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E' in gioco un'intera generazione

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda matthelm il 22/01/2011, 15:06

Iafran ha scritto:Stavolta ti sei dimenticato di un'intera "i": tutto quello che accadde fra "Fontamara"(1933) e "Uscita di sicurezza" (1949), in Italia.


Iafran, mi scuserai ma come mi capita spesso, per evidente mia colpa, non capisco cosa vuoi dire nei tuoi interventi.
Mi chiarisci?
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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda flaviomob il 22/01/2011, 15:16

Tornando al titolo del thread, un'interessante articolo sui 'segni dei tempi'... volontariato è dare speranza ma anche essere speranza, se oggi pochi giovani lo praticano significa che pochi giovani hanno la fortuna di sperimentare un mondo che dà una ricchezza immensa e impagabile.

Volontari. Pochi giovani, tante donne over 45

20 gennaio 2011
La ricerca della Fondazione Roma Terzo settore su 1.423 volontari e 1.329 organizzazioni di volontariato

Un volontariato in transizione, al passo con la lenta ma inarrestabile trasformazione del sistema di welfare. Ma anche un volontariato dall’identità “dimezzata”, troppo dipendente dal settore pubblico e non ancora pienamente capace di fare rete con le amministrazioni e gli altri soggetti del territorio. È una fotografia a luci e ombre quella che emerge dall’indagine “Organizzazioni di volontariato tra identità e processi”, che la Fondazione Roma Terzo settore ha realizzato alla vigilia dell’Anno europeo del volontariato su una rilevazione condotta nel corso del 2008 (in allegato).

La ricerca è stata condotta su 1.423 volontari e 1.329 organizzazioni di volontariato in dieci aree del paese: le province di Biella, Trento, Modena, Treviso, Rovigo, Venezia, Belluno, Taranto, Cosenza e la regione Sardegna. «Un campione statisticamente non rappresentativo del volontariato italiano, ma sicuramente in grado di tracciare una tendenza sui cambiamenti generali attualmente in atto», spiega il curatore dell’indagine, Renato Frisanco, già responsabile delle ricerche periodiche su tutto il territorio nazionale svolte dalla Fondazione Italiana Volontariato fino al 2006. Si tratta dunque della ricerca più aggiornata oggi disponibile sulle linee di tendenza del volontariato italiano.

Innanzitutto chi sono i volontari? La fotografia scattata dalla Fondazione Roma Terzo settore ne traccia l’identikit: si tratta prevalentemente di donne, ultra quarantacinquenni e con un titolo di studio piuttosto elevato. Scarsa, invece, la presenza dei giovani: su 100 volontari continuativi soltanto 14 hanno fino a 29 anni e oltre 40 sono ormai sopra i 45. Ma dalla ricerca emerge anche che la maggiore presenza giovanile spetta alle organizzazioni dei comuni medio-piccoli, a quelle più recenti e indipendenti e alle unità che operano nei settori della partecipazione civica piuttosto che nel welfare. Piuttosto lento poi il turn over di quanti ricoprono le cariche di vertice: i presidenti sono per lo più di volontari di lungo corso in carica, mediamente, da sette anni. Anche se in quasi il 29% dei casi ricoprono la posizione presidenziale da 9 o più anni. Oltre a donare il proprio tempo, i volontari contribuiscono anche al sostegno economico dell’organizzazione, mentre nel 16% dei casi ricevono un rimborso delle spese sostenute per l’attività solidaristica, di cui nel 15,8% dei casi si tratta di un rimborso spese forfetario e non documentato, ovvero un piccolo compenso in “nero” da parte dell’organizzazione.

