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Game Over?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Game Over?

Messaggioda franz il 02/09/2018, 9:32

trilogy ha scritto:Interessante che le banche italiane riescano a collocare obbligazioni ad un tasso inferiore a quello dei BTP. Un evento poco frequente sui mercati. In attesa della finanziaria, la diffidenza degli investitori verso il governo rimane molto elevata...

[..]"La forte domanda di carta Intesa sta di nuovo permettendo alla banca di emettere obbligazioni con un rendimento più basso rispetto di quello dei Btp che nel caso della scadenza marzo 2023 è pari al 2,33%", aggiungono gli analisti di Banca Akros, convinti però che le banche italiane continueranno a pagare un premio a causa dell'incertezza politica (lo spread riconosciuto da Intesa è circa il doppio dello spread dei competitor Ue).[..]

fonte: https://www.milanofinanza.it/news/intes ... 1357479322

Già, ma collocano meno obbligazioni (20 miliardi in meno) e solo le banche ci sono parzialmente riuscite. Le imprese soffrono.

Dal Sole24Ore
Il «gelo» sui bond societari: mancano all’appello 20 miliardi
–di Andrea Franceschi 31 agosto 2018

L’impennata dello spread ha cambiato il quadro di referimento per il mercato dei bond societari. E la reazione sul mercato è stata immediata. Da inizio anno la banca dati S&P Market Intelligence ha censito emissioni da parte di banche e imprese italiane per circa 45 miliardi di euro, 20 in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Da maggio in poi, da quando cioè lo spread ha cominciato a risalire, sono state per lo più le banche ad emettere bond mentre è mancato il contributo delle società non finanziarie che negli ultimi 4 mesi hanno realizzato solo 5 operazioni per un controvalore di 3,5 miliardi contro le 23 operazioni dello stesso periodo dello scorso anno, per 12,5 miliardi. Tra maggio e giugno gli investitori esteri hanno venduto 12 miliardi di corporate bond, oltre a 58 miliardi di titoli di Stato.

Se la crisi del debito italiano del 2011-2012 ha avuto conseguenze devastanti sull’economia è perché il maggior costo di rifinanziamento del debito pubblico legato all’aumento dello spread si è tradotto in una stretta del credito a famiglie e imprese. Con le banche che chiudono il rubinetto, o lo aprono solo a condizioni proibitive, e un mercato obbligazionario dove va in scena lo stesso copione non c’è da stupirsi se l’Italia, un Paese per di più costretto a dolorose misure di austerità, sia finito nella sua peggior recessione dal dopoguerra. Da questo baratro la nostra economia è uscita grazie soprattutto alla politica monetaria espansiva della Bce che ha favorito la graduale ripresa dei prestiti bancari garantendo alle imprese un contesto favorevole sul mercato obbligazionario: cinque anni fa un’obbligazione corporate quinquennale ad alto rating denominata in euro rendeva in media il 2 per cento. Oggi si viaggia allo 0,7 per cento. Un bond ad alto rischio (high yield) che nel 2014 rendeva in media il 5% oggi rende circa 2,3 per cento.

Come i mutui, il credito al consumo e altre forme di finanziamento anche il mercato obbligazionario ha potuto beneficiare di condizioni vantaggiose. E anche di più visto che la Bce ha deciso di includere i bond corporate ad alto rating nel suo programma di acquisti. Le grandi aziende e banche italiane hanno approfittato di questo contesto favorevole per rifinanziare a basso costo il proprio debito emettendo bond a tassi bassissimi.

Questo è successo fino a maggio di quest’anno perché poi l’impennata dello spread ha cambiato il quadro di riferimento. A differenza del canale di finanziamento bancario, che risente dell’andamento dello spread solo a mesi di distanza, quello obbligazionario reagisce immediatamente. Quando scattano le vendite sui titoli di Stato anche le obbligazioni societarie, al pari della Borsa, soffrono. La conseguenza, per una banca o un’azienda che vuole collocare titoli sul mercato, è che, per trovare acquirenti, si vede costretta a offrire rendimenti più alti. O meglio un premio di rischio per il solo fatto di essere italiana.

