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Meritocrazia

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Meritocrazia

Messaggioda pierodm il 06/01/2011, 13:04

Questo post fa parte di una piccola serie che ho selezionato nelle due settimane passate, che ora metto sul forum, in quanto rispecchiano e ripetono concetti che ho tentato di sostenere nei mesi (o negli anni recenti) appena trascorsi, suscitando l'accanita resistenza di alcuni partecipanti al forum.
In particolare tengo a sottolineare che non si tratta di articoli o di tesi scaturite da personaggi verso i quali sia facile buttare ottusamente la palla in corner, dicendo - come è stato fatto con me - che si tratta di "nostalgici del PCI", o roba del genere.
In coda, cito comunque alcune note che inquadrano l'autore, per facilitare la comprensione dei testi senza la necessità di correre subito a fare ricerche sul web.

Meritocrazia

di Pierfranco Pellizzetti

All’inizio degli anni Novanta, nel clima ottimistico creatosi dopo la caduta del muro di Berlino e in piena «rivoluzione digitale», tra le élite politiche e intellettuali si diffuse la convinzione che stesse materializzandosi una «Terza Via» tra la rassegnazione alle disuguaglianze del pensiero conservatore e l’egualitarismo redistributivo della tradizione progressista. Insomma, una sorta di bacchetta magica in grado di ricreare automatismi virtuosi pari a quelli che per buona parte del dopoguerra erano stati garantiti dai meccanismi escogitati dall’economista John M. Keynes (l’investimento statale in funzione anticiclica).
Le burocrazie di partito, che nei trent’anni precedenti avevano campato di rendita su tali meccanismi ingolfando gli organigrammi pubblici, furono colte da vero e proprio entusiasmo, mentre l’entourage new labour di Tony Blair si incaricava di predicare il nuovo Verbo; riassunto in una parola magica: meritocrazia, il mantra del riformismo up to date all’insegna della Terza Via.
Un’idea tipica dei liberali da Guerra Fredda alla Daniel Bell a giustificazione dell’ordine capitalistico classista, veniva riletta – per così dire – «a sinistra» legandola a processi di formazione in ambito scolastico che avrebbero premiato il merito (intelligenza più impegno) e garantito la mobilità sociale dei migliori, a prescindere dalle posizioni sociali iniziali.
Basta con le lotte di classe e con l’intervento pubblico: ora era sufficiente lasciare lavorare a pieno ritmo la cornucopia inclusiva dell’istruzione!
Purtroppo, dopo un decennio di benevola inerzia della politica, la nuova Mano Invisibile si rivela abbastanza rattrappita; le promesse di automatica inclusione sociale dei meritevoli nella Società Aperta risultano mendaci.
Recenti e accreditate inchieste sul campo hanno evidenziato quanto era facile prevedere: i processi formativi non avvengono nel vuoto pneumatico e l’esito di ogni studente è largamente influenzato dalle dotazioni ricevute con la nascita (il capitale economico, culturale e relazionale della propria famiglia). Sicché, a prescindere dal merito personale, l’allievo con scarse risorse di partenza risulta svantaggiato rispetto a quello più «ricco».
Per non parlare dei paracadute protettivi che si aprono sulla testa dello svogliato ma di estrazione elevata, come dell’andazzo – tipico dei genitori italiani – di trasmettere dinasticamente le proprie posizioni professionali (dai dentisti ai notari).
Certo, le ragazze e i ragazzi eccezionali possono sempre farcela (a prezzo di quali sacrifici è difficile stabilire), ma non era questa la promessa della meritocrazia. Non per niente le distanze tornano a crescere, anche in conseguenza del fatto che le posizioni più penalizzate oggi sono quelle dei figli degli immigrati.
Chi poi dovrebbe valutare i meritevoli al momento di occuparli?
Presto detto: i datori di lavoro. Quando un sondaggio di Unioncamere (il network di tutte le Camere di Commercio italiane) rivela che la qualità più gettonata in un nuovo assunto è «la docilità al comando».
Insomma, la falsa promessa meritocratica ha sovraccaricato ancora una volta quell’istituzione scolastica che poi viene abbandonata al proprio destino di Cenerentola dell’investimento pubblico.
Almeno qui da noi.
Ma forse non solo qui da noi, visto che Christopher Lasch definisce la meritocrazia «una parodia della democrazia». Ormai è chiaro: non ci sono scorciatoie nella fatica politica in materia di «società giusta». Accantonati gli abracadabra. Già lo diceva Max Weber: «la politica è un lento trapanare tavole dure».


