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Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda matthelm il 29/03/2012, 16:50

soloo42001 ha scritto:Per non doverle prendere in considerazione


Esatto, mi sembra inutile viste le argomentazioni. Rileggi cosa hai scritto e capirai.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda soloo42001 il 29/03/2012, 16:55

matthelm ha scritto:
soloo42001 ha scritto:Per non doverle prendere in considerazione


Esatto, mi sembra inutile viste le argomentazioni. Rileggi cosa hai scritto e capirai.



Ho riletto e confermo riga per riga.
Se non sei d'accordo spiega perche`, argomenta, invece di dileggiare.
Magari tiri fuori idee alternative ed utili, come fanno altri sul forum, Robyn ad esempio.

Ciao.

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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda matthelm il 29/03/2012, 18:47

soloo42001 ha scritto:Se non sei d'accordo spiega perche`, argomenta, invece di dileggiare.

Già provato. E' perfettamente inutile.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 29/03/2012, 21:15

Stefano'62 ha scritto:Sere fa a Ballarò Di Pietro contestava non ricordo a chi,il fatto che il governo nella elaborazione della riforma sul lavoro considera le persone come semplici numeri,nel senso che non considerano il fatto che dietro ai numeri ci sono vere e proprie tragedie personali e familiari,persone cui non basterà il contentino previsto dopo un ingiusto licenziamento e moriranno di fame di li a poco (più o meno il senso era quello).
Ebbene gli si è si è risposto che era demagogia.
Demagogia ??????????

Io avrei contestato a Di Pietro di essere in pensione di anzianità dal 1995 (oltre allo stipendio di parlamentare che ben conosciamo) e di essere quindi parte del problema, non della soluzione.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda matthelm il 29/03/2012, 21:47

Io penso e ne sono convinto che il vero problema è che non potranno restare a lungo a metà guado chi tifa per la Fiom e chi ragiona laicamente sull'art. 18.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda Stefano'62 il 30/03/2012, 0:00

Io penso che nessuno "tifa".
Chi dice cosa,e chi dice altro,e chi approva e chi no.
Il tifo lasciamolo allo stadio,che non serve a costruire nulla.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda Stefano'62 il 30/03/2012, 1:37

franz ha scritto:Io avrei contestato a Di Pietro di essere in pensione di anzianità dal 1995 (oltre allo stipendio di parlamentare che ben conosciamo) e di essere quindi parte del problema, non della soluzione.

Questa è inutile come quando si cercava di esautorare le parole di qualcuno di sinistra solo perchè era ricco.

Di Pietro non infrange alcuna legge e non ha scelto lui di mollare un lavoro che sapeva fare benissimo.
E c'è una bella differenza tra chi prende benefit stabiliti da una legge,ma poi denuncia la situazione e lotta per cambiarla,e chi prende gli stessi benefit ma tace per continuare a prenderli.
I secondi sono parte del problema,i primi no.
Trovo grottesco sparare sugli uni invece che sugli altri.
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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda flaviomob il 30/03/2012, 6:39

matthelm ha scritto:Flavio non attacco la persona, che non conosco. Attacco le idee quando ci sono e non condivido.


NO. Definire Tizio o Caio un "agit prop" è un attacco alla persona ed è esattamente identico, anche nei termini, a quello che fanno Berlusconi e i suoi scagnozzi (tra cui quello, a lui "sempre" fedele - tranne che quando c'era da fottergli dei soldi - e che infatti nel cognome fa Fede, che ora però è stato fatto fuori proprio da un... Fedele Confalonieri!) :lol:


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Re: Riforma del lavoro. Tutti d'accordo tranne la CGIL

Messaggioda franz il 30/03/2012, 7:44

Stefano'62 ha scritto:Di Pietro non infrange alcuna legge e non ha scelto lui di mollare un lavoro che sapeva fare benissimo.
E c'è una bella differenza tra chi prende benefit stabiliti da una legge,ma poi denuncia la situazione e lotta per cambiarla,e chi prende gli stessi benefit ma tace per continuare a prenderli.

Non mi risulta affatto che Di Pietro abbia lottato per cambiare la legge che gli ha regalato (a spese nostre) una bella pensione di anzianità. E lui, con altri 2 milioni circa di italiani, si sono presi ogni anno da 50 a 55 miliardi. Che in 20 anni è quasi la metà del nostro debito pubblico. Anzi Di Pietro si è schierato contro il provvedimento di Monti, poi votato dal Parlamento, che ha reso le pensioni di anzianità non piu' in grado pesare, in futuro, sui conti previdenziali.
Per me questo è importante. Non predica bene e razzola male. Predica pure male. E per questo prendo con le molle qualsiasi cosa lui dica al di fuori del tema (unico) in cui è competente: la giustizia.
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Licenziamenti economici, più potere ai giudici

Messaggioda franz il 30/03/2012, 7:49

Come proposto da Ichino, direi.....


LA RIFORMA DEL LAVORO
Licenziamenti economici, più potere ai giudici
stabiliranno se mascherano discriminazioni

La proposta del governo, messa a punto da Elsa Fornero e Paola Severino, affiderà un ruolo decisivo alla corte. In alternativa, si potrebbe applicare il nuovo articolo 18 solo ai nuovi assunti. Possibile modifiche anche alla flessibilità in ingresso di PAOLO GRISERI

LA PAROLA d'ordine è quel "non permetteremo abusi" che Mario Monti ha pronunciato nei giorni scorsi di fronte alle proteste dei sindacati. Come evitare abusi in una materia sensibile come quella del licenziamento individuale per motivi economici? Da due giorni gli esperti del ministero di Giustizia stanno studiando insieme a quelli del Lavoro un'ipotesi secondo cui dovranno essere i giudici a stabilire, quando si trovano di fronte a un licenziamento per motivi economici, se esso nasconda motivi discriminatori.

