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Perchè non fare a meno di vendola??

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda ambientalistaPD il 14/08/2010, 18:19

l'altro link non funziona posto questo direttamente su youtube
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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda ambientalistaPD il 21/08/2010, 12:46

Intervista a Nichi Vendola: «All'Italia serve una politica industriale»

dal nostro inviato Vincenzo Del Giudice

BARI - «Il racconto che io immagino rompe le porte blindate dell'economicismo. Produrre e distribuire ricchezza, promuovere il benessere di tutti, coniugare economia ed ecologia, trovare il giusto equilibrio tra profitto dell'impresa privata e valorizzazione dei beni comuni». Nichi Vendola, il governatore della Puglia cui piacciono i racconti, colui che ha deciso di sparigliare il centro-sinistra con la sua candidatura alle primarie parla di economia, Fiat, tasse e crisi. «Il dibattito dell'economia – dice – è asfittico e criptato, monopolizzato da tecnocrati, lobbysti e moralisti a libro paga. Un dibattito drammaticamente orfano di quell'etica della responsabilità che per me significa confronti con l'inviolabilità della vita e del vivente e porre un argine alla mercificazione del mondo. Cos'è la crisi? Una calamità naturale o il frutto avvelenato di quel potere soprannazionale della rendita e della speculazione finanziaria che ha umiliato il lavoro e ucciso milioni di imprese?».

Ecco, nel suo programma c'è una politica industriale?
Una politica industriale intanto bisogna avercela. Per Berlusconi è opzionale. Pare che la faccia spontaneamente il mercato. E in questa insostenibile leggerezza della politica l'Italia vive un vero e proprio processo di deindustrializzazione che è una tragedia civile e sociale. Non esiste un luogo in cui si discute di quali siano gli apparati industriali considerati strategici e come di conseguenza agire affinché essi possano radicarsi e rinforzarsi qui in Italia, di come possano internazionalizzarsi senza emigrare alla ricerca della manodopera al più basso costo, di come possano competere usando la chiave magica che apre la porta dei mercati globali: la qualità delle produzioni, il contenuto di innovazione dei prodotti. Non so se è una bestemmia dire che è necessario l'intervento pubblico in economia, che significa orientare e accompagnare le imprese, impedire che la costellazione di piccole aziende paghi in forme fatali il prezzo della crisi, promuovere la valorizzazione della presenza femminile e giovanile nel sistema economico, tutelare le conquiste sociali fondamentali, favorire un clima favorevole ai processi di innovazione, varare un Piano straordinario per il lavoro mirato al riassetto idrogeologico e alla cura del territorio.

Le si è detto molto contrario, dando la sua solidarietà ai lavoratori di Pomigliano, all'accordo proposto dalla Fiat. Che invece è stato ritenuto da molti, anche nel centro-sinistra, un fatto positivo.
La Fiat ha goduto di molti privilegi nella storia italiana. Non solo è stata monopolista nazionale dell'industria automobilistica ma è stata paradigma culturale su cui si è edificato il boom economico e un intero modello di sviluppo. L'Italia merita maggiore rispetto da parte della Fiat. A Pomigliano la Fiat ha scritto una pagina orribile di modernità ottocentesca.

Però delocalizzare è un diritto. O no?
Le delocalizzazioni non si possono impedire, certo, non a quelle imprese che abbiano investito e rischiato in proprio. Ma quelle che hanno beneficiato ciclicamente di ciclopiche risorse statali forse dovrebbero essere in qualche modo chiamate ad assumersi qualche responsabilità di tipo "patriottico". O per caso è stato Marchionne a finanziare la rottamazione delle auto?

Presidente, se lei diventasse capo del governo quale tipo di fiscalità attuerebbe?
Le tasse non sono un crimine o una patologia sociale: questa è stata la litania della destra planetaria. Piuttosto, l'evasione è un crimine, largamente incoraggiato dall'attuale classe dirigente berlusconiana. Le tasse sono un'architrave degli Stati moderni e rappresentano un nodo decisivo della perequazione sociale. La leva fiscale va alleggerita drasticamente nei confronti dei ceti popolari, ma anche nei confronti del sistema d'impresa la leva fiscale può essere usata per orientare scelte di modernizzazione. Non sono contrario alla Tobin tax e la carbon tax.

