da lucameni il 22/03/2011, 15:29
L'informazione e la ricerca storica per fortuna non la fanno (o non la dovrebbero fare ) i governi e non mi pare che a parte Pisanò, Pansa e pochi altri (non tutti missini) del'argomento la storiografia (e Pansa non è uno storico) si sia molto interessata.
Possiamo tranquillamente fare una verifica sulle reazioni e prese di posizione da parte della storiografia ufficiale (Pavone e compagnia) addirittura su avvenimenti come la strage di Cefalonia. Poi ne riparliamo.
Quindi non comprendo la relazione tra ricerca, cultura e governo democristiano, noto per essersi abbondantemente disinteressato della cultura accademica (e se questo interesse doveva significare condizionare gli studi storici e accademici aggiungo: per fortuna).
"non si può certo dire che il tempo i mezzi e la voglia per analizzare usi et abusi della Resistenza (e magari esecrarli anche oltremisura) siano mancati"
Non so davvero che idee e conoscenze del mondo accademico abbiata ma, senza addentrarmi in disquisizioni saccenti ma molto più terra terra e note a tutti, mi basta pensare alle reazioni belluine che hanno accompagnato l'uscita dei pur criticabili libri di un Pansa poi incarognitosi (e spesso chi criticava e vomitava bile non ha mai letto una riga dei suoi libri), come se poi ci fosse scritto chissà cosa di scandaloso.
Un problema esiste, e non credo solo dal lato presunto revisionista (gli storici sono dovrebbero essere per definizione revisionisti se revisionismo è inteso in senso non ideologico come verifica di documenti e fonti) ma anche da quello definito con una certa perfidia dei "guardiani della memoria"; che a quanto pare non gradiscono una versione meno immacolata della guerra civile.
Su quanto scritto si può discutere e contestare, ma ben diverso è assumere atteggiamenti censorei per lesa idea di Resistenza immacolata.
Si pensi solo alle ricorrenti polemiche su Porzus, una delle pagine più vergognose della nostra storia.
Una guerra civile - ripeto - con buona pace dei pacifisti presunti non è una scampagnata, si uccide, scorre il sangue e di conseguenza mettere in conto vendette e violenza gratuita è ipotizzabile senza che questo possa far perdere il significato il valore della rivolta partigiana.
Al più può ridimensionarne la portata e renderla meno mitica e immacolata.
Nulla di sconvolgente ma semplice esercizio di realismo ed onestà intellettuale, non sempre praticata da chi è apologeta di professione.
Tanto per cambiare, in argomento, non comprendo cosa c'entri Tambroni e il 1960 missino, con un'interpretazione della guerra civile, la ricerca e la divulgazione di notizie su un periodo storico.
La ricerca è libera (Costituzione docet): essere storici dovrebbe voler dire ragionare su fatti,sui documenti e non su input ideologici e tanto meno governativi (Tambroni?).
Un'affermazione del genere, ovvero di un governo di un certo colore che influenza la libera ricerca universitaria è grave, roba da regime.
Fermo restando che con questo modo di ragionare si dovrebbero tacciare gli storici marxisti italiani di essere stati sul libro paga di Mosca, e a tanto non arrivo neppure io, mi pare doveroso dare conto di certe affermazioni e farci sapere quale sarebbe la storiografia antiresistenziale o tiepidamente antirestenziale al soldo di Tambroni e suoi seguaci.
Altrimenti rimangono parole in libertà.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)