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Accordo FIAT: la solita CGIL

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda flaviomob il 02/01/2011, 20:51

Non è solo questione di produttività, Vittorio, bisogna considerare la qualità e la competitività del prodotto finale. Da quant'è che le auto italiane di fascia alta o medio-alta (a parte le marche esclusive, come la Ferrari) non vendono in Europa e nel mondo? Vogliamo andare davvero avanti a colpi di 500 abarth?


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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda ranvit il 02/01/2011, 22:42

E' vero in parte.Qualcosa in piu' si poteva fare ma Fiat significa anche Lancia ed Alfa. Nel mio passato lavorativo ho avuto una Thema per tre anni e una 164 per cinque....non mi sembrava avessero niente da rimproverarsi.


Ma resta il problema di fondo : se non produci a prezzi rapportati alla qualità finisci con il vendere anche ad un prezzo non rapportato.
Se un consumatore deve spendere 30000 euro per comprare un prodotto piu' scadente di un altro dello stesso prezzo...comprerà l'altro. Viceversa se costa 25000 il discorso cambia.

Ma la cosa piu' importante è che se non hai la sicurezza di produrre senza particolari intoppi, non investi cifre enormi che si ripagano se e solo se hai la certezza di venderne un certo quantitativo (su cui distribuisci i costi di avviamento).

E questo è quello che è accaduto in Italia...fin'ora.
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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda flaviomob il 03/01/2011, 1:01

...
A novembre, ultimo dato disponibile, le vendite Fiat in Europa sono calate di un altro 23 per cento contro un mercato che si è ristretto del 6,7 per cento. Con questi chiari di luna è ovvio che i conti di Fiat auto non possono fare faville. Nonostante i recenti recuperi di redditività raggiunti grazie al contenimento dei costi e ai buoni risultati sul mercato brasiliano, i margini di profitto della divisione automobilistica restano poca cosa: meno del 3 per cento in rapporto ai ricavi nei primi nove mesi del 2010. Numeri lontani da quelli di concorrenti come per esempio Bmw e Volkswagen che viaggiano con margini compresi tra 5 e 7 per cento. Camion e, soprattutto, macchine agricole, vanno meglio rispetto alla divisione auto.
...

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01 ... zzi/84485/


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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda Robyn il 03/01/2011, 15:44

Se a Mirafiori vince il no,dove la Fiom è forte,bisogna parastatalizzare la Fiat perche solo così è possibile un vero piano industriale e competitivo.Inoltre un'azianda che ha<< in mano il 20% del pil nazionale>> non può essere privata,perche si stà ai capricci dell'amministrazione delegato di turno.Fiat stà imponendo un modello dove i soldi contano più dei diritti e della dignità delle persone con ricadute molto negative sul piano sociale ed industriale poiche priva anche confindustria del suo maggior partner.Inoltre gli accordi si fanno solo quando sono state ridefinite le relazioni industriali ciao robyn
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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda pianogrande il 03/01/2011, 20:01

Marchionne la butta in cagnara perché comincia a sentire puzza di bruciato (gli affari cominciano a non andare tanto bene) e deve continuare a vendere la sua immagine di imprenditore super ma ostacolato da sindacati che non hanno capito.
Assomiglia un po' al nostro carissimo ed amatissimo premier continuamente ostacolato dai comunisti, dalla crisi economica internazionale dai magistrati e dalle cimici che, ogni tanto, ritornano.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda flaviomob il 03/01/2011, 20:03

30 dicembre 2010

SCIOPERO GENERALE? SI', MA ANTIMAFIOSO


L'impresa-mafia sempre più potente


Cos'è cambiato da allora? Allora la mafia comandava a Catania, ora in tutta Italia. Ha i suoi sottosegretari, i suoi governatori, i suoi opinion maker riconosciuti. Questo per limitarci a quelli ufficialmente riconosciuti, se no dovremmo aggiungere “i suoi ministri e i suoi presidenti”. E i suoi imprenditori, naturalmente, che non è una novità.