Quanto alle dimensioni delle organizzazioni poco meno di una organizzazione su due (46,1%) aggrega non più di 10 volontari continuativi, mentre pressoché un quarto del campione (24,6%) può contare su oltre 20 persone. La rilevazione registra, inoltre, che l’aiuto a chi si trova in condizione di bisogno (51 su 100) e la propensione ad occuparsi di “beni comuni” (35 su 100) rimangono le ragioni principali che determinano la nascita delle organizzazioni. Ma vi è anche una terza componente che, per quanto minoritaria, resta comunque significativa: 14 organizzazioni su 100 sono state fondate a scopo di auto-tutela o di auto-aiuto. Oltre la metà delle associazioni analizzate fa capo a una grande sigla nazionale, ma si tratta soprattutto di organizzazioni legate ai settori del socio-sanitario, mentre quelle indipendenti sono maggiormente presenti nei meno tradizionali comparti della partecipazione civica. Il 62% delle organizzazioni esaminate continua ad operare nel socio-sanitario e il 77,6% dichiara di occuparsi di particolari gruppi di cittadini in difficoltà.

(fonte: Redattore sociale)

http://www.vita.it/news/view/109547


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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda flaviomob il 22/01/2011, 15:27

La libertà è
la possibilità di dubitare,
è la possibilità di sbagliare,
è la possibilità di cercare,
di sperimentare
di dire di no
ad una qualsiasi autorità,
artistica e filosofica, religiosa,
sociale e anche politica.

Ignazio Silone


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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda flaviomob il 22/01/2011, 15:47

A me risulta che Ignazio Silone abbia lasciato il PCd'I nel 1930 e che da lì in poi sia tornato agli ideali socialisti, facendo parte del PSI dal 1944 essendo anche direttore de L'Avanti dal '45 al '46. Si definì successivamente 'socialista senza partito e cristiano senza chiesa'. Definizione che sento particolarmente vicina...


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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda gabriele il 22/01/2011, 15:53

flaviomob ha scritto:Non raccontiamoci troppe balle, però.
Il sistema Italia è il più corrotto d'Europa. Quello con maggiore evasione fiscale. La TAV da noi costa più del doppio che in Francia o Germania, lo stesso vale per le nuove linee di metropolitana. Le tangenti hanno seguito il precetto biblico: andate e moltiplicatevi. Le voci critiche contro questo sistema sono tacciate di veterocomunismo, insultate, isolate. La pubblica amministrazione è in parte farraginosa, inefficiente e dilaga l'assenteismo, ma la risposta è stata penalizzare chi si ammala, non chi finge di ammalarsi! La Fiat è in crisi perché non riesce a sfondare nei segmenti di alta qualità, ma la risposta è penalizzare i diritti degli operai, con la scusa dell'efficienza (e allora perché tanti cassintegrati?).
Lo stato italiano avrebbe dovuto aiutare la Fiat, nei decenni passati, esigendo in cambio una quota della proprietà, in modo da averne un parziale controllo come è per la Renault in Francia e - da parte dei laender - della Wolkswagen in Germania.
Nella stessa Germania non vi sono mai stati licenziamenti di massa eclatanti come quelli compiuti a più riprese da Fiat ed il sindacato è molto potente all'interno di Volkswagen, rappresentato nel consiglio di sorveglianza e nel comitato aziendale. Ma tutto ciò è possibile laddove la classe politica svolge un ruolo di controllo dell'interesse generale del paese e di tutela dei lavoratori, non dove crea relazioni pericolosi di commistione e vera e propria collusione con la classe imprenditoriale.
Il modello 'americano' di Marchionne rappresenta un'involuzione per gli standard europei ed è ovvio che in Germania l'abbiano aborrito immediatamente.


Flavio, personalmene non mi preoccupano i licenziamenti. Di più mi preoccupa la disoccupazione e il lavoro parasubordinato.
Riuscire ad avere uno stato sociale che riimmette il lavoratore nel mercato del lavoro in tempi brevi sostenendolo nel durante il periodo di disoccupazione, penso sia la strada giusta da seguire.

Fino ad ora è stato creato un sistema nel quale è più importante la conoscenza e la affiliazione piuttosto che il merito. E allora se si è amico del politico di turno si può avere l'appalto...se si è appoggiati da un sindacato potente, si possono avere diritti...e via così

Questa non è né libertà né democrazia, tanto meno meritocrazia.
Senza meritocrazia non può esserci competitività e senza competitività non può esserci redditività e quindi benessere.

