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il piano di Prodi per salvare l’Europa

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda ranvit il 23/12/2017, 18:43

8-) 8-) 8-)


http://www.lastampa.it/2017/12/23/esteri/new-deal-sociale-da-miliardi-lanno-il-piano-di-prodi-per-salvare-leuropa-8SiYQVUo86IGFRSIvB5CkI/pagina.html


New Deal sociale da 150 miliardi l’anno, il piano di Prodi per salvare l’Europa
Il dossier preparato da un team di esperti: investire su salute, istruzione ed edilizia

Pubblicato il 23/12/2017
Ultima modifica il 23/12/2017 alle ore 13:55
GIUSEPPE SALVAGGIULO
INVIATO A BOLOGNA

L’Europa ha bisogno di un New Deal nel campo dimenticato delle infrastrutture sociali: salute, istruzione, edilizia. È il piano firmato da Romano Prodi, frutto di un anno di lavoro con una ventina di esperti radunati in una «task force di alto livello», promossa dall’associazione delle banche pubbliche europee (in Italia, la Cassa Depositi e Prestiti) e dalla Commissione Ue. Tra un mese il documento sarà presentato ufficialmente a Bruxelles con il vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen.

La premessa del rapporto è che il modello sociale di cui l’Europa va fiera deve essere «allargato e modernizzato». Una quota crescente di domanda di infrastrutture sociali non viene più soddisfatta. La causa non è solo economica, ma anche demografica. Il gap di investimenti, già significativo, «diventerà in futuro un serio problema». L’Italia è particolarmente esposta.

La spesa è sbilanciata. Su 100 euro spesi in welfare, solo 5 al massimo finiscono in infrastrutture. Eppure il campionario è vasto nei tre campi: scuole (dai nidi alle materne alle università, con le necessarie dotazioni tecnologiche); strutture sanitarie (dai centri di diagnostica a quelli di cura, attrezzature e macchinari, laboratori di ricerca, programmi di prevenzione e cura, telemedicina, case di cura per gli anziani); edilizia sociale (housing sociale, strutture semi-residenziali, centri servizi per piccole comunità urbane, programmi di ristrutturazione edilizia).

LEGGI ANCHE - Prodi: “Che degrado nel nostro dibattito politico. Senza Europa l’Italia è destinata a sparire”

Inoltre le differenze di dotazione infrastrutturale si stanno allargando. Sia tra gli Stati che all’interno degli Stati. Le istituzioni nazionali non hanno risorse e competenze per farcela da sole. Serve un intervento su scala europea e di lungo termine per sostenere «il più grande investimento sociale della storia europea. In tempo di disaffezione e sfiducia nella politica, un forte messaggio per rimettere i cittadini europei al centro dell’Ue. Non dobbiamo avere paura».

Il messaggio è fortemente politico. L’imperativo è combattere le diseguaglianze e la crescente divergenza tra regioni europee, mai così ampie negli ultimi trent’anni. Senza un cambio di rotta, la «sandwich generation», stretta tra i troppo giovani e i troppo vecchi, non sarà in grado di sostenere un accettabile livello di welfare.

Lo scenario demografico è chiaro. Riduzione della natalità e allungamento della vita fanno sì che oggi 19 europei su 100 siano over 65. Nel 2060 saranno 29 su 100. Quindi la domanda di infrastrutture e servizi sociali aumenterà. I sistemi sanitari sono tarati sulle malattie acute anziché su quelle croniche. L’occupazione femminile richiede più servizi per i bambini. I sistemi educativi non sono al passo con l’innovazione tecnologica e la necessità di integrare i migranti (ogni anno 4,7 milioni di persone si muovono, tra europei che cambiano Paese e immigrati extra Ue).

Per la prima volta il rapporto ha calcolato l’investimento complessivo in infrastrutture sociali nell’Unione europea: 170 miliardi l’anno. Ne servirebbero altri 100-150. Il piano calcola un impegno aggiuntivo di 1500 miliardi di euro entro il 2030 (tre volte il piano Junker).



Il trend è contrario. Negli ultimi dieci anni gli investimenti sono calati del 20 per cento, quelli nelle opere medie e piccole fino a tre volte tanto. Due terzi di questi investimenti ricadono, infatti, sugli enti locali, che pagano il conto più salato all’austerità. Il 90 per cento delle infrastrutture sociali viene finanziato con soldi pubblici. In genere si tratta di progetti piccoli: solo uno su cento supera i 30 milioni di euro. Bassi rendimenti, alti costi di gestione e difficoltà di liquidare l’investimento allontanano i capitali privati, che si orientano su trasporti, energia, telecomunicazioni.

