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Sul concetto di Giusta Causa

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda Robyn il 05/10/2014, 14:11

la flexsecirity è costosa se si usa il contratto a protezioni crescenti.Infatti se nei primi tre anni si può licenziare solo dietro un compenso quando costerà la flexsecurity?Meglio i contratti a termine con un limite di due anni alla reiterazione e con l'indeterminato meno costoso che induce ad assumere a tempo indeterminato.Altra cosa è che l'indennizzo per gmo e discipinari è importante perche sostituisce la reintegra che il giudice può solo intimare ma non imporre,senza l'indennizzo sarebbe il far west.Altro tema è che se la modifica vale solo per i nuovi assunti non si supera l'apartheid e si rischia di scaricare tutta la flessibilità solo sù una parte.Per concludere la precarietà.La precarietà danneggia la domanda e la produttività in breve la competitività del paese
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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda trilogy il 05/10/2014, 17:12

flaviomob ha scritto:Tutto giusto ma, come hanno già detto Bersani ed altri, la flexicurity è costosa.

Un sussidio di disoccupazione che dopo un pò scende a 700 euro al mese non permette di sopravvivere ad una famiglia che ha anche solo un mutuo o un affitto da pagare.


700 euro saranno pochi però molti lavoratori che perdono il posto, non hanno neanche quelli.
Se accanto ai 700 euro metti dei pacchetti di servizi per la riqualificazione del lavoratore, agenzie dell'impiego che servono a qualche cosa, anche la possibilità di posticipare le rate di un mutuo (alcuni contratti bancari già lo prevedono) ottieni un sistema diverso che può funzionare.
Altrimenti prendiamo atto con Bersani ed altri che tutto va bene, viviamo in un paese perfetto , smettiamo di lamentarci e di chiedere cambiamenti.
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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda flaviomob il 06/10/2014, 10:54

Sì, d'accordo, ma se vogliamo convincere i lavoratori dipendenti che la flessibilità in uscita è tanto bella e l'articolo 18 un ferrovecchio, dobbiamo impostare un modello universale di welfare che regga il confronto con quelli europei.


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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda trilogy il 06/10/2014, 12:35

flaviomob ha scritto:Sì, d'accordo, ma se vogliamo convincere i lavoratori dipendenti che la flessibilità in uscita è tanto bella e l'articolo 18 un ferrovecchio, dobbiamo impostare un modello universale di welfare che regga il confronto con quelli europei.


su questo perfettamente daccordo. La truffa italiana in tutte le riforme è che si modifica una parte e si lascia il resto invariato. Allunghiamo l'età pensionabile! Va bene, poi un lavoratore rimane senza lavoro a 50 anni e muore di fame; Introduciamo contratti flessibili! Va bene, poi un collaboratore a progetto rimane senza lavoro e muore di fame; avrà una pensione miserabile ecc. ecc.

Tra l'altro io penso che in linea di massima l'art. 18 sia in gran parte, un falso problema.
L'aspetto critico è tutto il contenzioso in tribunale, i costi che si porta dietro, e l'assoluta imprevedibilità del risultato del procedimento.
Quello che andrebbe apprfondito è se il nanismo delle imprese italiane è correlato all'articolo 18.
Il 99% delle imprese rimane sotto alla soglia di applicazione.
Sperimentiamo se alzando la soglia di applicabilità si generano assunzioni e crescita delle dimensioni medie delle imprese. Ad esempio per i prossimi 5 anni le aziende che passano da meno di 15 dipendenti a 50 non rientrano nella normativa. Vediamo se in questo modo si genera una crescita media delle dimensioni aziendali in Italia. A quel punto ci sarebbe un dato su cui riflettere seriamente.
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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda Robyn il 06/10/2014, 18:28

l'art 18 così come modificato non è neanche costituzionale perche non prevede il ricorso al giudice,e questo dimostra l'incompetenza della nostra classe dirigente.Tutti i cittadini hanno diritto di difendersi in ogni stato e grado del procedimento art 24 della cost
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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda flaviomob il 07/10/2014, 0:13

Io ho lavorato in un'azienda di consulenza informatica che negli anni novanta è passata da <15 a 16 dipendenti senza conseguenze, poi è scesa nuovamente e successivamente i soci, in vista di tornare sopra i 15, hanno deciso di costituire una seconda società che si occupava prevalentemente di corsi e formazione in cui però facevano confluire i nuovi assunti.

Evidentemente, la legge è facilmente aggirabile da questo punto di vista e non giustifica (se non formalmente) il nanismo.


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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda flaviomob il 07/10/2014, 18:54

Tornando alla mia precedente domanda, se io avessi un capitale da investire non credo proprio che sceglierei il nostro paese, a meno di puntare su di un'azienda tipo Luxottica o Geox, ma rimangono "perle rare"... Mi sbaglio?


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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda ranvit il 07/10/2014, 19:14

Il problema non esiste..... :lol:



Comunque proprio oggi ho letto da qualche parte che una società cinese ha comprato due aziende italiane di olio d'oliva....
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda franz il 07/10/2014, 20:56

è iniziata la stagione dei saldi?
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Re: Sul concetto di Giusta Causa

Messaggioda flaviomob il 08/10/2014, 9:43

Qualche precisazione: dopo la legge Fornero, il ricorso relativo alla legittimità o meno del licenziamento si propone entro sei mesi, il giudice decide normalmente dopo una o due udienze in tempi piuttosto brevi; giusto per avere un'idea, dando un occhio a qualche caso recente: licenziamento 11 febbraio 2013, decisione 7 ottobre 2013 (Tribunale di Milano); licenziamento 17 settembre 2013, decisione 6 giugno 2014 (Tribunale di Busto Arsizio).

