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“Perchè l’Europa si schiera a destra”

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda franz il 03/10/2010, 21:14

gabriele ha scritto:La mia era un piccolissima parentesi che chiudo immediatamente, altrimenti potrebbe toglier spazio al vero succo del discorso, cioè che i dirigenti del PD, per non parlare dei partiti ancora più a sinistra, non capiscono una mazza di quello che sta accadendo, che vivono in una bolla di sapone prendendo stipendi da favola, e che in blocco devono andarsene a casa.

La loro "generazione" politica ha fallito e, se rimarranno, continuerà a fallire. Vuoi per incapacità, vuoi perchè collusi con Silvio e Soci.

Via! Aria nuova! Non ci resta altro


gabriele, veramente, ti riferisci solo al PD?
Nel merito del discorso che hai riportato, ti pare che un Di Pietro, un Grillo o altri della galassia a sinistra e a destra del PD, abbiano le capacità per capire quel discorso ed il coraggio di farlo proprio? Forse qualcuno un solo punto, mai tutti insieme. Oggi stanno tutti a rincorrere il popolo con discorsi populistici (forse il PD su questo punto è il meno coinvolto) e quindi sono i meno indicati a interpretare le soluzioni proposte da Raffaele Simone.
L'aria nuova ci vuole non solo per il PD (che ne ha molto bisogno) ma per tutto il centrosinistra.
Direi per tutto il paese.
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda gabriele il 03/10/2010, 21:35

franz ha scritto:
gabriele ha scritto:La mia era un piccolissima parentesi che chiudo immediatamente, altrimenti potrebbe toglier spazio al vero succo del discorso, cioè che i dirigenti del PD, per non parlare dei partiti ancora più a sinistra, non capiscono una mazza di quello che sta accadendo, che vivono in una bolla di sapone prendendo stipendi da favola, e che in blocco devono andarsene a casa.

La loro "generazione" politica ha fallito e, se rimarranno, continuerà a fallire. Vuoi per incapacità, vuoi perchè collusi con Silvio e Soci.

Via! Aria nuova! Non ci resta altro


gabriele, veramente, ti riferisci solo al PD?
Nel merito del discorso che hai riportato, ti pare che un Di Pietro, un Grillo o altri della galassia a sinistra e a destra del PD, abbiano le capacità per capire quel discorso ed il coraggio di farlo proprio? Forse qualcuno un solo punto, mai tutti insieme. Oggi stanno tutti a rincorrere il popolo con discorsi populistici (forse il PD su questo punto è il meno coinvolto) e quindi sono i meno indicati a interpretare le soluzioni proposte da Raffaele Simone.
L'aria nuova ci vuole non solo per il PD (che ne ha molto bisogno) ma per tutto il centrosinistra.
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Francesco, poni una domanda, ma non so se siamo capaci a rispondere.

Ad esempio in mezzo al tuo discorso metti Grillo...

Siamo sicuri di sapere cosa sia questo fenomeno? Se sia come gli altri o sia qualcosa di diverso?

Forse è troppo presto giudicare su una cosa che deve ancora esser...rodata. Ed è per questo che è facile bollare i movimenti a 5 stelle come "populisti", "qualunquisti", o quant'altro.

Di solito si ha timore di cose che non si conoscono...

Gabrive

PS
intanto iniziamo dal PD, poi vedremo cosa farà il Paese.
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda franz il 03/10/2010, 23:34

gabriele ha scritto:Francesco, poni una domanda, ma non so se siamo capaci a rispondere.

Ad esempio in mezzo al tuo discorso metti Grillo...

Siamo sicuri di sapere cosa sia questo fenomeno? Se sia come gli altri o sia qualcosa di diverso?

