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L'eredità che Prodi ci lascia

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda mario il 30/08/2008, 12:48

Prodi ha vinto due volte le elezioni sapendo raccogliere intorno a se cattolici e laici, centristi e ed estremisti, imprenditori e lavoratori, banchieri e pensionati.
Un tempo unità era la parola d’ordine della sinistra.
Oggi è stata sostituita dal separatismo. A tutti i livelli, partitico, sindacale, territoriale.
Disuniti non approderemo a nulla. Veltroni ha rotto questa unità e sta raccogliendo una disgregazione prevedibile. Dal PD si stanno allontanando in molti; industriali, banchieri, lavoratori, pensionati, finanche Amato, Fantozzi e Colaninno.
Tra un anno se non cambieremo rotta ci saranno solo ruderi.
E allora la sinistra capirà il valore di Prodi e la dabbenaggine di chi nel centro-sinistra lo ha combattuto, che ricordiamoci non è stata tanto l'estrema sinistra quanto personaggi come Mastella, Dini, ecc. ecc..
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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda FreeRider il 30/08/2008, 16:25

mario ha scritto:Prodi ha vinto due volte le elezioni sapendo raccogliere intorno a se cattolici e laici, centristi e ed estremisti, imprenditori e lavoratori, banchieri e pensionati.
Un tempo unità era la parola d’ordine della sinistra.
Oggi è stata sostituita dal separatismo. A tutti i livelli, partitico, sindacale, territoriale.
Disuniti non approderemo a nulla. Veltroni ha rotto questa unità e sta raccogliendo una disgregazione prevedibile. Dal PD si stanno allontanando in molti; industriali, banchieri, lavoratori, pensionati, finanche Amato, Fantozzi e Colaninno.
Tra un anno se non cambieremo rotta ci saranno solo ruderi.
E allora la sinistra capirà il valore di Prodi e la dabbenaggine di chi nel centro-sinistra lo ha combattuto, che ricordiamoci non è stata tanto l'estrema sinistra quanto personaggi come Mastella, Dini, ecc. ecc..

Completamente d'accordo se non fosse per l'ultima affermazione, che sembra dimenticare l'opposizione irriducibile della sinistra radicale all'accordo sullo "scalone" con tanto di propaganda a votare no al referendum sindacale ed anche quella citazione bertinottiana al "Prodi, poeta morente" nel dicembre 2007. Mastella e Dini hanno le loro innegabili responsabilità ma queste non possono nascondere quelle della sinistra. Il fatto che poi siano loro ad essere rimasti visivamente con il cerino spento in mano non significa che come in un classico gioco di sponda anche la sinistra abbia fatto la sua parte ad indebolire il governo e che abbia poi pagato a caro prezzo i suoi errori.

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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda pierodm il 31/08/2008, 0:00

Parliamo di elezioni.
Prodi ha vinto due volte, sostanzialmente in ragione del sistema elettorale, o meglio del sistema bipolare: o si votava il centro-sinistra, o Berlusconi.
Perfino lo stesso Rutelli, che invece ha perduto, ha comunque "raccolto intorno a sé" milioni e milioni di voti.
Nel passato - in una situazione a suo modo anch'essa bipolare nella sostanza, ponendo agl'italiani la scelta di stare dalla parte della sinistra, o da quella della DC - personaggi della più varia e diversa natura, e tutt'altro che carismatici, hanno avuto adesioni esaltanti sul piano numerico.

