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Caro anti-“razzista” ti scrivo

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda franz il 23/06/2015, 8:39

Caro anti-“razzista” ti scrivo
di F. Cartelli
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Da qualche mese, al populismo ruspante di Matteo Salvini si è progressivamente contrapposto un buonismo altrettanto populista fatto di prediche, omelie e accorate lettere da libro Cuore, aventi l’obiettivo di riportare all’interno del recinto della civiltà chiunque esprima un’opinione non conforme ai princìpi dell’integrazione a prescindere e del volemose bene. Curiosamente, quest’opera di rieducazione ottiene spesso l’effetto contrario di quello sperato: anziché sottrarre truppe al populismo, non fa che rafforzare le convinzioni dell’avversario; l’anti-populismo genera l’effetto opposto, ossia più populismo. Perché ciò avviene? Perché le argomentazioni di chi frettolosamente si siede in cattedra a dispensar lezioni vogliono imporre una prospettiva lontana anni luce dalla realtà, nella quale non si tiene in considerazione la percezione dei fenomeni da parte delle persone, e si mira a rielaborarli e proporli come fossero il risultato di un asettico algoritmo fatto di numeri ed etichette. L’ultimo esempio nel quale mi sono imbattuto è la lettera di Davide Piacenza pubblicata su Rivista Studio, dall’evocativo titolo «Caro razzista ti scrivo», rivolta a una ragazza, tale Pippi Ferraro, che aveva denunciato sul proprio profilo Facebook un episodio cui aveva assistito in treno. Lamentava, in breve, una disparità di trattamento da parte del controllore, che aveva multato un’anziana priva di biglietto convalidato e che invece aveva chiuso un occhio nei confronti di un gruppo di ragazzi di colore. La Ferraro concludeva lo sfogo con un provocatorio «sì, sono razzista». Mi preme discutere alcuni passaggi della lettera, a mio avviso pregiudizievoli, che tuttavia sono occasione per alcune riflessioni.

Inizio con questo passaggio: «… c’è l’anziana signora italiana, una figura tragica davvero troppo già vista e salviniana per non considerarla il MacGuffin della tua storia». Qui già possiamo notare l’ossessione di fondo che anima la lettera: Salvini. Una volta c’era la casalinga di Voghera, che osava guardare soap opera e si permetteva di votare Berlusconi. Ora c’è l’anziana signora salviniana, metà Matteo e metà Barbara d’Urso, scomodo elemento di una storia che l’autore lascia intendere come costruita ad arte («meriti un atto di cieca fiducia», come a dire: tutto ciò non può essere vero). Insomma, prendiamo atto che le anziane signore sono un errore di Matrix che verrà presto corretto, e che citare episodi nei quali vi sono anziane signore equivale a mettere in discussione la credibilità dell’accaduto. E sono salviniane, quindi andranno per forza di cose rieducate. Dopo aver rapidamente dato ragione, di fatto, all’autrice del post («il controllore ha effettivamente usato due pesi e due misure»), fioccano le perle.

«In anni da pendolare non ho mai incontrato un controllore che abbia garantito un trattamento di favore a un gruppo d’immigrati, o presunti tali. Anzi, in diversi casi ho notato una certa inclinazione all’aggressività verbale nel multarli, farli scendere dal treno e minacciarli di chiamare la polizia – la soluzione che tu auspichi con un entusiasmo à la Maroni.» Caro Davide, t’invidio molto. Io, nella mia lunga carriera di pendolare, ho ravvisato l’esatto contrario. Senz’andare troppo indietro con la memoria, mi limito a raccontare ciò che mi è successo pochi giorni fa, prima in un Intercity e poi in un Regionale, sperando che il breve racconto non mi procuri una raffica di salutari manganellate antirazziste. Nei convogli ho visto di tutto: persone di colore senza biglietto che correvano a nascondersi nei bagni, vagoni ridotti a dei suq improvvisati, conversazioni telefoniche urlate così forte da non riuscire quasi a sentire la mia voce. In due parole: degrado e inciviltà, particolarmente evidenti nel tipo di treni che ho citato. E mi dispiace deluderti, ma i controllori non hanno usato alcun’aggressività verbale verso queste persone, cui a mio avviso andava chiesto di rispettare almeno le basilari regole dell’educazione (chiedere loro il biglietto sarebbe stato, effettivamente, troppo razzista). In compenso, il controllore del regionale ha pensato bene d’essere inflessibile con un ragazzo che aveva abbassato un finestrino e si era acceso una sigaretta. (Il treno si era fermato in un’assolata campagna per un guasto, e i fumatori stavano impazzendo per l’impossibilità d’accendere l’agognata sigaretta. Ma questa è un’altra storia, effettivamente inverosimile se non per chi l’ha vissuta.) Quindi, lascia da parte l’ossessione per la Lega — prima Salvini, ora Maroni: mettici una pietra sopra, suvvia — e prendi atto che i treni non sono un paradiso della legalità e dell’integrazione, e ciò avviene senz’altro per via di tanti maleducati italiani, ma anche a causa di molti stranieri che — ti deludo ancora — non mi sono sembrati né medici, né studenti universitari, né artisti, né Premi Nobel. Ma probabilmente io con gli incontri sono sfortunato.

