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Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzione?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda ranvit il 11/10/2012, 16:00

Chango....cerchiamo di non attaccarci sempre ai sofismi verbali (lo fanno già ampiamente i politici); certo che lo spreco c'era anche prima, ma da quel momento è dilagato. 1 e 99 sono entrambi diversi da zero e cento....ma non sono la stessa cosa :D


http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 13616.html

Napolitano, no a liquidazione del ruolo delle regioni
Presidente della Repubblica: non liquidare ruolo degli Enti locali. 'Subito il riordino Province'.
11 ottobre, 15:45


ROMA - Il Capo dello Stato ha condiviso con i Presidenti delle Regioni l'esigenza di un ampio sforzo di chiarificazione di fronte all'emergere, nel dibattito pubblico, di interpretazioni unilaterali e sommarie con accenti liquidatori nei confronti dell'attivita' e del ruolo delle Regioni. E' quanto si legge in una nota del Quirinale al termine dell'incontro del capo dello Stato con la delegazione della conferenza delle Regioni.

Napolitano chiede la "rapida, positiva conclusione del confronto in atto per il completamento del processo di riordino delle Province".

"La proposta di legge costituzionale approvata dal governo costituisce una prima parziale risposta su cui spetterà al Parlamento pronunciarsi", sottolinea il presidente della Repubblica sulla riforma del titolo V della Costituzione.

GOVERNATORI A NAPOLITANO, SERVE CONFRONTO DI MERITO - L'iniziativa del governo "é un atto unilaterale: bisogna aprire un confronto di merito". E' quanto ha detto al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che, insieme con una folta delegazione di presidenti, è stato ricevuto al Quirinale per discutere della riforma del Titolo V della Costituzione. "Siamo per affrontare il tema nella sua complessità, dando risposte ai diversi problemi", ha spiegato Errani. "Ringraziamo il capo dello Stato Giorgio Napolitano per la sua disponibilità", ha aggiunto Errani, il quale ha spiegato che con il capo dello Stato "é stata avviata una riflessione sul ruolo delle Regioni, fondamentale assetto istituzionale del Paese. Questa riflessione va fatta insieme al Governo ed al Parlamento". "Siamo soddisfatti per questo incontro", ha concluso Errani.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda chango il 11/10/2012, 16:22

ranvit ha scritto:Chango....cerchiamo di non attaccarci sempre ai sofismi verbali (lo fanno già ampiamente i politici); certo che lo spreco c'era anche prima, ma da quel momento è dilagato. 1 e 99 sono entrambi diversi da zero e cento....ma non sono la stessa cosa :D


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Napolitano, no a liquidazione del ruolo delle regioni
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11 ottobre, 15:45


ROMA - Il Capo dello Stato ha condiviso con i Presidenti delle Regioni l'esigenza di un ampio sforzo di chiarificazione di fronte all'emergere, nel dibattito pubblico, di interpretazioni unilaterali e sommarie con accenti liquidatori nei confronti dell'attivita' e del ruolo delle Regioni. E' quanto si legge in una nota del Quirinale al termine dell'incontro del capo dello Stato con la delegazione della conferenza delle Regioni.

Napolitano chiede la "rapida, positiva conclusione del confronto in atto per il completamento del processo di riordino delle Province".

"La proposta di legge costituzionale approvata dal governo costituisce una prima parziale risposta su cui spetterà al Parlamento pronunciarsi", sottolinea il presidente della Repubblica sulla riforma del titolo V della Costituzione.

GOVERNATORI A NAPOLITANO, SERVE CONFRONTO DI MERITO - L'iniziativa del governo "é un atto unilaterale: bisogna aprire un confronto di merito". E' quanto ha detto al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che, insieme con una folta delegazione di presidenti, è stato ricevuto al Quirinale per discutere della riforma del Titolo V della Costituzione. "Siamo per affrontare il tema nella sua complessità, dando risposte ai diversi problemi", ha spiegato Errani. "Ringraziamo il capo dello Stato Giorgio Napolitano per la sua disponibilità", ha aggiunto Errani, il quale ha spiegato che con il capo dello Stato "é stata avviata una riflessione sul ruolo delle Regioni, fondamentale assetto istituzionale del Paese. Questa riflessione va fatta insieme al Governo ed al Parlamento". "Siamo soddisfatti per questo incontro", ha concluso Errani.