La crisi è ancora in atto, qual è la sua ricetta per uscirne?
Io penso che per fare ripartire l'economia bisogna uscire dall'angolo della superstizione liberista, in cui si canta il "de profundis" della spesa pubblica e si considera l'abbattimento del debito come una specie di dio pagano a cui sacrificare i poveri, le famiglie, le partite Iva, il welfare, e anche un pezzo di civiltà europea. Penso che oggi occorre sostenere la domanda interna, dare ossigeno ai ceti medio-bassi, aumentare l'area di consumo, sbloccare la spesa degli enti locali ibernata dalle ridicole penalità delle norme sul patto di stabilità. L'Italia affronta sacrifici durissimi senza alcuna prospettiva di crescita e un'intera generazione viene tagliata fuori dalla prospettiva del lavoro e del futuro.

Delinea una situazione tragica.
L'Italia sta precipitando in un buco nero, di un vuoto di classe dirigente, in una vertigine di pubblica immoralità. Serve ripartire proprio da questa nuova generazione, a cui non si può promettere la favola bella della flessibilità (una vita produttiva multidimensionale) e offrire poi l'incubo della precarietà.

SFIDA SULLE PRIMARIE

L'annuncio di Vendola
Circa un mese fa il governatore della Puglia Nichi Vendola lancia un sasso nelle acque del centro-sinistra e annuncia: mi candiderò alle primarie di coalizione in vista delle prossime elezioni politiche. Il suo proclama ha avviato il dibattito anche nel partito democratico fino a quel momento orientato ad appoggiare un'eventuale candidatura di Pier Luigi Bersani

Chiamparino raccoglie la sfida
Nei giorni immediatamente successivi all'annuncio di Vendola all'interno del Pd cominciano a circolare diversi di nomi di possibili competitor del governatore pugliese: da Enrico Letta a Matteo Renzi fino a Nicola Zingaretti. Finché il sindaco di Torino Sergio Chiamparino non si decide a rompere gli indugi. In un'intervista pubblicata sul Sole 24 Ore del 5 agosto il presidente dell'Anci si dice d'accordo a utilizzare le primarie per la scelta del futuro leader del centro-sinistra e al tempo stesso si dichiara pronto a raccogliere la sfida lanciata da Vendola

Il dietrofront di De Magistris
Tempo una settimana e anche l'europarlamentare dell'Idv Luigi De Magistris annuncia di essere pronto a correre alle primarie. In realtà già il giorno dopo l'ex pm ridimensiona le sue intenzioni, forse a causa della scarsa simpatia che il leader dell'Idv Antonio Di Pietro ha sempre manifestato per questo strumento


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AYgRDcIC
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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda franz il 22/08/2010, 9:46

Mi piacciono alcune cose dette da Vendola ma a conti fatti sono una minoranza rispetto a tutte le cose dette:
la maggioranza delle cose per me sono sbagliate, ricette vecchie.
Se non ci fosse nulla di meglio lo voterei ma credo che altri candidati alle primarie sapranno proporre meglio.
Vendola indica tutta una serie di "obbiettivi politici" ma solo alcuni sono veramente politici, altri devono essere raggiunti dalla società e dell'economia, ognuno con ruoli diversi. Un esempio per tutti: Produrre e distribuire ricchezza, che apre l'intervista. Questo è un obbiettivo ovvio e scontato. Diciamo che se lo proponessi io verrei sfottuto da chi direbbe "e chi mai propone di produrre miseria e di distribuirla?".

Il problema è come arrivare a produrre ricchezza (compito non della politica ma dell'economia) e come arrivare a ridistribuire; compito principalmente del sistema economico, se la crescita è diffusa ed il benessere coinvolge milioni di lavorattori e famiglie, e sussidiariamente della politica, per quelle fasce del paese che rimangono indietro pur avendo avuto le opportunità di crescita. Vendola esprime il classico modello di interventi massiccio in economia, ma è contraddittorio perché vorrebbe anche alleggerire le imposte ai ceti poveri ed alle imprese. Una quadratura del cerchio che per ora non è riuscuita a nessuno.