Il movimento 5 stelle è un movimento, ha un sito, ho letto il suo programma.
È una cosa allucinante, che per alcuni versi ricorda quel film di woody allen, sul dittatore dello stato libero di bananas: il finale in cui il vittorioso comandante dichiara che da oggi, la bianchera intima sarà cambiata tutti i giorni e deve essere indossata sopra gli altri capi di vestiario. Chiaro che ci sono anche alcuni punti condivisibli (forse un 20% nel settore dell'energia) ma molti sono atrocemente allucinanti (alcuni coincidono con il programma di Berlusconi, come l'abolizione delle provincie) e molti sono a mio avviso profondamente sbagliati (inceneritori) o fuori posto (ma come cavolo si fa a mettere in un programma nazionale un punto sui parcheggi per biciclette negli spazi condominiali!).
Ci hanno buttato dentro di tuitto. Sembra una discarica.
La maggioranza di quei punti va nella direzione opposta a quello che quel simone consiglia alla sinistra. È un miscuglio di punti contorti che comprende cose giuste (ma indecentemente generiche, come l'introduzione della class action) e cose sbagliate (blocco della TAV e abolizione inceneritori) ... insomma.... populismo.
E il pesce puzza dalla testa. Basta ascoltare i discorsi di Grillo.

Dici "Di solito si ha timore di cose che non si conoscono..."
No, le cose le conosciamo.
Non so se ricordi ma abbiamo avuto il piacere di conoscere una forumista che veniva da quell'esperienza e ci ha raccontato, in prima persona, l'ambiente. I meet up. Non so se la ricordi.

Poi basta ascoltare i discorsi, leggere le proposte.
Ora capisco, puo' incantare qualcuno. Non lo nego. È successo anche nel secolo scorso.
Francamente, lo so che molti dicono di assere "alla canna del gas" me se non si riconosce lo stile ... dopo quasi 90 anni, direi che il gas ha già fatto effetto. Effetto amnesia.

Ho trovato in rete un altro programma.
Nel 1919 proponeva il voto alle donne, il voto ai diciottenni, I minimi di paga. la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell'industria. Ma nche "Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera ESPROPRIAZIONE PARZIALE di tutte le ricchezze".

Non so se si è capito ma è il primo Manifesto dei Fasci italiani di combattimento (1919)

http://it.wikisource.org/wiki/Manifesto ... iugno_1919

Per non dimenticare, era un programma di sinistra, in buona parte socialista.
E centinaia di migliaia si infiammarono. Si armarono. E partirono.
Pochi tornarono.

Mi sembra francamente un film già visto.
Ma è chiaro che posso sbagliarmi, come tutti.

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Lettera a un giovane della sinistra

Messaggioda franz il 04/10/2010, 7:42

Ecco un altro testo, trovato in rete, che parla a mio avviso degli stessi problemi: come una nuova sinistra possa conciliare eguaglianza e libertà.

Da NoiseFromAmerika, Lettera a un giovane della sinistra, di aldo rustichini, 4 Ottobre 2010
Nel testo originario ci sono alcuni utili link diapprofondimento.



La sinistra italiana sta cercando di conciliare eguaglianza e libertà. Io offro tre idee. La prima è che, se la sinistra è post-marxista, allora dovrebbe liberarsi delle conseguenze implicite di quella visione. La seconda è che ci sono idee ragionevoli e idee folli di socialmente giusto, ed è bene distinguerle. La terza è che la vera sfida è quella di conciliare libertà e uguaglianza.

L’eguaglianza come valore in se'
Il principio che caratterizza la sinistra è di considerare l’uguaglianza come valore. Con una espressione più poetica, e ancora più vaga, essere di sinistra significa stare dalla parte degli ultimi. Molti di noi sono cresciuti con queste idee, e alcuni si domandano cosa ne sia rimasto. I dibattiti sulla questione, formali o informali, continuano, quindi è ora di fare chiarezza.

Uguaglianza come valore: è difficile perfino cominciare a pensare se si è d’accordo o meno con un'idea del genere, semplicemente perché è troppo vaga. Per tradurre un concetto così impreciso in politiche precise, in risposte a domande sulle scelte da fare, per esempio in politica economica e sociale, ci vuole un criterio operativo. Stiamo dunque cercando una definizione operativa del concetto di cosa sia socialmente giusto. Per definizione operativa intendo una che poi ci permetta di esprimere un’opinione sulla giustezza di una qualunque proposta di politica economica e sociale.

