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Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

La risoluzione sulla libia autorizza l'uso di tutte le misure necessarie a proteggere civili

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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda Robyn il 22/03/2011, 23:11

SB ha cercato di far sembrare l'Italia quella che non è,con l'inevitabile conseguenza di perdita di compito in ambito internazionale e nell'alleanza atlantica della sua funzione chè è quella umanitaria,e per il quale l'Italia è sempre stata apprezzata non mondo,in primo luogo dai cittadini italiani stessi.SB diceva:"questa italietta che non sà fare come Usa e Inghilterra,..".Era un chiaro attacco all'art 11 della costituzione italiana.Non dimentichiamo poi che non ci sono solo le atrocità di Gheddafy nei confronti delle popolazioni e degli insorti.Molti dimenticano che Gheddafy,ha fatto uccidere la madre, il padre e il fratello.Quindi doveva bastare questo alla casta per non sporcarsi le mani di sangue con Gheddafy,poiche bastava una sola stretta di mano.Un orrore in piena regola
PS C'è poi,per le situazioni di crisi,la diplomazia,ma se la diplomazia fallisce bisogna cercare altre strade.Naturalmente ci si augura sempre che,la diplomazia non fallisca mai ciao robyn
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda trilogy il 23/03/2011, 10:51

Diritto internazionale
Intervento in Libia, cosa è permesso e cosa no
Natalino Ronzitti
20/03/2011
Link: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1699

La risoluzione 1973 (2011) del Consiglio di sicurezza (Cds) delle Nazioni Unite ha posto fine alle discussioni circa la legittimità di un intervento armato per motivi umanitari senza l’autorizzazione dell'Onu. Si è fatto un gran parlare della “responsabilità di proteggere” la popolazione civile, dimenticando che si tratta solo di un dovere dello stato, che non può maltrattare i propri cittadini.

Ma tale dovere non autorizza i membri della comunità internazionale ad intervenire senza una chiara determinazione del Cds. L’azione militare, che è stata intrapresa da una “coalizione dei volenterosi” (coalition of the willing), deve peraltro essere mantenuta nei limiti consentiti dalla risoluzione 1973, altrimenti diventa illegittima.

Ambiguità della risoluzione
Il contenuto e i limiti dell’azione bellica sono indicati dalla risoluzione, non senza qualche ambiguità. I paragrafi decisivi sono il 4, l’8 e il 13.

Il paragrafo 4 autorizza i membri delle Nazioni Unite a prendere, singolarmente o nel quadro di un’organizzazione o accordo regionale, “tutte le misure necessarie” per proteggere i civili e le aree popolate sotto minaccia di attacco.

Il linguaggio, già adoperato in altre occasioni, autorizza l’uso della forza, ma esclude “l’occupazione sotto qualsiasi forma” di qualsiasi parte del territorio libico. Qui sta il primo elemento di ambiguità. Non si capisce bene se il termine occupazione sia usato in senso tecnico-giuridico, escluda cioè la sola permanenza prolungata ed effettiva di eserciti stranieri sul suolo libico, ma consenta una presenza più limitata, ad esempio per salvare un pilota di un aereo caduto o, ciò che è più importante, una scorta a un convoglio umanitario per portare soccorso alla popolazione civile.

Il paragrafo 8 autorizza l’istituzione di una no-fly zone sullo spazio aereo libico. Tutti i voli sono banditi, tranne ovviamente quelli della coalizione dei volenterosi e i voli i di natura umanitaria o volti all’evacuazione di cittadini stranieri. Anche in questo caso i membri della comunità internazionale sono autorizzati a prendere “tutte le misure necessarie” per raggiungere tale obiettivo.

Il paragrafo 13 obbliga gli stati a ispezionare navi e aeromobili nei propri porti e aeroporti allo scopo di verificare se venga rispettato l’embargo di armi nei confronti della Libia. Sono autorizzate anche misure ispettive in alto mare di navi battenti bandiera altrui. Non è chiaro se siano lecite misure nei confronti di aeromobili che sorvolano lo spazio aereo internazionale e se questi possano essere intercettati. Il par. 13 della risoluzione non parla neppure di blocco navale, ma questo può essere concepito come strumentale al perseguimento dell’obiettivo di proteggere la popolazione civile stabilito dal par. 4.

La risoluzione 1973 non stabilisce un termine finale per l’azione armata. Il Cds, com’è detto nell’ultimo paragrafo, tiene la situazione sotto esame e può decidere la fine delle misure autorizzate, ma anche il loro inasprimento (al limite un’invasione di terra). Tutto dipende dal comportamento delle autorità libiche e in particolare dalla loro accettazione effettiva della richiesta di cessate il fuoco e dalla cessazione immediata delle ostilità contro la popolazione civile. La risoluzione ha meri intenti umanitari e non ha per scopo un cambiamento di regime.