Vendola ha ragione quando dice "L'Italia sta precipitando in un buco nero, di un vuoto di classe dirigente, in una vertigine di pubblica immoralità.". Analisi giusta (ma credo che ogni italiano lo stia già capendo da empo) ma è la cura che è sbagliata.

Vedremo la cura proposta dagli altri candidati. Intanto Vendola mi pare abbia completamente dimenticato, forse per esigenze di tempo o per mancanza di una domanda specifica, quello che è il fattore realmente strategico del paese: la scuola, l'educazione, la formazione professionale, la ricerca. Come è possibile riacquistare un ruolo industriale e invogliare aziende di punta a trasferirsi in Italia se la metà della forza lavoro (47%) italiana ha alle spalle solo la terza media, solo il 38% ha alle spalle studi secondari e il 13% l'università (tra l'altro università che non brillano nel panorama internazionale)?
In Polonia, per fare un esempio a caso, solo il 13% ha alle spalle la sola scuola media mentre il 64% ha ottenuto un diploma ed il 19% si è laureato. E non serve andare cosi' lontano o prendere ad esempio germania, svezia, svizzera: la slovenia ha dati migliori dei nostri. 18% per la scuola dell'obbligo, 60% di diplomati, il 22% è laureato. Anche la Grecia ha dati migliori dei nostri. L'emergenza è quella.

Franz
Fonte dei dati Education at a Glance 2009: OECD Indicators Indicatore A1
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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda Loredana Poncini il 22/08/2010, 14:54

Dobbiamo fare a meno di un Vendola che per la sanità pugliese vuole svendere il pubblico convenzionandosi con don Verzé...
più berluniscazzione di così !
Mi piacerebbe sapere che ne pensa Ignazio Marino di questo exploit del creativo governatore della Puglia ! :lol:
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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda soniadf il 22/08/2010, 15:23

Il problema è come arrivare a produrre ricchezza (compito non della politica ma dell'economia) e come arrivare a ridistribuire; compito principalmente del sistema economico, se la crescita è diffusa ed il benessere coinvolge milioni di lavorattori e famiglie, e sussidiariamente della politica, per quelle fasce del paese che rimangono indietro pur avendo avuto le opportunità di crescita.


Compito dell’economia è produrre ricchezza, ma compito della politica è fare in modo che quella ricchezza non si traduca solo in profitti, ma anche in salari, in investimenti, in welfare.
Il capitalismo lasciato a sé stesso privilegia naturalmente la massimizzazione del profitto a scapito della remunerazione del lavoro: l’attore più forte si accaparra la ricchezza prodotta, lasciando le briciole a quello più debole. Hai presente la nascita dei sindacati? Un pallido tentativo di equilibrare le forze.
Si fa presto a dire “ricchezza”, quando quello che si pretende è avere mano libera solo per produrre profitti, una ricchezza unidirezionale, da non sfrondare con aumenti salariali o nuovi investimenti e ricerca.
La politica industriale di un paese, come dice Vendola, non la fa il mercato. La produzione corre verso i guadagni più facili e, talvolta, le stesse volpi del mercato fanno scelte miopi e intempestive.
Il caso dell’industria chimica in Sardegna è uno di questi casi di scelte scellerate, in cui la politica dovrebbe intervenire per salvaguardare l’industria chimica nazionale.
Qualche settimana fa un dibattito televisivo contrapponeva un operaio sardo dell’industria del PVC a Stracquadanio, uno degli ultimi imbonitori televisivi del PDL.
L’operaio ha illustrato come il PVC prodotto sia il migliore del mondo, che il prezzo e i costi sono in linea con tutti i competitors, che la domanda interna è superiore all’offerta, tanto che importiamo anche dall’estero, ma l’Eni ha deciso di dismettere la chimica a favore del mercato dell’energia, che probabilmente promette un grande business futuro.
Il rappresentante del PDL, ignorante di tutto salvo che delle formulette liberiste di rito, ha cominciato a sproloquiare di fabbriche improduttive, di lavoro parassitario, e via salmodiando.
L’operaio si è giustamente risentito ed ha chiesto a questo governo fantasma di intervenire presso l’Eni per salvaguardare non solo il loro lavoro ma anche un settore strategico nella struttura industriale del paese. Vi lascio immaginare con quante probabilità di successo, ora che si sono tutti eccitati intorno al business del nucleare.
La politica deve fare in modo che anche l’impresa abbia un ruolo sociale positivo e non costituisca l’unico soggetto lasciato libero di produrre ricchezza, godendo del sistema infrastrutturale del paese, per poi disporre di questa ricchezza in modo esclusivo.
Il rischio e la capacità decisionale sono funzioni proprietarie e manageriali che coinvolgono interi settori produttivi fatti di lavoro, di regole, di contesti sociali, di saperi tecnologici, di tradizioni.
Troppe cose per ritenere che solo gli imprenditori debbano occuparsene.
Come diceva quel tale, “la guerra è troppo importante per lasciarla fare solo ai generali”.