Per esempio: la riforma del sistema fiscale. Il sistema di imposte personali sul reddito in Italia oggi è fortemente progressivo. Una parte sostanziale (intorno al sessanta-settanta per cento, a seconda di come si cercano di calcolare gli effetti dell’evasione) delle imposte personali è pagato dal venti per cento con il reddito più alto. E’ troppo? O troppo poco?

Un altro esempio è il federalismo, che pone la questione dell'uguaglianza fra cittadini che vivono in regioni diverse. Altri esempi pongono questioni anche più difficili. Che dire, per esempio, delle scuole private? Ignoriamo la questione del carattere confessionale della scuola, che porta a tutto un altro ordine di problemi. Chiediamoci: abbiamo un'obiezione di principio alle scuole private perché sanciscono la differenza non solo degli esiti ma anche delle opportunità fra diversi giovani? E per la sanità: c’è chi parla di un diritto alla salute, uguale per tutti. Cosa vuol dire, concretamente, il "diritto alla salute" uguale per tutti? Che tutti vanno necessariamente negli stessi ospedali? Che tutti stanno ugualmente bene, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza? A qualsiasi età? Più uno ci pensa, più la generica affermazione sull'uguaglianza come diritto diventa un rompicapo.

Sto cercando, dunque, di dare una definizione operativa, che possa essere usata per decidere in tutte le questioni che abbiamo presentato, e molte altre. Perché, alla fine, fare politica non consiste in elencare diritti astratti e fumosi o proclamare dei desiderata tanto grandiosi quanto indefiniti. Fare politica vuol dire fare proposte che si possono mettere in pratica e ottengono gli effetti pratici desiderati, con il consenso della maggioranza che in tali effetti si identifica. Altrimenti si è solo dei chiacchieroni senza costrutto, non dei politici.

Il pensiero inconscio
Un avvertimento: non sto considerando teorie della disuguaglianza che assumono o concludono che i ricchi sono ricchi a spese dei poveri. Per queste teorie, socialmente giusto ha un significato molto semplice: eliminare lo sfruttamento. Una giustificazione analitica di questa posizione per esempio è quella di Marx, o quelle contro il neocolonialismo di Frantz Fanon. Queste erano le fondamenta teoriche della sinistra in Italia esplicitamente fino a circa gli anni settanta. Dopo quegli anni c’è stata una trasformazione radicale. Oggi nessuno a sinistra in Italia, neppure Vendola, invoca lo lotta allo sfruttamento come giustificazione di politiche egualitarie. La sinistra italiana è post-marxista. Polemizzare con queste teorie sarebbe dunque oggi uccidere un uomo morto. Però quell’idea ("i ricchi sono ricchi a spese dei poveri"), è passata da teoria abbandonata a idea inconscia. Questa idea inconscia si attiva automaticamente ogni volta che si parla di disuguaglianza: sfortunatamente, parlare come Rawls pensando come Marx fa male alla salute mentale. Lasciamo dunque Marx da parte, assumendo che ci sia largo accordo sull’idea che i ricchi non sono ricchi a spese dei poveri ma perché hanno avuto un qualche colpo di "fortuna".

Iniziamo esaminando qualche criterio possibile, e ci renderemo subito conto che la domanda non ha una risposta ovvia. Si potrebbe dire, per esempio, che socialmente giusto è ciò che la maggioranza decide. Regola ragionevole in un regime democratico. Una conseguenza spiacevole di questo criterio si presenta subito: se la una maggioranza del cinquantun per cento decide di redistribuirsi la ricchezza del rimanente quarantanove, questo dovrebbe essere considerato, perché deciso a maggioranza, socialmente giusto. E’ una proposta e una applicazione sospetta però, perché pare dettata dall’interesse particolare di quel cinquantuno per cento. Lo stesso sospetto viene se il criterio proposto è quello dell’uguaglianza, quando proposto da chi abbia un basso reddito. Un diverso criterio potrebbe essere quello di non toccare assolutamente nulla: ognuno tiene ciò che ha. Anche questo è un criterio operativo molto chiaro, ma se proposto da un ricco suscita il legittimo sospetto che sia non espressione di giustizia sociale, ma di convenienza personale.