La cosa più importante, tuttavia, non è che la mafia è forte, è che viene imitata. Il suo modello, cioè, più o meno consciamente è diventato il modello vincente di quasi tutta la politica e di buona parte dell'impresa. Non più solo a Catania, ma anzi soprattutto a Roma e Milano.



Queste ultime, nei confronti di Catania, sono quel che Catania era una volta nei confronti di Palermo: il posto dove la mafia “non esiste”, il posto dove “non ammazzano nessuno”, il posto dove “non facciamo l'esame del sangue agli imprenditori” e dove il boss Santapaola giocava a bridge nei migliori circoli della città. Una mafia moderna, insomma, digeribile e perbene. I catanesi credevano di essere ancora a Catania e invece erano già a Corleone, a Medellin, nel terzo Mondo.



* * *



E noi, dove siamo adesso? Qualche esempio veloce, per capirci in fretta. Buona parte degli affari per l'Expo di Milano (il business del decennio), e comunque quasi tutto il movimento terra, ruotano attorno a capitali calabresi. L'altro giorno a Vibo Valentia un tale, che aveva ruggini con una famiglia vicina, l'ha sterminata freddamente - otto morti - in un vero e proprio scontro fra clan tribali. L'esercito italiano, tuttavia, non pattuglia Vibo Valentia (o Rosarno) ma Kabul.



Cacciata (grazie ai Siciliani) da Catania la Famiglia Rendo, quella di cui parlavano Fava e dalla Chiesa, si è riciclata in America e in Est Europa. Negli Stati Uniti una società da lei acquisita del '96, la Invision, ha ottenuto anni fa l'appalto della security dei venti principali aeroporti nazionali. In Ungheria, la Famiglia ha acquisito diversi quotidiani a Budapest, ristrutturandoli a modo suo. In quel Paese, due settimane fa, hanno approvato una legislazione sui media estremamente repressiva.



Nel Sinai, a poche ore di volo da qui, alcune centinaia di emigranti sono stati catturati da una banda di beduini, che li ha tenuti in ostaggio per settimane, violentando donne, uccidendo uomini e rivendendone gli organi a cliniche clandestine. Tutto ciò nell'indifferenza del governo locale e della comunità internazionale, che proprio in questo caso, quando avrebbe fatto benissimo a mandar truppe, non è intervenuta.



Alcuni degli emigranti, dopo, sono stati arrestati dalla polizia egiziana per immigrazione clandestina. I governi egiziano e, libico, infatti, sono lautamente finanziati dai peggiori governi europei - fra cui il nostro - per stroncare l'emigrazione in Europa con qualunque mezzo, compresi terrorismo e tortura.



* * *



"Accordo storico e positivo" ha detto Berlusconi del minestra-finestra di Marchionne. Ci mancherebbe altro. Per non lasciare equivoci, subito dopo ha detto che ce l'ha con i “magistrati eversivi” e con gli studenti (escluse, probabilmente, le veline).



Stupisce che di fronte a un nemico così determinato (un sindacalista ha ricordato che l'ultimo episodio del genere risale al 1925, quando Mussolini abolì nelle fabbri­che le commissioni interne, a manganellate) la si­nistra sia così farfugliante e incerta, com­preso il buon Bersani, che pure ultimamente aveva fatto sperare bene.



Qualcuno, come Fassino (che a suo tempo elogiò Craxi e lo mise anzi fra i padri fondatori) si schiera direttamente con Marchionne: ”Fossi un operaio voterei per lui”. “Prova a fare l'operaio per davvero”.



* * *



Se tutto ciò porterà, come ci sembra logico, a uno sciopero generale, a noi piacerebbe moltissimo che fosse anche uno sciopero generale antimafia. Uno sciopero del genere, in realtà, di fatto non potrebbe che essere antimafia, visto chi sono buona parte dei peggiori imprenditori: ma sarebbe bene che lo fosse anche esplicitamente.



Lo sciopero antimafia sarebbe non un momento, ma il momento decisivo dello scontro italiano, e bene fa la segretaria della Cgil (a proposito, avete notato che l'unica donna importante, nella politica italiana, sta proprio alla Cgil?) a non volerlo scagliare senza una perfetta preparazione.



