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Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

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Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda franz il 20/07/2015, 14:26

Povertà e statalismo
Le lezioni inascoltate della Storia
di Angelo Panebianco

Che rapporto c’è fra il marxismo esibito da certi ministri ed ex ministri del governo Tsipras e il Crocifisso con falce e martello regalato dal presidente boliviano Morales a papa Bergoglio? Sono entrambi figli di una grande rimozione, sono la testimonianza del fatto che tante persone, forse i più, preferiscono non ascoltare le lezioni della storia se ciò può mettere a rischio le loro più radicate convinzioni. È la ragione per cui, secondo un detto attribuito ad Albert Einstein, è più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio.
Quando nel novembre del 1989 crollò il Muro di Berlino e, due anni dopo, nel 1991, con l’implosione dell’Unione Sovietica, si chiuse l’era iniziata con la Rivoluzione del 1917, moltissimi in giro per il mondo si scrollarono di dosso i calcinacci di quel muro, fecero buon viso a cattivo gioco ma evitarono anche di scavare alla ricerca delle ragioni di un così grandioso fallimento.

Quasi nessuno (tranne pochissimi, e cioè i migliori) scelse di riflettere seriamente sul passato, pochi fra coloro che da quella utopia erano stati ammaliati si posero pubblicamente il problema del come e del perché, pochi decisero di fare i conti con i propri trascorsi errori di giudizio.
I più evitarono così di assimilare la principale lezione: si era dimostrata falsa, falsissima, l’idea che, sempre e comunque, il mercato sia il problema e lo Stato la soluzione. La falsità di quella tesi è all’origine del fallimento del comunismo. Non volendo prenderne atto, molti si raccontarono fole: anziché al nucleo duro della dottrina attribuirono il fallimento a fatti contingenti, come la presa del potere da parte di criminali quali Stalin, Pol Pot, eccetera. Ma l’errore, invece, stava proprio nella dottrina. I liberali non ebbero bisogno di aspettare il crollo del comunismo sovietico per saperlo: grazie a tanti importanti lavori che si erano accumulati nel tempo, ad esempio gli scritti dell’italiano Luigi Einaudi sul mercato e sull’economia collettivista o il grande dibattito degli anni Venti-Trenta, animato dagli economisti austriaci, sulla impossibilità della pianificazione socialista, i liberali sapevano benissimo perché le ricette statal-collettiviste fossero economicamente disastrose. E sapevano anche perché fossero nemiche delle libertà civili e politiche. Era, in età pre-televisiva e pre-Internet, la domanda retorica nota a tutti i liberali: se le cartiere appartengono allo Stato come è possibile la libertà di stampa?

Era inoltre già allora chiaro (a chi avesse il desiderio di capire) quali fossero le cause ultime dell’abbaglio comunista su Stato e mercato: un esiziale errore antropologico , una concezione sbagliata, semplicistica, della natura degli esseri umani, unito all’illusione prometeica , alla presunzione di poter forgiare, attraverso lo Stato, l’uomo nuovo.
Erano insomma a disposizione di chiunque volesse usufruirne le argomentazioni in grado di spiegare perché l’applicazione di quella dottrina dovesse necessariamente sfociare nel totalitarismo politico e nel disastro economico.
Ma neppure dopo la fine della Guerra fredda molti di coloro che in precedenza avevano rifiutato con sdegno quelle argomentazioni in quanto «reazionarie e di destra» si fermarono a rifare i conti, a prendere atto dei propri errori. Ecco perché, come se niente fosse, gli stessi o i loro discendenti ripropongono oggi ricette fallimentari: quando si dice che l’economia capitalista danneggia i poveri e va quindi corretta con dosi massicce di collettivismo, non solo si parte da una falsa premessa (è dimostrato che l’economia di mercato migliora la condizione dei poveri assai più di quanto non sia in grado di fare il collettivismo) ma si invocano anche pessimi rimedi: le stesse stolte politiche, grosso modo, per mesi e mesi accarezzate da quei sessantottini in ritardo che componevano il governo Tsipras, quelli che, sulla pelle dei loro concittadini, giocavano alla Rivoluzione con i soldi degli altri.