Arrivo, dunque, alla parte che preferisco. «Oltre al qualunquismo, ti si deve rimproverare una falsità assoluta. Nei primi quattro mesi del 2015 sono sbarcati in Italia circa 25 mila immigrati, dato sostanzialmente in linea – se non leggermente in calo – con quello dello scorso anno. Delle 62 mila persone passate da Milano lo scorso anno, nel capoluogo si sono fermati in 207. Questi sono i numeri dell’‹invasione›, cara Pippi Ferraro. Il resto è sapiente propaganda elettorale.» Ecco l’algoritmo del buonismo: citare numeri apparentemente inattaccabili per provare una presunta superiorità intellettuale da sbattere in faccia all’interlocutore retrogrado. Caro Davide, ti svelo un segreto: non sono i numeri a fare un’emergenza; è il modo in cui viene gestito un fenomeno a fare di esso un’eventuale emergenza. E per quanto i tuoi infallibili e freddi numeri dicano che «non c’è un’invasione» — applausi — in Italia, piaccia o no, c’è un’emergenza immigrazione, perché, nel caso non te ne fossi accorto, questo Stato ha le pezze al culo, consentimi il francesismo. L’Italia non ha le strutture per affrontare questo fenomeno, e non lo dico io che sono razzista: lo dicono le circolari mandate ai prefetti. Non c’è posto per tutti, e non ci sarà posto per tutti. L’Italia vive da anni sull’orlo del fallimento, e non ne ha le capacità né gestionali né economiche. Il Viminale, recentemente, ha affermato d’aver perso le tracce d’oltre 50.000 richiedenti asilo. L’Italia è un Paese profondamente provato — anche psicologicamente — dalla crisi economica, e questa classe dirigente irresponsabile sta costruendo una bomba sociale a medio termine resa ancor più pericolosa dal dilettantismo col quale viene gestita tale questione. Fare le prediche online a chi in un momento di sconforto manifesta il proprio disagio — magari, sì, con parole un po’ eccessive — bollandolo come «razzista» è puro esibizionismo intellettuale che non risolve di una virgola la situazione. Ma, si sa, l’Italia è una Repubblica fondata sulla gogna mediatica, e ormai bisogna pure stare attenti a ciò che si scrive sulla propria bacheca, perché c’è sempre qualcuno pronto a imbastire un tribunale. Per la cronaca, la ragazza ha preso metaforicamente carta e penna e ha risposto ai rilievi mossi nella lettera.

Quel che in sostanza mi lascia perplesso è il tentativo di combattere i toni esasperati ed eccessivi di taluna politica con l’esatto opposto, cioè minimizzando sempre e comunque, e riconducendo il tutto all’ignoranza e alla propaganda. L’errore è non riuscire a scindere il problema umano da quello politico. Da un lato la ruspa, dall’altro la bacchetta. Non basta citare Calamandrei, Primo Levi, e sventolare i fantasmi del Ventennio (solo io avverto un certo senso del ridicolo nella moda d’urlare al fascismo per qualsiasi cosa?) per sedere dalla parte della ragione. «Leggi, informati come si conviene, tocca con mano, e solo dopo armati per la guerra»: forse dovresti farlo anche tu, magari andando in quelle periferie dove l’integrazione non ha funzionato, dove gli italiani sono diventati di fatto degli ospiti, o dove sono stati eretti muri per celare la presenza dei campi rom, perché in Italia la politica affronta così i problemi, nascondendoli. Ma, anche in questo caso, immagino che la colpa sia dei residenti, troppo chiusi mentalmente per accettare con serenità la preziosa opportunità culturale d’avere un campo nomadi a due passi da casa. Mal che vada, ci sono sempre i numeri, a dimostrare che lo stile di vita dei rom incide poco o nulla sulla percentuale dei furti. Oppure si può sempre scrivere qualche stato su Facebook per deridere e demonizzare chi ha l’ardore di condividere l’esperienza d’essere stato derubato da un rom o da uno straniero. Che ottusi, che razzisti, che fascisti, questi italiani: si leggano le statistiche, questi «megafoni d’auspicati pogrom», e non rompano le scatole alle persone perbene e moralmente integre.