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L'autore dice di sé:
Possibile – più in generale – che tra la posizione degli apocalittici (il vaffa) e quella degli integrati (non ci sono alternative) stenti a emergere un barlume di atteggiamento critico? Del resto non sono né un magistrato né un giornalista d’inchiesta. Soltanto un vecchio borghese con una certa praticaccia nella semiologia del costume, messa sommessamente al servizio della causa disperata di ritornare a essere un Paese più civile. Uno che alla domanda “con chi stai” vorrebbe rispondere come John M. Keynes: “se dovessi stare, starei dalla parte della borghesia colta”. Scelta sostanzialmente impraticabile in un’Italia così inguaribilmente incanaglita.

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Liberista Sarà Lei !
l'Imbroglio del liberismo di sinistra

La stagione del turbocapitalismo, del neoliberismo e della feroce speculazione finanziaria non durerà ancora a lungo. Per fortuna. Ma lascerà sul terreno macerie e molti feriti; macerie che andranno raccolte, e feriti che bisognerà curare.
La scossa tellurica iniziata nell’autunno dell’anno scorso è stata un segnale inequivocabile: l’egemonia della finanza globalizzata sta volgendo al termine tra crolli borsistici, fallimenti di istituzioni bancarie presunte invulnerabili e arresti di osannati “signori del denaro”.
È ormai tempo, sostengono Carnevali e Pellizzetti, di ripercorrerne le tappe storiche ed esaminarne l’ideologia di supporto per individuare le vie possibili di un progetto futuro.
La pratica incontrollata del laissez faire e della deregulation, con cui sono state distrutte le fondamenta dello Stato sociale e ricacciati in basso sempre più ampi strati di cittadini, ha manipolato fino a stravolgerlo il patrimonio di valori della civiltà democratica, e ha sottomesso la politica ai voleri del “dio mercato”.
Un’operazione che viene da lontano, e che oggi ha conquistato e assorbito anche buona parte dello schieramento chiamato a opporvisi, e da cui deve necessariamente innescarsi il processo di ricostruzione. La sinistra.
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Re: Meritocrazia

Messaggioda pianogrande il 06/01/2011, 16:04

La meritocrazia esiste da sempre ed è sempre stata applicata.
L'imprenditore che premia la docilità al comando è perché quella vuole.
Se l'imprenditore assume l'amico del politico è perché così fa il proprio interesse.
Il vero problema è la scala di valori del merito.
Ognuno ha la sua.

Altrettanto complesso è parlare di di pari opportunità.
Pari accesso all'istruzione?
Pari accesso alla relazione con i potenti?

Normalmente, parlando di meritocrazia e di pari opportunità si parla dei criteri onesti: istruzione, capacità lavorativa.
Quelli disonesti (clientelismo etc.) vengono snobbati.
Insomma.
Chi vule pari opportunità e meritocrazia oneste è ora che si tiri su le maniche e cerchi di prendersi il potere.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Meritocrazia

Messaggioda cardif il 06/01/2011, 18:47

Della meritocrezia se n'è sempre parlato, solo parlato.
Evidentemente nemmeno la democrazia ne consente l'attuazione. Forse perché questa democrazia (una testa un voto) è falsa: vince la formazione che ha più soldi da spendere in campagna elettorale, di cui fanno parte quelli che hanno fatto più favori dando posti di lavoro, incarichi, appalti.
Viene nominata da qualche politico solo come elemento di propaganda; come la trasparenza, per esempio.
Per quanto siano diffusi i casi di assunzioni in cambio di protezione o favori (casomai contro la stessa PA) e simili, è comunque vero che chi è meritevole più facilmente trova sbocchi (non solo il singolo, ma anche un'atttività produttiva, un'azienda ...).
Altrimenti verrebbe meno la motivazione a migliorare le proprie competenze e capacità di lavoro o il prodotto della propria azienda, ecc.
Lo dicevano anche tanti anni fa gli studenti: che studio a fare se poi il posto va al raccomandato?
Oggi è peggiorata la situazione, grazie al nuovo modello di moralità pubblica dominante.
Per questo il grande Altan si chiede in una vignetta: "Mi domando: in che format viviamo?"
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Meritocrazia

Messaggioda matthelm il 06/01/2011, 19:57

pianogrande ha scritto:Chi vule pari opportunità e meritocrazia oneste è ora che si tiri su le maniche e cerchi di prendersi il potere.


