da pierodm il 11/12/2008, 0:47
Franz
Ho letto quello che dice Pagheca, ma non mi sembra affatto una generalizzazione, poiché il suo discorso - che condivido in pieno - non ha come oggetto i preti come individui o come insegnanti (per cui il problema è la loro pluralità o totalità, pochi, tanti, nessuno, tutti) ma la scuola confessionale e l'ideologia della chiesa alla quale questa scuola fa capo: in questo senso, la "totalità" degl'insegnanti equivale a dire la "totalità" dell'ispirazione didattica, ossia la sua intrinseca appartenenza ad una precisa e tassativa ideologia.
Se così non fosse, del resto, non si capisce la ragione, direi perfino la liceità di definirsi "cattoliche".
Ora, quello di cui si discute è quindi quell'ispirazione didattica, quell'ideologia, quell'appartenenza, e le osservazioni di Pagheca in merito mi sembrano non solo lecite, ma anche assolutamente e facilmente condivisibili.
Io, Pagheca e molti altri non condividiamo quell'ideologia e quel tipo di cultura: tuttavia, non è in discussione la sua libertà di esistere in relazione al suo contenuto - o alla nostra riprovazione - ma è in discussione il fatto che lo stato contribuisca al suo sostentamento in quanto esercizio commerciale privato, oltre tutto non essenziale.
Il contenuto di quell'ideologia e cultura, però, torna in campo nel momento in cui l'esistenza delle scuole confessionali viene presentata - da coloro stessi che le promuovono, cioè dalla Chiesa - come una voluta, cosciente e dichiarata alternativa alla scuola pubblica, per ragioni ideologiche.
Questa contrapposizione presenta aspetti assai discutibili ovunque, ma è innegabile che in Italia appare dieci volte più grave, per tutte le ragioni storiche, sociali e culturali che dovremmo ben conoscere.
Tra l'altro - oltre cioè al problema del clericalismo, della Chiesa, etc - anche il lato "privato" di queste scuole è in Italia un dis-valore: un'Italia la quale ha un grave deficit di "senso civico", di senso della cosa pubblica, dello stato, del rapporto tra stato e cittadini, etc.
Ogni incoraggiamento a rifugiarsi nel "privato" aggrava questo stato di cose, non solo e non tanto nella dimensione degli adulti, dei "genitori che scelgono", ma soprattutto nei ragazzini che a quelle scuole sono destinati.
Infine ancora due paroline sull'anti-clericalismo.
Sono convinto che questa posizione sia meno diffusa o molto attenuata in tanti paesi, che non hanno avuto e non hanno la disgrazia di avere nella loro società una presenza così pesante del clericalismo, della Curia, del potere temporale e materiale della Chiesa, come quello che abbiamo noi in misura che non ha pari nel mondo.
Del resto, quando citiamo la Dichiarazione americana o la sua Costituzione ci riferiamo ad un momento fondante di quella nazione e di quello stato, e il suo valore di opposizione al potere regio e di libertà ci sembra ancora adesso perfettamente attuale, anche se molto idealizzato rispetto alla realtà.
Noi, in Italia, abbiamo un momento fondante che dovrebbe farci riflettere per il suo, non casuale, valore simbolico: Porta Pia, ossia la necessità di prendere a cannonate un potere che non aveva nessuna intenzione di mollare un centimetro, se si voleva fondare questo stato.
La beatificazione di Pio IX, il fucilatore di liberali, di pochi anni fa, non aiuta (non dovrebbe aiutare) a pacificare questo stato con la macchina ideologica clericale, o se si preferisce "religiosa".