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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda franz il 22/08/2010, 15:55

soniadf ha scritto:Compito dell’economia è produrre ricchezza, ma compito della politica è fare in modo che quella ricchezza non si traduca solo in profitti, ma anche in salari, in investimenti, in welfare.
Il capitalismo lasciato a sé stesso privilegia naturalmente la massimizzazione del profitto a scapito della remunerazione del lavoro:

Giusta l'osservazioni sugli invenstimenti (pubblici) e sul welfare ma quella sui salari denota una disinformazione di fondo.
In Amerika già Ford, da cui il fordismo, capiva che se non si dà ampio spazio alle rimunerazione del levoro, col cappero che gli operai compravano la sua macchina, il mitico modello T prodotto tra il 1908 ed il 1927.
Immagine
Ovviamente lo capiva Ford agli inizi del secolo scorso e lo capiscono anche gli industriali italiani dal dopoguerra (visto che il boom economico è basato essenzialmente sul modello fordista). La Cina inizia ora: una delle maggiori industrie, con 900'000 dipendemti (mica bruscolini) ha appena aumetato del 20% le retribuzioni, spiazzando le altre aziende ed annunciando 400'000 assunzioni. Prendo atto che invece c'è ancora chi non lo ha recepito, è rimasto alla critica di situazioni d'altri tempi e pretende di spiegare la realtà agli altri. Inutile comunque cercar di capirlo, dato che ora siamo a post-fordismo ed al toyotsmo (nato nel dopoguerra giapponese).
Spero che vendola, almeno lui, queste cose le sappia, anche se dubito che persone che sono state funzionari di partito fin dall'infanzia abbiano una conoscenza reale del modo del lavoro.

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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda pierodm il 22/08/2010, 16:34

Non è necessario vedere ignoranti e ottusi dappertutto, e intossicati dalle salsicce delle feste dell'Unità, per sostenere le proprie ragioni: se il toyotismo lo conosce Franz, è pensabile che lo conosca anche Vendola.
Come ripeto, di Capezzone ne abbiamo in giro uno, basta e avanza.

Franz - Vedremo la cura proposta dagli altri candidati. Intanto Vendola mi pare abbia completamente dimenticato, forse per esigenze di tempo o per mancanza di una domanda specifica, quello che è il fattore realmente strategico del paese: la scuola, l'educazione, la formazione professionale, la ricerca

Ho ascoltato Vendola diverse volte, e non mi sembra affatto che ignori questo genere di problemi - tra l'altro, è impossibile ignorarli, a meno di non essere un cretino.
La cosa curiosa, però, è che ne parli Franz in questi termini, smentendo tutta l'architettura ideologica sul "mercato" quale unico produttore di ricchezza, e unico fattore di sviluppo sia economico, sia anche socio-politico.
Besterebbe aggiungere al suo elenco, oltre la scuola, l'educazione e la ricerca, anche la giustizia, la cultura e l'etica pubblica, che ne sono la naturale estensione, e si vede bene che il mercato e lo sviluppo aziendalistico, di per sé, farebbero ben poco, e significherebbero ben poco, specialmente in un contesto democratico.
In altri termini, l'affermazione di Franz è la conferma che anche politica e società entrano nel gioco della produzione di ricchezza, in forma "realmente strategica": non è che sia una grande scoperta, ma a quanto pare bisogna accontentarsi, in tempi così magri.
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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda soniadf il 22/08/2010, 16:58