Un tempo Regioni e Comuni contraevano mutui per costruire ospedali, scuole e case popolari. Oggi la leva del debito è arrugginita.

Gli strumenti proposti sono di tipo diverso. Oltre a quelli istituzionali (struttura ad hoc di monitoraggio, corsia burocratica preferenziale, collaborazione tra istituzioni e finanziatori), il piano Prodi contiene due proposte radicalmente innovative e destinate a cambiare i termini del dibattito europeo. Primo: creare un grande Fondo europeo per gli investimenti sociali, a maggioranza pubblica (sia Stati che istituzioni Ue, in varie forme) e aperto a capitali privati. Secondo: i social bond, che «sono molto promettenti, ma vanno sviluppati su larga scala».

Oltre a fornire agli enti locali assistenza tecnica e finanziaria, il Fondo europeo potrebbe contenere i tassi di finanziamento emettendo social bond ad alto rating, appetibili per investitori di lungo periodo come fondi pensione e assicurazioni ma anche per piccoli investitori responsabili. Uno strumento di questo tipo eviterebbe il muro dei Paesi nordici sugli eurobond (non ci sarebbe garanzia degli Stati) ma ne otterrebbe il principale vantaggio: una forma di garanzia mutualistica che eviti agli Stati più deboli la mannaia dello spread.



Questo meccanismo garantisce sia gli investitori privati che gli enti locali: i primi mettono i capitali iniziali, i secondi lo ripagano con un canone, spalmato nel lungo termine e a tasso calmierato. Vantaggi per entrambi: i primi ottengono un investimento garantito, diversificato, con rischio quasi zero; i secondi non fanno nuovo debito e dopo trent’anni diventano proprietari. L’ombrello dell’Ue garantisce che il canone sia moderato e non speculativo, a differenza del classico project financing.



Le infrastrutture sociali rappresentano circa il 20% di tutte le infrastrutture europee. Ma il loro impatto è superiore. Sono quelle che più direttamente incidono sulla vita quotidiana. Inoltre, essendo disseminate sui territori, hanno immediate e tangibili conseguenze su imprese e occupazione. «Gli ideali europei sono in declino tra i popoli. Dobbiamo dimostrare che l’Europa sociale non è un modulo di parole vuote. Prima che sia troppo tardi». Questo è il messaggio che il rapporto Prodi consegna all’Europa.

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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda ranvit il 23/12/2017, 18:45

8-) 8-) 8-)


http://www.lastampa.it/2017/12/23/esteri/prodi-che-degrado-nel-nostro-dibattito-politico-senza-europa-litalia-destinata-a-sparire-4GZWsrCxEjjCGm8KMUB0hL/pagina.html


Prodi: “Che degrado nel nostro dibattito politico. Senza Europa l’Italia è destinata a sparire”
Parla l’ex presidente della Commissione: «I populisti sono la rovina. Il nuovo piano è una prova d’amore per tutti i cittadini dell'Unione»

In un primo momento Prodi ha declinato l’offerta di guidare la «task force europea di alto livello». Poi il progetto l’ha convinto «per il grande significato politico»


Pubblicato il 23/12/2017
GIUSEPPE SALVAGGIULO
INVIATO A BOLOGNA
Clima natalizio nell’ufficio bolognese di Romano Prodi. Il telefono squilla a ripetizione con l’inno alla gioia di Beethoven. Il Professore cerca di sottrarsi all’intervista: «Il documento è ancora sotto embargo», protesta. Cede alle insistenze solo quando gli mostriamo il testo integrale sul tablet. Allora accetta di discuterlo con La Stampa, in attesa della presentazione ufficiale del rapporto a Bruxelles, a fine gennaio.

Che cosa ha risposto quando le hanno proposto questo incarico?
«All’inizio, no grazie. Non sono uno specialista nelle tecniche delle politiche sociali. Mi hanno poi convinto spiegandomi che si trattava di elaborare una proposta con un grande significato politico».

Quali input ha dato alla task force?
«L’input è stato per una proposta di altissimo livello e di grande impatto su tutta la società europea. Abbiamo convenuto su un obiettivo preciso e concreto: concentriamoci su salute, istruzione, edilizia. Scriviamo in modo chiaro, preciso e sintetico, massimo 80 pagine. Altrimenti ci diranno che costruiamo l’ennesima montagna di carta».

Alla fine le pagine saranno un centinaio.
«Eh, li ho perdonati solo perché ci hanno messo dentro molti grafici e figure».
Come spiegare agli Stati che l’Ue si occuperà anche delle infrastrutture sociali?
«Secondo la nostra proposta, l’Ue interviene per reperire le risorse finanziarie necessarie per questo grande piano ma i progetti li scelgono gli Stati e gli enti locali, secondo il principio di sussidiarietà. Non c’è un Leviatano europeo, ma un aiuto».