Questo per dire che, purtroppo, i voti non testimoniano un granché sulla qualità, e nemmeno sull'effettivo gradimento di qualcuno.
Anzi, direi perfino che il criterio dei voti può facilmente essere visto come una testimonianza negativa, un po' come quello che avviene per certe trasmissioni televisive qualitativamente scalcinate, eppure con un'audience altissima.
In particolare, il fatto di raccogliere adesioni da parti diversissime e opposte, significa che non c'è un messaggio chiaro, che non ci sono proposte riformistiche forti che possano spaventare qualcuno, che si è insomma abbastanza anonimi da adattarsi ai gusti di tutti, specialmente di coloro che non hanno tante pretese.
Mi rendo conto che un discorso del genere va ben al di là di Prodi, della situazione italiana e delle nostre piccole faccende, ma investe quella che è una vera e propria crisi della democrazia, ovvero uno dei suoi punti deboli, che si è reso evidente soprattutto negli ultimi venti, venticinque anni - e che non è messo in evidenza soltanto da certi "estremisti" oggi, ma è stato analizzato e previsto in tempi non sospetti dalla sociologia politica, prima che la sociologia stessa diventasse uno strumento ad uso del marketing commerciale.
Del resto, come si potrebbe pensare che una società di consumatori e di telespettatori, che ingoiano le peggiori fregature, che comprano in milioni di copie giornali-spazzatura, che formano la massa gagliarda del turismo sporcaccione più demenziale, diventino improvvisamente cittadini capaci di scelte credibili e responsabili in materia politica?
O vogliamo dire che l'approssimazione o l'ammasso delle menti e dei gusti, della capacità di giudizio, alimenti soltanto l'elettorato berlusconiano?
Fare del marketing elettorale - oltre tutto, spesso mal fatto - e basarsi su questo per la valutazione politica è un disastro: è una caricatura della democrazia, che riduce il sistema politico ad uno straccio, o ad una solenne e certificata fregatura.

Tanto per dirne una: il criterio del "gradimento" porta a che come Presidente di stato diventi un ex-culturista, in California, o un ministro-velina, come in Italia.
A questo punto, vediamo che presidente e ministro "governano" decentemente, o comunque non peggio degli avvocaticchi o degli economisti professionisti della politica. Cosa francamente curiosa, anche se teoricamente non impossibile.
Viene allora il sospetto che il governo effettivo, nel succedersi delle cariche elettive, non stia nelle mani degli avvocaticchi, degli economisti o delle veline, ma di altri. Nelle mani di chi? Non lo sappiamo. Certamente non in quelle di chi viene eletto, con tutta la grancassa elettorale e le elucubrazioni sui programmi, etc etc.

Ora, tutto ciò dovrebbe indurre a pensare che, quando si parla di riforma della politica, il problema di gran lunga più essenziale è quello del "potere", oltre all'analisi della società, ossia della natura e della consapevolezza del "sovrano", vale a dire di quel popolo al quale ci si appella elettoralmente.
Invece, sembra che tutta la grande riforma consista nel fondare nuove sigle e nuovi partiti: se, poi, alle elezioni si vince, gloria al leaderino di turno; se si perde, la colpa è sempre degli altri, tutti contro tutti.
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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda franz il 31/08/2008, 16:41

Si, parliamo pure di elezioni.
vero che in ottica bipolare si sta da una parte o dall'altra (ma ci sono anche quelli che non votano) ma Prodi a differenza di Rutelli e Veltroni ha vinto. Due volte. Segno che ha saputo attirare piu' voti degli altri, cosa che in democrazia conta.
Poi ovviamente si puo' anche avere un atteggiamento aristocratico nei confronti della plebaglia che non vota come si vorrebbe e sui "giornali-spazzatura" ma rimane ancora da stabilire da che parte sta la ragione (da che parte sta la plebaglia e quali sono i giornali spazzatura). Ci sono tesi avverse e speculari e forse è un bene che parti avverse siano vicine tra loro, prossime al 50%. Che alternanza avremmo se le parti fossero 95% e 5%? Se il mondo tende a dividersi in due è chiaro che le parti dovrebbero essere quasi uguali ed a questo punto la conquista del consenso per avere la maggioranza diventa importante. Gli schieramenti tendono ad essere diversi ma non troppo. Se fossero troppo diversi (per esempio se l'aternativa fosse tra Bertinotti e Buontempo) l'alternativa non sarebbe credibile.
Popoli saggi quindi non premiano gli estremi ma si suddividono in due grandi fronti moderati.
Li' poco conta avere "tanti" voti. Non servono pochi o tanti. Occorre la maggioranza.

Poi è vero che la società dell'informazione oggi contempla anche il marketing elettorale ma prima eravamo messi meglio?
Negli anni 50 e 60 la propaganda giocava ancora molto sulla demagogia, nei confronti di un popolo scarsamente istruito, su cui facevano facile presa slogan infantili. Oggi che gradualmente cresce il livello educativo (ma siamo ancora distanti dall'Europa) è chiaro che occorrono tecniche piu' raffinate per creare consenso. L'alternativa quale sarebbe? La dittatura? No, perché le dittature oggi (vedi Cina e Cuba) attuano un controllo ancora piu' ferreo dei media cartacei, della TV, di Internet. Non hanno bisogno di marketing elettorale perché tanto non serve. Ma qualcuno vuole fare il cambio?

