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Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda franz il 14/02/2015, 16:29

Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Dopo la conquista della città di Sirte in Libia, l’Isis è pericolosamente vicina al nostro Paese. Il ministro Gentiloni dichiara che l’Italia è pronta a combattere.

I rapporti fra l’Italia e la Libia non sono sempre stati idilliaci: dalla fine della seconda guerra mondiale al regime di Gheddafi è sempre stato un susseguirsi di strali minacciosi, schermaglie verbali e conseguenti operazioni di disgelo.

Quello che sta succededo nelle ultime ore è profondamente diverso, perché non riguarda soltanto la diplomazia dei due paesi, ma l’intero conflitto fra barbaro terrorismo e mondo civilizzato, jihadisti e moderati di qualsiasi religione.

Oggi l’Isis, la più grande minaccia dai tempi di Al Qaeda, è qui, a poche miglia marine dalla nostre coste, da dove si fa sempre più intenso e drammatico il flusso di migranti, gestito, come noto, anche dalle formazioni terroristiche. Forse, come si evince dalle parole del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, è arrivato il momento di preoccuparsi.

Prima i fatti. Dopo aver conquistato la città costiera di Derna, situata appena sotto l’isola greca di Creta, è arrivato il turno di Sirte, più ad occidente e quindi verso la nostra penisola, dove le forze dell’Isis hanno – secondo fonti affidabili – strutturato in città il proprio quartier generale e preso il controllo dei principali mezzi di comunicazione.

Da qui i timori di Gentiloni, che per la prima volta ha parlato di “minaccia terroristica attiva a poche ore di navigazione dall’Italia”, aggiungendo che, se la strada della negoziazione si dovesse rivelare non più percorribile, “bisogna pensare con le Nazioni Unite a fare qualcosa in più”, posto che “l’Italia è pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale”.

Parole chiare e inequivocabili, che sanciscono la disponibilità del nostro Paese ad intervenire attivamente contro questa nuova minaccia terrorista, a questo punto non più ignorabile, dal momento che si trova ormai a pochi chilometri dalle nostre coste.

Senza contare che in questo momento in Libia operano diversi gruppi estremisti – come Ansar al-Sharia e Fajr Libya – di cui Isis è solo la variante più feroce.

La situazione delle ultime ore, inoltre, si inserisce in un quadro propagandistico più ampio, animato dalle espressioni minacciose del gruppo, che ha diffuso un fotomontaggio nel quale si vede la bandiera nera dell’organizzazione sventolare sulla cupola di San Pietro.

Per il nostro ministro degli Esteri, si tratta solo di “farneticazioni propagandistiche”, che, tuttavia, “non possiamo sottovalutare”.

Di certo, se l’Isis voleva scuotere l’opinione pubblica italiana, si può dire che c’è finalmente riuscita, perché era dai tempi della guerra in Jugoslavia che gli italiani non avvertivano una così forte turbolenza a pochi passi dai propri confini. La differenza con quel massacro è che questa volta ci siamo anche noi fra gli obiettivi dei carnefici.

Carlo Rombolà su http://www.liberopensiero.eu/2015/02/14 ... r-litalia/
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda trilogy il 16/02/2015, 9:15

16 febbraio 2015
Truppe italiane in Libia: tutti i rischi dell’opzione militare
di Alberto Negri

Armiamoci e partite, è una frase italiana diventata proverbiale per stigmatizzare l'atteggiamento di chi si sottrae ai rischi di un’azione da lui stesso promossa o perorata pur esortando gli altri a intraprenderla. Risuona nelle orecchie del benpensante come un ossessivo ritornello di stagione ogni qual volta si decide un’azione militare.
Armatevi e partite: è questo il vero motivo per cui vengono adottate decisioni prive di senso, perché sostanzialmente prive anche di morale, il che significa non conoscere le situazioni o addirittura occultarle. Ma siccome i nostri politici, pur ignorando quotidianamente la politica estera, considerata una sorta di ancella povera delle istituzioni, sono piuttosto abili, sanno sempre come cavarsela e invocano regolarmente il cappello internazionale per giustificare un intervento di cui di solito non conoscono la portata sia in termini politici che militari.

