RENZI, IVA E PICCOLI IMPRENDITORI:
LO STATO INCASSA MA NON RESTITUISCE,
E LE BANCHE FANNO FESTA
Di #GabrieleZangarini
Immaginate, come ha immaginato Renzi, che per perseguire un obiettivo tanto impervio ci si debba appoggiare ad eccelse menti dell'economia, tipo quel deputato originario di Tel Aviv di nome Yoram Gutgeld. Uomo di sinistra, israeliano, titolato. Paracadutato in Italia per uno stage alla McKinsey, multinazionale americana della consulenza, nel giro di qualche anno si è ritrovato italiano d'adozione: moglie dei paesi nostri e parlamentare democratico. Circoscrizione abruzzese, ala renziana. Matteo lo adora. Si vede poco, si sente molto. E' colui che orchestra ogni politica economica del Fonzie gigliato, il suo personalissimo consigliere, da quanto si vocifera nei corridoi di Montecitorio. Questo ometto, calvo e occhialuto, sa come stare dietro le quinte, forte del suo passato nei servizi segreti israeliani, ma più di ogni altra cosa sa come risparmiare, come creare soldi dal nulla, vista la sua ventennale esperienza presso la società di consulenza strategica, tra le più quotate del pianeta.
Immaginate ora un imprenditore medio-piccolo. Uno di coloro che Matteo mascherato da Silvio ritiene il fulcro dell'Italia dai tempi del boom economico, un elemento quindi indispensabile per la crescita, o perlomeno il mantenimento, del benessere tricolore. Pensate ora che come qualsiasi attività imprenditoriale anche il nostro eroe in questione suddivida il proprio esercizio tra costi e ricavi, acquisti di materia prima e offerta di servizi.
Bene, ora che avete circoscritto il perimetro e identificato i personaggi, immaginate che l'impresa guidata dal tal dei tali lavori quasi esclusivamente per aziende statali, ossia offra servizi ad aziende di proprietà dello stato. Bel lavoro, direte. Lo stato paga sempre, quando non è dato sapersi. Sei mesi, un anno, un anno e mezzo. Che ci importa, sono soldi sicuri. Sì, ma i fornitori vogliono la grana in due, tre mesi; quattro se sono magnanimi. Ma questo è un problema secondario.
Immaginate adesso che nel 2015 il governo del moderno Don Chisciotte, alias Matteo Renzi, decida di combattere l'enorme mulino a vento chiamato evasione fiscale. Serve quindi una manovra aggressiva, che colpisca laddove è possibile portare a casa denaro. Non si tocchino per carità i grandi e certificati evasori, gli amanti di Panama, i miliardari disonesti, i professionisti inglobati nella casta. Piuttosto ci si concentri sui piccoli imprenditori, soprattutto quelli che con lo stato ci devono lavorare per forza di cose.
E' così che il buon Gutgeld nel 2015, in pool con altri illuminati economisti, ha pensato un provvedimento denominato “Split Payment”. Obiettivo: recuperare immediatamente l'Iva dalla Pubblica Amministrazione, relativamente ai pagamenti dei servizi offerti dalle imprese. Ossia lo Stato ti paga sì il corrispettivo dell'opera, ma senza Iva, visto che la riversa direttamente nelle casse dell'erario.
Tornate quindi ad immedesimarvi nel nostro imprenditore, che acquista merce e materie prime pagando seduta stante l'Iva e, per contro, offre le proprie prestazioni alla Pubblica Amministrazione senza ricevere l'Iva. In un mondo ideale, che non è l'Italia, l'Iva a credito dovrebbe essere riversata all'imprenditore nel giro di pochi mesi, scongiurando ogni problematica di liquidità aziendale. Procedura che in Italia invece necessita di almeno 12-18 mesi.
Ma i Renzi Boys hanno trovato la soluzione: finanziamenti bancari ad hoc, dello stesso importo del credito Iva. Oltre il danno la beffa. Non ottenendo i suoi soldi dallo stato in tempi accettabili, l'imprenditore si ritrova a richiedere un finanziamento ad interessi nemmeno agevolati per non far saltare la baracca. Ancora una volta si ingrassano le banche e si affossano le imprese.
Immaginate adesso cosa ha pensato ogni piccolo imprenditore che la sera del 1° Febbraio ha acceso il televisore, sintonizzato su Rai 3 e ascoltato il signor Gutgeld decantare con enfasi il suo provvedimento alla corte di Santoro.
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