Tornando al concreto e sapendo che la democrazia come tutte le cose umane è imperfetta, per vincere bisogna avere la maggioranza e Prodi lo ha fatto due volte. Per due volte ha messo a posto i conti della nazione e poi è stato mandato a casa da frange della sua stessa coalizione. La prima volta non ci furono elezioni ma questa volta si', come è giusto che fosse. L'eredità dell'Ulivo è quella di coalizioni inclusive (solo coalizioni per ora perché i partiti non volevano momenti piu' unitari) ed il passo seguente sarebbe stato quello della governabilità di queste coalizioni, per proteggerle dalle schegge impazzite (tipo mastella e bertinotti). La nascita del PD è stata importante perché finalmente ha messo sul tappeto un momento unitario, anche se abbruttito da manovre di apparati di potere tendenti ad autoperpetuarsi. Disegno simile, sul fronte della sinistra classica, non ha funzionato e non è stato premiato dagli elettori (e non si puo' certo dire che gli elettori della sinistra arcobaleno si sono fatti influenzare dal marketing elettorale berlusconiano e dai ""giornali-spazzatura" degli avversari.

Il prossimo passo è, partendo dal nocciolo duro del PD, ritrovare e ricostruire nei prossimi anni lo spirito inclusivo dell'Ulivo. Siamo qui a discutere su questi forum anche per questo.

Ciao,
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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda ranvit il 31/08/2008, 19:39

Al solito interessanti le discussioni di franz e pierodm.

Ma io ho una visione un tantino piu' ...semplice e oggi, in vista per un caffè ad un vecchio amico da sempre di sinistra come del resto tutta la sua famiglia che mi diceva : se si vota oggi voto per il Cd..., ho maturato un convincimento.

Il Pd (e peggio ancora il centrosinistra) nei fatti, a livello di elettorato, è diviso in due grossi tronconi :

- uno non ha capito che la retorica della sinistra ha fatto il suo tempo e perseguita nel "chiacchiericcio" lontano dai problemi della gente basato su principi per quanto nobili. Da qui la litania del conflitto di interessse e dell'antiberlusconismo come catalizzatore di tutta l'azione politica che dovrebbe caratterizzare il Pd.
Questo troncone o vota per il Cs o si astiene.

- l'altro, che si rifà alle esperienze di governo locale di città e Regioni, che vuole un Pd ed un centrosinistra vicino ai problemi della gente e vede soluzioni molto vicine a quanto sta facendo oggi il governo Berlusconi (monnezza, inceneritori, sicurezza, tagli alle spese etc), che NON sono di destra o di sinistra ma semplicemente dettati dal buon senso.
Questo troncone vota in parte per il Cs e in parte per il Cd.....anche se ne farebbe a meno volentieri.

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda pierodm il 02/09/2008, 2:18

Non so più come impostare la discussione sul Prodi-che-ha-vinto: non per avere ragione ad ogni costo, ma almeno per litigare serenamente con argomentazioni.
Ci provo, proponendo brevemente un ulteriore punto di vista: non è Prodi che vince (o che perde) ma il partito-vero, ossia quello formato da chi ha una certa idea della politica o del mondo.
Ad occhio e croce la maggioranza del corpo elettorale italiano è da sempre di destra o centro-democristiano: dipende da quanti vanno a votare.
Comunque, Prodi io lo misuro per quello che ha contribuito a fare della politica italiana, non dalle vittorie elettorali, o dalle sconfitte - come ho sempre misurato qualunque altro fenomeno o personaggio, e qualunque altra cosa, compreso il calcio, tanto per dirne una.
Ma chiunque è padrone di usare altri criteri, se preferisce.

