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Andiamo a votare che è meglio...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda Robyn il 29/05/2017, 20:49

Caro ranvit questa non è la tua collocazione politica che invece stà a destra
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda Robyn il 29/05/2017, 22:08

Secondo i miei gusti ranvit ha fatto già troppi danni farebbe bene a togliere il disturbo via anche letta gentiloni franceschini pinotti ed altri democristiani al limite può rimanere solo prodi che è veramente di sinistra.La sinistra non ha bisogno di badanti.Il proporzionale in questo momento serve a ripulire la sinistra e a farne una di tipo liberale.Poi torneremo al collegio di tipo inglese
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda ranvit il 30/05/2017, 11:33

Un altro intelligentone che "casca dal pero" 8-)
Come se la situazione non la conoscessero....semmai determinata proprio dal loro chiacchiericcio! :mrgreen:
L'alternativa? :roll:




I partiti senza idee e il ritorno alla paludeI partiti senza idee e il ritorno alla palude
Il palazzo Montecitorio (agf)
Sembra che i partiti si sentano dispensati dall'obbligo di comunicare agli elettori i loro programmi e abbiano deciso di regredire in una sorta di immaturità permanente

di CLAUDIO TITO

Nel confronto di queste settimane sulla riforma elettorale e sulla data del voto, manca sempre qualcosa. Il dibattito si presenta amputato. Privato di quel nucleo essenziale che dovrebbe dare anima e sostanza a tutte le forze politiche. Quali sono gli obiettivi? Cosa intendono fare dopo le urne? Semplicemente qual è il loro programma? Non c'è nulla di tutto questo. Sembra quasi che nel tempo della transizione i partiti si sentano dispensati dall'obbligo di comunicare agli elettori i loro propositi e abbiano deciso di regredire in una sorta di immaturità permanente.

Non si spiega altrimenti quel che sta accadendo in Parlamento. I quattro principali partiti - Pd, M5s, Forza Italia e Lega - si stanno mettendo d'accordo per approvare una legge che ricalca il modello proporzionale tedesco. È doveroso che una democrazia abbia un sistema elettorale degno di questo nome. E l'Italia non ce l'ha. Ma non è solo questo in discussione. Il vero nodo si concentra nel motivo per cui queste quattro forze politiche lo scelgono: l'impotenza. Negli ultimi ventitré anni, uno schema sostanzialmente maggioritario ha costretto tutti a misurarsi con le richieste dei cittadini e a presentare loro le idee, le linee di un futuro governo. A esporre la loro natura. Adesso succede il contrario. In una sorta di ritorno al "pentapartito" della Prima Repubblica, tutto si rinvia a dopo. In un enorme bacino dell'indistinto. Il cui pericolo più concreto prende la forma di una nuova palude in cui ogni mossa sarà frenata dalla melma. Del resto ignorare che il sistema politico italiano non è quello di Berlino non può che portare a queste conclusioni. In Germania ci sono due grandi partiti, una leader riconosciuta, Angela Merkel, e il fronte populista non supera mai la soglia del 10%. In Italia la vera guida è la frammentazione e la protesta populista nei sondaggi arriva al 40%.

Basta allora osservare la traiettoria assunta dal Pd di Renzi. Un partito nato sulla vocazione maggioritaria, appare preoccupato soprattutto di ritornare al voto per dimostrare a se stesso che la sconfitta del 4 dicembre (la principale causa delle attuali distorsioni) è stata solo un incidente di percorso. Ma il leader democratico non chiarisce quali siano le sue finalità. Come intende governare il Paese. Non riesce a delineare i confini ideali del suo partito. Non può farlo. Non può presentare il suo programma reale. Perché sa che nel migliore dei casi - dopo il voto - dovrà allearsi con il partito di Silvio Berlusconi. Con il partito che il Pd ha combattuto per 20 anni e con il quale non dovrebbe condividire nulla dal punto di vista dei contenuti. Il Partito democratico avrebbe l'obbligo di rilanciare almeno un istintivo riformismo, ma è paralizzato nell'impossibilità di aggiornare il suo profilo. Anzi il ritorno alla proporzionale lo sta inconsapevolmente modificando. E questa mutazione riguarda anche gli "scissionisti" del Pd, appagati dalla speranza della sconfitta renziana.