Per questo quando tornano le bare dei soldati, come è avvenuto in Afghanistan e in Iraq, possono presentarsi senza vergognarsi troppo alle cerimonie che precipitano il Paese nel lutto nazionale. Un fastidioso profluvio di retorica che non aiuta a decidere per il meglio e che fuori dai nostri confini risulta incomprensibile.
Se si decide di mettere piede in Libia, naturalmente con la patente dell'Onu, dell'Europa o della Nato (meglio dell'Onu visto che conduce i negoziati tra le fazioni), bisogna anche sapere cosa ci aspetta. E a maggior ragione visti i precedenti coloniali in Libia e quanto accaduto nel 2011. Dopo i raid promossi dalla Francia e della Gran Bretagna, appoggiati dai Cruise americani, anche l'Italia entrò nella missione: una decisione non di poco conto visto che sei mesi prima ricevevamo Gheddafi in pompa magna a Roma firmando (con la ratifica a grande maggioranza del Parlamento) un trattato di cooperazione e sicurezza che ci impegnava a salvaguardare il regime.

Accettammo allora le decisioni altrui per non restare ai margini e difendere gli interessi economici ed energetici ma si trattò comunque di una clamorosa virata della politica estera italiana in Nordafrica che non è passata inosservata. Ora è sulle intenzioni del governo italiano che ruotano le polemiche e il dibattito, come al solito confuso. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha fatto sapere che «l'Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell'area, europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste».

Queste dichiarazioni dopo quelle del ministro degli Esteri Gentiloni vanno soppesate perché si tratta di informazioni importanti: ci sarebbe quindi la possibilità di formare una coalizione a guida italiana. Sarebbe, se risultasse vera, una buona notizia perché vorrebbe dire che questa volta non siamo al traino di qualcuno e possiamo decidere insieme agli altri alleati obiettivi e metodi di intervento.

Ma dobbiamo sapere anche un'altra cosa: una volta messi gli anfibi sul terreno bisogna restarci, e forse anche a lungo, per stabilizzare la Libia. I rischi di perdite tra i soldati in scontri e attentati sono alti. E sicuramente questi rischi erano inferiori mesi fa, quando da più parti si invocava un intervento internazionale in Libia. La missione militare comporta un costo umano, politico ed economico che i Paesi schierati contro Gheddafi nel 2011 non vollero accettare lasciando che il Paese sprofondasse nell'anarchia e nel caos dove adesso si è infilato il Califfato. Ma proprio di questo oggi si parla: saldare un conto aperto lasciato in sospeso da altri. Armiamoci e partite, quindi, sapendo bene però dove si va e a quale prezzo.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=ABbNKIvC
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda pianogrande il 16/02/2015, 11:27

certo non può essere l'Italia da sola a farsi carico (non ultimo quello economico) di una simile operazione ma, che non si possa permettere a l'Isis di prendere in mano interi stati (con tutte le loro risorse e la loro popolazione), ci voleva tanto a capirlo?
La potenza di questa organizzazione è ormai legata ai territori di cui riesce ad appropriarsi.

Non dimentichiamoci di quello che succede quando un numero relativamente piccolo di persone, con un colpo di stato, prende in mano il governo di un paese.

Quale è la differenza?

Nessuna differenza.

L'Isis si sta espandendo e quindi diventa sempre più temibile.
Non è una banda di scalmanati.
Può prendere in mano interi stati ed usarli per espandersi ancora e più si aspetta e più si espande e si potenzia.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda franz il 16/02/2015, 12:41

Intanto si muove l'egitto (militarmente) e anche la Francia.
http://www.repubblica.it/esteri/2015/02 ... ref=HREA-1

Intervista (audio) al Prof. Romano Prodi:
http://video.repubblica.it/dossier/emer ... 27?ref=tbl
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda flaviomob il 16/02/2015, 12:44

http://video.espresso.repubblica.it/att ... 8?ref=fbpe

Prodi: azione militare non sostenibile


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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In šāʾ Allāh (إن شاء الله)

