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Cacciari: addio coalizioni

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda franz il 09/08/2010, 8:31

Cacciari: «Addio coalizioni meglio i partiti che poi si alleano»
di Oreste Pivetta

Massimo Cacciari, dopo il voto pro o contro Caliendo e l’astensione di Fini Casini Rutelli, in Italia dobbiamo dare l’addio al bipolarismo come alcuni commentatori hanno sentenziato?

“Ma il bipolarismo in Italia non è mai nato. Lo si è visto subito. Lo si è visto quando Berlusconi per vincere nel ‘94 s’è dovuto appoggiare alla Lega, perdendo appena se ne è separato o, meglio, Bossi si è separato da lui. Lo si è visto dal percorso del post Pci. Che cosa hanno fatto gli eredi del Pci se non cercare per governare alleanze e unioni con qualche centro o con una certa sinistra, come dimostra l’esperienza, fallimentare, dell’Ulivo”.

Fallimenti tanti, certo. Comunque adesso siamo arrivati al Partito democratico, uno dei due poli… O no?

“Ho dato l’anima per costruire il partito democratico. Quindici anni. Ma ho di fronte agli occhi solo vecchi centri e vecchie sinistre. In politica occorre realismo e con realismo dobbiamo rassegnarci a constatare che l’esperimento proprio non funziona. Ho dato l’anima perché si costruisse qualcosa che si presentasse con una destinazione comune. Invece ho trovato soltanto quattro mura in comune che rischiano di saltar per aria. Prima del litigio devastante, che significherebbe l’annientamento elettorale, meglio separarsi, chi da una parte chi dall’altra”.

Ma così si torna davvero al passato, a una incomprensibile geografia di partiti e partitini.
“Ci siamo già, dopo l’esplosione del Pdl berlusconiano e con la crisi del Pd. Diciamo che viviamo una situazione di grande dinamismo e che il dinamismo è segno di vita. Ma la mia sensazione è che tutto questo gran movimento ci porti… verso il vecchio. Tuttavia, anche se il vettore sembra essere ancora il particolarismo, vi sono novità. Una è rappresentata da Fini, che davvero ha vissuto e sta vivendo una profonda trasformazione politica e che cerca di costruire una moderna destra europea. Mentre il mare è mosso, per il Pd sarebbe il momento di trarre qualche conclusione: che, ad esempio, esiste in Italia una forte tradizione socialista e socialdemocratica che potrebbe tranquillamente allearsi con espressioni di cultura cattolica e liberale, mentre è assurdo illudersi di trovare una sintesi tra storie tanto diverse. Sarebbe rovinoso stare a dilaniarsi sulla candidatura di Vendola o di qualcun altro, impegnarsi in primarie, per dire come siamo stati bravi a organizzare le primarie, come se le primarie bastassero a sanare i dissidi. Ciascuno vada per la sua strada e peschi voti dove può e dove sa, lasciando alla componente cattolica il compito di cercare al centro, come è in grado benissimo di fare, soprattutto approfittando di questo momento di dinamismo, si diceva, di turbolenza, di rotture. Così è. Punto. È evidente. Bene, bene, bene: prendere atto”.

Perché, secondo lei, questo fallimento nostro e, permetta, anche suo?
“Perché nessuno s’è rivelato all’altezza del discorso…”.

Si fa l’autocritica?
“Mi faccio tutte le autocritiche del mondo. Ma il problema è che la politica non è fatta di buone idee, ma è fatta di buone pratiche. D’Alema docet. Aveva i suoi dubbi e ha assistito all’avverarsi dei suoi dubbi per dire poi che aveva ragione lui. Rutelli e Fassino ci credevano, invece, ma probabilmente non erano all’altezza. Si arriva alla conclusione: se sei costretto a convivere con chi non sopporti, finisce a coltellate, quindi meglio separarsi al più presto... Il Pd eviterebbe guai maggiori e soprattutto potrebbe godere degli spazi politici enormi che si aprono, come ha ben capito Berlusconi che vorrebbe arrivare al più presto alle elezioni, infatti”.