In Italia un terzo dei lavoratori è stato assunto con contratti "atipici" o con partita IVA, per così dire "obbligatoria". Ciò accade perché in Italia non c'è lavoro. Il lavoro non c'è perché le aziende italiane non riescono a produrne a sufficienza. Ciò accade perché in Italia il mercato è limitato da un insieme di fattori. I principali sono: la mancanza di competitività fra le aziende a causa della commistione fra pubblico e privato e dei monopoli finanziari che da essa si generano; la mancanza di flessibilità nel mondo del lavoro a causa della mancanza di un solido stato sociale.

Modernizzare il Paese vuol dire liberare risorse. Per far ciò occorre seguire un percorso basato innanzi tutto sul dialogo fra le parti e sull'eliminazione dei privilegi che certi imprenditori e certi lavoratori hanno acquisito nel tempo.

Agire solo su un senso è inutile. Non porta a nulla se non all'innasprimento della contrapposizione.

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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda cardif il 22/01/2011, 16:17

Iafran, ti ringrazio per la comprensione.
Anche io comprendo chi s'incavola (pardon: s'inalbera; ma che significa: sale sull'albero?). Però mi dispiace per il sito se se ne va.
Comunque non so come interpretare l'accavallarsi della discussione tra Silone del 1940 e Marchionne del 2010. Entrambi eventi importanti, certamente. Però non vedo una analisi storica che possa farci interpretare meglio i tempi di oggi con la riflessione sugli eventi di ieri (pardon dell'altro ieri).
C'è qualcuno che è rimasto a quei tempi?
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda matthelm il 22/01/2011, 16:31

flaviomob ha scritto:A me risulta che Ignazio Silone abbia lasciato il PCd'I nel 1930 e che da lì in poi sia tornato agli ideali socialisti, facendo parte del PSI dal 1944 essendo anche direttore de L'Avanti dal '45 al '46. Si definì successivamente 'socialista senza partito e cristiano senza chiesa'. Definizione che sento particolarmente vicina...


Tanto per chiarire essendo stato Silone un mio autore preferito." Uscita di sicurezza" è uscito nel 1965 ed è il libro che meglio rappresenta la personalità di Silone, la testimonianza del suo distacco dal partito e rifiuto di ogni totalitarismo.
Lo citavo solo per sottolineare un percorso coerente ed onesto.
Se lo apprezziamo tutti e due ne sono contento.
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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda Iafran il 22/01/2011, 18:32

annalu ha scritto:
Iafran ha scritto:
ranvit ha scritto:Uscire dal Parlamento?

Ma che bella idea! Un secolo fa ci ha dato il ventennio fascista!


Ma non siamo noi (anche con te) a rimproverare tutta la classe politica di opposizione di essere troppo morbida con quella dei "masnadieri" o di essere del tutto assente nei momenti importanti?
Ci aspettiamo sempre che facesse qualcosa!
Finora cosa ha guadagnato il "politically correct"? Tante belle "risate" ("risate", è un eufemismo) da parte del "capo", che mostra sempre di più la sua "mascella"!

Mi spiace, Iafran, ma qui ha davvero ragione Ranvit: abbandonare il Parlamento significherebbe abbandonare la democrazia, e già una volta abbiamo visto a cosa questo può portare!
Certo, qui tutti rimproveriamo alle opposizioni di essere troppo morbide, ma nel senso che non sanno fare proposte concrete, e mostrano divisioni, ambiguità e tentennamenti. Cosa ben diversa dal "rimproverare" di combattere con metodi democratici.
La democrazia, mi pare, è proprio ciò che chiediamo alle opposizioni di difendere dall'assalto dei "masnadieri", e certo non si difende la democrazia, distruggendone noi i fondamenti principali, in primis il Parlamento.
Certo, mantenere la democrazia è un obiettivo minimale, per chi vorrebbe che il paese faccia progressi, ma meglio poco che niente: solo in un paese democratico che si può realizzare anche una società più giusta.