Nel documento approvato dal governo, invece è il lavoratore che deve dimostrare la discriminazione mentre il giudice non è tenuto a esprimersi su questo punto. In alternativa a questa misura (che andrebbe incontro, almeno nelle intenzioni, alle richieste del Pd) il governo potrebbe applicare il nuovo articolo 18 solo ai nuovi contratti.

Il governo potrebbe intervenire anche sulla cosiddetta flessibilità in entrata, cioè sulle modifiche introdotte per limitare il precariato dei giovani. Le novità della riforma hanno fatto storcere il naso nel centrodestra che vorrebbe lasciare più libertà alle imprese. In sostanza, la possibilità di limitare il licenziamento si paga con una minore precarietà in ingresso. Anche per queste ragioni il lavoro degli esperti del ministero della Giustizia è particolarmente delicato. Quando sarà concluso? "È una questione di giorni" dicono al ministero del lavoro. Per consentire a Monti, di ritorno dall'Asia, di
avere un testo sul tavolo.

Articolo 18
Il magistrato potrebbe ripristinare il reintegro
La questione più delicata è quella dei licenziamenti individuali. La riforma prevede diversi tipi di ingiusto licenziamento ma non dice chi stabilisce se un licenziamento ingiusto è discriminatorio o se invece era motivato solo da un'errata valutazione delle condizioni economiche dell'azienda.

È evidente che questa scelta non può in ogni caso spettare all'impresa: "Nessuno ammetterà mai di aver deciso un licenziamento per discriminare un lavoratore" riconosceva due sere fa il ministro Fornero di fronte alla platea dell'Unione Industriale di Torino. Chi decide dunque? Probabilmente toccherà a un giudice, ed è anche per questo che della questione sono stati investiti gli esperti del ministro Severino.

Ma come si arriva dal giudice? Un'ipotesi è che ci si possa andare automaticamente in tutti i casi di licenziamento individuale, come accade in Germania. In questo caso si toglierebbe al licenziato l'onere della prova. E se il giudice dovesse riconoscere che c'è stata discriminazione, ovviamente scatterebbe anche l'obbligo di reintegro.

Contratti
I paletti sugli atipici in versione più soft
Nella logica della riforma, rendere più difficile il licenziamento individuale significa offrire alle aziende una contropartita sui contratti di ingresso. Aver abolito alcune possibilità come l'associazione in partecipazione impedirà alle imprese di ricorrere alle forme più convenienti di utilizzo della manodopera, o, se si preferisce, le forme di precariato che tutelano di meno i lavoratori.

Meno precarietà significa anche più costi. Da qui la protesta di una parte delle associazioni imprenditoriali e dei partiti del centrodestra. Ridurre o ammorbidire i paletti applicati dal documento del governo ai contratti atipici potrebbe essere considerata una contropartita all'intervento sui licenziamenti.

In alternativa c'è la strada della divisione tra generazioni: con i giovani che hanno contratti di ingresso più tutelati ma non vengono protetti in uscita dalle tutele dell'articolo 18 e i lavoratori meno giovani che mantengono le attuali garanzie. Quel che è certo è che al momento le imprese considerano l'attuale "un buon punto di equilibrio".

Ammortizzatori
Quel milione di precari che non avrà l'Aspi
L'Aspi, l'assicurazione sociale anti-disoccupazione spetta a tutti i lavoratori dipendenti cui si aggiungono gli apprendisti (che dovrebbero diventare la principale categoria tra i giovani assunti) e gli artisti dipendenti che finora non usufruivano della mobilità. Poi c'è una mini-Aspi, soprattutto per i più giovani, prevista per i contratti a termine, ma sempre subordinati.

È evidente che da questa platea vengono esclusi i cocopro, i contratti a progetto e tutte le forme di lavoro falsamente indipendente, ma in realtà subordinato. Il documento approvato dal Consiglio dei ministri contiene a questo proposito un impegno a rendere strutturale l'una tantum oggi riservata ai cocopro.

Si tratta oggi di una tantum pari al 30% del reddito dell'anno precedente, con un tetto di 4 mila euro. I requisiti sono molto restrittivi e di fatto l'83% dei fondi stanziati per il triennio 2009-2011 non è stato utilizzato (35 milioni su 200), con il 69% di domande respinte (28.674 su 42.550). Senza una revisione, questo paracadute continuerà ad essere inutile, oltre che limitato.

Salari
Il costo dell'1,4% si scarica sui lavoratori
Per incentivare il lavoro a tempo indeterminato, il ministero prevede di tassare maggiormente le forme di occupazione precaria imponendo alle aziende che le utilizzano un'aliquota dell'1,4 per cento sulla retribuzione. In altre proposte di riforma questa norma era accompagnata da un tetto minimo salariale: i lavoratori non avrebbero potuto percepire meno di una certa cifra.

Nel documento finale, invece, il tetto minimo non c'è. Il rischio è che alla fine a pagare siano solo i lavoratori precari e la riforma si traduca in una riduzione del loro salario. In pratica le aziende per pagare la tassa finirebbero per ridurre i salari caricando sulle spalle dei lavoratori i maggiori costi imposti dalla riforma.

È evidente che senza un tetto minimo per i contratti precari o a tempo determinato, molti imprenditori finirebbero per praticare questa scorciatoia. Ma è altrettanto vero, fanno notare al ministero, che il tetto da solo non serve a evitare gli abusi. Si cercherà dunque un sistema per tutelare comunque il salario dei precari.
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