Questo è il punto. Non è un compito da poco ma è l'unica strada per rifondare questa democrazia malata e violentata dal berlusconismo.
Ma la rigenerazione deve avvenire in tutte le direzioni, compresa la nostra.
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Re: Meritocrazia

Messaggioda pierodm il 07/01/2011, 2:33

La meritocrazia esiste da sempre ed è sempre stata applicata.

No, non esattamente.
Anche senza teorizzarlo, da sempre vige un meccanismo per cui chi emerge ha evidentemente le doti o le virtù per emergere. Oggettivamente, e l'emersione stessa è la prova dell'esistenza di quelle virtù. Tautologia pura, in un certo senso.
Tigellino era perfetto per la corte di Nerone, tanto quanto lo era Giuseppe come marito di Maria.
Li vogliamo considerare esempi di meritocrazia, nel senso che questa ha nell'ambito socio-politico oggi?

La meritocrazia, nel senso attuale, semmai, non è mai esistita, ma ne è esistita in modo assai discontinuo e parziale una versione assai cagionevole, avendo dovuto dividersi il posto con interessi egoistici, con ingiustizia sociale e classismo, con persecuzioni religiose, con discriminazioni razziali, con la repressione di genere, con i caprici dell'ignoranza e della stupidità delle classi dirigenti.

La meritocrazia attuale è l'evoluzione della competenza nei mestieri, e diviene a mano a mano un principio regolatore per razionalizzare il lavoro nella società industriale, e dev'essere discussa in questo suo ruolo, dato che segue il destino di questo sistema e delle sue ricadute sociali.
Si può anche essere convinti assertori della ineluttabilità e della sacralità di criterio meritocratico, ma è assai irrelistico pensare alla meritocrazia come se si fosse in un contesto sociale ed economico dell'età vittoriana, in cui l'aspirante scrivano veniva raccomandato alla compagnia di navigazione da una lettera del vicario o della vedova del marchese che ne garantivano la buona indole e la diligenza.
Vogliamo ammettere che il mondo oggi è un poco diverso e più complesso rispetto ad un secolo e mezzo fa?
O è diverso - non solo rispetto ad un secolo e mezzo, ma solo a venti o trenta anni fa - solo per ciò che riguarda la nostra Costituzione, e lo Statuto dei lavoratori?
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Re: Meritocrazia

Messaggioda Manuela il 07/01/2011, 9:52

Gli articoli di Pellizzetti sono sempre interessanti. In questo, però, mi sembra che metta insieme cose alquanto diverse, come l'esigenza di rielaborare i valori della sinistra di fronte ad un mondo in veloce cambiamento - esigenza secondo me perpetuamente attuale - e l'abbandono della scuola pubblica perpetrato in Italia: come se una cosa discendesse dall'altra. E' vero che il dibattito sulla meritocrazia non è al livello che meriterebbe all'interno della sinistra, scambiato di volta in volta come il rimedio miracoloso per i mali di una società bloccata, da un lato, o, dall'altro, come elemento distruttivo di uno stato sociale da conservare così com'è.
E', o dovrebbe essere, invece, uno degli elementi portanti di una discussione che metta al centro, prima di tutto, il recupero della mobilità sociale e la distruzione del familismo (dal senso più banale del "bamboccionismo" italiano, a quello più inquietante dell'appartenenza a un gruppo, partito, corporazione, cosca... e via peggiorando), permettendo l'emergere di competenze e qualità. E' banale pensare che l'applicazione della meritocrazia in campo scolastico possa di per sé eliminare i gap sociali inìziali (penso che Pellizzetti nel suo articolo operi una semplificazione giornalistica, nel parlare di questo); ma nello stesso tempo non è pensabile far funzionare gli interventi per dare a tutti opportunità quanto più "pari", senza utilizzare il concetto di meritocrazia.
Credo comunque che, in Italia, "meritocrazia" sia solo una parola, del tutto priva di contenuti, uno schermo dietro al quale nascondere di tutto: dai tagli alla spesa pubblica ai finanziamenti a pioggia. Biosgnerebbe prima di tutto recuperare il significato delle parole, e agire di conseguenza. Se nei paesi anglosassoni la meritocrazia può essere uno degli elementi che spostano di volta in volta l'equilibrio nell'eterno conflitto/bilanciamento fra intervento pubblico e privato, in un paese bloccato e corporativo come l'Italia parlare di meritocrazia è ridicolo.
La "meritocrazia buona" può essere teorizzata ed applicata, dalla sinistra, solo in un ripensamento generale dei suoi compiti e valori: purtroppo oggi la sinistra ha perso la capacità di essere "riformista" e "progressista" in senso compiuto, e si esercita piuttosto nella difesa (difesa di tutto, dall'art.18, alla scuola, alla Costituzione, al contratto dei metalmeccanici, ecc.ecc.). Alla difesa conviene che tutto resti com'è, immobilità sociale compresa, e, dunque, alla sinistra (così com'è) non conviene la meritocrazia.
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Re: Meritocrazia

