Beh, intanto considerando che i milioni di euro della beatificazione (e dintorni) li paghiamo noi contribuenti, avremo pure voce in capitolo, no? Oltretutto la chiesa è maestra di ingerenza negli affari dello stato, allora rendiamole la pariglia! Ingerire, ingerire, ingerire.
http://www.enricoberlinguer.it/qualcosa ... ra/?p=3223Cinque Milioni di euro per il Papa Beato Pierpaolo Farina – 3 maggio 2011Lasciamo perdere ora il Papa beato, se se lo meritava o meno, se era buono, cattivo, a conoscenza o non a conoscenza e tutto il resto. Parliamo di portafogli, in particolare quello degli italiani, indebitati, sempre grazie ai governi dello statista latitante, per 3000 euro a testa (abbiamo il terzo, anzi, pardon, il quarto debito pubblico del mondo, la Germania ci ha appena superato, ma loro crescono, noi no).
Buon senso avrebbe voluto, visto che lo Stato è laico e fortemente indebitato, che della beatificazione si occupasse il Vaticano, che per giunta è pure uno Stato straniero: un po’ come se noi Italiani avessimo dovuto contribuire per il matrimonio di William e Kate (che ora si è scoperto che hanno rinunciato alla luna di miele perchè preavvertiti del blitz anti-osama, mica perché convertiti all’austerità). Una follia. Ma si sa, in quanto a follie e paradossi (soprattutto economico-finanziari), i rapporti tra Stato italiano e Vaticano ne sono pieni.
Ora, non è questa la sede per ricordare esenzione Ici, meccanismi perversi dell’8xmille, dimezzamento Irpef, il finanziamento incostituzionale alle scuole cattoliche e tanti altri piccoli privlegi fiscali (che sommati drenano dalle casse statali 2 miliardi di euro all’anno), ma la domanda è: quei cinque milioni era il caso di spenderli, se il Comune di Roma non li aveva? Quando ho letto questa notizia dell’Ansa sono cascato giù dalla sedia:
“Il sindaco Gianni Alemanno fa sapere di aver ricevuto rassicurazioni dal sottosegretario Gianni Letta sul rimborso dei costi sostenuti dal Comune di Roma per la beatificazione di Karol Wojtyla. Il sindaco capitolino, alla conferenza stampa di chiusura della tre giorni romana dedicata all’evento, ha quantificato a 4,7 milioni le spese che hanno pesato sulle casse del Comune di Roma. Alemanno oggi, al margine di una inaugurazone di un impianto solare di Acea, ha rassicurato i cittadini romani che “non ci sarà un aumento della tassazione”, “non è prevista nessuna tassa. Il bilancio è già stato fatto”. Dice di aver parlato con Letta che “ha rassicurato sul rimborso”. “Solo – ha spiegato Alemanno – siccome non abbiamo utilizzato le procedure per i grandi eventi, bisogna fare una legge per autorizzare la spesa. O si trova un veicolo oppure si farà con la manovra di giugno. Io sono tranquillo.”
Lui è tranquillo. Con i soldi nostri. In fondo i romani non pagheranno nulla: paga lo Stato italiano (dunque anche i romani? Per Alemanno no). Come sempre del resto.
Io rispetto la fede (sono pure cresimato) e non identifico le gerarchie, soprattutto quelle abituate ad affari e politica, con i valori del cattolicesimo incarnate in persone come Don Gallo, Don Ciotti, padre Alex Zanotelli e tutti quelli che interpretano in modo autentico il messaggio dei Vangeli. Del resto, non è difficile da dimostrare come, da Giuda Iscariota fino a Paul Marcinkus, passando per Sindona e Calvi, i discepoli addetti alla cassa non erano proprio mossi da pietà cristiana. Però è insopportabile e sospetto il fastidio con cui il Vaticano reagisce ogni volta che si toccano i suoi privilegi materiali.
Del resto, gli italiani spendono per mantenere la Chiesa più di quanto spendano per mantenere l’odiato ceto politico. Ma non lo sanno. C’era un teologo che una trentina d’anni fa scriveva queste parole:
La Chiesa sta divenendo per molti l’ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l’ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo“.
Quel teologo era Joseph Ratzinger. Quando si dice l’ironia della sorte.