Caro Franz, ci conosciamo da tempo, e ogni volta ritorni sull'argomento dell'aristocrazia che guarda schizzinosamente la plebaglia, etc etc etc.
Queste sono sciocchezze, e una tale difesa del "popolo", con tali accenti, non è propria del liberalismo o della democrazia, ma del populismo.
Non ho la pretesa di scoprire niente di speciale, con la mia critica alla democrazia di massa e all'industria della comunicazione: è vero che ho cominciato a pensare queste cose fin da quando ero al liceo, ma sono stato preceduto e sorvolato da illustrissimi sociologi e filosofi della politica, che ne hanno scritto in lungo e in largo - e si tratta non di scrittori bolscevichi agli ordini di Baffone, ma in gran parte di liberal americani o europei occidentali, per la cronaca.
La cosa che semmai mi meraviglia - da gran tempo - è che un'intera classe dirigente della sinistra ha ben conosciuto queste teorie e queste analisi, tanto che ne ha fatto e ne fa sporadiche esibizioni, quando si tratta di fare uno straccio di bella figura nei cinque minuti della "cultura", o in qualche slancio poetico: ma poi di queste belle letture sparisce ogni traccia, quando è il momento di fare politica, o quando è il caso di solleticare l'amor proprio della "gente" nei momenti elettorali.
I politici avranno pure le loro buone ragioni per fare questo, e non m'interessa discuterne.
Noi no. Noi non abbiamo le stesse buone ragioni, se appena pretendiamo di ragionare su politica e società.

Sul'argomento, è vero, come dici, che "ci sono tesi avverse e speculari": quelle di destra e quelle di sinistra, grosso modo.
Personalmente, ritengo anzi che questa contrapposizione diciamo così "sociologica" è forse quella che caratterizza maggiormente la definizione di destra e sinistra, oggi, perché si tratta di un argomento di fondo, e perché da questo argomento discendono le ragioni delle scelte economiche, politiche e sociali che sono più facilmente visibili e misurabili.
Se non si è d'accordo su questo genere di lettura culturale e sociale, quindi politica, i passi - grandi o piccoli, pragmatici o utopistici, che si voglia - saranno sempre e comunque passi che vanno nell'altra direzione.

Io capisco, d'altra parte, che è arduo proporre un discorso sulla crisi della democrazia, ad un assessore che ha appena vinto la sua porca elezione, o ad un neo-parlamentare: sarebbe come chiedergli di segare il ramo sul quale è seduto, e di sconfessarsi.
Ma la crisi c'è, ed è evidente, clamorosa, plateale e planetaria, ed è proprio questa crisi che risponde alle tue domande - che tu vorresti retoriche - sul "prima" e sull'oggi: non è questione di valore delle singole persone, o di singoli fenomeni, ma di significato che persone e fenomeni avevano in un dato contesto storico e sociale.
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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda l.fustinoni il 02/09/2008, 10:34

"... ho tentato un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra".
Io credo che il centrosinistra, se vuol tornare a contare nella politica italiana, deve ricominciare da qui... ricominciare dall'Ulivo: dal Bipolarismo.
Creare il PD è stato un gravissimo errore strategico. DS e Margherita avrebbero dovuto continuare ad esistere come entità separate.. sempre più strettamente e solida(r)mente alleate nell'Ulivo, ma distinte... una (la
Margherita) impegnata a conquistare voti dal centro e porsi come forte partito liberaldemocratico con forti richiami alla cultura e tradizione cristiana e una (DS) impegnata ad aggegare le forze laiche-socialdemocratiche.
Ora che il PD è un fatto, non si può certamente tornare indietro... per poter ambire a ridiventare "maggioranza" nel paese e riproporsi al governo la sinistra Italiana deve però cambiare strategia... un partito che si presenta da solo è votato a perdere sempre... a meno che si faccia una legge elettorale "strettamente maggioritaria".. senza scappatoie.. cosa che non vedo possibile in Italia... e che nemmeno mi auguro. (Il bipartitismo puro sacrifica eccessivamente la democrazia ... non lasciamoci illudere dalle recenti primarie americane.. la politica, dove esiste il bipartitismo puro, convince ad andare alle urne una percentuale spesso inferiore al 50% degli aventi diritto... e questo credetemi fa male alla democrazia).
Se, come io credo e come mi sembra evidente, lo schieramento politico deve incernierarsi in un sistema bipolare, il PD deve presto cambiare strategia.. tornare all'Ulivo... Il PD deve decidere se essere un partito liberaldemocratico... (nel qual caso perderà a sinistra una grossa fetta) o socialdemocratico, (nel qual caso perderà al centro).
io penso che la cosa più logica è che il PD si identifichi come moderno partito socialdemocratico e che favorisca la nascita alla sua destra di un partio che sostituisca la Margherita... es. favorisca la nascita della "Rosa Bianca"... suggerendo a questo partito di fare 2 scelte strategiche: 1) essere un partito di centro che aderisce all'Ulivo e 2). pure ispirandosi alla tradizione e alla cultura cristiana, evitare di definirsi il partito dei Cattolici Democratici, ma piuttosto il partito in cui i Liberaldemocratici (cattolici) si sentano a casa loro.