Salvo poi ripensare ad una alleanza. Ma ci si allea contro Berlusconi o ci si allea per realizzare alcuni di obiettivi di un programma?
“Per amor di Dio, lasciamo stare Berlusconi. Fossi stato Prodi al governo avrei subito fatto approvare una legge di un solo articolo, semplicissimo, che avrebbe dovuto affermare: Berlusconi è innocente. Basta con questo pazzesco intoppo. Liberiamoci dall’ossessione di Berlusconi. Per vincere, impegniamoci su occupazione, giovani, scuola. Affrontiamo un serio discorso sul federalismo, come finora non s’è neppure tentato. Costruiamo insomma l’unità programmatica e lasciamo a ciascuno la sua tradizione. Per quanto ci riguarda diamoci una bella organizzazione di partito che rispetti la voglia di autonomia che la realtà sociale e politica e culturale esprime”.

Addio poli, si torna alla frammentazione da prima repubblica.
“D’altra parte mi sembrano impensabili coalizioni, pure di già vaneggiate, Fini-Pd o Casini-Fini-Pd”.

Cioè divisi, per costruire sane alleanze programmatiche in vista delle elezioni?
“Facendo politica, altrimenti continuando tra gli scandali e una opposizione troppo debole si porta solo acqua al mulino della Lega. Che rischia di dilagare, guadagnando al centro. E non solo nelle sue zone tradizionali: anche in Emilia e in Toscana e via…”.

Di fronte alle difficoltà di Berlusconi, con una possibile crisi di governo, con il rinvio del federalismo fiscale, non ci potrebbe attendere un altro ribaltone della Lega?
“Ci si può aspettare di tutto, anche un ribaltone della Lega quando il re del federalismo fiscale sarà completamente nudo, quando i leghisti si accorgeranno di aggirarsi solo tra i fantasmi di un federalismo autentico. Per ora aspettano”.

Potremmo misurare un’altra novità elettorale: i grillini in campo. Riusciranno i grillini a sottrarre voti alla sinistra come è successo alle regionali?
“Non credo. Con il sistema elettorale in corso o con un sistema che preveda uno sbarramento abbastanza alto. Un conto è guadagnare un consigliere locale. Un altro è entrare in Parlamento. Comunque dipende dalla sinistra o dal centro sinistra: dalla voglia di far politica”.

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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda ranvit il 09/08/2010, 10:57

Purtroppo .... (perchè mentalmente sono un bipolarista-bipartitista) concordo con Cacciari!

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda matthelm il 09/08/2010, 11:51

Anch'io, purtroppo, concordo totalmente con Cacciari.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda pierodm il 09/08/2010, 13:05

esiste in Italia una forte tradizione socialista e socialdemocratica che potrebbe tranquillamente allearsi con espressioni di cultura cattolica e liberale, mentre è assurdo illudersi di trovare una sintesi tra storie tanto diverse. Sarebbe rovinoso stare a dilaniarsi sulla candidatura di Vendola o di qualcun altro, impegnarsi in primarie, per dire come siamo stati bravi a organizzare le primarie, come se le primarie bastassero a sanare i dissidi.

Sono quindici anni che faccio il tifo per un'alleanza, evitando i confusi e disperati "tentativi di sintesi" - e magari anche il gioco illusorio delle primarie.
Un problema che vedo è quello di trovare le "espressioni di cultura liberale", laddove invece per la cultura cattolica non ci sono difficoltà - salvo quella, che per me rimane, di trovare una connessione logica tra il cattolicesimo, ossia una religione, e la politica.
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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda lucameni il 09/08/2010, 14:07