Contrariamente a quanto sostenuto da alcuni, la falce e il martello del Crocifisso regalato a Bergoglio non è simbolo di giustizia ma di oppressione, il segno distintivo di una utopia che ha generato mostri. Per inciso, il gesto del presidente Morales potrebbe anche essere interpretato come un inconsapevole insulto alla memoria di Giovanni Paolo II che quel simbolo combatté per tutta la vita, nonché ai milioni di uomini che sotto bandiere con falce e martello sono vissuti in schiavitù per decenni (e una parte ci vive ancora).
In uno dei momenti convulsi che precedettero la fine dell’Urss un grande corteo si snodò per le strade di Mosca. Innalzava striscioni che, citando una vecchia barzelletta sovietica, portavano la scritta «Proletari di tutto il mondo scusateci». Coloro che sostenevano quegli striscioni non potevano immaginare che, fuori dalla Russia, migliaia e forse milioni di persone avrebbero fatto finta che non ci fosse nulla di cui scusarsi.

20 luglio 2015 (modifica il 20 luglio 2015 | 09:11)
http://www.corriere.it/editoriali/15_lu ... 1363.shtml
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda mariok il 20/07/2015, 14:46

Sostanzialmente d'accordo sull'osservazione che nessuno ha fatto i conti con la tragedia del comunismo in varie parti del mondo.

In casa nostra si va dalla rimozione a livello personale di quell'esperienza da buona parte dei superstiti del PCI, che in genere non ne parlano se non per autoassolversi o negano di aver fatto in qualche modo parte di quella storia, alla riproposizione delle stesse ricette e delle stesse impostazioni abbondantemente bocciate dalla storia.

Tuttavia non credo che la questione possa liquidarsi semplicemente con il "chiedere scusa". Né il fallimento di quella storia può automaticamente essere assunto come negazione delle contraddizioni che pur ci sono nell'attuale turbo-capitalismo uscito vittorioso dalla inevitabile implosione del "socialismo reale".

A parte il fatto, sottaciuto da Galli della Loggia, che negli anni Venti-Trenta i liberali, se è vero che "dibattevano sulla impossibilità della pianificazione socialista", commettevano a loro volta colpevolmente il tragico errore di sottovalutare le svolte autoritarie incarnate da nazismo e fascismo.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda franz il 20/07/2015, 15:44

mariok ha scritto:Tuttavia non credo che la questione possa liquidarsi semplicemente con il "chiedere scusa". Né il fallimento di quella storia può automaticamente essere assunto come negazione delle contraddizioni che pur ci sono nell'attuale turbo-capitalismo uscito vittorioso dalla inevitabile implosione del "socialismo reale".

A parte il fatto, sottaciuto da Galli della Loggia, che negli anni Venti-Trenta i liberali, se è vero che "dibattevano sulla impossibilità della pianificazione socialista", commettevano a loro volta colpevolmente il tragico errore di sottovalutare le svolte autoritarie incarnate da nazismo e fascismo.

Credo che andrebbe valutato il fatto che la rivoluzione bolscevica fu comunque un atto di forza deliberato, razionale, in nome di un "comunismo scientifico" ma in realtà solo presunto tale (scientifico, intendo). Nel concetto stesso di economia pianificata c'è l'idea di un disegno razionale, di un piano perfetto o perfettibile. Ma era un'illusione. Come tale chi ha sbagliato, usando pure la forza e la violenza per imporre il suo disegno, dovrebbe chiedere scusa.

Poi che la realtà di oggi presenti problemi è noto ma la soluzione ad essi (che ne creerà altri) deve sempre rimanere nell'ambito del rispetto delle libertà economiche e politiche. Anche qui in campo liberal democratico nel caso, chi sbaglia dovrebbe ammetterlo e chiedere scusa, sia chiaro.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda pianogrande il 20/07/2015, 23:24

Spero di non essere accusato di essere comunista ma i discorsi troppo di parte mi danno sempre fastidio.

Il comunismo è stata una tragedia; ha generato una serie di dittature sanguinarie e detto questo non c'è molto di più da dire.

Quanto al chiedere scusa e alle auto assoluzioni, però, il discorso si allarga un po'.

Tra i motivi che hanno regalato schiere immense di seguaci del comunismo c'è anche il comportamento anche quello repressivo e schiavista del capitalismo di quei tempi.
Le grandi repressioni delle lotte operaie che cosa sono?

Il fascismo che cosa è stato?
Chi lo ha finanziato?