Un’altra possibile obiezione: si fa un piano europeo con l’obiettivo surrettizio di aiutare solo alcuni Paesi, per giunta i più spreconi.
«Il deficit di infrastrutture sociali riguarda tutti i Paesi, e ciascuno al suo interno ha aree arretrate. Anche la Germania ha un grosso problema nel settore scolastico, e non solo nell’Est».

Come avete scelto gli esperti della task force?
«Con la libertà che consente di capirsi e di fare le cose bene. Molte nazionalità, molte competenze, molto desiderio di cimentarsi».

Quali sono stati gli interlocutori a livello istituzionale?
«Il lavoro dei nostri esperti con i loro omologhi nella Commissione è stato eccellente, l’interlocuzione persino sorprendente».

E a livello politico?
«Il fatto che la presentazione avverrà con il vicepresidente della Commissione, che tra l’altro non è un mediterraneo, significa molto».

Poi che cosa accadrà?
«Il piano deve essere fatto proprio dalle istituzioni europee. E deve partire subito. Altrimenti diventa uno dei tanti piani inattuati».

Come può incidere lo scenario politico?
«Il principale punto interrogativo è lo stallo post elettorale in Germania. Tuttavia dal governo che si formerà mi aspetto un pregiudizio favorevole nei confronti di questo piano. E così anche dai governi più scettici, come quello ungherese e quello polacco».

Come mai ha questa aspettativa?
«La principale critica che si fa all’Ue è di essere l’Europa dei banchieri e dei tecnocrati. Questo piano rappresenta il volto di un’altra Europa, che viene incontro ai bisogni della gente non a chiacchiere, ma con realismo, serietà e solidità finanziaria».

Che cosa vuol dire per l’Italia?
«Siamo così arretrati in questi settori che da soli potremmo assorbire tutte le risorse disponibili. La differenza la faranno la qualità dei progetti e l’efficienza della spesa».

Quali sono oggi le principali minacce per l’Europa?
«Migrazioni, destabilizzazione sociale causata dalla globalizzazione e disuguaglianze alimentano il populismo. Questo piano è una prova d’amore tangibile per tutti i cittadini. Il messaggio è che insieme questi problemi si affrontano meglio».

Gli ultimi dati di Eurobarometro segnalano uno spostamento dell’opinione pubblica italiana in direzione euroscettica. Che cosa ne pensa?
«Ne penso male, molto male. Ma non sono stupito».

Perché?
«Da un lato è la conseguenza degli errori compiuti nella gestione della crisi da parte europea e dall’altro è la conseguenza di una corsa di una grande parte della classe politica nazionale a cavalcare l’antieuropeismo più demagogico. L’obiettivo di ricavarne benefici elettorali nel breve periodo viene scambiato irresponsabilmente con la certezza di rovinarci nel lungo».

E il ritorno di fiamma dell’ipotesi di referendum per uscire dall’euro?
«È la misura più allucinante del degrado del dibattito politico italiano. Forse non è chiaro che senza un aggancio all’Europa noi scompariamo dalla faccia della terra».

Che cosa intende con un’espressione così radicale?
«L’euro è il nostro futuro, nonostante gli orrendi errori fatti negli anni della crisi, che l’hanno trasformato in fonte di nuove divisioni e disuguaglianze. Con questa proposta lavoriamo per riportare l’Europa sulla strada giusta».

L’Europa è la prima causa dell’euroscetticismo?
«L’accelerazione degli ultimi mesi si innesta su un problema di fondo di cui Bruxelles porta grandi responsabilità. È impossibile farsi amare se non si ama. Vale anche tra istituzioni e popoli».

A proposito di amori: che effetto le fa ascoltare discorsi euroscettici anche dalla parte politica di cui lei è stato un fondatore?
«È meglio per tutti che lei non mi faccia questa domanda».
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda ranvit il 24/12/2017, 11:12

E vediamo che ne esce...ma con "i Ragionieri di Bruxelles" non c'è molto da sperare ....spero di sbagliarmi 8-) :roll:

http://www.lastampa.it/2017/12/24/economia/la-commissione-ue-apre-al-piano-prodi-cambiare-per-fermare-i-nazionalismi-uXO7aUofrz2hSnlk8KWXlO/pagina.html

La Commissione Ue apre al piano Prodi: “Cambiare per fermare i nazionalismi”
Timmermans: serve ambizione. Il Pd: questo progetto per l’Europa è la stella polare
LAPRESSE

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Pubblicato il 24/12/2017
FABIO DE PONTE
TORINO
«Continuare così come oggi non funziona». Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione europea, ha appena finito di leggere il piano sociale con cui Romano Prodi propone di rimettere l’Unione in carreggiata, una strategia da 150 miliardi di euro che investa in salute, istruzione e infrastrutture. «Sono d’accordo con Macron», afferma l’ex ministro degli Esteri olandese. «L’Europa ha bisogno di progetti ambiziosi e realistici», dice, perché, così com’è, «non sarà mai in grado di affrontare le sfide della globalizzazione». Prodi, assicura, «ci dà delle idee da sviluppare e su cui lavorare».

