LA RISPOSTA DEI RAPPRESENTANTI DELLA FIOM DI POMIGLIANO: NON È LA CITTÀ DEL SOLE
(26 gennaio 2012)
Caro professore Ichino,
abbiamo letto la sua lettera sul Corriere della Sera e abbiamo pensato di rivolgerci a lei, dalle stesse colonne, nella speranza di non spezzare il filo del dialogo tra chi esprime opinioni diverse.
Innanzitutto, e non è per spirito polemico, vorremmo dirle che noi operai di Pomigliano eravamo già puliti, prima della nascita della newco.
Le confessiamo che abbiamo provato anche un po’ di fastidio nel leggere la sua descrizione della fabbrica: una location da spot, proprio come quello della nuova Panda, in cui si esalta la creatività di chi vi lavora mentre scorrono le immagini di un’operaia che si sveglia con il sorriso, prepara la colazione e il caffè (che beve, a proposito di immagini stereotipate, affacciata ad un balcone che ricorda quello di Eduardo in “Questi fantasmi”), accompagna serenamente i figli a scuola e poi attraversa la città, senza traffico, per recarsi a lavorare.
Una pubblicità, per definizione, deve essere accattivante: del resto, serve a vendere un prodotto. Ma viene da chiedersi, vivendo nella realtà e non nella pubblicità: ma a che ora arriva la signora al lavoro, dopo tutte quelle “pause”?
Caro Professore, noi sappiamo che la realtà è ben diversa e pensiamo che lei abbia una frequentazione saltuaria delle fabbriche. Lei ha avuto la fortuna di entrare in quella fabbrica, la maggioranza di noi lavoratori no. Sappiamo che molti, per la natura industriale del progetto, probabilmente non vi rientreranno.
E’ un problema politico enorme, non le pare?
Così come un problema politico è la discriminazione ai danni dei lavoratori iscritti alla Cgil perpetrata dopo una sentenza esecutiva del Tribunale di Torino che condanna la Fiat per condotta antisindacale a Pomigliano e riconosce alla Fiom la possibilità di esercitare il suo ruolo sindacale, pur non avendo firmato l’accordo. In forza di una distorta interpretazione dell’articolo 19 dello statuto dei lavoratori, così come modificato dal referendum del 1995, le spieghiamo le mosse di Fiat (altro che “due deroghe marginali”): contratto aziendale sostitutivo del contratto nazionale con l’aggiramento (legale?) dell’articolo 2012 del codice civile; uscita da Confindustria per non essere vincolata ad accordi interconfederali; utilizzo della crisi e del possibile ridimensionamento della forza lavoro occupata, per selezionare i lavoratori da “riassumere”. Si fa sapere loro che chi è iscritto alla Fiom non sarà richiamato ed il gioco è fatto.
Le chiediamo: cosa ha da temere la Fiat? Sul serio possiamo pensare che il “manager dei due mondi” possa temere il “saldatore di Castelnovo ne’ monti”?
E se tutto fosse come da lei descritto, così bello (si lavora meglio, si guadagna di più, nessun rumore o puzza), quanto pensa durerebbe un sindacato che si porrebbe contro questa “città del sole”? Qual è la necessità di terremotare il diritto del lavoro per come si è consolidato nel nostro paese.
Vuoi vedere che la realtà è diversa da come appare ai suoi occhi di visitatore occasionale?
Le rivolgiamo un invito: venga a trascorrere qualche settimana con noi, provando a “leggere” la vicenda da quest’altra parte, non ricorrendo a stereotipi e luoghi comuni sul sud. Scoprirà, forse, anche le ragioni dell’amarezza di chi, per tenere aperto lo stabilimento, si è beccato le randellate sulla testa dalla polizia; che qualche pregiudizio negativo nei nostri confronti, inconsapevolmente, lei lo ha maturato; che abbiamo una dignità di lavoratori cui non intendiamo rinunciare. E che c’è un mezzogiorno che vuole svilupparsi, con un’idea diversa da quella di Marchionne, o di chi la pensa come lui, che non teme di confrontarsi.
Francesco Percuoco e le rsu Fiom