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Spending review

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Spending review

Messaggioda franz il 07/07/2012, 15:05

Robyn ha scritto:I piani regolatori si devono fare bene.Si è costruito in tante città senza il garage sotteraneo e poi ci lamentiamo che non c'è parcheggio nelle grandi città.In merito ai privati il piano sociale di edilizia diventa un capitale sociale fisso dei cittadini che li favorisce se è dei cittadini.Infatti se io privato faccio costruire ad altri privati,quel capitale edilizio è mio,e quando sarà il momento alla scadenza dei contratti di locazione lo venderò ai ricchi e sfratterò i meno abbienti.Invece il capitale sociale fisso è dei cittadini.

Mi sembra che come spesso accade, c'è grande confusione. Non per colpa tua, certo, ma per le mille cavolate che siamo costretti ad assorbire in decenni di demagogia politica e sindacale. Tutto si deve fare bene, compresi i PRG. Se i PRG sono fatti male questo non è un alibi per espropriare ricchezza a chi ce l'ha, visto che una classe politica incompetente nel fare PRG lo sarà anche per la destinazione dei fondi espropriati. Per quanto riguarda la proprietà, le moderne politiche di sostegno alla stabilità economica di chi è debole finaziariamente tendono a fare in modo che chi è sotto la soglia possa avere una casa di sua proprietà. Il problema è vedere come (non all'americana, per intendersi). Il capitale (casa) quindi è del proprietario, che risparmiando sull'affitto ed avendo accesso a capitali agevolati, puo' uscire dalla soglia di povertà.
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MASSIMO GIANNINI: La modica quantità

Messaggioda franz il 08/07/2012, 8:55

L'ANALISI
La modica quantità
di MASSIMO GIANNINI

ORA SI CAPISCE perché i governi preferiscono aumentare le tasse. Soprattutto nei Paesi a statalismo diffuso come l'Italia, la spesa pubblica è l'"oggetto" del contratto sociale e il cuore della costituzione materiale. Tagliare la spesa equivale a rinegoziare il primo, e a riscrivere la seconda. Per questo il decreto sulla "spending review" varato da Monti, oltre che un forte impatto economico, ha un alto costo politico.

La lama del governo affonda non solo sugli sprechi, ma nella carne viva della società italiana. La tempestività è soddisfacente. Ma ancora una volta l'equità è intermittente. Il tasso di riformismo del provvedimento non è assente, ma è insufficiente: siamo alla "modica quantità".

"Tagli versus riforme". Tommaso Padoa-Schioppa, che la "spending review" la lanciò nel 2007 da ministro del Tesoro, aveva colto (ma non sciolto) il nodo gordiano. Nell'Italia del compromesso permanente sulle spalle delle generazioni future, dei diritti acquisiti e dei privilegi consolidati, delle sinecure per gli inclusi e delle ingiustizie per gli esclusi, serve innanzitutto la "revisione della spesa", non la sua "liquidazione". Un'operazione che richiede il bisturi, non il machete. Una missione che esige un'idea di Paese, non una "ideologia della cassa".

Questo, per un governo che consideri il Welfare un valore irrinunciabile dell'Occidente e non un ferrovecchio inservibile del Novecento, significa che la spesa pubblica in molti casi va tagliata, ma in qualche altro caso va aumentata. Il saldo finale deve generare un risparmio significativo per il bilancio dello Stato. Ma insieme a questo, deve propiziare anche un "compromesso al rialzo" tra lo Stato che offre servizi e il cittadino che li produce e che se ne serve.

La "spending review" di Monti inclina più verso la voce "tagli" che non verso la voce "riforme". L'urgenza del gettito fa premio sull'efficienza del sistema. In parte era inevitabile, vista la criticità del giudizio dei mercati su un'Italia soverchiata dal suo debito sovrano e la necessità di scongiurare un nuovo giro di vite sull'Iva nel 2013. Almeno su questo, il premier ha mantenuto la promessa, costruendo una manovra estesa anche se non abbastanza profonda. Taglio per taglio. Prima di intervenire sulle "voci" più sensibili si doveva aggredire il capitolo delle spese militari, limitando o azzerando l'investimento da 12 miliardi sui caccia F-35, che servono alla Difesa come biglietto d'ingresso nelle commesse della Lockheed, ma non servono al Paese.

