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Toscana, il governatore Rossi fonda la corrente dei "curdi" contro i "giovani turchi" del Pd
Il presidente della Regione determinato a sfidare Renzi nelle primarie per la segreteria nazionale, si schiera con i fautori del congresso e sta già lavorando alla costruzione dello staff
di MASSIMO VANNI
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15 dicembre 2016
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Toscana, il governatore Rossi fonda la corrente dei "curdi" contro i "giovani turchi" del Pd
Il governatore toscano Enrico Rossi insieme al curdo Kosrat Rasul Ali
Congresso Pd, i renziani lanciano la "coscrizione" per l'assemblea nazionale di domenica. L'ordine di scuderia è portare a Roma tutti gli eletti. Nessuno escluso: per votare le modifiche statutarie che servono per saltare tutti passaggi, dai congressi di circoli a quelli di federazione, e andare subito alle primarie nazionali, serve la maggioranza assoluta degli aventi diritto. E già da un paio di giorni, nella sede dem di via Forlanini, sono scattate le telefonate. Una per ogni renziano toscano eletto. Tutte quante con lo stesso oggetto: essere presenti domenica. Una "coscrizione" che vale per l'intero pattuglione renziano, all'incirca il 70% dei 76 eletti del 2013. Perché sebbene le discussioni sotto il tetto del Pd continuano ad essere tese e serrate, la road map dell'ex premier non cambia: primarie nazionali il 26 febbraio o il 5 marzo e voto a giugno. La sinistra bersaniana è in subbuglio, minaccia di "rompere" di fronte a "evidenti forzature": continua a chiedere perché fare adesso il congresso, perché Renzi non intende presentarsi dimissionario all'assemblea di domenica. E soprattutto perché si cercano solo primarie-plebiscito pro Renzi e non si fa invece un congresso con tutti i passaggi.
Perfino tra i renziani, sebbene nessuno esca allo scoperto, si avvertono perplessità sull'accelerazione impressa dall'ex premier. Ma lo schema di gioco non cambia. Anzi: "Il futuro esiste, è alla nostra portata. Primarie aperte, non limitate agli iscritti come vorrebbe la sinistra interna. Adesso o mai più", chiedono i consiglieri regionali turborenziani Giacomo Bugliani di Massa Carrara e Stefano Scaramelli di Siena.
Il governatore Enrico Rossi, determinato a sfidare Renzi nelle primarie per la segreteria nazionale, si schiera con i fautori del congresso: "Non mi pare che questo governo possa durare all'infinito, quindi prima della sua caduta ci vorrà un congresso", sostiene. Del resto Rossi sta già lavorando alla costruzione dello staff. E in vista della corsa congressuale lancia la propria corrente dei "curdi". Diversa da quella bersaniana e anche da quella dei "giovani turchi". Perché chiamarsi "curdi"? Perché come i curdi sfidano la doppiezza di Ankara e le ambiguità di Erdogan, i "curdi " di Rossi competono "con la sinistra
subalterna di Orlando e Orfini e con il califfato rappresentato dal capitalismo finanziario ", spiegano i suoi collaboratori. "Evocare i turchi e il genocidio degli armeni fu infelice: almeno i curdi, che non vorremmo certo replicare per litigiosità, si battono eroicamente contro nemici più grandi loro", si aggiunge. Premesse militanti che svelano come il governatore, per ora unico sfidante di Renzi in campo, sia ormai pronto alla gara.
ranvit ha scritto:Non è detto....vediamo che legge elettorale riuscirà ad ottenere Renzi
Robyn ha scritto:Il fatto che i ministri devono essere di origine parlamentare cioè scelti dagli elettori è dovuto all'esigenza di controllare che si applichi il programma scelto dagli elettori.Questo è il governo parlamentare che controbilancia il primo ministro in uso in Gran Bretagna.Il primo ministro che fà e disfà tutto a suo piacimento,in altri paesi europei,è solo una leggenda metropolitana.Il parlamento invade la sfera del governo,cioè ti ho mandato i miei soldati per controllare il tuo operato
Gentiloni non seguirà il percorso segnato da RenziGentiloni non seguirà il percorso segnato da Renzi
L'attuale presidente del Consiglio ha dichiarato che il suo governo cesserà di esistere quando gli sarà stata tolta la fiducia. E chi può toglierla se non Matteo, e con quali esiti sulla campagna elettorale?
di EUGENIO SCALFARI
18 dicembre 2016
PRIMA che l’incarico di formare un nuovo governo fosse conferito dal presidente della Repubblica a Paolo Gentiloni, io scrissi che Matteo Renzi avrebbe dovuto esser lui a proseguire. Il referendum sulla riforma costituzionale vinto dai No con una affluenza record non imponeva le dimissioni al governo in carica, potendo senz’altro continuare. Il presidente Sergio Mattarella fece infatti pressioni in questo senso proprio per consentire stabilità e governabilità fino alla fine della legislatura nel 2018. Scrissi anche che Renzi avrebbe dovuto trasformarsi da leader politico a statista, due dizioni profondamente diverse tra loro e scrissi anche che avrebbe dovuto tener presenti gli esempi di Camillo Benso conte di Cavour e di Garibaldi, di spirito rivoluzionario dotati.
