel, salvo che lei vorrebbe esserne la promotrice e non Bersani. Per l'Italia è, grosso modo, il programma di Monti rinverdito con una forte dose di sensibilità sociale. Per la politica monetaria sembra ricopiata da quella di Draghi. Aggiungo: personalmente constato che Fassina ha adottato, direi riga per riga, le esortazioni e i suggerimenti più volte da me indicati in questi mesi. La cosa, dopo molte critiche rivoltemi dallo stesso Fassina, mi rallegra all'insegna del motto "meglio tardi che mai".

Una sola osservazione: non credo che l'esponente del Pd possegga una sua bacchetta magica. E pertanto: lo Stato europeo da lui (e dalla Merkel) propugnato lo avremo tra cinque o dieci anni; l'unione bancaria tra un paio d'anni; la riforma dell'amministrazione italiana richiederà a dir poco una generazione. Nel frattempo e cioè nell'immediato che cosa farà il governo Bersani? Chiamerà Monti per proseguire tenendo conto del decalogo di Fassina? Casini ne sarà felice e anche noi.
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RIDUZIONE DEL DEBITO E CRESCITA

Messaggioda franz il 12/08/2012, 9:44

I compromessi che non servono

di ALBERTO ALESINA e FRANCESCO GIAVAZZI

Aver cominciato a discutere di come ridurre il debito pubblico è un passo avanti importante. Se questo tema divenisse il fulcro della campagna elettorale, finalmente ci staremmo chiedendo chi meglio difenderà gli interessi dei nostri figli. Ma le discussioni su come ridurre il debito sono anche piene di tranelli insidiosi.

Innanzitutto ciò che conta non è il debito in sé, ma il rapporto fra il debito e il reddito nazionale (il Pil). Se l'economia non ricomincia a crescere quel rapporto non scenderà mai abbastanza. Diffidate quindi di chi propone fantasiose ricette finanziarie per ridurre il debito sostenendo che tutto il resto è secondario. E fra costoro diffidate di chi invoca imposte patrimoniali: i contribuenti onesti di imposte ne pagano già troppe. Se non si ricomincia a crescere, una patrimoniale ridurrebbe il rapporto debito-Pil per qualche anno, ma poi saremmo al punto di prima, con le stesse persone a invocare una nuova patrimoniale. Le privatizzazioni attuate nella seconda parte degli anni Novanta ridussero il rapporto debito-Pil di circa dieci punti, ma poi la crescita si fermò e quel beneficio in pochi anni svanì (anche perché all'inizio del decennio scorso la spesa pubblica aumentò di oltre 15 miliardi in euro di oggi). Chi poi parla di consolidare il debito (un eufemismo per ripudiarlo) è un irresponsabile che altro non fa che aumentare il costo del debito stesso e quindi le imposte.
Per ridurre il rapporto debito-Pil deve quindi ripartire il denominatore, cioè la crescita. Ma questo non accadrà finché non si riduce la spesa pubblica, altrimenti la pressione fiscale rimarrà elevatissima. Meno spesa e più crescita. Diversamente da quanto vorrebbero farci credere alcuni economisti che interpretano Keynes in modo schematico, si può crescere pur tagliando le spese. Non bisogna dimenticare che ai tempi di Keynes lo Stato spendeva e tassava meno del 20% del Pil: oggi quasi il 50%.

In nove mesi il governo Monti ha fatto per la crescita più di quanto aveva fatto il precedente in nove anni. Ma ha appena incominciato, c'è ancora molto da fare per creare un mercato del lavoro che superi la segmentazione fra giovani precari e anziani protetti, per smantellare le rendite che ingessano i mercati dei beni e soprattutto dei servizi e per ridurre la spesa così da poter poi ridurre le tasse, soprattutto quelle che gravano su chi lavora.

Diffidate di chi usa le discussioni su come ridurre il debito per dribblare l'esigenza di tagliare la spesa. Non si scappa: per ridurre stabilmente il debito (con una pressione fiscale che non ammazzi la crescita) dovremmo prima ridurre le spese. Di quanto? Consideriamo ad esempio la Germania. Questo Paese, pur spendendo 2 punti di Pil (circa 30 miliardi) meno di noi, ha uno Stato sociale che funziona molto meglio del nostro. Se poi volessimo anche avere la medesima pressione fiscale e il medesimo deficit pubblico della Germania, sarebbe necessario tagliare altri 25 miliardi, quindi un totale di 55 miliardi (per questi confronti, che sono relativi al 2010, si legga Aldo Lanfranconi su noisefromamerika.org ).

Ciò non significa che mentre si fa tutto questo (ma non invece di fare tutto questo) lo Stato non debba cominciare a ridurre il debito vendendo. Ma vendere davvero, non offrire agli investitori quote di improbabili polpettoni (qualche azione dell'Eni, un po' di Enel, qualche caserma, qualche azione di Finmeccanica) il tutto costruito in modo che la politica non perda il controllo di queste aziende. Vendere simili quote a investitori veri sarebbe praticamente impossibile; a meno che non si voglia obbligare banche, assicurazioni e risparmiatori italiani a comprarle, che sarebbe una forma nascosta (ma non poi tanto) di imposta patrimoniale.

Vendere vuol dire, ad esempio, collocare in Borsa tutta Terna (l'azienda che possiede la rete di trasmissione elettrica), tutta Snam Rete Gas, le Poste. L'argomento che sono aziende strategiche è risibile: davvero temiamo che qualcuno smonti i pali dell'alta tensione, i tubi del gas o gli sportelli postali, e li porti in Cina?

Insomma, siamo ad un bivio. I compromessi gradualisti non bastano più. Per farcela da soli ci vuole un po' di coraggio. Ma i partiti tradizionali sono disposti a farlo?

Alberto Alesina Francesco Giavazzi 12 agosto 2012 | 9:12
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Re: Debito pubblico...

Messaggioda ranvit il 12/08/2012, 10:22

D'accordo in linea di principio, ma.....quali spese tagliare??? E come far crescita senza soldi (visti gli interessi pagati a causa dell'ingiustificato spread cui siamo sottoposti a causa dell'attacco all'euro da parte della speculazione???



Vendere vuol dire, ad esempio, collocare in Borsa tutta Terna (l'azienda che possiede la rete di trasmissione elettrica), tutta Snam Rete Gas, le Poste. L'argomento che sono aziende strategiche è risibile: davvero temiamo che qualcuno smonti i pali dell'alta tensione, i tubi del gas o gli sportelli postali, e li porti in Cina?

Risibile sta minchia! Certo che non portano via i pali della corrente! Ma, potenzialmente, esiste la possibilità che per crearci problemi si potrebbe ridurne l'operatività; direttamente o anche semplicemente non aggiornando gli impianti!
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