Risparmi per 26 miliardi non sono pochi, per un'economia che decresce da anni e per una società che sopporta sacrifici da mesi. Ma è una cura indispensabile. A dispetto del mal di pancia dei partiti, dell'ira degli enti locali, della rabbia dei sindacati e dei dubbi causidici degli economisti. Avevamo giustamente criticato il decreto Salva-Italia perché ruotava al 70% intorno agli aumenti d'imposta e rinviava i tagli di spesa. Ora che i tagli di spesa arrivano non si può opporre un dissenso uguale e contrario. Piaccia o no (e a noi questo impegno draconiano e non richiesto assunto da Tremonti non piace) l'Italia ha promesso alla Ue il pareggio di bilancio nel 2013. Per rispettare i patti, è giusto attingere con più determinazione al tesoretto "occulto" di un'evasione fiscale da 200 miliardi, e a quello "emerso" di un patrimonio alienabile da 450 miliardi. Ma non basta. E allora, delle due l'una: o si elevano le tasse, o si abbattono le spese. Non volere né l'una né l'altra è una fuga nell'irrealtà.

La voce più critica sul piano sociale riguarda la sanità. Il governo ha opportunamente rinunciato al taglio centralizzato degli ospedali minori: toccherà alle Regioni razionalizzare le strutture e portare lo standard a 3,7 posti letto ogni mille abitanti. Resta il fatto che alla sanità si chiederanno altri sacrifici per 5 miliardi in tre anni. Se si sommano agli 8 miliardi decisi dal precedente governo, il "conto" addebitato alla spesa sanitaria ammonta a 13 miliardi. Pochi, se si pensa che da noi una Tac costa il doppio che in Germania e il triplo che in Francia, e che un posto letto costa 134 mila euro l'anno in Lombardia e 200 mila in Campania. Troppi, se si pensa che l'attesa media per quella stessa Tac è di 3-6 mesi, e in molte strutture anche d'eccellenza quegli stessi posti letto mancano proprio.

Il pubblico impiego paga un dazio pesante, ma obiettivamente non devastante. Gli organici si riducono di 6.954 dipendenti e 293 dirigenti. Il ricorso alla mobilità obbligatoria fa cadere il tabù del posto fisso. Può dispiacere a un settore che da tre anni sopporta già il blocco della contrattazione. Ma è un fatto che oggi la Pubblica amministrazione paga lo stipendio a 3 milioni 458 mila 857 dipendenti che secondo la Corte dei conti, in rapporto alla popolazione residente, costano in media 2.849 euro all'anno per ciascun italiano. Più della Germania (2.830 euro), ma anche della Spagna (2.708 euro) e persino della Grecia (2.436 euro). Ed è un altro fatto che dalla produttività del settore pubblico arrivano "segnali preoccupanti". Pesano "l'assenza della meritocrazia" e la "distribuzione indifferenziata dei trattamenti accessori, al di fuori di criteri realmente selettivi e premiali".

L'amministrazione giudiziaria fa la sua parte. La "rivoluzione epocale" di cui parla il ministro Severino è un eccesso retorico, ma lo sfoltimento di 37 tribunali minori, 38 procure e 220 sezioni distaccate non può far gridare allo scandalo, né incide sui tempi biblici della giustizia civile, che richiede in media 1.210 giorni per la risoluzione di una causa. La giustizia italiana è la più cara d'Europa, costa 67 euro l'anno per ogni cittadino, contro i 46 euro della Francia e i 22 del Regno Unito. La geografia giudiziaria del Paese è difforme e squilibrata: a Bolzano c'è un giudice ogni 110 cancellieri, a Campobasso ce n'è uno ogni 221. Gli avvocati possono urlare finché vogliono il loro sdegno corporativo. Ma disboscare questa giungla è l'affermazione di un dovere, non la lesione di un diritto.

