Mafia Capitale, la deputata Pd Campana sarà indagata per falsa testimonianza: “Bugie nella deposizione al processo”
Giustizia & Impunità
di F. Q. | 18 ottobre 2016
I “non so”. I “non ricordo”. I racconti smentiti dalle intercettazioni. I ripetuti appelli della presidente del tribunale a “dire la verità”. Così ora, Micaela Campana, deputata del Pd e responsabile nazionale del partito per il Welfare, sarà indagata per falsa testimonianza nel processo su Mafia Capitale. Una deposizione, la sua, dicono dalla Procura di Roma all’Ansa, contraddistinta “da una serie di bugie e reticenze smentite dal contenuto degli atti processuali”. Come da prassi la trasmissione degli atti si farà durante la requisitoria dei pm, quando i magistrati che hanno condotto l’inchiesta chiederanno ai giudici del tribunale la restituzione del verbale di deposizione della parlamentare, 39anni, originaria di Mesagne ma cresciuta a Roma. La Campana è tra l’altro l’ex moglie di uno degli imputati, Daniele Ozzimo, già assessore alla Casa della giunta Marino e già condannato per corruzione a 2 anni e 2 mesi in primo grado, dopo aver scelto il rito abbreviato. Fu lei, infine, tra l’altro, a chiedere a Buzzi di finanziare le cene elettorali di Matteo Renzi, fornendogli l’iban del Partito democratico.
La deputata democratica ha negato una serie di circostanze emerse, soprattutto, nelle intercettazioni telefoniche. Tra queste di aver incontrato il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico per parlare di un’interrogazione parlamentare suggeritagli, e mai presentata, dal ras delle cooperative Salvatore Buzzi, considerato uno dei capi dell’associazione. Tanti “non so” anche sul ricevimento di finanziamenti dalla cooperativa “29 giugno” e una serie di traslochi chiesti alla stessa struttura di Buzzi.
Le incertezze della Campana – racconta il Corriere della Sera – si sono ripetute in particolare durante l’esame degli avvocati di Buzzi, Alessandro Diddi e Pier Gerardo Santoro. Sono stati i legali a portare in aula i testi delle intercettazioni telefoniche. Le chiedono dei versamenti per le cene elettorali dell’allora sindaco di Firenze, ma anche sulle richieste di soldi per Ozzimo. “Daniele era mio marito – ha risposto lei in udienza – e io all’epoca non avevo incarichi pubblici”. E poi c’è una serie di messaggi e telefonate diventate pubbliche – sottolinea la cronaca del Corriere – per la prima volta nell’udienza di ieri. Ripetuti contatti tra la Campana e il suo staff da una parte e Buzzi e i suoi collaboratori dall’altra: quando la richiesta di un trasloco, in altri casi la proposta di assumere qualcuno. Uno scenario di fronte al quale la deputata del Pd ripete diversi “non ricordo”. Le leggono le trascrizioni degli sms. E lei risponde: “Quei favori non erano per me”.
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