Venezuela, Maduro e il requiem chavistaPer la stessa ammissione del leader del Venezuela Nicolás Maduro, per salvare l’economia venezuelana servirà un miracolo. Il che pare più verosimile che cercare di risolverne i problemi strutturali mettendo nei supermercati scanner d’impronte digitali per razionare gli acquisti. Con un tasso d’omicidî superiore a quello europeo d’oltre 70 volte, e un numero assoluto d’omicidî superiore a quello USA nonostante una popolazione 10 volte inferiore, il fatto che in Venezuela manchi spesso la carta igienica nei supermercati potrebbe sembrare un problema secondario. Eppure, si tratta di due fenomeni con una causa in comune: il chavismo.
La carenza di carta igienica ha raggiunto livelli paradossali: Trinidad e Tobago ha recentemente proposto di comprare petrolio in cambio di carta igienica. Il problema sono i controlli dei prezzi. Più il prezzo è alto e più si cerca di vendere, e più il prezzo è basso e più si cerca di comprare; quantità domandata e quantità offerta si uguagliano a un particolare prezzo, e qualunque tentativo d’imporne uno più basso causa un eccesso di domanda, e cioè scaffali vuoti e file alle casse. Un ragionamento la cui logica è ancor più forte della cocciutaggine dei governi nel cercare di negarla. La moneta venezuelana, a furia di stampare bolívar, non vale più niente, e l’inflazione è fuori controllo; i controlli dei prezzi causano file e razionamenti, ma sono lo strumento che i governi usano per incolpare i mercati, un po’ come quando si parla degli «speculatori».
Prima d’Hugo Chávez, venuto al potere nel 1999, il tasso d’omicidî era un quarto di quello attuale. Oggi, gruppi armati rapinano le industrie, magari con gli stessi slogan con cui il governo le tassa e le nazionalizza: giustizia sociale e ridistribuzione. Il che non aiuta però la crescita: se è così facile rubare, perché lavorare e investire? I produttori farebbero volentieri a meno dei rapinatori, ma i secondi non possono fare a meno dei primi. Chávez ha armato per anni gruppi paramilitari affini alle sue idee populiste, e squadracce in camicia rossa sono responsabili di molti omicidî. Difficile dire se ciò spieghi o no una parte cospicua dell’incremento della criminalità, ma la situazione è così fuori controllo che recentemente, secondo l’Istituto Internazionale per gli Studi Strategici, Maduro ha dovuto protestare contro la violenza dei chavisti. E chissà da chi questi ultimi avranno preso il nome, e le armi…
Non tutti i problemi del Venezuela derivano da Chávez e dal suo mesto epigono. Col petrolio in caduta da più di 110 dollari a meno di 50 al barile, l’economia venezuelana comunque avrebbe vissuto una gravissima crisi, poiché il petrolio rappresenta gran parte dell’export del Paese.
Secondo il Dipartimento dell’Energia USA, il petrolio venezuelano è sour, cioè ad alto tenore di zolfo, e richiede forti investimenti e tecnologie avanzate per l’estrazione e la raffinazione. Negli ultimi anni, grazie anche alle nazionalizzazioni di Chávez, la produzione è calata però di quasi mezzo milione di barili al giorno. Lo stesso vale per le raffinerie. Il ciclo del prezzo del petrolio ha prodotto «dividendi» (come in Europa l’introduzione dell’euro) che sono stati investiti non per accumulare capitale fisico e umano, ma per comprare voti e consensi. E, ora che, come in Europa, quei dividendi sono scomparsi, l’economia è al collasso, e la politica è incapace sia di mantenere in piedi il sistema clientelare-assistenziale, sia di fare le necessarie riforme. Per tenere in equilibrio i conti pubblici, il Venezuela ha bisogno del petrolio al di sopra dei 100 dollari, e quindi il collasso fiscale sembrerebbe ormai inevitabile. I controlli sulla valuta e sui capitali sono la risposta tipica di chi non può o non vuole risolvere i problemi, ma vuole posticipare la resa dei conti. L’inflazione, del resto, ha raggiunto livelli impressionanti: se avesse ragione la Banca centrale del Venezuela, saremmo al di sopra del 60%, ma per alcuni ha superato il 100%.
La situazione del Paese è disperata, in gran parte per responsabilità dei governi chavisti. A parte il tonfo del prezzo del petrolio, tutti gli altri disastri sono il risultato di specifiche politiche economiche, e anche lo spreco delle rendite del boom petrolifero per il finanziamento di politiche populiste è stato un’esplicita scelta. Come tutti i regimi, quello chavista cercherà di sopravvivere con un misto di propaganda, interventismo e repressione. Avremo quindi ancora per molto tempo a che fare con spiegazioni speciose sul perché della crisi, controlli dei prezzi per nascondere l’inflazione, e soprattutto morti e violenze nelle strade.
La «democrazia» populista non è una forma stabile di governo: necessariamente prima o poi il regime chavista collasserà sotto il peso dell’incompetenza, della demagogia e della violenza politica. Il problema è capire quante decine o centinaia di migliaia di vite, e quante centinaia o migliaia di miliardi di dollari di capitali, verranno distrutte nel processo.
http://thefielder.net/13/03/2015/venezu ... -chavista/
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)