In un quadro di austerità complessiva, anche i famosi "costi della politica" subiscono un ridimensionamento. La soppressione di 60 Province è una vittoria del premier, che ha resistito alle pressioni dei cacicchi, ed è riuscito a fare quello che i partiti promettono da anni e non fanno. Se si aggiungono il dimezzamento delle auto blu, l'abbattimento dei contratti d'affitto, il taglio parziale delle poltrone nei cda delle società pubbliche e delle consulenze negli enti, non si può dire che Monti abbia ceduto alle solite lobby.

Una volta tanto, il Palazzo paga il suo tributo al risanamento. E un provvidenziale ripensamento notturno ha evitato al governo la più folle delle scelte: il taglio di altri 200 milioni all'Università, per dirottare il ricavato al sostegno delle scuole private parificate. Sarebbe stato un danno simbolico ma enorme per un'istruzione pubblica già mortificata in questi anni, e una beffa per i giovani ai quali si promettono ponti d'oro sospesi sull'abisso. Per fortuna il buon senso delle istituzioni repubblicane ha fatto premio sul consenso delle gerarchie ecclesiastiche.

La "spending review" è un "metodo di governo" della cosa pubblica, e dunque è molto più che un antidoto contro il deficit. Questo decreto è solo un passo iniziale, e ancora parziale, sulla strada del cambiamento dei processi di riqualificazione della spesa. Ne serviranno altri, più convincenti. Ma intanto il primo è stato compiuto. Ugo La Malfa sosteneva che in genere "l'Italia fa riforme con spirito corporativo, quindi fa contro-riforme". Almeno questo, stavolta, non è accaduto.
m.giannini@repubblica.it

(07 luglio 2012) www.repubblica.it
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Mannheimer: Spending review, sì da 7 elettori su 10

Messaggioda franz il 08/07/2012, 9:00

L'Osservatorio
Spending review, sì da 7 elettori su 10
Contrario il 20%. E il 56% rinuncerebbe
a qualche servizio per avere meno tasse


La maggioranza degli italiani ritiene giusto effettuare i tagli alla spesa pubblica previsti in questi giorni dal governo e dichiara di condividerli. Seppure con molti distinguo in relazione ai tempi di attuazione degli stessi e, specialmente, ai settori della pubblica amministrazione che vengono colpiti. A un primo quesito di carattere generale sull'opportunità dei tagli, il 34% dei cittadini si dichiara decisamente favorevole, a fronte di circa un italiano su cinque (20%) che si oppone nettamente. La posizione della maggioranza relativa (42%) mostra però che la pubblica opinione si è un po' spaventata per la portata dei provvedimenti proposti: pur reputando opportuno diminuire la spesa pubblica, questa porzione di cittadini obietta infatti che gli interventi andrebbero fatti con «più gradualità».

Appaiono generalmente più favorevoli alle misure proposte i liberi professionisti e i lavoratori autonomi, mentre, come era prevedibile, si rivelano più scettici gli insegnanti, anche perché, forse, si sentono toccati più da vicino dalle misure in discussione, considerato che la maggior parte dei dipendenti pubblici appartiene al mondo della scuola. Dal punto di vista dell'orientamento politico, risultano in linea di principio più convinti dell'opportunità dei tagli gli elettori del Pd, mentre quelli del centrodestra appaiono più perplessi. La più decisa contrarietà si registra tra i votanti per i partiti dell'estrema sinistra.

Approfondendo l'analisi, emergono opinioni fortemente differenziate a seconda dell'ambito in cui vanno a cadere i tagli proposti. Da un lato, la decurtazione delle spese ai ministeri risulta essere il provvedimento più condiviso: lo approvano senza riserve quasi due terzi degli italiani e solo meno del 10% esprime al riguardo un giudizio negativo. Questo dipende dal fatto che i ministeri vengono visti come l'espressione del potere e della burocrazia «romana», spesso oggetto della critica e del risentimento dei cittadini.

