http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AECOOp8D
Due i punti su cui concento la mia (e la vostra) attenzione
L'evidenza empirica dimostra che oggi i moltiplicatori fiscali sono maggiori di uno: va colta questa opportunità attraverso investimenti pubblici,
Per questo ho cercato di pensare e scrivere fuori dal coro sviluppando modelli Keynesiani e Schumpeteriani basati sulla teoria dei sistemi complessi.
Sul primo aspetto (a cui nemmeno i keynesiani piu' puri credono piu') riporto questo intevento di Massimo Fontana (su FB)
E così il buon Di Maio ha presentato il suo governo.
Governo virtuale per ora, e che tale rimarrà fino a quando non otterrà in qualche modo una maggioranza parlamentare.
Detto questo, spicca la proposta del nuovo ministro dell'economia, subito intervistato dal sole24ore, qui http://www.ilsole24ore.com/…/il-candidato-m5s-all-economia-…
Tra una ripresa senza troppa convinzione del piano Cottarelli di spending review e un taglio dei trasferimenti improduttivi alle imprese, la via maestra tracciata dall'economista grillino è : no alle privatizzazioni, no all'austerity e si all'aumento del deficit pubblico per finanziare investimenti.
Alla fine quello che ne viene fuori è una versione nostrana moderata del marxista greco Varoufakis, senza però il suo coraggio.
E badate bene, questa è l'unica nota positiva

Comunque, come che sia, il cardine del piano grillino è l'aumento del deficit e lo sforamento del parametro del 3%.
Che più o meno è anche il progetto di tutte le altre forze politiche, dal Partito Democratico di Renzi che però vuole fermarsi proprio al 3%, a Forza Italia e Lega che vogliono finanziare la loro flat tax esattamente sforando il parametro del 3%.
Quindi, più debito per combattere il debito.
Come può reggere questa sciocchezza alla prova dei fatti?
Ce lo dice proprio l'economista grillino: tramite il moltiplicatore fiscale che secondo lui è maggiore di 1.
Vediamo di analizzare la questione.
Il concetto di moltiplicatore è stato introdotto da Keynes nel 1936 nella sua teoria generale, anche se la prima elaborazione teorica si deve ad un suo studente.
Cosa prevede?
Molto semplicemente che un aumento della spesa pubblica di 1 euro, permette di generare immediatamente un aumento del reddito leggermente inferiore, poniamo di 0,8 euro, ma questo aumento a sua volta genererà a catena una serie di altri aumenti, via via sempre minori, ma che sommati, porteranno il reddito totale generato dal singolo euro speso, ad essere ampiamente superiore all'euro e quindi ad un livello tale da ripagare la spesa effettuata anche a debito.
Questo giochetto funziona sempre?
No.
Nel processo moltiplicatore entrano in campo anche altri fattori che lo limitano.
Diciamo che l'analisi teorica, anche keynesiana, è arrivata alla conclusione che normalmente il moltiplicatore non è un dato fisso e varia a seconda dello stato dell'economia.
E la ricerca empirica?
Nel 2013 fece scalpore un articolo del fondo monetario internazionale, firmato dall'economista keynesiano Olivier Blanchard, che ipotizzava l'esistenza di un moltiplicatore superiore ad 1.
Bene, visto che questa ricerca è la più famosa, la più citata e la più seria, proviamo ad esaminarla.
E cosa dice il buon Blanchard?
Qui il testo originale http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1301.pdf
Se nella prima versione del paper ( ottobre 2012 ) si poteva vedere come il moltiplicatore era alto, forse, per i paesi in profonda recessione e deflazione ( dal grafico della deviazione dalle previsioni, all'epoca sostanzialmente due : Grecia e Romania ) , nella versione definitiva di gennaio 2013 , Blanchard precisava e chiarificava la tesi dicendo testualmente :
" However, our results need to be interpreted with care. As suggested by both theoretical considerations and the evidence in this and other empirical papers, there is no single multiplier for all times and all countries. Multipliers can be higher or lower across time and across economies. In some cases, confidence effects may partly offset direct effects."
Quindi il moltiplicatore non è un dato fisso , ma cambia da paese a paese, nel tempo e a seconda delle condizioni.