Dietro il velo
In questi esempi, la ragione per essere sospettosi del criterio è che il criterio proposto va a vantaggio del proponente. Come si elimina questa potenziale parzialità? Un criterio classico è di richiedere che la decisione su cosa sia socialmente giusto venga fatta indipendentemente da criteri di convenienza personale. Per illustrare il metodo, prendiamo un esempio molto semplice. Molti degli elementi importanti in questa versione semplice mancano, ma li introdurremo via via.

Venite informati che nascerete domani, in una società molto piccola: ci saranno solo due persone. Sapete anche che una delle due sarà fortunata, e l’altra no. Per illustrare, diciamo per il momento che il fortunato guadagnerà un milione di euro all’anno, e l’altro nulla. Per ora non sapete se sarete il fortunato o lo sfortunato. Sapete solo che sarete uno dei due, con uguale probabilità, e che questo verrà deciso con il lancio di moneta. Se viene testa, siete fortunato, e l’altro no; se viene croce, succede l’opposto.

Dovete decidere ora, prima di sapere quali dei due casi si realizzerà, quale assetto sociale desiderate per il futuro. Una volta scelta, questa regola verrà messa in atto senza eccezioni, senza ripensamenti, senza condoni. In questa società molto semplice, in cui il reddito è l’unica caratteristica delle persone, un assetto sociale è sostanzialmente una regola di distribuzione del reddito. Per esempio, un possibile assetto sociale è di lasciare tutto come il caso decide. Un altro assetto sociale è di redistribuire il milione in parti uguali. Ci sono soluzioni intermedie, in cui solo una parte del reddito del più fortunato viene trasferita.

L’assetto sociale che sceglierete in queste condizioni sarà considerato socialmente giusto. Siccome non sapete chi dei due sarete, il sospetto che stiate scegliendo per ragioni di interesse personale non c’è più. Una decisione sull’assetto sociale fatta in come questa viene detta presa dietro il velo dell’ignoranza, prima cioé di sapere come sarà l’esito della lotteria che deciderà se sarete fortunati o sfortunati.

E’ una domanda ipotetica, chiaramente. E non c’è modo per me di indurvi ad essere onesti nella risposta. E’ un po’ come se vi domandassi se preferite avere il biglietto di una lotteria in cui potete vincere mille euro o nulla con uguale probabilità, o se preferite invece cinquecento euro di sicuro.

Facciamo un po’ di esempi specifici, per vedere se il metodo proposto almeno dà delle risposte che siano chiare e sembrino ragionevoli. Se il trasferimento non comporta nessuno spreco, allora giustizia sociale è il comunismo. Se c’è invece qualche spreco, per esempio perché l’apparato redistributivo costa, allora perfetta uguaglianza non è più la soluzione ideale. Questo si capisce subito se lo stato, o chi per lui fa questa redistribuzione, si prende la quasi totalità (diciamo tutto meno un euro) del reddito del fortunato. Fra avere un milione di euro se la moneta viene croce, o avere mezzo euro di sicuro, quasi tutti sceglieranno la possibiltà di avere il milione.

E’ chiaro che, così facendo, abbiamo ridotto il problema di cosa sia socialmente giusto a un problema di scelta fra opzioni disponili, con esito incerto. Il velo dell’ignoranza, che ci impedisce di vedere chi saremo, ci impone però di tenere conto in maniera equanime dell’interesse di tutti coloro che ci paiono possibili, di quelli più avvantaggiati e di quelli meno fortunati, perché potremmo essere, in questa immaginaria società futura, uno qualunque dei due. Il velo impone un atteggiamento caritatevole (perché potreste essere lo sfortunato) ma evita sprechi (perché potreste essere il fortunato a cui si chiede di rimediare alle sfortune degli altri).

Questa è la miglior definizione, e la miglior difesa che credo si possa fare di "uguaglianza come valore". Vediamo prima una conseguenza importante di questo modo di definirla, e poi i problemi, seri, che questa visione di ciò che è socialmente giusto ha.