Anche i tagli alle spese per la Difesa vengono visti con favore dalla maggioranza relativa degli elettori, in misura però decisamente più contenuta (45%): aumenta in questo caso la quota di chi suggerisce una maggiore gradualità e anche quella di chi si oppone decisamente (17%). Un livello di consenso ancora inferiore viene manifestato riguardo alla diminuzione del numero dei tribunali e, specialmente, alla limitazione del numero dei dipendenti pubblici: in questo caso il tasso di approvazione scende al 34% e quello di contrarietà sale al 24%. Riguardo alla razionalizzazione della spesa sanitaria, viceversa, si registra una netta opposizione della maggioranza (il 58% degli italiani, specialmente i più giovani) e un consenso di poco superiore a un decimo della popolazione (13%). L'evocazione di un bene prioritario come la salute comporta un timore per la qualità delle prestazioni. Probabilmente la necessità di interventi in questo settore - alcuni, come la chiusura degli ospedali più piccoli, spesso essenziali (lo ha spiegato anche il professor Umberto Veronesi sul Corriere di venerdì) - andrebbe quindi comunicata in modo più esteso e convincente.

I tagli alla Sanità sono quelli più delicati.
Al di là dello specifico - e delicato - settore della sanità, gli italiani appaiono comunque tendenzialmente persuasi della necessità dei tagli, anche se, come sempre, gli intervistati esprimono maggiori perplessità quando si parla del settore cui appartengono o cui sono vicini. E sottolineano in ogni caso la necessità di mantenere inalterato il livello dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Di fronte all'aggravarsi della crisi, però, si diffonde la disponibilità a rinunciare anche a parte di questi ultimi, pur di non accrescere la pressione fiscale, rappresentata, ad esempio, dalla minaccia dell'aumento dell'Iva in autunno. Alla classica (e, com'è talvolta necessario nei sondaggi, inevitabilmente semplificatoria e drastica) domanda se sia meglio pagare più tasse e ottenere più servizi o, viceversa, ridurre il carico fiscale anche a costo di una riduzione di questi ultimi, per la prima volta da molti anni la maggioranza degli italiani aderisce alla seconda ipotesi. La pressione fiscale è diventata talmente elevata (e, per alcuni, non più sostenibile) da portare la gran parte dei cittadini a rinunciare a qualcosa, pur di non dovere subire ancora più tasse.

Renato Mannheimer 8 luglio 2012 | 8:50 www.corriere.it
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Re: Spending review

Messaggioda Robyn il 08/07/2012, 13:43

Di alloggi bisogna costruirne e ristrutturarne più di quelli che servono.Un piano di edilizia sociale ha un'impostazione diversa dal passato.Nel passato l'equo canone aveva calmierato i prezzi,"che poi non erano così bassi"ma non c'era sufficente offerta sul mercato perche l'edilizia sociale era stata abbandonata e i privati non costruivano perche non traevano profitto da prezzi degli affitti troppo bassi.Invece l'edilizia sociale deve essere pensata in funzione della domanda.L'offerta deve essere <sempre> maggiore della domanda così i prezzi degli affitti scendono a prezzi contenuti.Infatti se c'è per esempio una domanda pari a x e si costruisce per x-1 i prezzi non possono scendere perche la domanda non supera l'offerta,poiche si cerca un profitto che ricade sui cittadini e su fasce sociali più deboli.Questo avviene nel privato ,ma può avvenire anche nel pubblico per ragioni diverse,per esempio il voto clientelare che può provocare ingiustizie,burocrazia,presunti requisiti ed esclusione di chi ha bisogno.L'offerta maggiore della domanda invece deve essere pensata per dare un'alloggio a tutti quelli che hanno bisogno senza esclusioni,per permettere in futuro ai giovani di uscire di casa,per permettere quando ci si sposta in un'altra città per lavoro,di trovare con facilità un alloggio decente a prezzi contenuti in tempi molto brevi,senza intermediazioni,clientelismi e burocrazia.Ma naturalmente vanno evitati gli sprechi,gli scempi a cielo aperto che danneggiano la ricchezza naturalistica,artistica e paesaggistica
del paese ciao robyn
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Re: Spending review