Alla luce di questo peggioramento delle condizioni di mercato non stupisce constatare una netta frenata nei collocamenti di titoli societari. Uno stop fotografato dai numeri della banca dati S&P Market Intelligence che, da inizio anno, ha censito emissioni da parte di banche e imprese italiane per un controvalore di circa 45 miliardi di euro. Esattamente 20 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Negli ultimi 4 mesi sono state per lo più le banche a emettere bond sui mercati (comunque pochi) mentre è mancato il contributo delle società non finanziarie. Da maggio ad oggi Dealogic ha censito appena 5 operazioni da parte di società non finanziarie per un controvalore collocato di 3,5 miliardi di euro. L’anno scorso, nello stesso lasso temporale, sono state fatte 23 emissioni per un controvalore collocato di 12,5 miliardi di euro.

Come si può notare dal grafico in pagina la frenata si è iniziata a vedere già ad aprile. Il trend si è poi consolidato nei mesi successivi. Oltre a scaricare sui mercati 58 miliardi di titoli di Stato gli investitori esteri hanno venduto, tra maggio e giugno, ben 12 miliardi di bond di altri titoli. È logico supporre che si tratti soprattutto di bond societari. La volatilità sullo spread è negativa per il Paese, perché comporta maggior spesa per interessi sul debito, ma anche per le banche e le grandi aziende italiane che ora avranno qualche difficoltà in più a reperire finanziamenti sui mercati. Nel 2019, stando alla banca dati S&P Market Intelligence, le società quotate a Piazza Affari dovranno rifinanziare oltre 100 miliardi di euro di bond in scadenza.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... fresh_ce=1
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Re: Game Over?

Messaggioda trilogy il 07/09/2018, 9:51

Il giallo del BTp: perché lo spread è sceso e il rendimento è (di nuovo) sopra il 3%

–di Maximilian Cellino

Possibile che ieri lo spread fra il BTp e il Bund sia diminuito, mentre il rendimento del titolo decennale italiano è cresciuto tornando addirittura a superare la soglia del 3 per cento? L’apparente paradosso, che per qualche ora ha disorientato qualche commentatore e forse anche qualche investitore, ha in realtà una spiegazione puramente tecnica. Da ieri l’agenzia Bloomberg, una fra le principali fornitrici di dati agli operatori di mercato, ha cambiato il benchmark italiano, ovvero il titolo utilizzato come misura di base per la maturità a 10 anni: il BTp con scadenza dicembre 2028 ha sostituito il «vecchio» BTp febbraio 2028.

Lo scarto tecnico
Un cambio del genere era nell’aria, perché con la riapertura di giovedì scorso l’ammontare del «nuovo» BTp aveva superato la soglia dei 5 miliardi di euro e aveva pertanto raggiunto un livello di circolante significativo. Di solito passa abbastanza inosservato, in questo caso però l’elevata distanza temporale fra i due titoli (10 mesi) e anche il periodo di tensione che vive il debito di casa nostra ha fatto sì che la differenza di rendimento fra il nuovo e il vecchio benchmark (e quindi dello spread) fosse di 15 centesimi e dunque non del tutto irrilevante.

Scongiurato (per il momento) l’incubo di quota 300
In definitiva, se con il «vecchio» spread si è scesi ieri a 255 punti base (come rileva ancora l’altro principale data provider Thomson Reuters), con il «nuovo» ci si ritrova ancora a quota 270. La situazione, in realtà, non cambia di una virgola, ma se vogliamo consolarci avrebbe potuto essere peggiore, almeno agli occhi, se la variazione fosse avvenuta già la scorsa settimana, quando con il «nuovo» benchmark il divario aveva superato i 300 punti per la prima volta dal giugno del 2013. Possiamo stare insomma tranquilli, almeno finché non vi sarà il cambio della guardia per la Germania (per la quale al momento si utilizza il Bund agosto 2028). Allora però l’impatto sarà positivo per il nostro spread.

fonte:https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-09-06/il-giallo-btp-perche-spread-e-sceso-e-rendimento-e-di-nuovo-sopra-3percento-174416.shtml?uuid=AEGtQTlF
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