Uguaglianza ed efficienza
La conseguenza importante è questa. Persone normali hanno un grado normale di avversione al rischio. Per queste persone, anche se si accetta la definizione di socialmente giusto che abbiamo visto, uguaglianza non è un valore assoluto: invece, va valutata per quanto costa. C’è una sola eccezione, che è bene vedere da vicino per capire quanto sia irragionevole.

Prendiamo un individuo estremamente prudente: così prudente da sfiorare la psicopatia. Questo è un individuo che se gli proponente di uscire di casa per cena, vi domanda quale sia lo cosa peggiore che gli possa capitare. Alle sue domande ansiose, dovete riconoscere che fuori di casa potrebbe essere travolto da un’auto, e in casa no. Aggiungete subito che essere travolti da un’auto è estremamente improbabile e citate statistiche autorevoli a sostegno della vostra affermazione. Invano. La sola possibilità dell’evento catastrofico gli basta per decidere. La regola che sta seguendo è molto semplice: per ognuna delle due opzioni, stare a casa o uscire, lui considera quale sia l’esito peggiore fra tutti i concepibili. Che sia o meno probabile non gli interessa. Se sta a casa, il peggio che gli possa capitare è annoiarsi. Se esce, il peggio che gli possa capitare è morire. Siccome annoiarsi è meglio di morire, se ne sta a casa.

Come deciderebbe un individuo simile quando posto di fronte alla scelta di un assetto sociale giusto? Come il nostro personaggio che deve scegliere se andare a cena o no, questo criterio guarda solamente alla situazione del più sfortunato, e fra due assetti sociali è da preferirsi quello che garantisce la situazione migliore al più sfortunato. A tutti i costi, indipendentemente da quello che succede agli altri. Un criterio di giustizia sociale basato su una simile propensione verso il richio è stato proposto da John Rawls. Una conseguenza del suo criterio è che le disuguaglianze economiche sono accettabili solo se vanno a vantaggio della persona più sfavorita, o, per usare il termine con cui siamo partiti, degli ultimi. Fra due società, una più disuguale dell’altra, può essere socialmente giusto scegliere quella più disuguale, ma solo a condizione che in questa società la situazione del più povero sia migliore di quanto lo sarebbe in quella più uguale. Quanti sarebbero a favore di una simile psicopatia?

Veniamo ai problemi seri, che sono tre.

Merito
Il primo è che fino ad ora quando abbiamo parlato del reddito non abbiamo detto come viene guadagnato. Invece il modo in cui il reddito viene guadagnato ha una importanza determinante. Semplici esperimenti dimostrano che l’atteggiamento degli individui verso la redistribuzione del reddito degli altri cambia sostanzialmente se quel reddito deriva dal "caso" (ossia, da fattori non osservabili ed imponderabili) o dal "merito" (ossia da attività e sforzi osservabili del soggetto). Molte persone sono più favorevoli alla redistribuzione dei beni ottenuti grazie a fortuna che non di quelli ottenuti per sforzo e qualità personali. La fondazione filosofica del merito è semplice: il merito compete a chi è responsabile di un esito. Io merito una vittoria se ho lavorato per ottenerla. Merito è anche la fondazione di un diritto, a mantenere i frutti di ciò che si è meritato. Un'estensione del principio (giusnaturalistico per alcuni) secondo cui i frutti del lavoro appartengono a chi il lavoro ce l'ha messo. Dal punto di vista psicologico, questo principio sembra avere una forza superiore a quello dell’eguaglianza. Non fosse così, troveremmo tutte le competizioni sportive (e non solo, non solo ...) ingiuste e per nulla entusiasmanti ...

Dipendenza
Il secondo problema è la dipendenza. Stare dalla parte degli ultimi significa prima di tutto lasciare che imparino a fare da soli, non costruire una rete di assistenza che li rende dipendenti. Questa è la famosa storia cinese secondo cui se vuoi dar da mangiare ad una persona per un giorno gli regali il pesce, se vuoi dargli da mangiare per sempre gli insegni a pescare. L’aiuto ha sempre un costo nascosto, quello di creare in chi lo riceva l’abitudine e l’aspettativa che l’aiuto continuerà. Nascosto almeno per chi non vuol vedere o sentire: i critici più feroci dei programmi di welfare per le minoranze nere sono proprio quegli intellettuali neri che hanno capito questo nesso. L’aiuto provoca dipendenza. Lo stanno ripetendo da decenni, in parole semplici e chiare.