Questi due esempi mi furono contestati da molti critici: come si poteva avvicinare a Renzi nomi come quei due, protagonisti del Risorgimento? Con critiche a mio avviso profondamente sbagliate: gli esempi del passato fanno parte del presente e di un passato culturale indispensabile alla politica. Non a caso Mazzini aveva studiato Marx e Cavour aveva letto con attenzione Machiavelli e Guicciardini. A me non dispiace affatto esser criticato e spesso lo merito, ma mi piace anche rispondere quando penso d’aver ragione.
Renzi comunque non accettò l’offerta del presidente della Repubblica. E propose a sua volta un governo presieduto da Gentiloni che avrebbe del resto seguito i suoi suggerimenti nella formazione del Ministero, il che in gran parte avvenne. Quanto a Renzi, si sarebbe dedicato al partito del quale è tuttora segretario. Un partito che nel voto referendario ha ricevuto il 40 per cento, una cifra importante e compatta, mentre i No non hanno un Capo che li guidi, in gran parte sono voti di grillini e di intellettuali e di giovani e di lavoratori disoccupati e animati da rabbia sociale. L’obiettivo di Renzi è di arrivare allo scioglimento delle Camere entro giugno senza più ballottaggio ma con un sistema proporzionale e premio di maggioranza. Naturalmente Gentiloni lo seguirà e ne avrà meritata ricompensa, così come l’avranno Boschi e Lotti. Gentiloni lo seguirà nell’attuazione di questo disegno? E Grillo sarà messo fuori causa dalle grane di questi giorni?
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Gentiloni probabilmente non lo seguirà e tanto meno il presidente Mattarella che detesta di dover sciogliere le Camere molto prima della scadenza della legislatura. Del resto, su questo punto sono d’accordo il presidente del Senato, Pietro Grasso, la presidentessa della Camera Laura Boldrini, il presidente emerito Giorgio Napolitano e forse a titolo personale il presidente della Corte Costituzionale. Per quanto riguarda l’Europa, Renzi non gode più di buona stampa a Bruxelles. Questo non se lo merita. Per rafforzare l’Europa ha fatto molto, è stato l’aspetto più meritorio della sua politica, ma probabilmente è proprio questa la ragione della sua impopolarità a Bruxelles. Il rafforzamento dell’Europa disturba i nazionalismi degli stati confederati che non vogliono affatto la perdita del potere: il nazionalismo francese, quello spagnolo, quello olandese, quello belga, per non parlare della Germania ancora impigliata nelle elezioni politiche.
Purtroppo, a questa meritevole politica europea, Renzi non ha aggiunto purtroppo un’altrettanto meritevole politica economica e sociale in Italia. Del resto è proprio questa difettosa politica economica ad avere scatenato la rabbia sociale manifestata con i No referendari. Il 60 per cento degli italiani aveva questo in corpo contro il 40 per cento dei Sì, ma quel 40 non è affatto di Renzi. A guardar bene i voti renzisti si aggirano sul 25, massimo 30 per cento. E il Pd non è affatto compatto, la dissidenza interna è molto critica e non lo seguirà, D’Alema non lo seguirà, Franceschini non lo seguirà. Ed infine Gentiloni non lo seguirà. Non a caso, l’attuale presidente del Consiglio ha in varie sedi dichiarato che il suo governo cesserà di esistere quando gli sarà stata tolta la fiducia. E chi può toglierla se non Renzi? Con il suo 30 per cento? Si può tollerare questo sforzo? Con quali effetti sulla sua campagna elettorale?
L’esame di questa situazione ci fa pensare che Gentiloni porterà il suo governo fino al 2018 in pieno accordo con Mattarella. Poi si vedrà. Ci sono personalità di buon conio da sperimentare a sinistra, cominciando dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia e non è il solo. Caro Matteo, se avessi tenuto a mente Cavour e Garibaldi forse non saresti a questo punto. Mi rammarico per te e per l’Italia.
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