Gli eventi suggeriscono però una diversa lettura.

Prese di distanza
I 22 partecipanti che si sono riuniti il 19 scorso a Parigi sotto la presidenza di Sarkozy hanno prodotto un documento finale in cui hanno affermato il loro “prolungato” impegno nei confronti della Libia, accompagnato da un forte sostegno al Consiglio nazionale libico, cioè ai ribelli di Bengasi, che la Francia aveva già riconosciuto come il legittimo rappresentante del popolo libico, dando avvio all’apertura di relazioni diplomatiche.

L’azione militare ha già provocato le prime crepe tra i membri del Cds. Russia e Cina hanno trovato eccessivo l’uso della forza. Essi fanno parte del gruppo dei cinque membri del Cds, che si sono astenuti sulla Risoluzione 1973. Tra questi anche il Brasile, che ha contestato il par. 4 della risoluzione, sostenendo che l’azione bellica potrebbe provocare più danni che una reale protezione della popolazione civile.

La Germania, altro membro che si è astenuto, ha affermato in seno al Cds che l’uso della forza comporta gravi rischi, con la possibile perdita di una grande quantità di vite umane.

I soli bombardamenti aerei non sono sempre risolutivi e spesso richiedono di essere prolungati per un lungo arco di tempo per produrre gli effetti politici desiderati. Quelli contro la Serbia durarono circa tre mesi (24 marzo-20 giugno) prima che Slobodan Milosevic decidesse di ritirare le forze serbe dal Kosovo.

Regole da rispettare
Il conflitto libico è stato finora un conflitto armato non internazionale (forze governative-insorti), che implica il rispetto del diritto internazionale umanitario nella repressione dell’insurrezione. Diritto che il governo libico ha trasgredito, stando alle fonti Onu. Il conflitto tra la coalizione dei volenterosi e il governo costituito è un conflitto armato internazionale, che a sua volta comporta l’osservanza di numerose regole non solo da parte del governo libico, ma anche della coalizione.

La disciplina delle operazioni aeree dirette contro obiettivi a terra è contenuta nel I Protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1949. Le relative regole sono rispettate dagli Stati Uniti a titolo di consuetudine, non avendo essi ratificato il I Protocollo, che impegna invece gli altri partecipanti ai raid aerei. Quantunque la violenza bellica debba essere diretta solo contro obiettivi militari, sono inevitabili le vittime civili, specialmente quando l’obiettivo è collocato in aree densamente popolate. Esistono dei principi da rispettare allo scopo di evitare danni collaterali eccessivi.

Potrebbe porsi in particolare il problema degli scudi umani volontari, cioè di quelle persone che hanno dichiarato di posizionarsi intorno agli obiettivi militari per evitare che questi ultimi siano colpiti. Una tale condotta deve essere qualificata come partecipazione diretta alle ostilità, con la conseguenza che l’obiettivo militare non è immune e gli scudi sono esposti al rischio delle ostilità.

Ruolo e responsabilità dell'Italia
Qualche parola infine sulla posizione italiana. Fin dall’inizio della crisi l’Italia ha mancato di iniziativa e rischia di perdere la posizione privilegiata che aveva, qualunque sia l’esito del conflitto in corso. Detto in chiaro, non è stato fatto uso dell’influenza nei confronti di Gheddafi per consigliargli una toeletta istituzionale del regime, che forse avrebbe impedito il precipitarsi della situazione. Tanto più che nessuno conosce i quarti di democraticità dei ribelli di Bengasi e il loro tasso rivoluzionario. Inoltre taluni dei capi della ribellione non sono scevri da passate contiguità con il Colonnello.

Resta il problema del Trattato del 2008 e la clausola che obbliga a non concedere il proprio territorio per atti ostili conto la Libia. Il Trattato impedisce di concedere l’uso delle basi per i raid contro la Libia? Il divieto, come ho già detto più volte, è facilmente superabile, sia perché è qualificato dal rispetto della legalità internazionale che Tripoli ha infranto, sia perché l’uso della forza autorizzato dal Cds per fini umanitari non può essere considerato un “atto ostile”.

Ma quale la sorte del Trattato? In linea di principio esso dovrebbe vincolare un nuovo governo che si insediasse al posto di quello del Colonnello. Ma la dinamica degli eventi sta ponendo fine alle diatribe, in verità poco fondate sotto il profilo giuridico, sulla permanenza in vigore del Trattato. La guerra - in questo caso il conflitto armato - è una causa di estinzione dei trattati di natura politica, quale un trattato di amicizia, e ciascuna delle parti potrebbe sempre sostenere che il Trattato del 2008 si è estinto una volta acclarata la partecipazione italiana al conflitto.