Stato
L’ultimo problema è lo stato. Implicito nei ragionamenti della vecchia sinistra è che lo stato si può considerare uno strumento neutro, privo di interessi specifici, e quindi potenzialmente strumento perfetto per realizzare ingegneria sociale. Un aneddoto interessante nella recente biografia di Tony Blair è il racconto di un momento nella sua gioventù in cui in una discussione fu costretto ad ammettere che lo stato può avere una sua agenda. Il New Labor, la terza via della sinistra, nacque quel giorno. Peccato che la sinistra si stia dimenticando di quella illuminazione. Qui, naturalmente, il problema si collega a quello della dipendenza. I politici di professione hanno un interesse naturale a mantenere i programmi di redistribuzione e di aiuto. Ma è molto peggio di così: i politici hanno un interesse naturale a mantenere la dipendenza.

Conclusioni
La sinistra italiana sta cercando oggi di conciliare eguaglianza e libertà: Libertàeguale è il nome di uno delle sue associazioni/think tanks. Mettere insieme libertà ed eguaglianza, però, è molto più difficile che mettere insieme i due nomi. Ne deriva, ormai da più di trenta anni, una confusione che produce lo stato di inerzia attuale della sinistra, italiana soprattutto ma non solo. Le idee del passato sono riconosciute inutili. Quelle per il futuro non ci sono, perché a ogni passo c’è il sospetto che la destra sia riuscita ad abbindolarci. Come si può agire in politica, dove le idee devono essere chiare ed i fini precisi, se si è combattuti fra due identità, quella del passato considerata inutile e quella più moderna, considerata sospetta?

Sul nesso fra le due aspirazioni, Milton Friedman si espresse qualche decennio fa con la sua usuale chiarezza, ed è utile riprendere quello che disse come una sfida. In traduzione libera (chi lo vuol sentire, eccolo qui), Friedman dice:

Una società può aspirare a libertà e eguaglianza, ma ha due modi per farlo. Se aspira a eguaglianza prima che a libertà, non avrà né libertà né eguaglianza. Sarà serva di A e B che dicono a C quanto deve dare a D. Se aspira a libertà prima che a eguaglianza, avrà libertà di sicuro; non avrà uguaglianza, ma ci andrà vicino tanto quanto è possibile con i sistemi storicamente sperimentati.


Questa la sfida da destra. La risposta a sinistra non può essere di fare la somma algebrica dei due termini. Friedman contava molto sui mercati. La vecchia sinistra contava molto sullo stato. La nuova sinistra dovrebbe contare sulla gente e molto meno sullo stato. Libertà oggi non è da uno stato autoritario, o neppure da uno stato padrone con la faccia di Berlusconi, ma da uno stato-badante che si prende cura di noi.

Fra le tante lezioni sempre ricordate di Don Lorenzo Milani, ricordiamone una sempre dimenticata: la scuola di Barbiana non aspettò aiuti del governo, e non abbassò i livelli dell’insegnamento, ma li alzò. Quella scuola era difficile, e voleva insegnare ai poveri a fare da se'.
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda Robyn il 04/10/2010, 9:28

La nuova sinistra dovrebbe essere per la solidarietà.Intervenire nella regolamentazione degli eccessi del mercato.Il mercato non è la panacea di tutti i mali.Garantire la sicurezza senza il lassismo e quindi controllare i flussi.Garantire la libertà di informazione,promuovere la ricerca per risolvere problemi non per aggravarli,essere per la laicità.La sua trasformazione da comunista a sinistra europea non deve cancellare la sua < matrice sociale>.Deve espandere il suo campo d'intervento sulla famiglia,sull'azienda sociale o terzo settore, promuovere una competitività a misura umana Ciao Robyn
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda ranvit il 04/10/2010, 10:13

Un po' troppo accademica questa lettera, ma ho isolato quelli che secondo me sono i punti principali.