Messaggioda flaviomob il 09/07/2012, 15:00

Holy spending:

http://altre-lettere.blogautore.espress ... -vaticano/

...quando si parla di Chiesa e di Vaticano la politica, ad isolata eccezione dei Radicali, sembra misteriosamente dimenticare che davanti alla legge (e al fisco) si è tutti uguali...


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Re: Spending review

Messaggioda mauri il 09/07/2012, 19:11

oramai non mi stupisco più di nulla, anzi sarei sorpreso del contrario,
fine giugno quando ero in day hospital, ho conosciuto un palermitano trapiantato qui nel lodigiano, mi spiegava che monti è potuto diventare presidente perchè è gradito dal vaticano e perchè il vaticano ha scaricato berlusconi e il pdl per tutte le "marachelle" combinate e per tutti gli inquisiti,
affermava anche che napolitano, bersani, veltroni e i vari vertici del pd sono sotto la capocchia del vaticano come tutti i vertici politici italiani, ribadiva che in italia o sei con loro o sei fuori, io non ci credevo molto ma poi ho iniziato a leggere gli avvenimenti sotto una luce diversa e probabilmente l'amico di sventura ha ragione
i governi italiani nascono sotto l'egidia del vaticano, bah
ciao, mauri
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Re: Spending review

Messaggioda matthelm il 09/07/2012, 20:34

se puoi chiedi a quel tuo amico se gli asini volano. Essendo un palermitano trapiantato nel lodigiano ha ottime credenziali.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Spending review a tempo scaduto?

Messaggioda franz il 10/07/2012, 7:49

Se una famiglia tagliasse di 15 euro il suo budget mensile di 1500 euro, sarebbe un “macelleria sociale” o una “riforma epocale” dello Stato?

Quando parliamo della spending review è bene comprendere quale sia il livello di spesa raggiunto e di quanto siano i tagli. Infatti la spending review vede una diminuzione reale di circa l’1 per cento della spesa pubblica. Ancora troppo poco, visti i circa 800 miliardi di euro che lo Stato si trova a spendere ogni anno.

Non è questione di populismo o meno, ma è necessario guardare i dati. Tra il 1995 e il 2010 l’Italia ha accumulato oltre 650 miliardi di deficit e il rapporto debito su prodotto interno lordo ha ormai superato il 120 per cento.

La spesa pubblica è ormai il 50 per cento del PIL secondo le statistiche di Eurostat, che significa al netto dell’economia in nero conteggiata nel PIL dall’Istat, una spesa pubblica superiore al 60 per cento.

E ora si parla di una riduzione dell’1 per cento. Troppo poco, così come la riduzione dei dipendenti statali è troppo timida. Bisognerebbe anche avere il coraggio di guardare i dati delle retribuzioni e fare un taglio degli stipendi pubblici, dato che nel decennio tra il 2000 e il 2010 le retribuzioni pubbliche sono cresciute sempre più che nel settore privato. Addirittura tra il 2000 e il 2005 gli stipendi pubblici sono cresciuti di più del 7 per cento all’anno.

L’Italia ha avuto il bonus dei tassi d’interesse bassi grazie all’entrata nell’Euro, ma ormai anche questo bonus è stato sprecato.

I mercati non credono più all’Italia e probabilmente hanno perso anche la speranza che l’Europa sappia riformarsi da sola. Non è altrimenti spiegabile perché lo spread è ormai vicino ai 500 punti per l’Italia e ai 600 punti per la Spagna.

