da pierodm il 08/08/2009, 22:52
Intanto, devo dire che sono contento di vedere che Pagheca è della mia stessa opinione sostanziale, che cioè tutto discende dall'elettorato, e soprattutto sono contento che finalmente una simile opinione non sia innediatamente sommersa, adesso, da quella valanga di accuse che mi è toccato sorbirmi per anni: forse perché Pagheca non è noto come "comunista", e da italiano in salsa anglosassone è esente dal sospetto di avere "la puzza sotto al naso".
Bene, meglio tardi che mai, e una sentita riconoscenza a Pagheca.
Però devo anche dissentire in parte con lui.
Pagheca ha ragione su alcuni punti, ma probabilmente la domanda è mal posta: il problema di questa nostra opposizione non è tanto il "che fare?" ma il "chi siamo?".
Se la mettiamo sul che fare, infatti, non possiamo fare a meno di tornare sui nostri passi, ricordando che già da anni una parte di noi insisteva sulla pericolosità di Berlusconi e della Lega, e sul famoso "regime", anche in questo rimbeccati quasi con sdegno, se non con derisione e con le solite ironie sulle presunte ossessioni della sinistra di vedere "fascismi" in agguato ovunque.
Ma queste reminiscenze non servono a guadagnarsi riconoscimenti tardivi - che per altro nessuno si sogna di fare, ci mancherebbe - ma a capire che questo soggetto/opposizione ha un suo consolidato e intimo punto di vista che agisce da "soppressore delle reazioni", sia in lettura sia in scrittura, vale a dire sia nel valutare sia nell'agire.
E' vero, per altro, e inconfutabile che "la gente" - quella informata e scandalizzata, preoccupata - difficilmente si mobilita in una massa significativa da sola: non è detto che ad "organizzare" debba essere un partito, ma bastano sindacati, associazioni universitarie, movimenti civili.
Ma ci sono due considerazioni da fare al riguardo - ce ne sarebbero cento, ma limitiamoci a due.
La prima, che qualunque mobilitazione e manifestazione, per avere un peso, deve anche avere la necessaria risonanza nell'informazione: proteste e mobilitazioni, in fondo, ci sono state, benché non di massa, ma sono state assorbite dal muro di gomma di questa informazione ben manipolata.
La seconda, che in questi anni il potere del sindacato e di altri movimenti è stato eroso e gravemente compromesso, attraverso molti espedienti e da diversi fenomeni: non ultimo il fatto che il lavoro si è frammentato, e non ci sono più le grandi formazioni operaie, e che in generale tutto il mondo del lavoro è stato ridotto sulla difensiva, essendo diventata la maggiore preoccupazione quella di ottenere e difendere una misera occupazione precaria.
D'altra parte, anni di propaganda hanno persuaso larghi strati di popolazione ad una lotta tra poveri, o all'idea che il "nemico" sia l'extra-comunitario, che il problema principale sia la "sicurezza", che la caratteristica fondamentale del concetto di cittadinanza sia l'ottenimento di un qualche potere economico: sentimenti e idee, tutti, che minano alla radice l'attenzione ai temi politici istituzionali e a quelli dei diritti, oltre a frantumare il senso di unità e di solidarietà tra cittadini - aggravato quest'ultimo fenomeno dalla mortifera propaganda leghista che ha puntato sull'inimicizia nord/sud.
Per queste ragioni l'opposizione, anche se fa, o pensa di fare, vede già in partenza il proprio potere vanificato.
Rimarrebbe però un possibile valore dell'opposizione come riferimento per chi volesse organizzarsi da solo: e qui casca l'asino del "chi siamo?". Riferimento ideologico, morale, istituzionale, di garanzia e di coraggio, di convinzione e di rappresentanza.
Per aver voluto - o dovuto - fare una grande imbarcata di tutto e il contrario di tutto, che rappresentasse tutto e il contrario di tutto, l'opposizione è formata da forze che non sanno di preciso esse stesse "chi sono", e soprattutto non lo sanno nemmeno i cittadini che le votano.