Lo scontro, e questo è sempre più chiaro, molto più che politico è sociale. Difficilmente sarà deciso dalla “politica” (con questo termine in Italia si indica un ceto di circa duecentomila persone, che si chiamava la noblesse in Francia nel 1788). Eppure di una politica c'è bisogno, e non improvvvisata nè casuale.



* * *



“... L'incarico di formare un governo ad un uomo al di fuori dei partiti, con una forte caratura economica e/o costituzionale. Personaggi adeguati da un tale incarico ce ne sono in abbondanza, a cominciare dal governatore della Banca d'Italia... (...). Per salvare la continuità politica, il Capo dello Stato avrebbe potuto perfino affidare l'incarico ad un eminente della maggioranza berlusconiana, del tipo di Gianni Letta, di Pisanu, di Tremonti...”.



L'idea di una soluzione di “salute pubblica” ormai come vedete si affaccia - questo era Scalfari - anche nella classe dirigente: che però pensa a banchieri o a notabili illustri, magari ex (o moderatamente) berlusconiani. Congelare tutto, e poi si vedrà.



Ma la crisi è tanto urgente e tragica, soprattutto per la presenza dei poteri mafiosi, che prendere tempo non servirebbe a niente, e men che mai affidarsi (ancora) a banchieri e imprenditori.



Se “salute pubblica” dev'essere, lo sia davvero, non dando il potere ai notabili ma ai resistenti con le carte in regola, sul precedente del Cln. Governo di Resistenza, unitario ma ostile ai padronati, e con alla testa non un imprenditore o un banchiere ma un uomo dell'antimafia, un servitore di Stato.

Buon anno.

Riccardo Orioles

www.ucuntu.org


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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda ranvit il 03/01/2011, 20:55

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... e24ore_com
02 gennaio 2011 alle ore 14:51.

Nuovi modelli, alleanze, finanza: tutti i piani della Fiat per la svolta nel 2011
di Andrea Malan

La scissione dei camion e dei trattori di Fiat Industrial dalla Fiat spa metterà in evidenza forze e debolezze di ciascuna delle due società. I riflettori del mercato saranno indirizzati in misura preponderante sulla seconda – quella che comprende le attività nell'automobile; per motivi storici, per il maggior numero di dipendenti in Italia, per le grandi sfide che Fiat Auto (ribattezzata da qualche anno Fiat Group Automobiles) si troverà ad affrontare. I dossier principali sul tavolo di Sergio Marchionne sono due: quello dell'alleanza con la Chrysler e quello, sindacale e produttivo, del piano Fabbrica Italia. Quest'ultimo ha visto a fine 2010 la firma del contratto per i lavoratori di Pomigliano e un accordo simile per Mirafiori, dove Fiat investirà insieme a Chrysler un miliardo per produrre SUV con i marchi Alfa e Jeep. Sia a Pomigliano che a Mirafiori, ai contratti non ha aderito la Fiom.

Per quanto riguarda l'intesa con Chrysler, nel 2011 sono previsti passi in avanti sia dal punto di vista operativo – verso la progressiva integrazione delle piattaforme – che da quello finanziario, con un aumento della quota di Chrysler in mano a Fiat. Il 2011 vedrà il debutto sul mercato americano della prima Fiat da 25 anni – la 500 che è già stata presentata al Salone di Los Angeles – e l'arrivo in Europa di una serie di modelli Fiat e Lancia derivati da vetture Chrysler: un monovolume Fiat derivato dalla Dodge Journey, uno Lancia basato sul Chrysler Voyager, la berlina Lancia Thema ricalcata sulla Chrysler 300C. Questa integrazione delle piattaforme è una delle maggiori fonti di sinergie previste nell'ambito dell'alleanza, poiché permetterà a ciascuno dei due gruppi di ottenere nuovi prodotti a costi inferiori. Altrettanto rilevante è l'aspetto finanziario: secondo i termini del contratto firmato nel 2009, una volta che Chrysler avrà restituito i prestiti governativi ricevuti per il salvataggio, Fiat avrà l'opzione di acquistare il 16% che – aggiunto al 15% che otterrà al raggiungimento di una serie di obiettivi industriali – le permetterebbe di salire al 51% già entro il 2011 e anche prima del ritorno in Borsa di Chrysler.