A parte che andrebbe dimostrato che lo spreco è dilagato a seguito del Titolo V.
all'inzio degli anni Novanta, per esempio, avevamo già un debito pubblico abbondantemente superiore al 100% del Pil eppure eravamo uno Stato centralizzato.
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda lucameni il 11/10/2012, 16:34

ma non vuol dire nulla se teoricamente c'è più o meno federalismo.
Se una norma è scritta male e necessariamente ha bisogno di leggi e leggi ordinarie di applicazione (scritte anch'esse malissimo), da lì nasce il pastrocchio e i furbi ci si ficcano. Qui c'è poca teoria e molta pratica di malaffare.
Infatti - tanto per dire - le Regioni si sono mosse come soggetti con sovranità e hanno spesso milioni in rappresentanze estere. Inutili. Quindi....
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda ranvit il 11/10/2012, 17:18

Un "vero" federalismo, in estrema sintesi, significa che la Regione incassa le tasse, versa allo Stato una parte e tutto il resto delle spese sono a suo carico....se spreca deve aumentare le tasse....
Viceversa fin'ora la Regione sprecava perchè tanto lo Stato avrebbe coperto il disavanzo...(Ora che non ci sono piu' soldi....escono le magagne).
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda franz il 11/10/2012, 21:40

Non è esattamente cosi'.
Significa che il comune incassa le tasse che gli servono per i suoi compiti, senza dare il resto a nessuno.
Che la provincia e la regione fanno lo stesso, senza dare il resto a nessuno.
Che il livello nazionale incassa le tasse che gli servono per i suoi compiti, senza dare il resto a nessuno.
Poi in realtà ci sono i fondi perequativi orizzontali e verticali per cui qualche resto per qualcuno c'è.
Ognuno se spreca deve aumentare le tasse.... e se usa bene i fondi puo' anche abbassarle.
Ed il Rè è subito bello nudo.
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda flaviomob il 12/10/2012, 22:07

franz ha scritto:Significa che il comune incassa le tasse che gli servono per i suoi compiti, senza dare il resto a nessuno.
Che la provincia e la regione fanno lo stesso, senza dare il resto a nessuno.
Che il livello nazionale incassa le tasse che gli servono per i suoi compiti, senza dare il resto a nessuno.


Tutto questo non esime dal pericolo tangenti, fondi neri, cricca, mafia. Ma è senza dubbio un progresso, perché diventa molto più trasparente e il lavoratore-contribuente vedrebbe sulla propria busta paga esattamente quanto paga di tasse agli enti locali e allo stato. Ed è una riforma che si potrebbe fare benissimo con una legge ordinaria, senza aspettare i tempi biblici delle modifiche costituzionali. Ma prima bisogna mettere una serie di paletti legislativi: chi causa dissesto finanziario deve pagare in prima persona (parlamentari compresi), togliere la prescrizione da tutti i reati relativi a corruzione, concussione e ammennicoli vari connessi, falso in bilancio, togliere cavillucci e cavilletti che ostacolano l'operare della giustizia, obbligo di trasparenza a tutti i livelli.


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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda flaviomob il 15/10/2012, 0:40

Torniamo Centralisti?

di Giuliano Amato

Una ventata di indignazione collettiva ha portato a spazzar via buona parte dell’autonomia regionale e a farlo con strumenti istituzionali che soltanto un anno fa nessuno avrebbe osato sostituire all’autodisciplina delle stesse regioni. E’ un fatto di enorme portata, che va ben oltre la cronaca politica ed entra nella storia d’Italia, specie dopo le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità, nel corso delle quali se una conclusione era stata (quasi) pacifica era quella che definiva il regionalismo di Carlo Cattaneo una visione forse irrealizzabile al suo tempo, ma di sicuro più adatta del centralismo all’Italia di oggi. Perché questa conclusione viene ora smentita? Perché l’Italia è il paese sbagliato per il regionalismo o perché é sbagliato il regionalismo-federalismo che si è cercato di introdurre in Italia?

Com’è noto, di federalismo si è cominciato a parlare a proposito della riforma del titolo V, voluta nel 2001 dal centro-sinistra e oggetto oggi del disegno di legge costituzionale del Governo volto a ridimensionarlo, ottimamente presentato su Il Sole di venerdì da Francesco Clementi. Personalmente non ho mai interamente condiviso quella riforma anche se, con scarsa conoscenza della storia, viene attribuita a me, perché era in carica il mio secondo governo quando essa fu approvata. Il mio governo in realtà poté solo tenersene fuori, ma non fermare la maggioranza, che era ormai politicamente guidata dal candidato premier da essa scelto per le imminenti elezioni.

Certo si è che con quella riforma si ampliarono molto le competenze regionali e si dette occasione a troppi processi o di co-decisione fra più livelli istituzionali, o di decisioni plurime, affidate separatamente a ciascuno. I primi furono fonte di ingorghi paralizzanti, i secondi di esperienze labirintiche per i cittadini. Si aggiunse più di recente la stagione del federalismo fiscale, che creò ulteriore confusione. Doveva essere, nelle intenzioni, la realizzazione di un disegno volto in primo luogo a restituire ai territori la gestione delle entrate tributarie e dei beni pubblici afferenti a ciascuno di essi. Ma le leggi e i decreti che furono adottati a questo fine si incrociarono con le esigenze sempre più severe del risanamento finanziario, che spingevano all’opposto verso un crescente centralismo.