La concessione di basi per i raid aerei non è un atto indifferente sotto il profilo giuridico. L’Italia dovrebbe assicurarsi che gli alleati si comportino nei limiti dell’autorizzazione concessa dalla risoluzione 1973 e conformemente al diritto umanitario. Altrimenti ne sarebbe responsabile: la questione venne in considerazione, in particolare, durante la guerra del Kosovo per gli aerei alleati in partenza dalla base di Aviano.

Ovviamente la partecipazione italiana alla coalizione dei volenterosi solleva anche problemi di natura parlamentare-costituzionale. Le commissioni esteri e difesa di Camera e Senato hanno già espresso il loro assenso all’intervento italiano alla missione sia con la concessioni di basi sia con un ruolo più attivo. Alla partecipazione italiana non è d’ostacolo l’art. 11 della Costituzione e il ripudio della guerra ivi contenuto: lo ha già ribadito il Capo dello Stato. Ma sul punto ci riserviamo di intervenire successivamente.

Natalino Ronzitti è professore di Diritto Internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Luiss ''Guido Carli'' di Roma e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda Iafran il 23/03/2011, 11:59

trilogy ha scritto: Fin dall’inizio della crisi l’Italia ha mancato di iniziativa e rischia di perdere la posizione privilegiata che aveva, qualunque sia l’esito del conflitto in corso. Detto in chiaro, non è stato fatto uso dell’influenza nei confronti di Gheddafi per consigliargli una toeletta istituzionale del regime, che forse avrebbe impedito il precipitarsi della situazione.
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Ma se questi capiscono solo gli stratagemmi per farla franca dalle imputazioni dei Tribunali nazionali e di spassarsela alla faccia degli italiani, possono preoccuparsi di affari di Stato, di rapporti internazionali, di rapporti interni ad altri Stati, di missioni umanitarie, di guerre e di comando delle operazioni militari?

Uno zimbello, solo in Italia, può essere treattato come "premier" (e adulato da servi e "cortigiani"), fuori dai confini rimane uno zimbello, incapace di intendere qualsiasi questione, anche se ha le guardie del corpo e ... i polsini a posto!
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda trilogy il 23/03/2011, 13:04

Iafran ha scritto:
trilogy ha scritto: Fin dall’inizio della crisi l’Italia ha mancato di iniziativa e rischia di perdere la posizione privilegiata che aveva, qualunque sia l’esito del conflitto in corso. Detto in chiaro, non è stato fatto uso dell’influenza nei confronti di Gheddafi per consigliargli una toeletta istituzionale del regime, che forse avrebbe impedito il precipitarsi della situazione.
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Ma se questi capiscono solo gli stratagemmi per farla franca dalle imputazioni dei Tribunali nazionali e di spassarsela alla faccia degli italiani, possono preoccuparsi di affari di Stato, di rapporti internazionali, di rapporti interni ad altri Stati, di missioni umanitarie, di guerre e di comando delle operazioni militari?

Uno zimbello, solo in Italia, può essere treattato come "premier" (e adulato da servi e "cortigiani"), fuori dai confini rimane uno zimbello, incapace di intendere qualsiasi questione, anche se ha le guardie del corpo e ... i polsini a posto!


Le reazione diplomatica dell'Italia è stata lenta e confusa. Forse c'era la possibilità di evitare la guerra, e l'Italia era l'unico paese ad avere la carte in mano per fare un tentativo concreto. La sortita di Berlusconi: "non chiamo Gheddafi per non disturbare" è stato un errore strategico rilevante. Era necessario prendere la situazione in mano subito, prima che venisse spiccato il mandato di cattura internazionale contro il Rais che ha incanalato gli eventi verso la soluzione militare. Come recita un antico proverbio: "Al nemico che fugge ponti d'oro". Bloccate le vie di fuga rimane solo lo scontro frontale.
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda Iafran il 23/03/2011, 13:50

trilogy ha scritto: l'Italia era l'unico paese ad avere la carte in mano per fare un tentativo concreto. ... Era necessario prendere la situazione in mano subito, prima che venisse spiccato il mandato di cattura internazionale contro il Rais che ha incanalato gli eventi verso la soluzione militare.