Ossessione per Berlusconi?
No su questo proprio non concordo.
E' proprio non aver sottovalutato il personaggio e cosa voleva dire uno come lui che siamo in questa situazione: questo fin dal 1994 quando il Cs, per salvarsi Cecchi Gori, ha fatto finta di non ricordare le disposizioni del 1957 (ineleggibilità dei concessionari etc etc).
Tutto nasce da un inciucio e finisce nell'inciucio, per proseguire nell'adagio "non diciamo nulla altrimenti facciamo il suo gioco".
Abbiamo visto com'è andata a finire, come se intransigenza su basilari principi democratici e di convivenza civile fosse esercizio di estremismo. All'estero, in paesi schiettamente democratici e liberali, ci guardano con occhi tanti, ma qui sempre a minimizzare.
Chi avesse combinato un decimo di quello che ha combinato lui, altrove, in paesi civilissimi, si sarebbero da tempo aperte le porte della galera.
Dove sono gli estremi per minimizzare?
Peraltro gli indicatori dello svolgimento delle elezioni 2001 avrebbero dovuto aprire gli occhi ai tanti "minimizzatori" (vedi la vicenda "L'odore dei soldi"), ma così non è stato; forse per la capacità di B. di mettere sul piatto argomenti appetibili per ambedue gli schieramenti (vedi difesa dei propri privilegi etc etc).
Cacciari, almeno su questo, sbaglia.
La minimizzazione e l'autocensura non paga. Pagano magari toni sobri ma non una sostanza che deve essere intransigente e non omissiva.
C'è una bella differenza con l'adagio "altrimenti si fa il gioco di Berlusconi".
A fronte di insulti sanguinosi, sempre dimenticati, non è che sia poi così estremista dire le cose come stanno, problemi giudiziari compresi, Mangani della situazione compresi; magari dicendolo pure pacatamente. Ma dicendolo.
Nessuna ossessione, ma semplice constatazione: 16 anni in cui si ripete lo stesso copione col quale B. prospera, allontanandoci da questo tanto agognato bipolarismo virtuoso.


Aggiungo: il paradosso è che destri alla Montanelli sono stati più duri e radicali nei confronti di B. rispetto ai D'Alema (e difatti il giornalista si chiedeva "ma che gli avrà promesso?").
E anche a sinistra la minimizzazione si traveste a volte di contestazione al sistema parlamentare: il problema sarebbe, a sentire una - per fortuna - minoranza, il nostro sistema capitalista. Berlusconi liberista (liberista monopolista???) sarebbe frutto di questo sistema e vale altri. Meglio Castro e Chavez da proporre in alternativa al nostro premier s(entito con le mie orecchie). Vabbè.
In questo panorama di "scienziati", appassionati politologi de' noaltri, cosa sperare?
Ovviamente il risultato diventa: "il problema non è Berlusconi e neppure i suoi elettori".
E si torna alle goduriose seghe mentali di sempre.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Diamanti: La paura di votare non conviene al Pd

Messaggioda franz il 09/08/2010, 15:42

La paura di votare
non conviene al Pd

Se i democratici si presentassero con questo gruppo dirigente e questa coalizione, perderebbero. La loro insicurezza costituisce la principale fonte di sicurezza per l'attuale maggioranza di governo. Visto che anch'essa ha molto da temere da nuove elezioni
di ILVO DIAMANTI

L'IPOTESI di elezioni anticipate sembra preoccupare soprattutto il Centrosinistra. In particolare, il Pd. Per ragioni di numeri, anzitutto. Se si presentasse con questo gruppo dirigente e con questa coalizione - l'asse con l'IdV di Di Pietro - perderebbe. Poi, perché dovrebbe affrontare i propri dubbi, irrisolti, circa le alleanze, gli obiettivi, i valori. L'insicurezza del Pd - e del Centrosinistra - costituisce la principale fonte di sicurezza per l'attuale maggioranza (si fa per dire...) di governo. Visto che anch'essa ha molto da temere da nuove elezioni.

Come farebbe Berlusconi a giustificare una crisi, in tempi così difficili per l'economia? La defezione di Fini e dei suoi fedeli, inoltre, modificherebbe sostanzialmente l'identità territoriale di questa maggioranza. Se si votasse davvero in novembre, il Centrodestra si presenterebbe con i volti della triade Berlusconi, Bossi e Tremonti. Vero partito forte: la Lega. Principale prodotto di bandiera: il federalismo. Insomma: un'alleanza politica "nordista". Berlusconi e il Pdl avrebbero concreti motivi di temere il voto. Perché in Italia, per vincere le elezioni (governare, ovviamente, è un altro discorso), bisogna disporre di un elettorato "nazionale". Distribuito sul territorio in modo non troppo squilibrato. Come la Dc, nella prima Repubblica, e Forza Italia, nella seconda. I principali baricentri, non a caso, dei governi del dopoguerra.