Ne uscì una contraddizione che minò l’intera costruzione, perché da una parte si disegnava un futuro di ampio decentramento, dall’altro si ribadiva nella finanza regionale e locale il carattere prevalente di finanza di trasferimento, in modo da conservare il controllo sull’entità della spesa aggregata. Il risultato fu unfiscale che non era tale e un centralismo finanziario costretto in più casi a una sorta di corsa ad ostacoli per raggiungere i suoi obiettivi. Un esempio? L’intento di alienare i beni pubblici allo scopo di ridurre il nostro debito totale si scontra oggi col fatto che, nel frattempo, la proprietà di una gran parte di essi è stata trasferita dallo Stato agli enti locali. Realizzarlo significa perciò coinvolgere oltre ottomila proprietari ( ai quali quei beni erano stati trasferiti per soddisfare le loro finalità, non per ripagare il debito dello Stato).

Non so se –come in tanti hanno scritto- c’è stata davvero una sbornia di federalismo. C’è stata di sicuro una compulsione ad accettarlo in modo acritico. Ricordo assai bene il silenzio gelido che seguì a un mio articolo, nel quale esprimevo i miei dubbi sull’opportunità, per l’Italia, di passare da una giusta valorizzazione delle autonomie regionali a un vero e proprio federalismo, che nascesse per di più con intenti, se non di divisione, di ridotta solidarietà nazionale. Detto questo, è mia convinzione che la nave delle nostre autonomie (regionali o federali che siano) è finita sugli scogli non tanto per l’eccesso, che pure c’è stato, delle competenze loro attribuite, quanto per lo spirito che troppo spesso ne ha segnato l’esercizio, in molti casi la impermeabilità alle responsabilità comuni, in altri la vera e propria ubris appropriativa nella gestione dei mezzi finanziari a disposizione.

Basti pensare alle tante volte in cui la rivendicazione delle proprie prerogative ha portato o al veto paralizzante o al contenzioso costituzionale davanti a disegni di interesse nazionale che necessariamente coinvolgevano sia lo Stato che la Regione Oppure a ciò che di recente è accaduto in talune Regioni, dove di fondi pubblici affidati alla gestione di organi autonomi come i gruppi parlamentari si è fatta carne di porco.

Se è così, ha perfettamente ragione Romano Prodi, che su Il Messaggero del 7 ottobre scorso ha messo al primo punto il ritorno all’etica attraverso la riforma, prima ancora che delle leggi, della mentalità, della cultura e del costume. Il che ci richiama ad una delle grandi verità, che accompagnano la storia e l’analisi delle forme di governo democratiche sin dai loro albori, una verità già enunciata da Aristotele, ripresa più di recente da Tocqueville e poi ribadita da padri e cultori delle democrazie contemporanee, da John Dewey a Ernst Boeckenfoerde. Le democrazie vivono solo se accompagnate dalla virtù e senza la virtù, che è però impossibile imporre con la coercizione dei mezzi legali, esse sono condannate a degenerare e ad essere soppiantate da forme di governo autoritarie e centraliste.

L’attenzione dovrebbe andare allora ai fattori che hanno così tanto ridotto la forza dell’etica e del sentimento del bene comune nell’Italia di questi decenni e favorito l’ingresso nelle elite dirigenti di personale che ne è così poco provvisto. Mentre è illusorio cercare il rimedio nelle sole riforme istituzionali, giacché, per dirne una, in un sistema di governo che rimanga multilivello non si troverà mai un riparto di competenze che eviti la necessità in più casi di un loro esercizio comune e quindi di un intesa in vista di un fine comune.

Certo, cancellare la ingiustificata moltiplicazione dei centri di spesa è utile e ha ragione Filippo Patroni Griffi che ieri su La Stampa ravvisava una fonte di degenerazione del nostro regionalismo nell’assunzione da parte delle Regioni di compiti di gestione che dovevano invece lasciare ai Comuni, mantenendo per sé i soli compiti di legislazione e programmazione. Così com’è utile tener conto di un’altra verità in tema di virtù, questa volta di James Madison, secondo il quale la virtù, certo, può essere solo presupposta e non imposta, ma qualche regola prudenziale è sempre bene adottarla. E qui, un po’ più di Corte dei Conti e un po’ meno di fondi pubblici affidati alla sola virtù dei gestori di sicuro non guasta.