Messaggioda franz il 16/02/2015, 13:41

flaviomob ha scritto:Prodi: azione militare non sostenibile

Non so se intenda sul piano politico o militare (o entrambi) ma è chiaro che non si tratta di andare contro una Nazione intera (la Libia) ma contro le bande armate dell'ISIS che stanno cercando di prendene possesso, che saranno poche decine di migliaia di assassini e terroristi scatenati.
Ora io capisco le preoccupazioni di Prodi e di tutti nell'eventualità di un conflitto vicino a casa ma mi chiedo: se ogni anno spendiamo 20 miliardi per la difesa (31 la Francia) e non siamo in grado di contrastare bande armate di assassini mi pare del tutto inutile avere un esercito, spendendo soldi per carri, aerei, navi, stipendi di militari, centinaia di generali.
So che su questo magari qualcuno ci sta benissimo ed abolirebbe l'esercito seduta stante. ;)
Ma facciamolo pure. Usiamo meglio quei soldi (20 miliardi possiamo aggiungerli ai 61 che spendiamo per l'istruzione) e se poi arriveranno quelli dell'ISIS fino a Roma, Bologna, Milano amen. Anche noi diremo: In šāʾ Allāh (إن شاء الله)
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Re: In šāʾ Allāh (إن شاء الله)

Messaggioda gabriele il 16/02/2015, 14:22

franz ha scritto:
flaviomob ha scritto:Prodi: azione militare non sostenibile

Non so se intenda sul piano politico o militare (o entrambi) ma è chiaro che non si tratta di andare contro una Nazione intera (la Libia) ma contro le bande armate dell'ISIS che stanno cercando di prendene possesso, che saranno poche decine di migliaia di assassini e terroristi scatenati.
Ora io capisco le preoccupazioni di Prodi e di tutti nell'eventualità di un conflitto vicino a casa ma mi chiedo: se ogni anno spendiamo 20 miliardi per la difesa (31 la Francia) e non siamo in grado di contrastare bande armate di assassini mi pare del tutto inutile avere un esercito, spendendo soldi per carri, aerei, navi, stipendi di militari, centinaia di generali.
So che su questo magari qualcuno ci sta benissimo ed abolirebbe l'esercito seduta stante. ;)
Ma facciamolo pure. Usiamo meglio quei soldi (20 miliardi possiamo aggiungerli ai 61 che spendiamo per l'istruzione) e se poi arriveranno quelli dell'ISIS fino a Roma, Bologna, Milano amen. Anche noi diremo: In šāʾ Allāh (إن شاء الله)


io spero solo che non ripercorrano per l'ennesima volta gli stessi errori compiuti nel passato. Dopo che l'IS sarà stato spazzato via, come ci si organizzerà in Libia, in Siria, in Iraq...?
Faremo come al solito? Ci si assicurerà che solo i pozzi di petrolio e le infrastrutture attinenti siano al sicuro e il resto vada a remengo?
Un'azione militare fine a sè stessa è una grandissima boiata. Ma come sempre, quando soffiano i venti di guerra, l'unico obiettivo è distruggere il nemico senza prima capire cosa si sta facendo e dove si vuole andare

PS
per spazzarlo via non ci vuole poi molto. In primis, occorre smettere di vendergli le armi
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda franz il 16/02/2015, 14:32

Giusto. Mai ripetere gli errori dl passato, ma non per questo allora si deve stare fermi e non fare nulla (anche questo potrebbe essere un errore commesso in passato).

A me comunque basta capire cosa sta facenedo il nemico (ISIS)

Integro la lista delle spese militari: http://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per_spesa_militare

L'unione europea spende 331 miliardi per cosa?
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda trilogy il 16/02/2015, 15:22

franz ha scritto:
flaviomob ha scritto:Prodi: azione militare non sostenibile

Non so se intenda sul piano politico o militare (o entrambi) ma è chiaro che non si tratta di andare contro una Nazione intera (la Libia) ma contro le bande armate dell'ISIS che stanno cercando di prendene possesso, che saranno poche decine di migliaia di assassini e terroristi scatenati...