Lo stesso riguarda Forza Italia. Berlusconi però si crogiola nella speranza di recuperare centralità senza avere più i consensi di un tempo. E senza nemmeno rinverdire gli onirici proclami mai realizzati.

Il paradosso si raggiunge con i grillini e i leghisti. Il Movimento5Stelle si sta rintanando in una posizione meramente speculativa. La paura di governare - esplosa con i disastri della giunta Raggi a Roma - spinge l'ex comico ad accettare il bottino di parlamentari che conquisterà in autunno (se davvero si voterà in autunno). Si rintana nella sua identità primordiale: quella del vaffa. Sapendo - o sperando - che se nascerà il governissimo Renzi-Berlusconi potrà ricominciare a sparare contro tutto e tutti. Senza bisogno di spiegare agli italiani cosa vogliano davvero fare per il Paese. Come può cambiare. Come affrontare la crisi dell'Unione europea e il rapporto con Trump. Come rimettere in ordine i conti dello Stato o abbassare il tasso di disoccupazione. Solo slogan inattuabili. In perfetto spirito populista. Seguito a ruota dalla Lega di Salvini già pronta a denunciare gli "inciuci". Non si tratta quindi di un novello patto del Nazareno, ma di un'intesa per la sopravvivenza che coinvolge tutti e quattro. Assecondando così il sentimento provato da molti elettori e che Zygmunt Bauman spiegava in questi termini: "Per una grande maggioranza di cittadini l'idea di contribuire a indirizzare il corso degli eventi raramente è considerata credibile".

Il ritorno alla Prima Repubblica e il tempo della immaturità portano dunque tutti questi "doni". Le classi dirigenti di questo Paese, a cominciare dai partiti che sostengono con distrazione il governo Gentiloni, dovrebbero allora riflettere prima di fare un passo indietro. Utilizzino il tempo rimanente per tentare ancora una legge elettorale che stabilisca maggioranze certe e omogenee. E soprattutto facciano ora quello che poi non si potrà più fare. Oggi su Repubblica Liana Milella e Lavinia Rivara spiegano bene quanti provvedimenti fondamentali e civili siano ancora all'esame del Parlamento. Impieghino le loro energie per approvarli. E si concentrino sulla prossima legge di Stabilità senza escogitare barocchi artifici. E soprattutto evitando di esporci al baratro dell'esercizio provvisorio e della speculazione finanziaria.

http://www.repubblica.it/politica/2017/ ... P1-S1.8-T2
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda pianogrande il 30/05/2017, 13:37

Stavo per postarlo io.

Ormai gli schieramenti si confondono anche all'interno del forum.

Una situazione che un ottimista definirebbe fluida ma che rappresenta disorientamento.

Vabe', ragazzi (o, se preferite, Signori; come diceva, un po' troppo spesso, un mio collega del periodo sindacale).
Passerà anche questa e non dimentichiamoci mai "scienza e coscienza"; nel senso che l'orientamento si ritrova sempre per quella via.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda ranvit il 30/05/2017, 17:38

Nel frattempo ben 31 senatori Pd si oppongono.....andiamo a votare che è meglio! 8-)
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda trilogy il 30/05/2017, 19:09

Ma come...d'alema speranza zagrelbesky grillo berlusconi il popolo del 60% non riescono a mettere insieme una riforma elettorale decente.. :la facessero scrivere a travaglio :mrgreen:
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda Robyn il 30/05/2017, 22:14

berlusconi ha già provocato molti danni al nostro paese e questo della legge elettorale è un ulteriore colpo inferto da berlusconi alla nostra democrazia e da tutti quelli che vanno al suo inseguimento che può essere incalcolabile ce ne renderemo conto presto.Finche si è in tempo si cerchi una maggioranza alternativa per ripristinare il collegio,si può cercare un'intesa con i piccoli.A fare danno si sono aggiunti quelli del premio che scatta al 40% hanno scherzato con il fuoco.Nel paese dei furbi e dei giocatori delle tre carte fino a quando si potrà andare avanti così?Perche con le astuzie e le furbizie non si và lontano e prima o poi i nodi verranno al pettine e i danni li pagherà ancora una volta il paese
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda ranvit il 02/06/2017, 12:48

Eccolo qua! Ci mancava solo lui nell'accozzaglia degli scafessi!
Vuole una "reunion" con gli scafessi scissionisti....come se fin'ora in questi ultimi 25 anni non si fosse perseguita sciaguratamente questa strada! :mrgreen:
Intendiamoci, questa legge elettorale che si profila fa schifo (io vorrei il doppio turno)....ma chi puo' o sa fare di meglio nella situazione attuale?