Insomma, prima di tornare al centralismo e dar torto a Cattaneo pensiamoci due volte. L’Italia le ha e le deve tirar fuori le risorse per attuare quell’autogoverno come responsabilità verso la nazione che egli aveva in mente.

Tagged with → beni pubblici • centralismo • federalismo • federalismo fiscale • Italia • stato
Fonte: http://www.giulianoamato.it/

http://ragionamenti-a-bassa-voce.com.un ... entralisti


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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda lucameni il 15/10/2012, 1:57

Si ma rimane il fatto che le leggi (e ora anche le leggi costituzionali) le scrivono proprio male, non si sa se per incapacità o - come penso - per malafede e interesse a lasciarsi libere le mani (e difatti così è stato fatto).
Per implementare gli articoli del nuovo Titolo V hanno avuto bisogno prima della legge La Loggia che ha richiesto altrettanti decreti legislativi e poi di nuovo decreti attuativi. Sta andando avanti da anni questa storia e ancora non ha fine.
Nel frattempo, approfittando delle pieghe degli articoli della Costituzione, hanno pensato bene di arraffare a man bassa. L'esempio delle sedi regionali all'estero, con spese folli, non è stato fatto a caso.
Quindi non c'è solo una gran confusione e demagogia in merito al cosiddetto federalismo, ma alla base anche una tecnica legislativa e una cialtroneria che è trasversale.
Ad essere onesti però possiamo dire che in merito a confusione e coglionaggine il centrodestra batte centrosinistra di stretta misura.
Gasparri neo-costituzionalista - tanto per fare un nome di quelli che hanno fatto lezione a noi cittadini col ditino alzato - è qualcosa che rimarrà negli annali dell'umanità.
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda franz il 15/10/2012, 7:55

flaviomob ha scritto:Perché questa conclusione viene ora smentita? Perché l’Italia è il paese sbagliato per il regionalismo o perché é sbagliato il regionalismo-federalismo che si è cercato di introdurre in Italia?
....
Le democrazie vivono solo se accompagnate dalla virtù e senza la virtù, che è però impossibile imporre con la coercizione dei mezzi legali, esse sono condannate a degenerare e ad essere soppiantate da forme di governo autoritarie e centraliste.
...
Insomma, prima di tornare al centralismo e dar torto a Cattaneo pensiamoci due volte. L’Italia le ha e le deve tirar fuori le risorse per attuare quell’autogoverno come responsabilità verso la nazione che egli aveva in mente.

E bravo Giuliano.
Proprio dagli errori si inizia a capire. La prima domanda che ho quotato è quella giusta. In Italia si è cercato di fare una sorta di frankestein, un regionalismo-federalista, una sorta di ape-piaggio a metà strada tra autovettura e motocicletta. Un federalismo alle vongole che federalismo non era. Poteva essere solo una tappa intermedia (e di breve durata) di un viaggio piu' lungo. Ma chi al federalismo si opponeva (tra loro anche Giuliano Amato, come ha ammesso) hanno contribuito a tenere fermo il tutto a metà strada. Bene che, con la terza frase quotata, Giuliano abbia finalmente dato prova di aver capito.E visto che ci siamo passiamo al secondo aspetto. Se è vero che la virtu' è importante per la sopravvivenza di una democrazia (e soprattutto aggiungo io, di uno stato di diritto) questo vale sia per uno stato centralizzato che per uno federale. Amato alla fine cita di striscio la parla giusta: responsabilità. È questo il fondamento delle scelte morali a livello periferico e centrale (e ricordo che anche il federalismo ha un discreto livello centrale di potere). Ma la responsabilità puo' essere in qualche modo imposta, per esempio con regole self-enforcing proprio e soprattutto in un ambito federalistico. Prima o poi Giuliano comprederà anche questo. Se avesse potuto passare come Einaudi alcuni anni esule in un paese federale lo avrebbe capito prima e come per gli studenti c'è Erasmus, bisognerebbe fare una cosa simile anche per i politici: non puoi governare il paese se non hai passato come minimo 3 anni in un paese federale a studiare come funziona.
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Re: Chi ha combinato il guaio del Titolo V della Costituzion

Messaggioda flaviomob il 15/10/2012, 15:08

Ribadisco: non c'è bisogno di una riforma costituzionale. Non c'è bisogno di dividere l'Italia in staterelli per conferire autonomia e trasparenza agli enti locali. Ci vogliono buone leggi e buone riforme. Trasparenza sul prelievo fiscale operato direttamente dal comune, dalla provincia, dalla regione, dallo stato centrale. Bilanci chiari e disponibili a tutti. Competenze fissate dalla legge. E un sistema premiale per gli enti locali virtuosi, mentre per quelli peggiori la possibilità di sfiduciare consiglieri (o deputati) eletti da parte del popolo, o direttamente il governo (locale o centrale).


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