Il progetto del Professore bolognese, anticipato ieri da La Stampa, disegna un modello sostenibile di sviluppo che non intacchi, anzi rafforzi, il Dna sociale su cui è stata costruita l’Europa oggi a ventotto. Timmermans sostiene che la metamorfosi è inevitabile: «Se non ci diamo la capacità di agire per convincere i cittadini che siamo capaci di far fronte alle sfide insieme, di dare la protezione e l’ottimismo che ci mancano oggi, saranno i vari nazionalismi ad affermarsi po’ dappertutto». Il risultato della nostra sconfitta, argomenta, sarà «un’Europa divisa, pessimista, meno democratica». In cui «il vicino diventa, come nel nostro passato, una minaccia per la propria posizione e il proprio futuro». Niente progresso, dunque. Anzi. Il numero due di Jean-Claude Juncker ritiene che non solo l’Europa senza riforme non saprà muoversi degnamente sullo scacchiere internazionale, ma prevede che possa finire per essere «in conflitto con se stessa». Insomma non si può andare avanti senza mettere le mani nel motore. Anche perché, e l’avvertimento è chiaro, «seguire le chimere dei nazionalisti non a senso e mi pare pericoloso».

In Italia è Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole e soprattutto vice di Matteo Renzi alla segreteria del Pd, a incaricarsi di dare la linea: «Per noi democratici questo piano è una stella polare», scrive su Facebook. «Tocca a noi - aggiunge - rendere evidente che non ci sarà futuro per l’Italia senza l’orizzonte europeo. Che la nostra sovranità o sarà sempre più europea o non sarà. Che le ipotesi di uscita dall’euro avanzate da certa destra e dai Cinque Stelle sono follie pericolose per le sorti del nostro Paese».

Ma il piano Prodi non raccoglie consensi unanimi tra gli economisti. «L’iniziativa è interessante e risponde a un problema effettivo», dice Carlo Altomonte, professore di economia alla Bocconi, consulente Bce e membro del think tank Bruegel di Bruxelles. «C’è un gap di investimenti - spiega - in Europa che stiamo tentando di coprire col piano Juncker, che ha già mobilizzato risorse per 180 miliardi per strutture che danno rendimenti per gli investitori privati: autostrade, aeroporti e così via. Il punto è proprio questo: io investo nella costruzione di una scuola come privato e poi chi remunera il mio investimento? Su scala piccola può funzionare, su scala così vasta non lo so. Bisognerebbe lavorare a fondo sulla struttura finanziaria della cosa e prevedere un investimento pubblico maggiore».
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda franz il 24/12/2017, 13:05

il piano per "salvare" l'Europa, sarebbe spendere?

Ho idee diverse.

Per me, caro Prof. bisognerebbe prima cambiare le regole istitutive e trasformare l'Unione in una Federazione.
Una cosa che si fa a costo zero, sul piano economico. Poi si può spendere.
Ma costa molto sul piano politico, per certe nazioni ancora troppo nazionaliste.

E alla fine quindi non si riformano le farlocche istituzioni e si ripiega sulla spesa pubblica.
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda ranvit il 24/12/2017, 13:51

prima cambiare le regole istitutive e trasformare l'Unione in una Federazione

Cioè....mai! :D
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda franz il 24/12/2017, 15:05

ranvit ha scritto:prima cambiare le regole istitutive e trasformare l'Unione in una Federazione

Cioè....mai! :D

Esatto. Quindi vince il partito della spesa. Anzi, i partiti della spesa.
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda mauri il 24/12/2017, 17:25

beh però vedo la buona volontà di mettere i cittadini in primo piano, sulla salvaguardia dell'ambiente nemmeno una parola
solo i cittadini che votano possono cambiare l'europa, rinnovare la classe politica e i partiti ma ci vorrà ancora una generazione
prima di arrivare ad una federazione di stati uniti d'europa
buone feste mauri
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda franz il 25/12/2017, 10:48

La domanda è se questa (proprio questa) Europa sia da salvare o da riformare, mettendo precisi paletti.