L'alleanza con Chrysler non è però l'unica per Fiat. Delle altre intese, la più vicina – sia geograficamente che temporalmente – è la joint venture con la serba Zastava. La fabbrica di Kragujevac, in Serbia, diventerà entro un paio d'anni il terzo polo produttivo europeo dopo Italia e Polonia; anche in questo caso le prime vetture (due monovolume), inizialmente previste per l'anno prossimo, arriveranno nel 2012. Per il resto proseguiranno verosimilmente gli accordi su modelli specifici, sia di joint venture – come quelli con il gruppo Peugeot – che di fornitura, come quello con Ford per la Ka o quello siglato di recente con la Opel nei veicoli commerciali leggeri.

Qualche preoccupazione per il Lingotto viene da Est. Da Russia, India e Cina dovrebbe arrivare all'orizzonte del 2014 un contributo di oltre 700mila unità vendute ma i risultati sono per ora al di sotto delle attese, in particolare nei primi due paesi, dove il Lingotto dispone di partner consolidati. In Russia le vendite sono cresciute nei primi 11 mesi dell'anno a circa 18.900 unità (compresi i veicoli commerciali ed esclusa Iveco) contro le 15.800 di un anno prima; la crescita è del 20% a fronte di un +28% del mercato; l'obiettivo per il 2014 è di vendere 280mila unità. In India la joint venture con Tata stenta a decollare: le vendite 2010 a fine novembre sono scese a poco meno di 15mila unità dalle 17mila del 2009; il target 2014 è di 130mila vetture. In Cina, la riscossa dopo i falliti tentativi di sbarco con Nanjing e Chery dovrebbe arrivare dalla joint venture con Guangdong Auto (Gac): dalla fabbrica attualmente in costruzione a Changsha dovrebbero uscire le prime auto a metà del 2012. L'obiettivo è il più ambizioso: 300mila unità nel 2014..

Se questi sono i dossier aperti a medio termine, non va dimenticato che gli analisti di Borsa hanno evocato anche scenari futuribili ma ancora più affascinanti, come un'eventuale intesa a quattro Fiat-Chrysler-General Motors-Opel, di cui scrive Banca Leonardo o possibili alleanze più importanti con partner cinesi, su cui si sbilancia Mediobanca: «Riteniamo probabile che Fiat spa cercherà di stipulare nuove alleanze, dato che manca di una presenza decente in Asia e il target di 6 milioni di vetture annue sarà difficile da raggiungere solo con Chrysler», scrivono gli analisti di Piazzetta Cuccia in un report di fine novembre.
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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda ranvit il 03/01/2011, 21:02

http://www.corriere.it/economia/11_genn ... aabc.shtml
03 gennaio 2011

L'AD DEL LINGOTTO: «SIAMO CAPACI DI PRODURRE VETTURE ANCHE SENZA LA FIOM»
In Borsa decollano le due Fiat
Ultimatum di Marchionne su Mirafiori
Fiat Industrial ha chiuso in crescita del 3,05%, Fiat spa al 4,91%, miglior titolo del paniere

MILANO - I dati sulle immatricolazioni delle auto restano negativi nel 2010 ma la Fiat, con il nuovo assetto societario, è comunque partita bene Borsa. E' stato infatti positivo il debutto in Piazza Affari di Fiat Industrial, la società scissa da Fiat spa che raggruppa le attività nei camion (Iveco), macchine agricole e movimento terra (Cnh): il titolo ha chiuso le contrattazioni del primo giorno di quotazione in crescita del 3,05% a 9 euro netti. Ancora meglio ha fatto Fiat spa, che è salito del 4,91% a 7,02 euro segnalandosi come il miglior titolo del paniere principale della Borsa di Milano. Il listino generale di Piazza Affari ha chiuso in crescita dell'1,30% e sono stati forti i titoli dell'auto in tutta Europa, spinti da Porsche, salita di circa il 15% dopo che negli Stati Uniti è stata rigettata una causa da due miliardi di dollari contro la casa tedesca.
NEL 2010 IMMATRICOLAZIONI SCESE DEL 16,73% - Restano invece negativi i dati sulle immatricolazioni: nel 2010 quelle di Fiat Group Automobiles in Italia sono scese del 16,73% a 589.195 unità, contro le 707.591 unità del 2009. Nel solo mese di dicembre, invece, le vendite del gruppo torinese hanno subito una flessione del 26,43% a 38.668 immatricolazioni, contro le 52.562 del dicembre 2009. A novembre FGA aveva immatricolato 41.376 unità, subendo un calo del 26% rispetto allo stesso mese del 2009.