«Il proporzionale ritorno agli anni 80
Mi piaceva il Renzi dell’alternanza»
Walter Veltroni, ex segretario dem, critica il suo successore: ««La prospettiva di un governo Pd-FI è un errore gravissimo, rischia di alimentare la protesta»
di Aldo Cazzullo
L’ex segretario Pd Walter Veltroni (Imagoeconomica) shadow
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Walter Veltroni, si torna alla Prima Repubblica.
«È un momento molto importante nella storia del nostro Paese. Ne parlo con spirito di amicizia e collaborazione, non per criticare. Io, diversamente da altri, spero tutto il bene possibile per il Pd e la sua leadership. Una delle ragioni per cui la prima fase di Renzi mi aveva interessato è perché vedevo una sintonia su un tema di fondo: la costruzione di una democrazia dell’alternanza; i governi decisi dai cittadini; la sfida riformista».
Ora il Pd di Renzi si prepara a votare il proporzionale.
«Quando sono andato all’assemblea del Pd, cosa che non facevo da anni, ho detto: se si torna al proporzionale e ai governi fatti dai partiti, e magari si rifanno Ds e Margherita, non chiamatelo futuro; chiamatelo passato. Sono rimasto di questa idea. E sono molto preoccupato dal fatto che il mio Paese torni agli anni 80. È una svolta radicale, che rischia di accentuare drammaticamente l’impossibilità per l’Italia di conoscere il riformismo».
Si sente tradito da Renzi?
«Tradito no, non è un sentimento che coltivo. Sono stupito. L’ispirazione su cui il Pd è nato in questi anni è costruire un sistema politico civile e moderno. Qui si passa dalla demonizzazione dell’avversario all’accordo di governo con lui».
Anche lei trattò con Berlusconi la riforma elettorale.
«È vero. Le regole del gioco si fanno insieme; ma per la democrazia dell’alternanza, contro gli accordi fatti dopo il voto anziché prima del voto. Noi invece stiamo precipitando lì. Questo sistema senza nessun premio di governabilità rappresenta un paradosso; mi pare una conclusione tragicomica per una legislatura che ha avuto tre governi diversi. Ricordo quando Renzi diceva che la sera delle elezioni si deve sapere chi governerà. Ora faccio fatica a immaginare un Paese guidato da una delle due coalizioni che si possono formare».
Quali?
«Lega e 5 Stelle: se Grillo avrà più voti del Pd, il primo incarico di governo spetterebbe a lui. Oppure Pd e Forza Italia: un’alleanza di governo innaturale».
Un’alleanza nata già dopo il voto del 2013.
«Appunto: un’anomalia. Il segno di una fibrillazione iniziata con il declino di Berlusconi. Ma poi Renzi ha governato con una maggioranza in cui si vedeva molto forte la linea e il ruolo del Pd. Il proporzionale aggrava l’instabilità e i rischi di un attacco della speculazione finanziaria, che solo un governo stabile e riformista ci può consentire di evitare».
Non sarebbe la prima volta neppure per un patto Renzi-Berlusconi: c’è già stato il Nazareno.
«Io ho sempre difeso l’approccio con cui Renzi si era mosso anche incontrando Berlusconi: si dialoga sulle regole del gioco; ma poi quella sana distinzione tra innovazione e conservazione che fa la differenza tra sinistra e destra moderne si deve stagliare. Invece la prospettiva cui ci siamo avvicinando è un governo Pd-Forza Italia. Un errore gravissimo: perché non riesco a immaginare un riformismo possibile; e perché rischia di alimentare gli elettorati di protesta, offuscando quell’immagine di innovazione che il Pd ha sempre avuto».
C’è stato il referendum. Renzi riconosce che il suo sogno è morto il 4 dicembre.
«Ma così il Pd si alleerebbe con la forza che con maggiore determinazione ha condotto la campagna per il No. Io ho votato Sì, convinto che il Paese avesse bisogno di velocizzare e mettere in trasparenza i processi decisionali. Penso che la vittoria del No sia stata un errore, perché ha bloccato un processo di innovazione istituzionale di cui l’Italia ha grande bisogno. Sono da tempo angosciato per la crisi della democrazia. Il ritorno al proporzionale, con i governi di coalizione larga in cui ogni componente può chiedere potere in cambio del voto di fiducia, la aggraverebbe».
È pur sempre il sistema tedesco.
«Non è il sistema tedesco. Non c’è la sfiducia costruttiva. Ci sono 5 anni di fibrillazione e lacerazioni interne ai partiti, che con il proporzionale si sentiranno liberi di fare tutto quel che vogliono. C’è il trionfo del trasformismo. Già in questa legislatura ci sono stati 491 cambi di casacca; si figuri nella prossima. Stavolta lo dico io: voglio un Paese in cui la sera delle elezioni si sappia chi ha vinto. E lo dicono anche Romano Prodi e Arturo Parisi. Per il Pd la costruzione di due schieramenti tra loro alternativi è la condizione della sua esistenza».
Teme che il proporzionale causi la definitiva implosione del Partito democratico?