Il fordismo e il toyotismo sono dei sistemi produttivi, come la produzione just in time o la qualità totale promossa alla Fiat qualche tempo fa. Non capisco cosa c'entrino con l'attenzione al costo del lavoro, semmai con la produttività.
Poi, è veramente stucchevole questo distribuire patenti di ignoranza a tutti, come se l'economia fosse una scienza esoterica per pochi, illuminati adepti.
Sia Vendola che la sottoscritta siamo perfettamente in grado di acquisire le tue stesse nozioni, ovunque abbiamo trascorso la nostra giovinezza, e trarne conseguenze diverse dalle tue.
Se, per edificare i tuoi altarini intorno all'impresa e al mercato, hai bisogno di cadaveri assortiti con la scritta "comunisti" e "collettivisti", fai pure. Ma questa messa è un imbroglio.

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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda franz il 22/08/2010, 18:18

soniadf ha scritto:Il fordismo e il toyotismo sono dei sistemi produttivi, come la produzione just in time o la qualità totale promossa alla Fiat qualche tempo fa. Non capisco cosa c'entrino con l'attenzione al costo del lavoro, semmai con la produttività.

Non sono solo sistemi produttivi ma si pongono anche il problema della rimunerazione delle maestranze.
I due capisaldi del fordismo erano il paradigma industriale tayloristico, accompagnato da una spinta automazione (riflesso della meccanizzazione) e la concessione di retribuzioni più elevate di quelle mediamente riconosciute dalla prassi delle relazioni industriali dell'epoca.
Questo secondo aspetto non era però conseguenza di una qualche forma di filantropia, ma semmai era l'espressione di una lungimiranza socio-economica, poiché era la premessa della produzione di massa, ossia il volano dell'economia di consumo (una classe operaia povera non si può permettere neppure la più spartana utilitaria).

Ma i due capisaldi erano connessi anche sul piano funzionale: la potente razionalizzazione del ciclo produttivo aveva come prerequisito un'intensa sottomissione delle maestranze alla disciplina organizzativa (quasi maniacale) del fordismo, che arrivava a calcolare con esattezza i minimi movimenti corporei del dipendente: questo regime alienante doveva trovare almeno una forma di riparazione nel salario più generoso, che saggiamente infatti veniva assegnato all'operaio Ford


Questo è risaputo, o dovrebbe esserlo. Anche se non fosse stato noto, ora lo è.
Sono ance consapevole che nella letteratura (posso dirlo?) di sinistra del secolo scorso il fordismo ha ben altre caratterizzazioni (negative) ma non posso farci nulla.
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Re: Perchè non fare a meno di vendola??

Messaggioda chango il 22/08/2010, 18:19

franz ha scritto:Giusta l'osservazioni sugli invenstimenti (pubblici) e sul welfare ma quella sui salari denota una disinformazione di fondo.
In Amerika già Ford, da cui il fordismo, capiva che se non si dà ampio spazio alle rimunerazione del levoro, col cappero che gli operai compravano la sua macchina, il mitico modello T prodotto tra il 1908 ed il 1927.

Ovviamente lo capiva Ford agli inizi del secolo scorso e lo capiscono anche gli industriali italiani dal dopoguerra (visto che il boom economico è basato essenzialmente sul modello fordista). La Cina inizia ora: una delle maggiori industrie, con 900'000 dipendemti (mica bruscolini) ha appena aumetato del 20% le retribuzioni, spiazzando le altre aziende ed annunciando 400'000 assunzioni. Prendo atto che invece c'è ancora chi non lo ha recepito, è rimasto alla critica di situazioni d'altri tempi e pretende di spiegare la realtà agli altri. Inutile comunque cercar di capirlo, dato che ora siamo a post-fordismo ed al toyotsmo (nato nel dopoguerra giapponese).
Spero che vendola, almeno lui, queste cose le sappia, anche se dubito che persone che sono state funzionari di partito fin dall'infanzia abbiano una conoscenza reale del modo del lavoro.

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chi non lo capisce sono gli industriali italiani di oggi, visto che pretendono di competere sul mercato principalemtne attraverso la riduzione del costo del lavoro.
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