Un altro motivo per fare di più di quanto stia facendo il Governo Monti è il tasso di decrescita del prodotto interno lordo. Tutti gli istituti internazionali e nazionali prevedono ormai una recessione per il nostro paese molto vicina al 2,5 per cento per l’anno in corso. Una recessione che dovrebbe continuare anche nel 2013, a differenza di quanto potrebbe accadere negli altri paesi Euro.

La contrazione dell’economia, come previsto sta facendo diminuire le entrate del Governo e come ricordavamo su questo sito, questa “manovra” si è resa necessaria per coprire la mancanza delle entrate.

Il gettito IVA, nonostante l’aumento dell’aliquota dello scorso anno, è diminuito perché la crisi sta facendo sentire tutti i suoi effetti negativi.

La spirale aumento delle tasse con conseguente recessione e successiva diminuzione delle entrate è ormai cominciata ed è difficile venirne fuori se non con tagli pesanti della spesa pubblica e al contempo un rilancio delle liberalizzazioni.

L’apertura alla concorrenza è capace di dare fino ad un punto di crescita in più all’anno, secondo le stime di Banca d’Italia. Il decreto liberalizzazioni è rimasto solo sulla carta ed è stato poi affossato dal Parlamento Italiano.

È la ragione per la quale non si può più attendere per una vera riduzione del peso dello Stato in economia, ma non nell’ordine dell’1 per cento, ma almeno di almeno dieci volte tanto.

Ed è la ragione per la quale bisogna riaprire il capitolo liberalizzazioni per ridare fiato ad un’economia che si sta accartocciando su stessa.

Tempo scaduto?

Andrea Giuricin su http://www.chicago-blog.it/2012/07/09/s ... o-scaduto/
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Re: Spending review

Messaggioda Robyn il 10/07/2012, 15:19

La spesa sanitaria è una delle maggiori spese dello stato.In questo campo è comunque possibile ricavare ampi margini di risparmio.Per esempio con il day hospital senza rinunciare alle prestazioni sociali,al taglio della spesa farmaceutica che è troppo alta,perchè magari si acquista più di quanto serve per far crescere gli utili dell'industria farmaceutica e dove i prezzi non si sono ridotti perche le liberalizzazioni sono state annacquate.Inoltre è possibile risparmiare sù tante altre voci di spesa.Per esempio un'ospedale ha dei pannelli solari per l'acqua calda e dei pannelli fotovoltaici per l'energia?Per esempio anzichè produrre rifiuti fà la raccolta differenziata sù tutto ciò che usa in modo da poterla vendere all'industria del riciclo?E' più utile un servizio di refezione dove si usa materiale usa e getta,oppure siamo ancora con bicchieri di vetro,forchette di ferro che necessitano del servizio lavanderia?Gli ospedali pagano l'affitto o sono di proprietà degli enti locali?Probabilmente la spesa sanitaria è più alta in Italia perchè la terza età è più consistente e qui non ci possiamo fare niente.Di certo capitoli di spesa a cui non si può rinunciare sono le prestazioni sociali e il servizio di igienizzazione e pulizia ciao robyn
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Re: Spending review

Messaggioda flaviomob il 10/07/2012, 16:50

No, la spesa sanitaria è una delle più basse in Europa e non bisogna certo intervenire tagliando, casomai razionalizzando ma senza assolutamente toccare gli importi totali stanziati, anzi.
Il discorso sulla spending review parte da buone intenzioni e può avere in parte esiti positivi, ma rientra in un grande calderone che continua a penalizzare principalmente la classe media e i più poveri, mentre dalla crisi si esce solo rilanciando i redditi e le risorse sociali a favore di chi è stato tartassato sempre più negli ultimi trent'anni. Certo che è più facile colpire nel mucchio, ma la conseguenza è la mancata crescita fino alla recessione. Mentre i ricchi sono sempre più ricchi. Per questo risultato, non ci voleva un governo di geni.

---> https://fbcdn-sphotos-a.akamaihd.net/hp ... 9074_n.jpg
Ultima modifica di flaviomob il 10/07/2012, 17:15, modificato 1 volta in totale.


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