Quel ‪‎Salvini‬ che tanti disprezzano — io non l’apprezzo, ma neanche lo demonizzo: mi limito, con un po’ di sano realismo, a costatarne l’ingombrante presenza — otterrà sempre più consenso proprio grazie all’atteggiamento ultra-garantista e ultra-protettivo nei confronti di palesi situazioni di malessere sociale. Con la scusa di voler sempre andare «contro Salvini», si è costruita una contro-barricata elitaria anni luce lontana dall’idem sentire delle comunità che si trovano ad affrontare tali emergenze, e che non fa altro che alimentare nelle persone il senso d’impotenza e di risentimento. A forza di paternali, si riuscirà a far diventare xenofobo e (davvero) razzista anche il più tollerante degli italiani. Perché, sia chiaro, è doveroso prendere le distanze dai folli che invocano i forni crematori per gli immigrati; ma ergersi a professionisti dell’indignazione a prescindere, equiparando uno sfogo a un atto di razzismo, non è la strada giusta. Le letterine vanno benissimo per vincere il Boldrino d’Oro, ma non sono i fiumi di retorica a risolvere i problemi.

http://thefielder.net/22/06/2015/caro-a ... Yj-m7yBxko
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Cara razzista ti scrivo

Messaggioda franz il 23/06/2015, 8:42

La lettera originale


Cara razzista ti scrivo

Lettera aperta all'autrice di un post anti-immigrati diventato virale su Facebook. Che ha scritto di sé «sì, sono razzista. Me ne fotto».
Di Davide Piacenza

Sabato notte prima di dormire scorrevo pigramente i post della sezione Notizie di Facebook. Una ex compagna dei tempi dell’università condivide un corposo intervento di Pippi Ferraro, «blogger e organizzatrice di eventi» secondo il Corriere del Mezzogiorno, in calce alla foto di un ragazzo nero seduto su un treno. Il nome poco noto dell’autrice del post non ha impedito al suddetto di raggiungere la ribalta della viralità: quando lo leggo ha già 44 mila condivisioni. Il mattino dopo, al mio risveglio, ha già passato il traguardo dei 130 mila “mi piace”. Nel testo, Pippi Ferraro lamenta un doppiopesismo di trattamento in favore degli immigrati a partire da una scena cui ha assistito giovedì scorso su un regionale diretto a Napoli, dove a un gruppo di giovani di colore è stato permesso di viaggiare senza biglietto, mentre un’anziana signora italiana è stata multata per lo stesso motivo.

Il post nel frattempo è stato rimosso dal profilo Facebook dell’autrice. Diversi siti web, non ultimo il già citato Corriere, l’hanno tuttavia ripreso condividendone ampi stralci. Tra le altre cose, l’autrice a un certo punto dice di essersi presa della fascista e della razzista, per poi concedere polemicamente ai suoi detrattori: «Sì, sono razzista». Luigi Manconi di recente ha scritto che coi fascisti non si discute, e probabilmente, come spesso gli capita, ha ragione. Questo però non significa che non si possa scrivere loro.

*

Cara Pippi Ferraro,

mi permetto un tono colloquiale, da conoscente di vecchia data, perché rileggendo il tuo post ho sentito l’eco di discorsi coi parenti, rimbrotti di conoscenti e qualche amico, commenti di anziani e meno anziani in fila all’ufficio postale, preoccupazioni e paure di vicini di casa e di quartiere, retoriche abusate di amanti dell’ordine bolsi o rampanti. Quando, descrivendo la tua vicenda, dici che «otto ragazzi di colore» salgono sul tuo treno e «affollano» il tuo vagone parlando «una lingua rumorosa e gutturale», un campanello d’allarme inizia appena percettibilmente a suonare in me: è possibile che la tua percezione dei fatti sia stata alterata da una forma di pregiudizio nei confronti di questi neri vestiti con «cappellini da baseball, catene d’oro pesanti come i rapper, zaini Invicta, cuffie enormi appoggiate al collo e iPhone in mano»? «Nessuno di loro era più basso del metro e ottanta, ed erano tutti in carne», riporti, per poi chiosare il primo di una serie di sardonici «poveri profughi che fuggono dalle guerre. Davvero, poverini. Come soffrono, è evidente ai più» (però specifichi, dopo aver ricevuto critiche relative a questo commento, che ma sì, certo, era ovvio che tu volessi sottolineare che non erano profughi. La tua era evidentemente ficcante satira da Facebook).

