Rosario Amico Roxas ha scritto:Sono ben 60 anni che la sinistra, ispiratrice di un certo sindacalismo, ha fatto una politica autolesionista, pur di accaparrarsi i consensi della classe operaia. Ci ha giocato a manetenere in vita la divisione delle classi perchè solo una presunta lotta di classe avrebbe consentito il loro essere in vita.
Da 60 anni chiedono "tutto e subito", con il risultato di ottenere "niente e per sempre"; se avessero iniziato a programmare una politica dei piccoli passi, oggi non saremmo a questo punto disastroso. La conseguenza più immediata l'hanno pagata in prima persona; proprio quella classe che sostengono di difendere ha voltato le spalle, stufa di 60 anni di predicozzi amorfi, assolutamente privi di risultati perchè volevano mantenere la velleità di urlare nelle piazze contro i padroni, così sono spariti dal Parlamento.
La pennellata idiota fu in quel manifesto "Anche i ricchi piangono", con il quale hanno svelato il loro vero progetto, che non coincide con l'elevazione della classe più bisognosa, ma con l'abbassamento della classe opulenta.
Non sono 60 anni. O almeno, questi 60 anni non vanno considerati con continuità. La sinistra ha fatto una politica rivolta alla classe operaia per averne il consenso: dov'è il male? Cos'altro fanno i partititi se non cercare il consenso di categorie, gruppi, classi sociali?
Quando esisteva la classe operaia, ed era numerosa, naturalmente la sinistra cercava principalmente (ma non soltanto) il consenso della classe operaia. E con un certo successo, bisogna ammettere.Quando c'era la grande industria manufatturiera e una rete di industrie piccole e medie ad essa collegate. Predicava la lotta di classe? Quando le classi erano ben definite, la divisione tra di esse era nei fatti. La sinistra (il PCI) e i sindacati hanno incanalato questa naturale lotta in forme democratiche.
A partire dagli anni 80 le classi hanno cominciato a perdere i loro confini, a confondersi. La grande industria manufatturiera è stata notevolmente ridimensionata. La polverizzazione in piccole imprese rende il lavoratore legato al destino del padrone. Si è persa la cultura, l'identità della classe operaia o semplicementetlavoratrice dipendente. E la sinistra ha perso gradualmente il suo referente principale e la sua identità.
Leggo in Rosario però, una visione delle cose che riguardano la sinistra e i sindacati tipicamente siciliana o da uomo del sud. In Sicilia la classe operaia non è mai esistita. Bisogna aver frequentato Torino o l'hinterlad milanese degli anni 60 per comprendere la natura, la forza e l'importanza della classe operaia; e per comprendere che la sinistra faceva la politica giusta per i tempi e le situazioni di allora.
In Sicilia il riferimento della sinistra era il mondo contadino: i braccianti, i contadini a mezzadria, i piccoli coltivatori diretti, i disoccupati, i poveri in generale. Una sinistra più pauperista che socialista o comunista. L'emigrazione, fortissima negli anni cinquanta e sessanta, sottraeva risorse umane al sud ed elettori alla sinistra.
Il manifesto "Anche i ricchi piangano" non è stato una grande trovata, ma la elevazione della classe più bisognosa è avvenuto in tutta Europa attraverso le politiche redistributive della ricchezza ad opera soprattutto dei sindacati e dei partiti socialdemocratici. Naturalmente funziona quando la ricchezza viene prodotta, ma non trovo scandaloso che la sinistra si occupi con più attenzione della sua redistribuzione. Rediastribuzione che non avviene semplicemnete sotto forma di salario, ma sono ricchezza redistribuita anche il welfare e i diritti dei lavoratori.
Quella che riporti (elevazione della classe bisognosa attraverso l'abbassamento della classe opulenta) è invece la critica classica della destra e dei liberisti nei confronti di qualsiasi sinistra. La stessa che viene rivolta,
sempre, in Inghilterra al Labour, in Germania al SPD, negli USA ai democratici.