Il PD ha fallito... non buttiamo quello che è stato fatto, ma diamoci presto una mossa e ricostruiamo il centrosinistra..
Ritentiamo "..... un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra".

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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda franz il 02/09/2008, 13:11

pierodm ha scritto:Non so più come impostare la discussione sul Prodi-che-ha-vinto: non per avere ragione ad ogni costo, ma almeno per litigare serenamente con argomentazioni.
Ci provo, proponendo brevemente un ulteriore punto di vista: non è Prodi che vince (o che perde) ma il partito-vero, ossia quello formato da chi ha una certa idea della politica o del mondo.
Ad occhio e croce la maggioranza del corpo elettorale italiano è da sempre di destra o centro-democristiano: dipende da quanti vanno a votare.
Comunque, Prodi io lo misuro per quello che ha contribuito a fare della politica italiana, non dalle vittorie elettorali, o dalle sconfitte - come ho sempre misurato qualunque altro fenomeno o personaggio, e qualunque altra cosa, compreso il calcio, tanto per dirne una.

Concretamente ... puoi "misurare" Prodi per quello che ha fatto solo perché ha saputo vincere. Dammene atto.
Non puoi misurare Rutelli o Veltroni (nelle cose fatte al governo) perché per ora non hanno vinto.
Che poi l'Italia sia quello che è ... è una tautologia. Ovvia. L'Italia è quella che è ... ma è un fatto che se la partita è Prodi contro Berlusconi vince Prodi e se è Rutelli-Veltroni contro Berlusconi ... vince il secondo. Eppure l'Italia è la stessa.

Assodato questo, che è importante, possiamo guardare i risultati che come abbiamo appurato sono dovuti solamente alle vittorie dell'Ulivo Prodiano. Se per te Prodi e Berlusconi pari sono (a confronto della rivoluzione del sol dell'avvenire) la cosa non mi meraviglia ma visto che in effetti milioni di italiani sanno scegliere e trovare differenze, non mi preoccupo.

Venendo al "popolo" io non lo difendo e non lo esalto.
Quindi nessun populismo (arte in cui invece la sinistra era bravissima, quando ci riusciva ... ora che non ci riesce piu' è più facile fare come la volpe e l'uva).

Io il popolo lo accetto e lo valuto per quello che è. Nelle sue sfaccettaure, nella sua molteplice composizione.
Ma è e va accettato per quello che è per quello che produce (i governi che ci meritiamo).
Senza esaltarlo (quando vota per noi) o demonizzarlo (quando vota per berlusconi).

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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda lucameni il 02/09/2008, 18:31

l.fustinoni ha scritto:"... ho tentato un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra".
Io credo che il centrosinistra, se vuol tornare a contare nella politica italiana, deve ricominciare da qui... ricominciare dall'Ulivo: dal Bipolarismo.
Creare il PD è stato un gravissimo errore strategico. DS e Margherita avrebbero dovuto continuare ad esistere come entità separate.. sempre più strettamente e solida(r)mente alleate nell'Ulivo, ma distinte... una (la
Margherita) impegnata a conquistare voti dal centro e porsi come forte partito liberaldemocratico con forti richiami alla cultura e tradizione cristiana e una (DS) impegnata ad aggegare le forze laiche-socialdemocratiche.
Ora che il PD è un fatto, non si può certamente tornare indietro... per poter ambire a ridiventare "maggioranza" nel paese e riproporsi al governo la sinistra Italiana deve però cambiare strategia... un partito che si presenta da solo è votato a perdere sempre... a meno che si faccia una legge elettorale "strettamente maggioritaria".. senza scappatoie.. cosa che non vedo possibile in Italia... e che nemmeno mi auguro. (Il bipartitismo puro sacrifica eccessivamente la democrazia ... non lasciamoci illudere dalle recenti primarie americane.. la politica, dove esiste il bipartitismo puro, convince ad andare alle urne una percentuale spesso inferiore al 50% degli aventi diritto... e questo credetemi fa male alla democrazia).
Se, come io credo e come mi sembra evidente, lo schieramento politico deve incernierarsi in un sistema bipolare, il PD deve presto cambiare strategia.. tornare all'Ulivo... Il PD deve decidere se essere un partito liberaldemocratico... (nel qual caso perderà a sinistra una grossa fetta) o socialdemocratico, (nel qual caso perderà al centro).
io penso che la cosa più logica è che il PD si identifichi come moderno partito socialdemocratico e che favorisca la nascita alla sua destra di un partio che sostituisca la Margherita... es. favorisca la nascita della "Rosa Bianca"... suggerendo a questo partito di fare 2 scelte strategiche: 1) essere un partito di centro che aderisce all'Ulivo e 2). pure ispirandosi alla tradizione e alla cultura cristiana, evitare di definirsi il partito dei Cattolici Democratici, ma piuttosto il partito in cui i Liberaldemocratici (cattolici) si sentano a casa loro.