Contesti un trattamento di favore goduto dal gruppo di africani, a cui un controllore si limita a chiedere «scendete a Salerno?» non obiettando nulla quando gli viene mostrato un singolo biglietto logoro. Poi c’è l’anziana signora italiana, una figura tragica davvero troppo già vista e salviniana per non considerarla il MacGuffin della tua storia, ma meriti un atto di cieca fiducia: il controllore torna, viene implorato dalla nonnina di soprassedere sulla di lei inadempienza (non aveva obliterato il biglietto per la fretta, ma si è autodenunciata) ma in un impeto di rinnovata crudeltà lui le fa la multa. «Poi ripassa vicino agli otto di colore senza biglietto e fa finta di non vederli, anche se sa benissimo che non sono scesi dove avevano detto e che non erano in regola». Dici di aver pensato «due pesi e due misure» e non te ne si può certo fare una colpa: il controllore ha effettivamente usato due pesi e due misure.

Il post di Ferraro ripreso dal Corriere del Mezzogiorno.
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A questo punto vorrei cercare di capire con te il motivo di tanta disparità, però: pensi sia perché loro erano otto e «in carne», mentre la signora da sola e intimorita? O perché loro, al di là dei loro iPhone, delle loro cuffie e della loro lingua gutturale, avevano la pelle nera? Credi che il controllore abbia permesso loro di arrivare a Napoli gratuitamente perché aveva paura? Eppure non descrivi nulla di eclatante nel loro comportamento: sì, davano occhiate alle ragazze e sì, parlavano ad alta voce. Io al contrario di te non amo definirmi razzista, ma ho come l’impressione di poter concepire l’esistenza di persone bianche e italianissime abituate a squadrare le donne che passano e parlare a voce alta sui convogli che collegano Napoli al Cilento. In anni da pendolare, peraltro, non ho mai incontrato un controllore che abbia garantito un trattamento di favore a un gruppo di immigrati, o presunti tali. Anzi, in diversi casi ho notato una certa inclinazione all’aggressività verbale nel multarli, farli scendere dal treno e minacciarli di chiamare la polizia – la soluzione che tu auspichi con un entusiasmo à la Maroni.

In seguito parli del terribile caso di cronaca di queste ore, quello che ha visto un controllore milanese attaccato a colpi di machete da un gruppo di ragazzini di El Salvador, membri di una gang di latinos della periferia. «E allora ripenso all’episodio capitato a me», dici, ma non è chiaro come una banda di assassini possa essere accostata a un gruppo di ragazzi che non ha fatto un biglietto su un treno regionale. Scrivi, poi, che «stiamo subendo un’invasione senza precedenti» (di salvadoregni?) e qui, oltre al qualunquismo, ti si deve rimproverare una falsità assoluta. Nei primi quattro mesi del 2015 sono sbarcati in Italia circa 25 mila immigrati, dato sostanzialmente in linea – se non leggermente in calo – con quello dello scorso anno. Delle 62 mila persone passate da Milano lo scorso anno, nel capoluogo si sono fermati in 207. Questi sono i numeri dell’«invasione», cara Pippi Ferraro. Il resto è sapiente propaganda elettorale.
Dovresti provare ad andarci, in quelle stazioni che nel tuo j’accuse definisci «ridotte a campi di accoglienza»

E credimi, dovresti provare ad andarci, in quelle stazioni che nel tuo j’accuse definisci «ridotte a campi di accoglienza con gente buttata per terra nello sporco, piscio, pannolini di bambini e spazzatura ovunque». Io l’ho fatto spesso negli ultimi tempi, l’ultima volta giusto ieri. Non troverai gang di criminali dall’atteggiamento strafottente o ragazzi in carne che ridono rumorosamente; avrai intorno persone dall’aspetto macilento e dallo sguardo segnato, bambini e madri ridotti a spettri dal volto umano, osserverai «il silenzio dei torturati, più duro d’ogni macigno» di cui parlava Piero Calamandrei. Non ci saranno i «cinquecento malati di scabbia» di cui parli perché non esiste quell’«allarme scabbia» creato a uso e consumo del piccolo circo politico e mediatico che lo brandisce con fare garrulo, e anche se li trovassi non sarebbe un grosso problema, perché per contrarre la loro malattia dovresti dormire nelle loro lenzuola per giorni e giorni. Se vorrai andare alla stazione Centrale di Milano per verificare i tuoi assunti avrai intorno madri che cercano di addormentare i propri figli su una panchina di marmo, padri di famiglia e giovani che non mangiano da giorni ma rifiutano il poco cibo delle associazioni di volontariato perché credono di avere soltanto più una cosa di loro proprietà esclusiva, e quella cosa si chiama grosso modo dignità.