Messaggioda matthelm il 07/01/2011, 12:07

Analisi inappuntabile. Concordo.
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Re: Meritocrazia

Messaggioda Robyn il 07/01/2011, 19:31

Meritocrazia è promuovere i più capaci.Se un paese non promuove i più capaci mette a rischio il suo stesso sviluppo.Ed è soprattutto per questo che l'Italia non cresce perche promuove chi non è capace ciao robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: Meritocrazia

Messaggioda flaviomob il 14/02/2011, 1:10

E la lotta di classe si sposta tra i banchi
di Marco Lodoli
Per decenni le aule sono state il luogo di incontro e di avvicinamento tra ceti diversi. Oggi le cose sono cambiate radicalmente: sotto il velo della "meritocrazia" il nostro Paese è tornato ad essere classista in modo feroce

Per alcuni decenni la scuola è servita anche ad avvicinare le classi sociali: nelle aule convergevano interessi e aspettative, si respirava la stessa cultura, si creavano possibilità per tutti. In fondo al viale si immaginava un mondo senza crudeli differenze, senza meschinità e ingiustizie. La conoscenza era garanzia di crescita intellettuale, e anche sociale ed economica. Chi studiava si sarebbe affermato, o quantomeno avrebbe fatto un passo in avanti rispetto ai padri. Tante volte abbiamo sentito quelle storie un po' retoriche ma autentiche: il padre tranviere che piangeva e rideva il giorno della laurea in medicina del suo figliolo, la madre che aveva faticato tanto per tirare su quattro figli, che ora sono tutti dottori.

Oggi le cose sono cambiate radicalmente. Chi viaggia in prima classe non permette nemmeno che al treno sia agganciata la seconda o la terza: vuole viaggiare solo con i suoi simili, con i meritevoli, gli eccellenti, i vincenti. "A me professò 'sto discorso del merito mi fa rodere. La meritocrazia, la meritocrazia... ma che significa? E chi non merita? E noi altri che stamo indietro, noi che non je la famo, noi non contiamo niente?". Questo mi dice Antonia e neanche mi guarda quando parla, guarda fuori, verso i palazzoni di questo quartiere di periferia, verso quei prati dove ancora le pecore pascolano tra gli acquedotti romani e il cemento. Qui la divina provvidenza del merito non passa, non illumina, non salva quasi nessuno.

Guardo la classe: Michela ha confessato che non può fare i disegni di moda perché a casa non ha un tavolo, nemmeno quello da pranzo. Mangia con la madre e la sorella seduta sul letto, con il vassoio sulle ginocchia, in una casa che è letteralmente un buco. Roberta invece mi racconta che stanotte hanno sparato in faccia al migliore amico del suo fidanzato, "era uno che se faceva grosso, che stava sulle palle a tanti, ma nun era n'animale cattivo, nun se lo meritava de morì così a ventidue anni". Samantha invece trema perché stanno per buttarla fuori di casa, a lei e alla madre e ai due fratelli, lo sfratto ormai è esecutivo e i soldi per pagare l'affitto non ce li hanno, forse già stanotte li aspetta la macchina parcheggiata in uno slargo vicino casa, forse dovranno dormire lì, e lavarsi alla fontanella con gli zingari.