Il PD ha fallito... non buttiamo quello che è stato fatto, ma diamoci presto una mossa e ricostruiamo il centrosinistra..
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Luciano Fustinoni



Quoto.
In altra forma ma è quello che ho sempre pensato.
Adesso però mi pare sia piuttosto tardi.
E se anche non fosse tardi per giungere ad un approdo del genere, ritengo (riprendendo il mio ultimo post) che sia necessario avere un PD, o comunque un Cs, che sappia essere concreto, che vada sui "problemi" senza approcci ideologici (e senza quel fare demagogico del nostro Cd che è uso a ripetere bugie fino a farle diventare verità) e che nel contempo sia fermo nei valori e nei principi: ovvero difesa della legalità, contrasto alle leggi ad personam e alla deriva aziendalista delle Istituzioni (uno dei prossimi banchi di prova saranno le elezioni alla Presidenza della Repubblica).
Purtroppo, come diceva l'ottimo S.Labini, ormai abbiamo pochi anticorpi e il menefreghismo su questi temi, che poi sono quelli che fanno la civiltà di una Nazione, impazza.
Occorre muoversi a 360°, senza chiacchiere, verso un Cs non ideologico ma fermo nei valori (l'esperienza recente dell'indulto non ci rassicura).
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
lucameni
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Re: L'eredità che Prodi ci lascia

Messaggioda pierodm il 02/09/2008, 21:34

Mi pare interessante il tentativo di Luciano di disegnare uno schema di soggetti e rapporti adatto a intercettare il massimo dei voti.
Ma "interessante" non significa che sia possibile, e tanto meno che sia un traguardo positivo, se fosse raggiunto - quello schema di rapporti, ovviamente, più che il massimo dei voti.

Questo genere di ragionamenti ha un solo, principale limite: quello di perpetuare, anzi di dilatare fino a farne un modus operandi, la frenetica e catastrofica tendenza degli anni passati a cercare la soluzione nella geometria delle alleanze e delle sigle, invece che nei contenuti in relazione ai problemi della società italiana.

Per quanto riguarda il bipolarismo, non è argomento da trattare in questa sede, cioè in una discussione su Prodi, se non per il fatto che il Professore è stato uno dei tanti sostenitori di tale sistema.

Rimane - lasciando stare il resto, per sopraggiunta estenuazione - la questione "ideologica" sollevata insistentemente da Luca.
Ma perchè concentrare tanta acredine, tanto sospetto su questa benedetta "ideologia"?
In realtà, poi, quello che l'ideologia politica rappresenta, cacciata dalla porta, rientra ostinata dalla finestra, nel momento in cui non solo si parla di valori e di fermezza, ma anche quando semplicemente si elencano esemplificativamente le cose-da-fare: come si fa ad avere un'idea delle cose da fare, e di come farle, e di quali risultati ci si propone, se non avendo un quadro ideologico di riferimento?
A me sembra che si usi questo concetto come sinonimo di ostinazione e di cecità, di pregiudizio, e diciamo pure di stupidità: se è così, sarebbe meglio usare di volta in volta uno o l'altro dei termini propri, invece di ricorrere (scorrettamente) al generico contenitore della "ideologia".
Questo vale tanto più quando tutte le parti in causa, avversarie e alleate della sinistra, hanno un quadro ideologico di riferimento più o meno forte, e consolidato, che fa da solido richiamo per le rispettive quote parti dell'elettorato: inevitabilmente, direi.
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