Il Pci, invece, nella prima Repubblica ha conosciuto fasi di grande espansione, ma è sempre rimasto ancorato alle regioni "rosse" dell'Italia centrale. Quanto al Centrosinistra, nella seconda Repubblica, in quindici anni di esperimenti, non è riuscito a superare i vincoli territoriali - ma anche politic - ereditati dal passato. Il progetto dell'Ulivo, guidato da Prodi, dopo il 1995 ha viaggiato sospeso fra Ulivo dei partiti e Partito dell'Ulivo. Ha, comunque, delineato un soggetto politico di tipo italo-americano. Dove coabitassero posizioni politiche e culturali molto diverse e perfino lontane tra loro. Come i Democratici negli Usa e la Dc in Italia (un esempio evocato spesso da Parisi). L'Ulivo, erede dei partiti di massa (democristiani e comunisti, soprattutto), ma "nuovo", per identità e metodo di selezione del gruppo dirigente e dei candidati. Le primarie ne sono divenute il marchio. Un'alternativa all'organizzazione tradizionale e, nel contempo, al partito mediatico e personale, imposto da Berlusconi.

L'Ulivo di Prodi evoca un soggetto politico di coalizione, "largo" ed eterogeneo. Ha vinto due volte - o, forse, una volta e mezzo. Nel 1996 e nel 2006 (quando al Senato ha perso quasi subito la maggioranza). Ma si è rivelato incapace di garantire stabilità e coesione. Da ciò, nel 2007, il passaggio al Pd, guidato da Veltroni. Partito riformista, sorto con l'obiettivo di "attrarre" gli elettori dell'area di sinistra e soprattutto di centro, senza troppi compromessi e mediazioni. Correndo contro Berlusconi e il Pdl "da solo". O quasi. Un unico alleato, l'IdV. In risposta al PdL, che si apparenta con la Lega. Le primarie, parallelamente, non servono più a scegliere il candidato premier. Dunque, non sono aperte all'intera coalizione (come nel 2005). Diventano, invece, una sorta di competizione congressuale per scegliere il gruppo dirigente e il segretario. Il problema è che il Pd non solo ha perso le elezioni del 2008 (esito prevedibile). Ma, in due anni, ha cambiato tre segretari, mentre la sua base elettorale si è ridotta sensibilmente.

Pdl e Pd, nel frattempo, si sono indeboliti - parecchio - rispetto ai partner (Lega e IdV). E ciò ha ridimensionato l'idea del bipolarismo "bipartitico", sostenuta da Veltroni e Berlusconi nel 2008. Oggi, infatti, ci troviamo di fronte a un bipolarismo frammentato, che neppure Berlusconi riesce a controllare e pone al Pd serie difficoltà. Il bacino elettorale alla sua sinistra, nel frattempo, si è prosciugato. Oltre tre milioni di elettori: spariti. Esuli. In sonno. Oppure intercettati dall'Idv. Mentre al centro si fa spazio un nuovo aggregato che ambisce a fargli concorrenza. (Anche se l'attuale legge elettorale scoraggia ogni ipotesi di "terzo polo"). Per cui il Pd, quando evoca un governo istituzionale, che scriva una nuova legge elettorale e gestisca l'emergenza economica, più che alle difficoltà del Paese pare rispondere alle proprie. L'ipotesi, peraltro, non appare praticabile. Osteggiata dalla maggioranza, troverebbe in disaccordo anche le opposizioni. (C'è dissenso sulla legge elettorale fra Pd, Udc, Sinistra...)

Meglio - molto meglio - che il Pd si prepari alle elezioni. Senza scorciatoie. Con le attuali regole. E dica, quindi, "come" e "con chi" le intenda affrontare. Da solo o con pochi amici: non può. Perderebbe. Insieme all'IdV, oggi, il Pd potrebbe giungere intorno al 35%. Il Pdl, con la Lega, otterrebbe almeno 8 punti percentuali in più. Poi c'è l'incognita dell'astensione, che ha colpito pesantemente anche il centrosinistra, negli ultimi anni. Il Pd, per questo, deve chiarirsi e chiarirci. Con chi intende presentarsi? Quali formazioni e quali leader? L'esperienza del passato suggerirebbe la ricerca di intese molto larghe, senza pregiudizi. A sinistra e al centro. Attorno ad alcuni obiettivi di programma. Pochi e precisi. Relativi all'economia e al lavoro, alla legalità, alle regole istituzionali, al rispetto dell'unità nazionale, alla legge elettorale. Insomma: proponendo il programma delineato per il governo istituzionale alla verifica elettorale.
Un'alleanza che, come l'Ulivo nel 2005, scelga il candidato - i candidati - con il metodo delle primarie. Ma senza vincitori annunciati. Primarie aperte. Dove possano competere - e vincere- Bersani, Di Pietro, Letta, Chiamparino. Ma anche Vendola, Casini, Rutelli, Tabacci. E altri candidati ancora, noti e meno noti.