Il capitalismo non ne ha generate di dittature?

Ma stiamo scherzando?

Le cannonate contro gli operai della Pirelli di fine ottocento che cosa erano?
Il Sudamerica della seconda metà del 900 che cosa era?

Tutto il male che volete sul comunismo e sopratutto sui mostri che ha generato ma col chiedere scusa e con auto assoluzione Panebianco ha toppato di brutto perché a dover chiedere scusa e non auto assolversi c'è anche il capitalismo eccome se c'è.

Poi, piano piano, le cose si evolvono e un po' di democrazia, di libertà e di diritti arriva per tutti.
Ma sempre a prezzo di dure lotte e non certo per vocazione intrinseca nel capitalismo.
Se lasciavamo fare al capitalismo senza riuscire a regolamentarlo in qualche modo a che livello di civiltà ci saremmo trovati oggi?
La vera dicotomia non è comunismo capitalismo ma democrazia, diritti, civiltà oppure no.
Quella è la scala di valori e chiunque voglia giudicare deve muovere l'indice su quella scala.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda Robyn il 21/07/2015, 0:08

lorenzie il magnifico ha fatto bene a mettere da parte le classi dirigenti anticomuniste e presunte comuniste i lib-lab hanno finlmante avuto un pò di ossigeno,anche se il fenomeno lorenzie il magnifico presenta ancora molte insufficenze liberali.Se confrontiamo a come era il nostro paese con berlusconi la pregiudiziale anticomunista e l'estenuante scontro capitalismo anticapitalismo l'Italia stà sicuramente meglio adesso e sul persistente scontro capitalismo,anticapitalismo non progredisce.Il problema del nostro paese è che per esempio a differenza dei paesi anglosassoni si è sempre lasciato affascinare dalle estreme senza sapere neanche che ideologia portassero e il welfare le protezioni dei lavoratori hanno subito un'evoluzione discontinua e difficoltosa a differenza di quella costante dell'uk
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda franz il 21/07/2015, 8:52

pianogrande ha scritto:La vera dicotomia non è comunismo capitalismo ma democrazia, diritti, civiltà oppure no.
Quella è la scala di valori e chiunque voglia giudicare deve muovere l'indice su quella scala.

Certo, hai ragione a negare quella dicotomia ma a ben vedere Panebianco non l'ha affermata. Lo hai fatto tu, per poterla poi dialetticamente negare. Di fatto la dicotomia non esiste perché il comunismo è una forma politica di gestione del potere politico ed economico (forma dittatoriale per la definizione stessa che ne viene data dagli autori del Manifesto) mentre il capitalismo è una struttura del potere economico, lavora quindi su altri piani. Vero anche che grazie alle lotte c'è stato progresso ma esso è stato reso possibile perché il mercato (o il capitalismo, se vuoi) funziona e sa produrre risorse. Il comunismo "scientifico" invece ha fallito sia sul fronte delle libertà e della democrazia sia sul fronte economico, nella produzione di benessere. Io quindi direi che oltre alla scala dei diritti occorre anche guardare quella della produzione di
benessere. In sintesi, in campo economico il comunismo è stato il problema, il mercato la soluzione. Sul piano politico e dei diritti i maggiori disastri sono stati prodotti dal comunismo e dalle dittature di destra. Sul piano politico pero' quello che chiamiamo capitalismo ha diverse forme di gestione del potere. Conservatorismo e liberalismo non sono sinonimi ma tendono verso le libertà. Ci sono dittature di destra come di sinistra, c'è populismo di destra come di sinistra. Ed in entrambi i casi vi è una spinta statalista, una forte presenza del ruolo (poliziesco) dello stato e quindi fondamentalmente antiliberale. Quello che secondo me dimentichi nella tua dicotomia negata è il capitalismo di stato, che si esprime con forti dittature o tramite populismi.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda mariok il 21/07/2015, 9:31

A me sembra che il discorso di Panebianco sia sbagliato in almeno due punti.

Sul piano "storico", mentre denuncia giustamente le responsabilità dei seguaci del comunismo per aver negato per anni gli effetti tragici della loro ideologia, sembra troppo indulgente nei confronti dei "liberali" che nel '900 pure hanno avuto grandi responsabilità per non essersi schierati sempre con la necessaria tempestività e decisione contro l'insorgere di vari fascismi, considerati spesso colpevolmente come necessari antidoti al pericolo comunista.

