Il Foglio non perde occasioni per tentare una legittimazione di regimi disonesti e disastrosi come quelli della staffetta Craxi-Berlusconi.
Abbiamo problemi più attuali.
Stenderei un velo pietoso.
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Forcolandia
Pubblicato il 15/12/2016
Ultima modifica il 15/12/2016 alle ore 06:48
MASSIMO GRAMELLINI
La situazione è grave ma non seria, disse una volta e per sempre Flaiano. Ieri un gruppo di figuri in precario equilibrio sulla grammatica - qualificatisi come emissari di quel movimento dei Forconi il cui capo girava in Jaguar - ha circondato l’ex deputato Osvaldo Napoli in uno dei vicoli che costeggiano il Parlamento per leggergli un mandato d’arresto infarcito di articoli del codice penale. Napoli è uomo mite e gentile. Poiché la zona adiacente alla Camera è da tempo un set a cielo aperto dove scorrazzano jene e gabibbi, ha stropicciato la faccia nel sorriso di chi sa di doversi sottoporre a una goliardata e non vuole passare per privo di spirito. Ma all’improvviso la scena è cambiata. I figuri lo hanno afferrato per le braccia e il loro portavoce ha invocato l’intervento di una camionetta parcheggiata nei paraggi, strillando: «Maresciallo, lo arresti!». Che l’Italia sia l’unico luogo al mondo dove i sovversivi pretendono di fare la rivoluzione d’accordo con i carabinieri era già stata un’intuizione di Montanelli. Nel parapiglia, mentre si cercava di capire chi dovesse arrestare chi, Napoli è riuscito a svignarsela.
La situazione rimane poco seria, ma diventa sempre più grave. Con vena profetica, sul «Foglio» di due anni fa Mario Sechi preconizzava l’evento di ieri, analizzando le condizioni sociali ed economiche che, come negli Anni Venti del secolo scorso, stanno di nuovo trasformando l’Italia nella culla delle rivolte di un popolo cupamente arrabbiato e facilmente manipolabile dagli avventurieri bramosi di farsi regime. Forcolandia. La differenza rispetto al passato è che stavolta sappiamo. Perciò non avremo scuse.
Poletti: "Centomila giovani in fuga? Conosco gente che è bene non avere tra i piedi"
Il ministro del Lavoro sulla fuga dei cervelli: "Conosco gente che è bene sia andata via, questo Paese non soffrirà a non averli tra i piedi". E sui rimasti: "Non sono tutti dei pistola"
19 dicembre 2016
Se 100mila giovani se ne sono andati dall'Italia, "non è che qui sono rimasti 60 milioni di 'pistola'". Un'uscita destinata a far discutere, quella del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a colloquio con i giornalisti a Fano. Il ministro del Lavoro, che pochi minuti prima aveva difeso il Jobs Act del governo e aperto alla possibilità di rivedere le norme sui voucher, anche alla luce dei dati Inps sulla loro costante crescita, ha lanciato il sasso sulla ormai annosa questione della fuga dei cervelli.
"Intanto - ha sostenuto Poletti - bisogna correggere un'opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei 'pistola'. Permettetemi di contestare questa tesi". E ha poi aggiunto con una stilettata destinata a far discutere: "Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi".
LEGGI. Quei tremila cervelli in fuga da un'Italia che non saprebbe che farne
Detto questo, ha concluso il ministro del Lavoro, "è bene che i nostri giovani abbiano l'opportunità di andare in giro per l'Europa e per il mondo. E' un'opportunità di fare la loro esperienza, ma debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro Paese. Dobbiamo offrire loro l'opportunità di esprimere qui capacità, competenza, saper fare".
REPDATA. I numeri dell'Esodo
Un paio di mesi fa era stato l'allora primo ministro, Matteo Renzi, a puntare il dito contro la "retorica della fuga dei cervelli", durante un intervento in Toscana. Poco prima di partire per la cena negli Stati Uniti con il presidente Barack Obama, parlando dalla Scuola Superiore Sant'Anna Renzi aveva attaccato: "Non continuiamo con la retorica della fuga dei cervelli. Il punto centrale è che bisogna trovare il modo di essere attrattivi". E ancora: "Bisogna aprirsi alla competizione internazionale, trovare il modo di essere attrattivi".
Il più rapido a rispondere alla 'provocazione' di Poletti è stato Pippo Civati, che in una nota ha attaccato: "Visto
che i giovani hanno votato in massa 'no' al referendum costituzionale, la linea di Poletti è quella di fargliela pagare con dichiarazioni insulse e rancorose, di bassissimo profilo trattandosi di un ministro della Repubblica", chiosando con un "incommentabile".
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