Per esempio sbattendo fuori certi casi come quello di cui si parla nel duro articolo dell'amico (internettaro) Udo Gümpel:
---
Apprezzo le parole del nuovo Cancelliere austriaco per la sua sincerità. "Siamo pronti a dividere l"Europa".
E noi, caro Kurz, dovremmo rispondere con altrettanta sincerità: E noi siamo pronti a far a meno di voi.
Buon viaggio!

Infatti, secondo me, non si dovrebbe costruire un Europa Comune, Federale con dentro paesi come l'Austria, la Polonia e anche l'Ungheria, che si oppongono con ogni mezzo alle decisioni prese di comune accordo, che bloccano l'Europa alla pari della Gran Bretagna. Chiedano alla May i tantissimi miliardi che finora hanno preso da noi, Europei.
Sono curioso come la May li risponderebbe, una che ha vinto la sua campagna anti-UE con la figura ipotetica del "polish plumber" che ruba il lavoro agli inglesi. Sono proprio curioso.

Sono per una Unione sincera. Piü chiara, solidale veramente, dunque più sociale, ma solo per chi ci sta.
"Un Europa dei "Willing": Chi ci sta, ci stia. E gli altri: fora de b.

Sono assolutamente a favore di un' Europa che si dia strutture veramente federali, che si doti di un Governo Europeo non emissario dei Governi, ma eletto direttamente dal Parlamento Europeo, e di una crescente unificazione degli Stati dell'Unione.
Ma con Camerati di Viaggio come i suddetti paesi quest'Europa veramente unita e democratica non si farebbe mai.

Mi rendo conto che è un lungo percorso che forse solo i miei figli vedranno compiersi. Ma bisogna cominciarlo adesso o mai più. Il prezzo dell'inattività sarebbe il decadimento dell'Unione, la rinascita di una miriade di piccoli staterelli.

Mi rendo conto delle resistenze, anche forti. Ci sono dei Paesi, come molti dell'Est, che hanno finora avuto tutti i vantaggi dell'UE, soldi, garanzia di libertà, ma non hanno la minima voglia di dare un contributo nei momenti di necessità: sono "i portoghesi" dell'Unione, viaggiatori a scrocco, "free-riders", Trittbrettfahrer.

Noialtri paesi, tra i quali i fondatori con i Patti di Roma, dovremmo scegliere il nostro percorso: di una crescente Unione, di una Unione con sempre maggiore leggittimazione democratica diretta. Che sarebbe un margine contro i singoli populismi. In un paese può vincere il Nazionalismo becero, al livello europeo ha minuscole chance: ecco la ragione vera per cui i partiti xenobi nazionalisti temono l'Europa, temono la propria insignificanza.

Urge che l'Unione si dia delle regole che superino l'unanimità delle decisioni. Che stabilisca le regole democratiche, del voto a maggioranza qualificata, a tutti i livelli. Ai "portoghesi" (i veri abitanti del Portogallo invece sono piuttosto esempi positivi!) dell'Unione direi: Buon Viaggio, e provate a trovare qualcun'altro che vi paghi senza pretendere nulla.

Se vi piace, tornate a bussare da Putin! Ah, non lo volete? Vi dobbiamo proteggere con i nostri militari, mezzi e finanziamento contro "l'Orso russo" perché ancora vi ricordate troppo bene che cosa significava, vivere sotto il Dominio Sovietico?
Allora dovete scegliere: O con l'Europa Unita, democratica, ma alle nostre regole europee, oppure: Tschüss.
---
Beh, che dire?
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda ranvit il 25/12/2017, 16:10

Concordo! Ma i "coglionazzi" non ci sono solo in Italia..... 8-) :twisted:
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Re: il piano di Prodi per salvare l’Europa

Messaggioda flaviomob il 26/12/2017, 3:18

Prodi non mi pare uno sprovveduto, se ha elaborato un piano del genere sicuramente ha tenuto conto delle coperture finanziarie. Modificare l'assetto istituzionale della UE non è suo compito. Forse è impossibile farlo proprio perché i cittadini non percepiscono l'Europa come un'entità positiva rivolta al benessere collettivo. Se cambiasse questa percezione, grazie a politiche di welfare efficaci, diffuse e uniformi, ci potrebbe essere una spinta ad unirsi in una federazione. "Toh, l'Europa funziona meglio degli stati nazionali, federiamoci sul serio". La genesi della Svizzera, in fondo, è basata su questa premessa: autonomia dal Sacro Romano Impero per garantire maggiori diritti, libertà e democrazia ai cittadini.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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