Se il giudice ordina la reintegrazione, il risarcimento non può essere superiore alle dodici mensilità (salvo l'ormai mitico caso della discriminazione); se il licenziamento viene dichiarato illegittimo, ma non viene disposta la reintegrazione (il che, dopo la riforma Fornero, avviene in molti casi), da 12 a 24 mensilità. Quindi, rispetto a quanto lei ha scritto questa mattina, nessuna attesa di anni e anni per la decisione, né alcuna possibilità per i furbacchioni di far durare a lungo la causa per far lievitare il futuro risarcimento. Detto questo, se si ritiene che il problema sia costituito dal fatto che in molte parti d'Italia i giudizi sono troppo lenti (il che è vero e grave), mi pare che si debba intervenire su quel tema e che l'idea di affrontarlo rimuovendo le tutele sia davvero stravagante, tanto più da sinistra.

Quanto poi al fatto che con il jobs act si voglia mettere mano alla precarietà, segnalo che, come è noto a chiunque abbia una vaga dimestichezza con la materia (imprenditori, lavoratori, famiglie, sindacalisti, rappresentanti di Confindustria, consulenti del lavoro, avvocati, giudici e così via) il contratto a tempo determinato è stato in questi anni lo strumento di gran lunga più in voga per tenere i lavoratori in condizione di permanente incertezza. Fino a un paio di anni fa era prevista una regola banale ed efficace: per assumere a termine bisogna che ci sia un'esigenza contingente, a termine, appunto. La presenza di quella regola ha consentito in questi anni a migliaia di lavoratori di ottenere la stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro, dopo la triste e consueta serie infinita di assunzioni, intervalli, nuove assunzioni, proroghe, pause e quant'altro.

Quel principio è stato dapprima scalfito dalla legge Fornero (niente causale per il primo contratto, della durata massima di un anno) e poi letteralmente demolito dal governo Renzi con il così detto decreto Poletti (niente causale per tre anni). Ora, affermare di voler combattere la precarietà dopo aver liberalizzato totalmente il contratto a tempo determinato è un'evidente contraddizione in termini.

Un sassolino nella scarpa: mi piacerebbe davvero che lei dedicasse un paio d'ore del suo tempo per fare un giro in uno studio come il nostro, dove ci si occupa di tutelare i lavoratori, e avesse modo di avere un'idea di quello che concretamente accade. Leggere che l'art. 18 sarebbe un ferro vecchio "nato quando si licenziava per cacciare dalle fabbriche i sindacalisti e i comunisti" fa sorridere chi quotidianamente ha a che fare con persone licenziate, con la complessità dei punti di vista dei lavoratori e dei datori di lavoro e con il difficile compito dei magistrati di valutare gli uni e gli altri e di decidere della legittimità o meno di un provvedimento che, almeno su questo immagino saremo d'accordo, è destinato a incidere su diritti fondamentali della persona.

Ultima considerazione: ho letto l'articolo di Scalfarotto e credo di sapere qualcosa della situazione inglese. Quello che Scalfarotto ha dimenticato di scrivere è che in Gran Bretagna il sussidio di disoccupazione può avere anche durata indeterminata, il che sposta i termini di qualsiasi discussione in materia di licenziamento. Tutti sappiamo che quel tipo di tutela avrebbe un costo complessivo rispetto al quale la somma di cui ha parlato Renzi in questi giorni è un'inezia. Scalfarotto dice anche che sui licenziamenti discriminatori in Inghilterra si rischiano condanne pesantissime (anche due milioni di sterline), inimmaginabili nel nostro ordinamento secondo le regole attuali. Visto che su quel tema tutti quanti, a partire dal Presidente del consiglio, mostrano con toni solenni di voler garantire ai lavoratori e alle lavoratrici le più ampie tutele, le suggerisco di proporre al governo, insieme a me, un emendamento, che più o meno potrebbe suonare così: "il Giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio o ritorsivo, in aggiunta alla reintegrazione nel posto di lavoro e alla condanna al risarcimento del danno patrimoniale subito dal lavoratore, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno non patrimoniale, nella misura ritenuta congrua in considerazione della gravità della fattispecie. La misura di tale risarcimento deve essere determinata in un importo che, considerate anche le dimensioni dell'impresa, costituisca un'efficace dissuasione rispetto al ripetersi di comportamenti analoghi. Al medesimo scopo, il giudice può ordinare la pubblicazione della sentenza a spese del datore di lavoro, in modo da darne adeguata conoscenza presso l'opinione pubblica". A spanne, mi sa che alla nostra proposta risponderanno con una sonora pernacchia. O no?



Andrea Bordone


(* A memoria mi pare che in GB il risarcimento possa arrivare fino a 90.000 sterline! Ndr)
. . . . .

dal blog di Civati

http://www.ciwati.it/2014/10/06/amaca-e-controamaca/


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