Annalù,
Il Parlamento finora ha visto “i masnadieri” fare e disfare a proprio piacimento e soprattutto a difendere il loro “capo”, e ha visto gli oppositori … condizionati in qualche modo dai “masnadieri” nelle loro mansioni principali, che dovrebbero essere quelle di difendere le istituzioni, lo Stato, non certo il loro orticello (questo non dovrebbe essere preso proprio in considerazione … non dovrebbe! Altrimenti, che passassero dall’altra parte!).
I nostri rappresentanti non ci sono riusciti prima in questo compito sostanziale, né risultano tuttora efficaci agli occhi dei loro elettori e del mondo a far rientrare tale squallida deriva “governativa” ( http://www.repubblica.it/politica/2011/ ... 66303/?rss "Italiani, ci dispiace per voi, Il Bel Paese mette tristezza").
Nella mia risposta a ranvit (Tu guarda dalla finestra (non farti toccare, mi raccomando!) ... commenta e puoi fare a meno di riflettere ... per gli altri!) era sottinteso un invito a discutere l’articolo di Paolo Flores d'Arcais ("L’opposizione lo lasci solo") e riprendevo che ci si limitava al solo commento, che, poi, è quello che viene più facile ed improvviso a tutti (me per primo).
Penso che le intenzioni dell’Autore ("abbandono delle aule Parlamentari") siano dirette a smuovere l’opposizione (“Solo con un gesto simbolico eccezionale è pensabile che una parte del ceto politico possa sottrarsi, almeno “in articulo mortis”, alla complicità omissiva e corriva con un potere che ormai è ridotto solo e inequivocabilmente a un impasto di criminalità, corruzione, violenza ricattatoria, hybris di menzogna, fetida suburra. Senza questo gesto di rottura, che consenta di sventolare di nuovo a testa alta la bandiera della Costituzione, l’opposizione rischia di compiere il passo che ancora divide la mediocrità più ottusa dal tradimento!”) e ad invitarla a fare di più per dissociarsi totalmente (moralmente, fisicamente e politicamente) dalle azioni del nostro “premier” … anche con un’azione di “extrema ratio”. L’invito non bisognerebbe scartarlo, ma raccoglierlo e agire nei modi più opportuni, ben sapendo cosa ha provocato un’azione simile in precedenza.
“L’opposizione lo lasci solo” … alle sue responsabilità senza accettare compromessi o inciuci politici (ufficiali e non), agendo sempre per farlo sentire come un corpo estraneo dannoso e parassita (un cancro, alla pari della mafia) delle Istituzioni dello Stato italiano!
Prima dell’extrema ratio ci sono tante altre soluzioni/dimostrazioni a livello parlamentare: presenza passiva, Governo-ombra, “esteriorità” visibili (colori di cravatte, foulard, etc. sull’esempio, ma con più intelligenza del cialtronesco "verde-leghista" e "azzurro-masnadiero". La maglietta “io non sono in vendita” dell’on. Bindi non ha insegnato niente?).
Ma l’isolamento politico, morale e fisico del "capo" deve essere lampante anche agli occhi degli “italianuzzi” suoi elettori, deve essere "terra terra" e dove se non nei media più popolari? (La girata di spalle del presidente Prodi alle telecamere di Rete 4, è stata forse dimenticata?).
Nei programmi televisivi non si dovrebbero accettare confronti, rapporti, dialoghi, compresenze, proprio per dimostrare una differenza sostanziale, per sbugiardare un’anomalia politica contingente, frutto della collusione mafia-politica (non supposta ma reale, in relazioni alle sentenze giudiziarie, alle inchieste in atto e prescritte, alle confessioni dei pentiti e alle loro stesse ammissioni). Per marcare, insomma, l’osservanza indefessa delle regole (scritte e tacite) del sistema civile, tutto purché in aperta autonomia e distanza dall’operato del “capo” e dei suoi “bravi” (la raccolta delle firme proposta da Bersani per chiedere le dimissioni va nella giusta direzione).