E no, Pippi Ferraro, non è vero nemmeno che «quelli di colore e i rom e i clandestini viaggiano gratis, mangiano gratis, alloggiano gratis, non pagano le tasse, non pagano l’occupazione del suolo pubblico, non necessitano di documenti, non vanno in galera, non rispettano le leggi», queste come altre sono cose che hai sentito dire, berciate in talk show e telegiornali, che vivono nelle conversazioni al bar e nei discorsi delle persone suggestionabili. Ma la realtà con questo non c’entra nulla. I famosi 40 o 45 (o 50, in altri casi) euro di cui godrebbero giornalmente i nuovi arrivati sono pura fantasia: 35 euro è la somma media per richiedente asilo che viene erogata dai Comuni direttamente ai centri di accoglienza e alle associazioni, e spesso basta a malapena per il vitto, la manutenzione e la pulizia degli stabili. E si tratta, cara Pippi, di soldi erogati da un fondo del ministero dell’Interno, una disposizione che esiste pressoché ovunque e si rifà direttamente alla Convenzione dei diritti dell’Uomo. Agli immigrati vengono offerte sì e no le chiamate in patria per avvisare i familiari che hanno avuto la fortuna di non morire durante la traversata. Credi che si accaniscano «sempre e solo contro di noi», sottinteso noi italiani, ma forse non sai che molte di queste persone – spesso medici, studenti universitari, artisti – trovano soltanto porte sbarrate e trattamenti ben poco di favore. Succede da anni a Pozzallo, nel ragusano, e ora per motivi diversi anche al Brennero, a Ventimiglia. Anche in quei posti troverai persone che in Italia non solo non vogliono delinquere o vivere «gratis», ma non intendono nemmeno rimanere.

Sentenzi «me ne fotto», tu, ma bisognerebbe ricordarti che da «me ne frego» e succedanei in questo paese non è mai venuto fuori nulla di particolarmente buono. Sei esasperata e parli di una «guerra» di cui dovremmo accorgerci, ma non ti rendi conto tu stessa di esserti resa il megafono di auspicati pogrom che servono da trampolino di lancio per carriere di politicanti spregiudicati. In un altro post recente citi la frase di un romanzo che hai letto: «I libri la proteggono dalla stupidità». E viene da sé, a questo punto, esortarti a proteggere te stessa: puoi cominciare da Primo Levi sul Corriere nel maggio del ’74: «Ogni tempo ha il suo fascismo […] A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione […] e diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine». Leggi, informati come si conviene, tocca con mano, e solo dopo armati per la guerra. E un’ultima cosa: se ti capiterà, com’è successo a me, di andare a vivere per un periodo all’estero, non sorprenderti o risentirti per quegli sguardi straniti oppure direttamente ostili. È per via di quella «lingua rumorosa e gutturale» che parli.

http://www.rivistastudio.com/standard/c ... ti-scrivo/
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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda flaviomob il 23/06/2015, 9:22

L'Italia è un paese incivile che non dà una lira agli asilanti (o rifugiati politici) anche quando li riconosce come tali. Per questo tutti cercano di attraversarla per scappare all'estero. In Francia, Germania, Svizzera e nel resto dell'Europa civile chi viene riconosciuto come rifugiato politico viene anche sussidiato, ha la garanzia di un alloggio, può condurre una vita dignitosa. Da noi gli unici soldi che circolano sono le mazzette delle tangenti.


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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda pianogrande il 23/06/2015, 14:11

Mi piacerebbe sentire, non dico un semplice cittadino ma un politico, affrontare il problema da un punto di vista tecnico.
insomma, possibile che nel nostro paese non esista uno specialista della materia?
Possibile che queste migliaia o centinaia di migliaia o miliardi di miliardi di persone vengano gestite solo di pancia?
Possibile che lo stato italiano non sappia relazionarsi coi suoi cittadini con dati e progetti e obiettivi e risultati e altre argomentazioni non ruspanti?