«Il proporzionalismo di per sé aumenta la frammentazione, al di là della soglia di sbarramento (e voglio vedere alla fine dove la metteranno), e induce a fare campagna contro le forze che sono più vicine. Lo sbarramento agevolerà la costruzione di un soggetto politico alla nostra sinistra, e l’accordo con Berlusconi le regalerà una formidabile arma di campagna elettorale: gli scissionisti la faranno tutta contro il “connubio”, presentandosi come l’unica voce della sinistra. Sarà lo stesso argomento di Grillo e Salvini. Un bel paradosso: rischiamo di finire in un governo con Berlusconi per non aver voluto una legge con premio di coalizione, che ci avrebbe fatto trovare un equilibrio con forze che fino a pochi mesi erano nel Pd. O con Pisapia».
Ma è difficile fare una legge che produca il bipolarismo, se i poli sono tre.
«A me non sarebbe dispiaciuta una coalizione di centrosinistra con un ticket Renzi-Pisapia. Giuliano ha votato Sì al referendum. Si potevano fare primarie di coalizione. Un’alleanza corta tra il Pd e Pisapia potrebbe avvicinare il 38-40%, una soglia a cui sarebbe ragionevole fissare un premio di maggioranza».
Renzi le risponderebbe che non ci sono i voti in Parlamento. Se non per il proporzionale.
«Mi viene in mente una scena di Ecce Bombo: all’esame il professore chiede quanto fa 2 alla terza, e il ragazzo comincia a sparare una cifra dopo l’altra, sino a 7 milioni e 400 mila. Siamo passati dalla posizione più maggioritaria — l’Italicum — al proporzionale, attraverso il Mattarellum, il Provincellum, il Rosatellum. Ma non è la stessa cosa. Quali sono le urgenze? Stabilità, velocizzazione, e — per me — riformismo. Il proporzionale le esclude tutte e tre. E poi siamo sicuri che Pd e Forza Italia avrebbero la maggioranza? Rischiamo una instabilità totale, come ai tempi dei governi balneari. E una certa politica si nutre di instabilità, la adora; perché è una grande leva di contrattazione del potere. Se questa leva la togli ai partiti e la metti in mano ai cittadini ogni cinque anni, le cose cambiano».
Anche in Germania c’è una coalizione larga.
«Ma Berlusconi non è Angela Merkel. Forza Italia e il Pd non sono la Cdu e l’Spd, hanno altre tradizioni, altre storie. Io ho cercato di svincolare la sinistra dall’idea di un’alleanza contro qualcuno; e ora ci alleiamo con Berlusconi contro Grillo? Anche solo adombrare una simile ipotesi significa aiutarlo. Il Pd ha rotto con Berlusconi sull’elezione del presidente della Repubblica, quando su Mattarella era possibile costruire un consenso ampio come riuscii a fare attorno a Ciampi; e ora pensa di andare con Berlusconi al governo? Con quale linea sull’immigrazione? E sulle riforme istituzionali? La storia italiana ci insegna che quando si va in confusione si creano pasticci che non finiscono mai bene».
Mattarella chiede un consenso più largo possibile sulla legge elettorale.
«E ha ragione. Ma la cosa è nata da un’intervista di Berlusconi, che ha proposto uno scambio: proporzionale, che interessa a lui; e voto subito, che interessa a Renzi».
Sbaglia?
«Da persona che sta fuori dalla politica ma la guarda con passione, non voglio fare polemica con il segretario che ho votato alle primarie. Voglio dargli un consiglio, anche se Renzi non ama i consigli e non ama le persone che ragionano con la loro testa. Non si faccia prendere dalla febbre di giocare una partita di rivincita a breve. Chiuda la prospettiva del governissimo. Altrimenti i nostri avversari la useranno contro di noi, in nome proprio dell’innovazione. Ci strapperanno la nostra bandiera. E rischiamo un insuccesso elettorale che va assolutamente evitato. Perché sarebbe un disastro non tanto per noi quanto per il Paese».
Enrico Letta ha detto al Corriere che potrebbe non votare Pd. Lei?
«No, io lo voterò comunque».
E la Rai?
«La Rai rischia di perdere a favore di Mediaset i talenti che ha costruito in decenni, per una norma approvata in Parlamento in una delle ventate di demagogia. La Rai non può tornare a essere pallina da ping-pong nel tornado della politica. Invece è ancora la politica a decidere se l’amministratore delegato deve andarsene; e il criterio è il modo in cui ha gestito l’informazione. Ancora non si capisce che i grandi orientamenti di massa non sono determinati dai tg o dai talk-show, ma dal flusso culturale. Il successo di Berlusconi fu figlio di Dallas e di Dinasty, non di Emilio Fede. La Rai è un’azienda; senza autonomia, è morta».
La Rai non è mai stata autonoma dai partiti.
«Ma il partito di Agnes e Zavoli era la Rai. Oggi sento esponenti del Pd dare giudizi sprezzanti sullo speciale per Falcone: il meglio del servizio pubblico».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1 giugno 2017 (modifica il 1 giugno 2017 | 23:09)