Penso intenda entrambe le cose. In Libia non c'è solo l'Isis. C'è il governo di Tobruk, che non conta nulla ma è sostenuto militarmente dagli americani, poi c'è il governo di Tripoli con le sue milizie, sostenute dai fratelli musulmani, da Turchia e Quatar e combattuto da egiziani e sauditi, poi vari signori della guerra locali, che a seconda delle convenienze si schierano da una parte o dall'altra. Una missione sul terreno si troverebbe a combattere non in campo aperto ma nei centri abitati, non si sa bene contro chi, si rischierebbe il tiro al bersaglio, con conseguenze facili da immaginare.
L'altro problema è nella geografia della Libia. Le frontiere libiche ormai sono fuori controllo. Dal deserto arrivano profughi, droga, armi, miliziani. Rimettere sotto controllo militarmente le frontiere interne avrebbe tempi e costi enormi.
La soluzione sarebbe in primis un accordo politico tra Tobruk e Tripoli, ma questo richiederebbe una partecipazione al governo dei fratelli musulmani, ipotesi che l'Egitto e L'Arabia Saudita ostacoleranno con ogni mezzo.
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Re: Isis in Libia: pericolo per l’Italia

Messaggioda franz il 16/02/2015, 17:49

Grazie, trilogy.
Approfondenendo il tema noto che continua l'andazzo disarmante dei nosti rmedia ad ignorare bellamente le situazioni difficili, anche a noi vicine, a meno che poi in fretta e furia non si verifichino emergenze. Allora fioriscono gli speciali, come questo:

A quattro anni dalla rivolta contro il dittatore Muammar Gheddafi, le speranze della 'primavera libica' si sono spente tra la violenza delle milizie e l'indifferenza dell'Occidente, lasciando il terreno ai jihadisti dell'Is.

L'ex 'regno' di Gheddafi è in balia di una situazione esplosiva che ha generato due parlamenti e due governi: da un parte il primo ministro Abdullah al-Thani e il suo nuovo, e più "laico", governo riconosciuto dalla comunità internazionale costituito a giuno 2014. Un esecutivo, tuttavia, trasferito a Tobruk, ai confini con l'Egitto, a 1.300 chilometri da Tripoli, per ragioni di sicurezza. E che non controlla neanche alcune città circostanti. A meno di due ore la città di Derna è stata proclamata Califfato dagli estremisti di Ansar al-Sharia, che non ha esitato a dichiarare l'alleanza con l'Is. Più a Sud, Bengasi è teatro di una guerra aperta tra milizie islamiche e forze governative. Quanto alla Tripolitania, da più di tre mesi è in mano a una coalizione islamista composta da più anime. Dalle milizie di Misurata, che guidano l'alleanza Fajr Libia, e che l'hanno strappata alle milizie di Zintan, e dagli onorevoli della Fratellanza musulmana. Nella capitale Tripoli, le milizie filo-islamiche di Fajr Libya hanno preso il sopravvento nell'estate 2014, imponendo un governo 'parallelo' - non riconosciuto dalla comunità internazionale - guidato da Omar al Hassi, che si stabilisce nell'hotel Corinthia.