Sicuramente dietro a questa mancanza di razionalità ci sono interessi non solo di propaganda politica ma anche di profitto, corruzione etc.

Una forma di lotta contro questo stato di cose è quindi proprio diffondere dati per quanto possibile oggettivi.
Enunciazioni del problema e proposte di soluzione.
Dettagli operativi precisi, dati statistici.
Insomma, il problema esiste, come lo risolviamo?

Tutto qua.

Il resto è speculazione politica, un fare la cresta che metto allo stesso livello di chi fa la cresta sui finanziamenti.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda gabriele il 23/06/2015, 16:26

pianogrande ha scritto:Mi piacerebbe sentire, non dico un semplice cittadino ma un politico, affrontare il problema da un punto di vista tecnico.


Di coloro che c'hanno governato finora non ne troverai uno. Troppi interessi e malaffari, morali e monetari dietro alla questione immigrazione. Non c'è interesse affinché l'elettore capisca; meglio che si riempa la bocca di banali falsità, da una parte, o di inconcludente indignazione, dall'altra, piuttosto che essere informata.

E' il solito giochetto del trio magico: politica, informazione, elettore. Quest'ultimo sta sempre alla fine della catena e molte volte gli sta bene così...
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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda franz il 23/06/2015, 22:09

flaviomob ha scritto:L'Italia è un paese incivile che non dà una lira agli asilanti (o rifugiati politici) anche quando li riconosce come tali. Per questo tutti cercano di attraversarla per scappare all'estero. In Francia, Germania, Svizzera e nel resto dell'Europa civile chi viene riconosciuto come rifugiato politico viene anche sussidiato, ha la garanzia di un alloggio, può condurre una vita dignitosa. Da noi gli unici soldi che circolano sono le mazzette delle tangenti.

Si parla di 35 euro a testa ma probabilmente arriva poco o nulla agli asilanti e quasi tutto si ferma alle strutture di sostegno, gestite dai soliti noti. La politica trova un altro modo per auofinanziarsi?
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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda flaviomob il 24/06/2015, 1:09

35 euro è un costo minimo giornaliero per gestire una struttura di accoglienza (una comunità per minori ne costa oltre 60/70 al giorno, ma ha solo otto minori con quattro educatori che turnano).

In Svizzera so che viene elargito un sussidio e garantito un alloggio a ogni richiedente asilo riconosciuto come tale, sicuramente tu avrai informazioni più precise. Mi ricordo una trentina di anni fa come in Canton Ticino si lamentassero di quanto costavano i "Tamil"...


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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda franz il 24/06/2015, 10:07

flaviomob ha scritto:35 euro è un costo minimo giornaliero per gestire una struttura di accoglienza (una comunità per minori ne costa oltre 60/70 al giorno, ma ha solo otto minori con quattro educatori che turnano).

In Svizzera so che viene elargito un sussidio e garantito un alloggio a ogni richiedente asilo riconosciuto come tale, sicuramente tu avrai informazioni più precise. Mi ricordo una trentina di anni fa come in Canton Ticino si lamentassero di quanto costavano i "Tamil"...

Sì, è il minimo vitale, che si dà a tutti i cittadini che sono oggettivamente privi di reddito, che siano asilanti o svizzeri non importa.
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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda franz il 24/06/2015, 10:12

flaviomob ha scritto:35 euro è un costo minimo giornaliero per gestire una struttura di accoglienza (una comunità per minori ne costa oltre 60/70 al giorno, ma ha solo otto minori con quattro educatori che turnano).

In Svizzera so che viene elargito un sussidio e garantito un alloggio a ogni richiedente asilo riconosciuto come tale, sicuramente tu avrai informazioni più precise. Mi ricordo una trentina di anni fa come in Canton Ticino si lamentassero di quanto costavano i "Tamil"...

Sì, è il minimo vitale, che si dà a tutti i cittadini che sono oggettivamente privi di reddito, che siano asilanti (dopo che la pratica è stata accettata) o svizzeri non importa.
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Re: Caro anti-“razzista” ti scrivo

Messaggioda flaviomob il 24/06/2015, 15:46

Uno spaccato della situazione italiana:

http://www.meltingpot.org/I-richiedenti ... Yqyt_ntnDs

I richiedenti asilo in Italia: tra diritto e realtà
Autore: Rosanna Marcato


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