http://www.corriere.it/politica/17_giug ... 03b5.shtml
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda Robyn il 02/06/2017, 13:56

Anch'io sono favorevole al doppio turno ma caro ranvit devi vedere come puoi riuscire a renderlo compatibile con il senato per evitare maggioranze diverse.Al ballottaggio entra chi ha superato il 12,5% come in Francia per evitare forme di dispetto.In Francia la legge è incardinata sui collegi uninominali.Questa legge sarebbe anche perfettamente costituzionale perche la costituzione afferma che c'è l'elezione diretta dei senatori,quindi devi ricalcarla sul collegio uninominale.Il pasticcio di renzi è stato quello di delineare una legge a doppio turno ricalcandola sul proporzionale,ma al senato il premio è regionale.Perfettamente costituzionale perche la legittimazione popolare c'è al secondo turno.Per ex in Francia Macron ha avuto il 25% al primo turno ma poi al secondo turno è stato legittimato dal 60% dei francesi.Quindi la stessa cosa è per i partiti
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PS art 58 della costituzione < I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno compiuto il venticinquesimo anno di età >
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Re: Andiamo a votare che è meglio...

Messaggioda Robyn il 02/06/2017, 16:05

Il sistema elettorale francese è compatibile sia con la democrazia parlamentare che con quella semi presidenziale quindi sarebbe inutile argomentare che porta al semi-presidenzialismo.Permette anche degli apparentamenti lasciando dei collegi liberi,questo permette di dare rappresentanza anche ai partiti minori e se non si entra al ballottaggio in qualche collegio si può anche dire per ex votate Pisapia collegio Milano 3 tanto per fare un'esempio
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