Ma vallo a dire ai tanti chiacchieroni della sinistra italiana....dirigenti e militanti!



Fare politica vuol dire fare proposte che si possono mettere in pratica e ottengono gli effetti pratici desiderati, con il consenso della maggioranza che in tali effetti si identifica. Altrimenti si è solo dei chiacchieroni senza costrutto, non dei politici.



La sinistra italiana sta cercando oggi di conciliare eguaglianza e libertà: Libertàeguale è il nome di uno delle sue associazioni/think tanks. Mettere insieme libertà ed eguaglianza, però, è molto più difficile che mettere insieme i due nomi. Ne deriva, ormai da più di trenta anni, una confusione che produce lo stato di inerzia attuale della sinistra, italiana soprattutto ma non solo. Le idee del passato sono riconosciute inutili. Quelle per il futuro non ci sono, perché a ogni passo c’è il sospetto che la destra sia riuscita ad abbindolarci. Come si può agire in politica, dove le idee devono essere chiare ed i fini precisi, se si è combattuti fra due identità, quella del passato considerata inutile e quella più moderna, considerata sospetta?



Friedman dice: Una società può aspirare a libertà e eguaglianza, ma ha due modi per farlo. Se aspira a eguaglianza prima che a libertà, non avrà né libertà né eguaglianza. Sarà serva di A e B che dicono a C quanto deve dare a D. Se aspira a libertà prima che a eguaglianza, avrà libertà di sicuro; non avrà uguaglianza, ma ci andrà vicino tanto quanto è possibile con i sistemi storicamente sperimentati.


[i]La nuova sinistra dovrebbe contare sulla gente e molto meno sullo stato[/i]


Fra le tante lezioni sempre ricordate di Don Lorenzo Milani, ricordiamone una sempre dimenticata: la scuola di Barbiana non aspettò aiuti del governo, e non abbassò i livelli dell’insegnamento, ma li alzò. Quella scuola era difficile, e voleva insegnare ai poveri a fare da se'.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda flaviomob il 04/10/2010, 12:12

La politica impari da loro
È successo ancora. Sbagliati tutti i pronostici, tutte le valutazioni degli stati maggiori della politica. Senza mezzi, senza soldi e senza apparati, ancora una volta il Popolo viola ha riempito le piazze.

Una preoccupante adunata di facinorosi: inalberavano slogan sovversivi come “chi semina cultura raccoglie democrazia”, cartelloni di dubbio gusto, come quello con la banconota da 500 euro e una scritta sotto: “Questo è il mio stipendio”. Gli organizzatori erano ancora peggio, visto che esibivano magliette viola con una scritta gialla: “Noi partigiani, voi cortigiani”. Forse sarà il caso che la politica questa volta si faccia davvero delle domande. Ad esempio chiedersi come mai un pugno di ragazzi, tra i 18 e i 35 anni, armati solo di chiavette Internet, abbia un potenziale di mobilitazione superiore a quello di tutto il centrosinistra. E forse sarà il caso di finirla con gli stereotipi, le caricature, questo continuo raffigurare quei ragazzi come dei sovversivi privi di idee e abituati a maneggiare solo slogan massimalisti. Se c’era una cosa che colpiva, ieri, attraversando quella folla, era il senso di compostezza e la serenità festosa di chi è andato in piazza San Giovanni. Studenti e professori, precari di ogni segno e colore, ultralaureati che friggono patatine al McDonald’s e intanto preparano il master sapendo di andare incontro a una commissione truccata.