Quindi come nell'elaborazione teorica esposta sopra.
Ma finalmente e definitivamente prosegue dicendo che :
" As economies recover, and economies exit the liquidity trap, multipliers are likely to return to their precrisis levels."
Quindi quando l'economia esce dalla recessione e torna a crescere e non è più in stato di trappola della liquidità, il moltiplicatore scende e torna ai livelli pre crisi.
Livelli pre crisi che lo stesso Blanchard era concorde nel ritenere attorno a 0.5.
Ripetiamo : 0.5.
Ecco le sue parole :" This evidence, and our finding of no gap, on average, between assumed and actual fiscal multipliers before the crisis, would imply that multipliers assumed prior to the crisis were around 0.5".
Tutto questo è conforme con quanto viene trovato successivamente nel 2015 da Mohlmann e Suyker, che ripetono esattamente lo stesso lavoro di Blanchard ma lo estendono fino ad oggi.
E trovano che se la deviazione dalle previsioni, e quindi dal moltplicatore usato pari a 0.5, è significativa per il periodo 2009-2013, così non è più nel 2014 e nel 2015 https://voxeu.org/…/blanchard-and-leigh-s-fiscal-multiplier…
Non solo: ricordano anche che in realtà, come trovato da Lewis e Pain, se da tutte le analisi togliamo la Grecia, ecco che anche per il periodo 2009-2013, il moltiplicatore continua ad essere superiore a 0.5, ma molto meno rispetto a quanto ipotizzato.
Ricordando che:
1) un moltiplicatore pari a 0.5 vuol dire che per ogni euro di aumento della spesa pubblica in deficit, il pil cresce di mezzo euro ma il debito di 1 euro.
2) che l'Italia del 2018 non è in recessione profonda
3) che l'Italia del 2018 non è in deflazione
Ecco, considerando questo, la via per il default se oggi ci mettiamo a fare più deficit è più o meno tracciata.
In barba a tutti i Varoufakis e compagni vari.
Buona giornata.
Nel secondo caso è un altro amico, che insegna matematica all'università, che i modelli della menzionata teoria li conosce professionalmente, a scrivere:
Al di là delle sciocchezze, anzi, falsità, sui moltiplicatori fiscali maggiori di uno di cui Roventi parla a vanvera nell'intervista, c'è un aspetto preoccupante nella deriva pseudoscientifica di alcune "scuole economiche alternative". Da qualche anno la cosiddetta teoria dei sistemi complessi (termine buono per tutto e per nulla) è diventata una sorta di mantra per gli intellettuali che cercano disperatamente di sostituire le proprie idiosincrasie al metodo scientifico di indagine. Non c'è dubbio che l'Economia sia, malgrado tutto, una scienza ancora giovane. Però di passi fondamentali ne ha fatti, soprattutto nella microfondazione, sulla quale si basano le teorie neoclassiche e neokeynesiane.
Tutto il problema della crescita economica si concentra in un due termini: incentivi ed efficienza. Pensare di potersene fregare e sostenere che basta pompare credito artificiale nel sistema per farlo crescere è come voler fare marciare un'auto aggiungendo acqua al serbatoio giusto per mantenerlo pieno. Ovviamente non si può: non è la pressione del carburante a far andare il motore, ma la sua qualità.
Dopo ave rletto ho commentato: credo che uno sia liberissimo di sviluppare "modelli Keynesiani e Schumpeteriani basati sulla teoria dei sistemi complessi". Il problema si presenta quando sulla base di questi modelli uno passa all'azione e cerca di modificare la realtà. Nella teoria della complessità leggo che l'evoluzione (il cambiamento) non è darwiniana ma procede per biforcazioni e catastrofi. Nella scheda di wikipedia mi ha colpito questo periodo:
"È impossibile prevedere l'esito di una bifocazione; il sistema può tanto stabilizzarsi e tornare allo stato di partenza, quanto assumere nuovi stati completamente diversi. La particolarità di questo tipo di dinamica evolutiva è che il risultato finale può non essere necessariamente un'ottimizzazione del sistema o un suo miglioramento, ma anche una sua regressione o nel peggiore dei casi la sua distruzione."
Ecco, mi raccomando, votiamo 5Stelle.