La miseria produce paura, aggressività, ignoranza, cinismo. In pochi hanno i libri di scuola, si va avanti a fotocopie, anche se ogni insegnante ha ricevuto solo centocinquanta fogli per tutto l'anno, "perché i tagli si fanno sentire anche sui cinque euro, la scuola non ha più un soldo". In queste scuole di periferia le tragedie si accumulano come legna bagnata che non arde e non scalda, ma fuma e intossica. Tumori, disoccupazione, cirrosi epatica, aborti, droga, incidenti stradali, strozzini, divorzi, risse: tutto s'ammucchia orrendamente, tutto si mette di traverso e oscura il cielo. A ragazzi così segnati, così distratti dalla vita storta, oggi devo spiegare l'iperbole e la metonimia, Re Sole e Versailles, Foscolo e il Neoclassicismo. E loro già sanno che è tutto inutile, che i posti migliori sono già stati assegnati, e anche quelli meno buoni, e persino quelli in piedi. Hanno già nel sangue la polvere del mondo, il disincanto.

"E non ci venissero a parlà di eccellenza che je tiro appresso er banco. Tanto ormai s'è capito come funziona sto mondo: mica serve che lavorino trenta milioni de persone, ne abbastano tre, e un po' di marocchini a pulì uffici e cessi. Il paese deve funzionà come n'azienda? E allora noi non serviamo, siamo solo un peso. Tre milioni de capoccioni, de gente che sa tutto e sa come mette le mani nei computer e nelle banche, e gli altri a spasso. Gli altri a rubà, a spaccià, in galera, ar camposanto, dentro una vita di merda". Forse ha ragione questa ragazza, suo padre ha "un brutto male", come direbbe il buongusto - "un cancro che lo spacca, professò", dice lei - forse è vero che non dobbiamo fare della meritocrazia un ulteriore setaccio: l'oro passa e le pietre vengono buttate via.

I ricchi hanno capito al volo l'aria che tira, aria da Titanic, e hanno subito occupato le poche scialuppe di salvataggio: scuole straniere, master, stage, investimenti totali nello studio. L'élite non ha più tempo né voglia di ascoltare le pene della nazione, le voci dei bassifondi: ha intuito il tracollo della scuola pubblica e ha puntato sulle scuole di lusso. E così la scuola non è più il luogo del confronto, della convergenza, dell'appianamento delle differenze e della crescita collettiva. Non si sta più tutti insieme a istruirsi per un futuro migliore, a sognare insieme. Chi ha i soldi il futuro se lo compra, o comunque si prepara a "meritarselo". Chi non ha niente annaspa nel niente e deve anche subire l'affronto dei discorsi sull'eccellenza. Ormai il nostro paese è tornato ad essere ferocemente classista, ai poveri gli si butta un osso e un'emozione della De Filippi, li si lascia nell'abbrutimento e nell'ignoranza, mentre ai ricchi si aprono le belle strade che vanno lontano: lontano da qui, da questa nazione che inizia a puzzare come uno stagno d'acqua morta.

da Repubblica
riportato da:
http://www.sinistrainrete.info/societa/ ... a-i-banchi


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Meritocrazia

Messaggioda pierodm il 14/02/2011, 12:13

L'élite non ha più tempo né voglia di ascoltare le pene della nazione, le voci dei bassifondi: ha intuito il tracollo della scuola pubblica e ha puntato sulle scuole di lusso. E così la scuola non è più il luogo del confronto, della convergenza, dell'appianamento delle differenze e della crescita collettiva. Non si sta più tutti insieme a istruirsi per un futuro migliore, a sognare insieme. Chi ha i soldi il futuro se lo compra, o comunque si prepara a "meritarselo".

Il problema non sono "i ricchi", ma quelli che ricchi non sono e che ottusamente ragionano come se lo fossero.
Uno spettacolo patetico, che appartiene più alla psicologia di massa che alla politica.
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