Il secondo errore riguarda l'attualità, alla quale si riferisce in sostanza l'editoriale partendo dalla situazione greca.

E' vero che fenomeni come quello di Syriza e di altri populismi "di sinistra" ripropongono ricette fallimentari ed addirittura condannate dalla storia, ma è altrettanto vero che sul fronte liberale nulla si sta facendo per porre un argine alle forme parossistiche che ha ormai assunto il mercato e che sta provocando enormi disastri a livello mondiale, sia in termini di dissipazione che di iniqua distribuzione delle risorse.

L'unica voce è oggi quella del papa, che nella sua ultima enciclica ha indicato con chiarezza il muro contro il quale siamo lanciati a grande velocità, ma che, a parte qualche apprezzamento di circostanza, rimane isolata e sostanzialmente ignorata.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda franz il 21/07/2015, 9:45

mariok ha scritto:A me sembra che il discorso di Panebianco sia sbagliato in almeno due punti.

Sul piano "storico", mentre denuncia giustamente le responsabilità dei seguaci del comunismo per aver negato per anni gli effetti tragici della loro ideologia, sembra troppo indulgente nei confronti dei "liberali" che nel '900 pure hanno avuto grandi responsabilità per non essersi schierati sempre con la necessaria tempestività e decisione contro l'insorgere di vari fascismi, considerati spesso colpevolmente come necessari antidoti al pericolo comunista.

Non tutti i liberali, direi. Ci sono chiari e scuri in Croce ma non in Einaudi, per esempio.

mariok ha scritto:Il secondo errore riguarda l'attualità, alla quale si riferisce in sostanza l'editoriale partendo dalla situazione greca.

E' vero che fenomeni come quello di Syriza e di altri populismi "di sinistra" ripropongono ricette fallimentari ed addirittura condannate dalla storia, ma è altrettanto vero che sul fronte liberale nulla si sta facendo per porre un argine alle forme parossistiche che ha ormai assunto il mercato e che sta provocando enormi disastri a livello mondiale, sia in termini di dissipazione che di iniqua distribuzione delle risorse.

L'unica voce è oggi quella del papa, che nella sua ultima enciclica ha indicato con chiarezza il muro contro il quale siamo lanciati a grande velocità, ma che, a parte qualche apprezzamento di circostanza, rimane isolata e sostanzialmente ignorata.

Indicare il muro non significa proporre soluzioni.
Le soluzioni globali poi devono essere condivise dalle nazioni (come le varie strategie per la riduzione della CO2) e questo non è facile, come sappiamo.
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda flaviomob il 21/07/2015, 10:30

Panebianco vaneggia perché non (ri)conosce la valenza storica di quel crocifisso. E' un ricordo di padre Espinal, ucciso dalla dittatura.

Il gesuita Xavier Albò, boliviano, ha chiarito una volta per tutte che la croce a forma di falce e martello appartenuta a padre Espinal (ucciso nel 1980 dagli squadroni della morte per aver denunciato abusi, soprusi della dittatura) non è un simbolo marxista. Non era considerata da Espinal «un simbolo ideologico, del comunismo, ma era solo un modo per cercare il dialogo con i cristiani del movimento operaio. Dire che Espinal fosse comunista è una menzogna. Io lo nego totalmente. Non è la verità» ha detto a una intervista a Patria Nueva.


http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/V ... 1003.shtml

vedi anche
http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/la ... pinal.aspx

___
In ogni caso falce e martello sono simboli socialisti usati già nell'Ottocento, anche se non ancora in posizione "incrociata". Chi li identifica con la dittatura può essere solo in malafede.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Panebianco: le lezioni inascoltate della Storia

Messaggioda pianogrande il 21/07/2015, 11:19

Siamo sempre lì Franz.
Sono d'accordo anche io che tra collettivismo e iniziativa privata sia da preferire la seconda.
Quello su cui dovremmo essere d'accordo e senza accusare lo stato di essere "poliziesco" è che qualsiasi umana attività all'interno di una società vada regolamentata.
E da chi se non dalla società stessa e cioè dalle istituzioni dello stato?

Lasciato a se stesso, il capitalismo porterebbe (come ha portato) agli stessi livelli di inciviltà a cui ha portato il comunismo.
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