L'APERTURA - Fiat Spa aveva avviato le quotazioni a Piazza Affari scambiando a 6,95 euro per azione. La parte Industrial del Gruppo del Lingotto in apertura era invece a 9,025 euro. Buoni gli scambi, con volumi per 5,3 milioni di pezzi su entrambi i titoli. Entrambi i titoli hanno subito uno stop dopo l'apertura per eccesso di volatilità, per poi riprendere le quotazioni. Ma oltre al giorno della Fiat è stato anche il giorno dell'ad del Lingotto Sergio Marchionne che nel suo discorso in Borsa ha chiarito: «Se non passa il referendum salta l'investimento di Mirafiori».

MIRAFIORI - «Se il referendum di Mirafiori - ha proseguito - raggiungerà il 51% andremo avanti con il nostro progetto. La gente si deve impegnare a fare le cose. La Fiat non ha lasciato fuori nessuno - ha detto ancora Marchionne - se qualcuno ha deciso di non firmare, non significa che io abbia lasciato fuori qualcuno. La Fiat ha bisogno di libertà gestionale e non può essere condizionata da accordi che non hanno più senso». «La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom» ha chiosato l'ad del Lingotto.

FIOM - Un'affermazione quest'ultima che provocava la reazione immediata della Fiom: «La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom... certo, anche senza la Fim e la Uilm, perchè le vetture le fanno i lavoratori»: così replica il segretario generale dei metalmeccanici della Cgil, Maurizio Landini, alle parole dell'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. «Ma ai lavoratori si stanno limitando i diritti», aggiunge Landini, rivolgendosi quindi a Marchionne: «Pensa davvero che le sue fabbriche possano funzionare senza consenso? Pensa che l'intelligenza delle persone è a comando, è sotto ricatto? Questa è una gestione autoritaria e antidemocratica».



PIANO - Ma l'ad del Lingotto non ha toccato solo i temi del rapporto con i sindacati. «È veramente offensivo il fatto che bisogna vedere i punti specifici del piano di Fabbrica Italia» ha aggiunto Marchionne a chi gli chiedeva chiarimenti sul suo progetto. «Non ho chiesto allo Stato, ai sindacati di finanziare niente - ha proseguito il manager - è la Fiat che sta andando in giro per il mondo a raccogliere i finanziamenti necessari per portare avanti il piano. Andate in giro, voi e i sindacati, a raccogliere i soldi». «Chiedere a Fiat di svelare i dettagli del piano - ha quindi rincarato Marchionne - lo trovo ridicolo. Vogliono vedere il resto degli investimenti? Ma che scherziamo?». «Sono appena tornato dal Brasile, dove ho inaugurato con l'ex presidente Lula una fabbrica a Pernambuco - ha ricordato -, non si sarebbe mai permesso qualcuno in Brasile di farsi dare i dettagli dell'investimento: non lo fa nessun altro paese del mondo. Smettiamola di comportarci da provinciali - ha poi affermato -, quando serviranno gli altri 18 miliardi del piano li metteremo».