Politici normali (per non scomodare gli statisti) avrebbero fatto così, ma i nostri ... diciamo ... si reputano ... come vogliono, perché fuori dal mondo normale (con problematiche sociali da prevedere ed affrontare).
La cosa ancora più grave è il consenso (nonché, il "credito") che questi "governanti" hanno fra giornalisti e uomini di cultura (sic!).
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda flaviomob il 23/03/2011, 16:03

Lucameni

La ricerca è libera (Costituzione docet): essere storici dovrebbe voler dire ragionare su fatti,sui documenti e non su input ideologici e tanto meno governativi (Tambroni?).
Un'affermazione del genere, ovvero di un governo di un certo colore che influenza la libera ricerca universitaria è grave, roba da regime.


Nessuno ha mai parlato di ricerca universitaria ma di influenza e di ricerca di consenso attraverso l'informazione. La Rai, inizialmente come radio e poi come unica emittente televisiva, è sempre stata controllata, integralmente o in gran parte, dalle maggioranze di governo. Sulla stampa nazionale (dove Montanelli ad esempio parlò sempre di 'guerra civile' rifiutando il fatto che la Resistenza fosse fortemente radicata nelle classi popolari) il dibattito sugli eccessi da parte della resistenza è sempre stato aperto, a partire dal fatto che molte delle efferatezze commesse dai fascisti - tra i quali autentici criminali, come lo stesso Borghese - furono coperte dall'amnistia (togliattiana!) nell'immediato dopoguerra, mentre contro gli abusi compiuti dai partigiani vi furono processi e sentenze di condanna.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda lucameni il 23/03/2011, 17:04

Mi sembra che il discorso si stia incartando su aspetti quanto mai contestabili, come l'influenza delle posizioni di Montanelli nella storiografia.
Poi mi si parla di ricerca di consenso.
Ricerca di consenso sulla Resistenza? In negativo o cosa? A quale fine? Dalla DC è stata usata la Resistenza come esempio negativo per fini elettorali? In quali casi?
Poi parla di processi e condanne senza quantificare.
Si son quantificati i delitti rimasti impuniti?
Questione sempre rimasta aperta?
Fosse rimasta aperta magari non si sarebbero creati assist forbidabili per i recenti revisionismi (politici) e la questione non sarebbe stata vissuta con tali anatemi e drammaticità.
Quindi secondo me rimane un discorso vago, su fatti vaghi, imprecisi se non falsi che ha poco senso anche a voler essere polemici.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda Robyn il 23/03/2011, 20:57

Trilogy Bisogna analizzare bene cosa può fare l'Italia nella Nato e quando capitano situazioni di crisi internazionale.Stà ad analizzare bene l'art 11.Nella prima parte l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.Quindi l'Italia non può usare le armi,ma nelle situazioni di crisi internazionale,può stare in interventi in cui è previsto l'uso delle armi per attaccare.La sola differenza è che l'Italia può avere in dotazione le armi ,ma può usarle solo per legittima difesa.Quindi il compito dell'Italia dovrebbe limitarsi ad una funzione umanitaria.La seconda parte dell'art 11 prevede che l'Italia consente in condizioni di parità con gli altri stati alle limitazioni di sovranità per assicurare la pace e la giustizia fra i popoli.Evidentemente è riferita alla presenza delle basi Nato sul territorio italiano e al coordinamento da parte dell'e nazioni unite del compito dell'Italia nella Nato e nell'alleanza atlantica.Può essere riferito anche alla creazione futura di un'esercito europeo.Il ripudio della guerra nasce dall'ultimo conflitto mondiale in cui l'Italia dava vita al patto Roma,Tokio,Berlino.Infatti al Giappone durante la guerra fredda non era permesso portare fuori dai confini nazionali le forze armate.Forse il significato dell'art 11 è quello citato in precedenza,ma si presta a diverse interpretazioni ciao robyn
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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda flaviomob il 23/03/2011, 21:12

Caro Lucameni, non far finta di non aver capito. Si parla chiaramente di stampa, informazione, dibattito, notizie, carta stampata, radio e tv. La questione sulla storiografia l'hai introdotta tu e solo tu, quindi se ti garba, risponditi da solo.
Montanelli è un gior-na-li-sta.


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Re: Discussione e sondaggio su intervento in Libia

Messaggioda gabriele il 24/03/2011, 9:14

Art. 11

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

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Le letture dell'articolo 11 possono essere molteplici.

Le condizioni per cui l'Italia ripudia la guerra sono:
1) il suo utilizzo come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli;
2) come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Che se ne dica quindi l'Italia non ripudia la guerra in sè, ma la guerra col fine di limitare la libertà degli altri popoli (offesa) e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, ambedue esercitate in generale, quindi, anche da altri paesi e popoli.

L'Italia quindi non è contraria alla guerra come strumento per la libertà degli altri popoli e dato che quella libica è una guerra civile, non vi sono controversie internazionali.

Dato che in Libia la libertà di un altro popolo è offesa, perché l'Italia non dovrebbe intervenire?
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