L'ipotesi non è entusiasmante e si presta, ovviamente, a critiche. Una su tutte. Si tratterebbe di un collage antiberlusconiano e antileghista. Osservazione fondata, che non ci scandalizza. D'altronde, questa legge elettorale non l'abbiamo voluta noi. E l'asse Berlusconi-Bossi oggi costituisce un metro di misura e di riferimento - politico e istituzionale - non eludibile.

Tuttavia, da parte del Pd, ogni ipotesi, ogni idea - anche diversa da questa - è meglio dell'attuale afasia. Non temiamo le elezioni - per noi, anzi, sono ottime occasioni di lavoro. Temiamo, assai più, l'assenza di alternative e di speranze. Questo bipolarismo imperfetto tra un centrodestra che non ci (mi) piace e un centrosinistra (oppure centro-sinistra) che non c'è.

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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda matthelm il 09/08/2010, 16:08

...diciamola tutta:Il Partito democratico è nato sulla scia dell'artificioso bipolarismo italiano, senza di esso non ha motivazioni di esistere.

Liberiamo le potenziali energie interne del PD che non riescono a trovare uno sbocco esterno perché sono conflittuali.
La fretta di taluni "dilettanti", seppur in buona fede, ci ha fatto trascurare storie e sensibilità, componibili solo in alleanze non in fusioni disperate.
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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda pianogrande il 09/08/2010, 17:51

Insomma.
A sinistra o giù di lì, si trovano mille giustificazioni alla paura di vincere.
L'incipiente crollo del berlusconismo rischia di mettere a nudo la assoluta incapacità a governare degli abitanti della torre di avorio della opposizione.
Manca solo (speriamo che manchi davvero) un acceso tifo per il Berlusca.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda franz il 09/08/2010, 18:06

matthelm ha scritto:Liberiamo le potenziali energie interne del PD che non riescono a trovare uno sbocco esterno perché sono conflittuali.
La fretta di taluni "dilettanti", seppur in buona fede, ci ha fatto trascurare storie e sensibilità, componibili solo in alleanze non in fusioni disperate.

Comprendo ma come è possibile che il conflitto (ora interno e bloccante) possa tradursi, in caso di alleanze in qualche cosa di meno bloccante? I conflitti da interni ai partiti (e non solo al PD, quindi) diventerebbero all'enterno della alleanze. Sempre confliti sarebbero e sempre blocchi produrrebbero. Oppure compromessi di basso livello.
Tu come la vedi?
Franz
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Re: Cacciari: addio coalizioni

Messaggioda matthelm il 09/08/2010, 19:24

Il conflitto può essere superato come si fa, nei paesi seri, tra alleati che concordano su un programma.
Certo, intervenendo su alcuni meccanismi che consentano ad una coalizione di governare.
Non si devono per forza ripetere errori del passato, sempre sistematicamente ricordati come inevitabili. Ciò non è vero.

Più poteri al premier indicato, possibilità di scegliere i nostri parlamentari e altri correttivi.
Per l’Italia il bipartitismo/bipolarismo non è adatto.
Riguardo ai compromessi di basso livello anche oggi non sono evitati ma l’indecisionismo determinato da inconciliabili linee contrapposte è ancora peggiore per chi vorrebbe governare.

Bene o male abbiamo sperimentato i due sistemi. Quello attuale è il peggiore in tutti i sensi. Chiedo a voi, altrimenti, cosa ci ha portato di positivo. Discussioni laceranti e inconcludenti.
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