VALORIZZAZIONE - «Abbiamo il dovere di stare al passo coi tempi e di valorizzare tutte le nostre attività» ha spiegato ancora Marchionne. «Di fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato - ha detto Marchionne - non potevamo più continuare a tenere insieme settori che non hanno nessuna caratteristica economica e industriale in comune. Questo è un momento molto importante per la Fiat, perchè rappresenta allo stesso tempo un punto di arrivo e un punto di partenza». Il risultato della gestione ordinaria di Fiat Industrial «aumenterà in modo significativo, con un target di 3,3 miliardi di euro nel 2014. L'ebitda industriale passerà da circa 1,4 miliardi a 4,1 miliardi nel 2014» ha aggiunto Marchionne. Il presidente di Fiat Industrial ha spiegato che la scissione del gruppo Fiat è stata decisa «per rispondere a una logica di crescita di autonomia e di efficienza. L'identità di un'azienda non sta in una ragione sociale, sta nelle persone che ci lavorano, in un preciso momento e con precisi obiettivi».

CHRYSLER - Marchionne ha poi spiegato che Fiat potrebbe salire al 51% di Chrysler già nel 2011, possibilità che sarebbe più concreta con la quotazione in borsa del gruppo americano nel corso dell'anno. «Sì, ci stiamo pensando, ci pensiamo sempre anche nel 2011», ha detto Marchionne. «Se Chrysler andrà in borsa nel 2011 dovremo pensare a una accelerazione dell'opzione per l'aumento della partecipazione in Chrysler», ha aggiunto Marchionne. L'accordo siglato da Fiat prevede una opzione per salire al 51% di Chrysler da esercitare tra il 2013 e il 2016. L'intesa prevede anche che Fiat possa salire al 51% prima del periodo, sempre che il gruppo abbia pagato tutto il debito che ha con il governo americano.

RAPPORTI CON CONFINDUSTRIA - L'uscita da Confindustria di Fiat, «la vedo come possibile, ma non probabile» ha detto Marchionne. «Fiat non può continuare - ha aggiunto - ad essere condizionata».

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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda Robyn il 03/01/2011, 21:33

In questa situazione la miglior cosa è non saper più cosa fà Fiat che modelli contrattuali segue.Bisogna far finta che non esista più anche perche non ha molto futuro perche le immatricolazioni scendono per strategie industriali sbagliate.La mglior cosa e ridefinire le relazioni industriali che tengano conto di competitività e tutele e al quale tutta l'industria italiana e le industrie estere che investono in Italia fanno riferimento senza sapere cosa fà Fiat.Per esempio potrebbero venire ad investire in Italia la Peugeot ,la Renault,la Citroen.Per la presidente della confindustria Emma Merceagaglia sono queste industrie straniere che possono stare nel nuovo modello contrattuale e in confindustria al posto di Fiat.Il modello Marchionne non è un modello da seguire ed è bene che non si sappia cosa faccia la Fiat questo per evitare che le scelte Fiat danneggino l'Italia e tutto il tessuto industriale.Lavoratori e la presidente Emma Merceagaglia possono dialogare insieme e ridefinire un nuovo modello contrattuale che non vada a toccare sciopero,malattia ed altri diritti.Sulla flessibilità dell'orario di lavoro e sugli straordinari si può ragionare insieme ,ma tutto dev'essere in funzione della creazione di lavoro,della crescita,del miglioramento delle condizioni del lavoro e della competitività.I lavoratori che stanno in Fiat se vedono che è difficile stare possono sempre andare alla Peugeot o in un'altra industria ciao robyn
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Re: Accordo FIAT: la solita CGIL

Messaggioda disallineato il 03/01/2011, 21:41

Torno sulla mia proposta: mettiamo la Fiom in condizioni di giudare un azienda, dare lavoro, produrre redditi.
Fare scioperi, adunare operai arrabbiati, riempire le piazze con i bla bla sono buoni in tanti, ed alcuni sindacalisti sono veramente dei campioni.
Lavorare è un pò più difficile. E non si può può obbligare chi investe i propri soldi, ha metterli in dei progetti senza un ritorno econonico. Landini e i capi della FIOM, investireberro i propri euro senza cercare di avere garanzie di un ritorno economico? Non mi risulta che i capi del sindacato rosso dei metalmeccanici siano dei missionari volontari con tendenza alla beneficienza.
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