Li dipingono come una pattuglia di tifosi scalmanati, sono gente con la testa sulle spalle, che legge e si informa su Internet e sui giornali, che fa parte di quella minoranza illuminata che ancora divora libri. C’è un punto molto importante, che ancora va raccontato, se si prova a dipingere questa piazza: il Popolo viola è uno dei movimenti organizzati nella lunga storia dell’opposizione in Italia che non conosce in nessun modo l’estremismo della violenza verbale e fisica, che bandisce i servizi d’ordine, che si autorappresenta senza mediazioni e senza ricorrere alle agenzie di caporalato del consenso politico. Il momento di massima emozione, ieri, lo slogan più gridato, quando ha parlato Salvatore Borsellino, era: “Fuori la mafia dallo Stato”. Se i partiti del centrosinistra, prima di rimboccarsi le maniche, pensassero che possono imparare qualcosa anche da questi ragazzi, forse Berlusconi avrebbe qualche difficoltà in più a prolungare il suo crepuscolo politico e mediatico.

da Il Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2010

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10 ... oro/67396/


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(Stephen Hawking)
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda pierodm il 04/10/2010, 12:27

O io sono diventato cretino tutto d'un botto, o c'è qualcosa di strano, daqvvero strano, in questi post - non tutti, solo alcuni.

Leggo il testo di Simone e non devo fare nessuno sforzo d'interpreatzione per capire quello che dice in modo estremamente nitido - che mi sembra sintetizzato molto bene nelle righe conclusive che ho citato nel mio post precedente, ma che nel corpo del testo si può ritrovare in forme più dettagliate e ugualmente inequivocabili.
Mi aspetterei una critica severa da parte di chi queste idee le ha sistematicamente rifiutate, talvolta anche in malo modo.
E invece - miracolo, miracolo - tutti a fare le fusa: o non hanno letto, o le parole della lingua italiana non hanno più senso.

In fondo, direbbe qualcuno, dovrei esserne contento, visto che le fusa finiscono per essere valide per proprietà transitiva verso ciò che anche io h tante volte detto e ripetuto.
Ma non è così: di "avere ragione" non me ne frega niente, nel senso che la ragione mi viene regalata per superficialità o disattenzione.
Quello che mi preoccupa, che mi lascia inquieto è vedere che non esiste né logica, né coerenza, né un minimo di filo conduttore nei nostri dialoghi, e che il senso dei discorsi è come un elastico, una pupazzetto di gomma che può assumere qualunque forma e dinensione per sinificare tutto e il contrario di tutto.
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda ranvit il 04/10/2010, 12:38

O io sono diventato cretino tutto d'un botto, o c'è qualcosa di strano, daqvvero strano, in questi post - non tutti, solo alcuni.



Diciamo....disattento.
Come altro interpretare questo intervento che in parte fa il verso (meraviglia dell'unanimismo di valutazione) al mio di ieri (nella pagina precedente) e in parte ribadisce la mia meraviglia....???

E' la lingua italiana ad essere ambigua o la comprensione che facciamo noi (e quindi il nostro stato mentale) per la lettera di Simone?

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: “Perchè l’Europa si schiera a destra”

Messaggioda franz il 04/10/2010, 13:36

ci sono vari modi di affrontare un tema, e vari per eluderlo.
Nel primo caso sostanzialmente si tratta di entrare nel merito di quello che si condivide e che non si condivide.
Nel secondo caso si divaga su varie questioni laterali, come dire "che strano, sono tutti d'accordo" e poi prendere atto che "che strano, sono tutti d'accordo che siamo tutti d'accordo".
Il secondo puo' essere interessante come spigolatura, aperitivo, come certi professori che all'inizio della conferenza raccontano aneddoti per scaldare la sala e metterla a suo agio. Poi ci si aspetterebbe un'entrata in materia. Sugosa.
Oppure introdurre altri spunti di riflessione.

Mi sembra che questo thread possa essere interessante se smettiamo di stupirci di come mai apparentemente siamo tutti d'accordo o quasi sul quel testo di Simone (ma che dire dell'altro da me postato?) ed entriamo nel merito.
Da parte mia l'ho già fatto, mi pare. Anche Ranvit ha segnalato le parti che condivide. Robyn ha detto la sua. Gabriele pure.
Francamente non ho capito il contributo di Flavio, che a mio avviso merita un thread a parte ma non c'entra con questo tema. Per esserne sicuri occorrerebbe esaminare il progamma (if any) del popolo viola e vedere come si pone rispetto ad un testo che vede (apparentemente) ci vede tutti consenzienti. Potremmo invitare qui un aderente a quiel movimento?

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