Ecco una breve cronologia dei fatti.
17 FEBBRAIO 2011 - Alcune migliaia di persone scendono in piazza a Bengasi, il 15 febbraio, nell'anniversario del massacro nel carcere di Abu Slim di Tripoli del 1996. Due giorni dopo le proteste si allargano ad altre città e sull'onda delle rivolte arabe di quei mesi prende il via la 'Rivoluzione del 17 febbraio' contro il colonnello.
19 MARZO 2011 - La Francia avvia i primi raid aerei contro le truppe di Gheddafi che minacciano la popolazione civile di Bengasi, decisi in base a una risoluzione Onu. Il 31 marzo la Nato prende la guida dell'operazione cui partecipa anche l'Italia.
23 AGOSTO 2011 - A Tripoli il quartier generale di Gheddafi cade nelle mani dei ribelli. Il rais è in fuga, verrà ucciso il 20 ottobre a Sirte. Il Consiglio nazionale transitorio dichiara la "liberazione" della Libia.
7 LUGLIO 2012 - Prime elezioni libere nel Paese, dopo 42 anni di dittatura, per il Congresso nazionale. Vince l'Alleanza delle forze nazionali dei moderati laici di Mahmoud Jibril, ma il Paese è già in preda alle violenze delle milizie, ex ribelli che non hanno ceduto le armi dopo la caduta del regime. In Cirenaica si rafforzano le spinte autonomiste.
11 SETTEMBRE 2012 - Il consolato Usa a Bengasi viene attaccato dal gruppo qaedista Ansar al Sharia. Muoiono l'ambasciatore Chris Stevens e altri tre americani.
12 GENNAIO 2013 - Il console italiano a Bengasi, Guido De Sanctis, scampa a un agguato. La sede diplomatica chiude i battenti. Nei mesi successivi altre ambasciate occidentali verranno prese di mira. L'11 giugno un ordigno esplode sotto un'auto dell'ambasciata italiana a Tripoli, senza provocare vittime.
APRILE-MAGGIO 2013 - Intanto a Tripoli miliziani armati assaltano e assediano diversi ministeri (Giustizia, Esteri e Interno). Il governo di Ali Zeidan (eletto dall'Assemblea nazionale nell'ottobre 2012) vacilla e solo dopo giorni di trattative i miliziani tolgono l'assedio.
5 OTTOBRE 2013 - Con un blitz degli Usa viene catturato a Tripoli Abu Anas al Liby, uomo di al Qaeda considerato la mente degli attentati alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania del 1998 (morirà per malattia in carcere negli Stati Uniti nel gennaio 2015). L'operazione scatena polemiche e proteste in Libia, sfociate con un breve 'sequestro' del premier Zeidan.
18 MAGGIO 2014 - L'ex generale Khalifa Haftar dà il via "all'operazione dignità" contro le milizie islamiche a Bengasi. Prima accusato di 'colpo di Stato', verrà nei mesi successivi 'riassorbito' nelle forze armate regolari contro i jihadisti.
25 GIUGNO 2014 - Viene eletto il nuovo parlamento, la Camera dei Rappresentanti, che prende il posto del Congresso nazionale.
13 LUGLIO 2014 - Scoppia la guerra tra le milizie di Zintan e quelle filo-islamiche di Misurata per il controllo di Tripoli.
LUGLIO-AGOSTO 2014 - Scatta la grande evacuazione degli occidentali, italiani compresi. Per motivi di sicurezza, il nuovo parlamento e il governo di Abdullah al Thani, riconosciuto dalla comunità internazionale, sono costretti a insediarsi a Tobruk, in Cirenaica. Nonostante i raid condotti da Egitto ed Emirati arabi, le milizie filo-islamiche di Fajr Libya prendono il sopravvento nella capitale imponendo un governo 'parallelo' - non riconosciuto dalla comunità internazionale - guidato da Omar al Hassi vicino ai Fratelli musulmani. Di fatto il Paese è spaccato in due. Intanto parte da Derna, a est, che ha giurato fedeltà al 'califfo' Abu Bakr al Baghdadi, l'avanzata dell'Is in Libia che ha raggiunto nei giorni scorsi Tripoli e Sirte.
27 GENNAIO 2015. A Tripoli quattro terroristi attaccano l'hotel Corinthia, il più lussuoso della capitale libica, che ospita il governo "parallelo" di Omar al Hassi oltre a diplomatici e lavoratori stranieri. Almeno 12 le vittime.
(a cura di Monica Rubino)

http://www.repubblica.it/esteri/2015/02 ... ref=HREA-1


Mi chiedo se sono come i famosi "coccodrilli" e cioè testi che sono già pronti ed aggiornati costantemente, ma tenuti nel cassetto per quando serve. Nel frattempo veniamo distratti dai cani di Monti le sofferenze di Fassina, i dissapori tra Berlusconi e Fitto, le cazzate di Razzi e Salvini.
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