Se all’estero notassero una netta differenziazione (che l’Italia è veramente "un Paese diviso e contrapposto su tutto", nel Parlamento e nella vita comune) farebbero dei distinguo e non un unico fascio dei nostri personaggi politici e degli italiani (loro sostenitori)!
In fin dei conti la nostra economia dipende tanto dall’attrazione e dalla stima che riusciamo a suscitare fuori dai confini.
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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda pierodm il 22/01/2011, 19:13

A me risulta che Ignazio Silone abbia lasciato il PCd'I nel 1930 e che da lì in poi sia tornato agli ideali socialisti, facendo parte del PSI dal 1944 essendo anche direttore de L'Avanti dal '45 al '46. Si definì successivamente 'socialista senza partito e cristiano senza chiesa'. Definizione che sento particolarmente vicina...

Silone fa parte di quel gran numero di intellettuali di sinistra che hanno avuto un'esperienza difficile, complicata, travagliata, attraverso un'epoca altrettanto difficile, complicata e percorsa da eventi drammatici.
Sono ben pochi quelli che hanno avuto la possibilità di conoscere da vicino il regime sovietico e che non abbiano avuto delle gravissime crisi di coscienza - ne ho avuto testimonianze anche nella mia famiglia - e si tratta di esperienze che s'inquadrano in un panorama storico caratterizzato da molte "alternative del diavolo".
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Re: E' in gioco un'intera generazione

Messaggioda cardif il 22/01/2011, 21:11

Interessante: da Marchionne a Silone al regime sovietico.
Con l'avvento del fascismo, dal 1923 il PCI di allora entrò in clandestinità, dopo gli arresti per "complotto contro lo Stato" eseguiti dai fascisti (es. Bordiga).
Di conseguenza il Comintern accentuò la pressione dell'Internazionale Comunista, con la campagna di "bolscevizzazione" che obbligava ancora più fortemente ogni sezione nazionale a conformarsi alla disciplina e alle direttive di Mosca.
Caduto il fascismo, il PCI ridivenne un partito parlamentare con l'avvento della Repubblica.
Seguì una fase di ricostruzione post-bellica.
Ma già nel 1969 Berlinguer, capo della delegazione del PCI a Mosca, si dissociò dalla 'linea sovietica' e non firmò la relazione finale. Disse che la 'tragedia di Praga' aveva solo evidenziato le radicali divergenze affioranti nel movimento comunista su temi fondamentali come la sovranità nazionale, la democrazia socialista e la libertà di cultura.
E nel 1970 Berlinguer proclamò un'altrettanto inattesa apertura verso il mondo dell'industria, dichiarando che il PCI guardava con favore a un nuovo modello di sviluppo, inseriva il partito in un dibattito politico-economico fin allora considerato tabù per i comunisti.
Nel 1976 Berlinguer definì il Patto Atlantico «uno scudo utile per la costruzione del socialismo nella libertà, un motivo di stabilità sul piano geopolitico ed un fattore di sicurezza per l'Italia»
Pare che il comunismo in Italia non abbia avuto granché a che fare 'col regime sovietico' esistente in Russia. Un po' lontano nei principi e molto lontano nell'attuazione. Salvo episodi particolari e non rilevanti (scrive Piero: ben pochi hanno conosciuto ...).
Oggi siamo nel 2011 e mi chiedo: il centrosinistra la fa la lotta che chiede Iafran contro chi governa oggi l'Italia (va bè, governa è esagerato) e contro i suoi 'valori', oppure avendo il retaggio comunista deve tacere?
Fini a Reggio Calabria un'ora fa ne ha dette di cotte e di crude. Tra l'altro ha detto che si deve recuperare il senso della legalità e della moralità.
Facciamo fare tutto a lui? Strano, già l'avevo chiesto un anno e mazzo fa, in un argomento inviato qua.
Ma mo' mi so' capito bene?
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