L’INDAGINE
Campania, indagati De Luca e lo staff: «Trattarono per comprare sentenza»
È la decisione che congelò la sospensione di De Luca dalla presidenza della Regione. Indagato per corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio anche un giudice
di FIORENZA SARZANINI
La sentenza che ha consentito a Vincenzo De Luca di rimanere governatore della Campania potrebbe essere stata «truccata». Per questo il presidente e alcuni uomini del suo staff - primo fra tutti il capo della segreteria Nello Mastursi, vicesegretario del Pd regionale, che per questo due giorni fa ha improvvisamente deciso di dimettersi - sono indagati dalla procura di Roma. Sotto inchiesta per i reati di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio anche la giudice del tribunale di Napoli Anna Scognamiglio, relatrice del verdetto; suo marito Guglielmo Manna, manager dell’ospedale Santobono; un altro avvocato che avrebbe fatto da mediatore.
Il fascicolo avviato un paio di mesi fa potrebbe avere effetti devastanti sul governo regionale. Anche perché al centro del negoziato condotto dai collaboratori di De Luca c’è una «nomina pesante» nella sanità campana che Manna aveva chiesto per sé poco prima che il verdetto fosse depositato in cancelleria. Gli uomini della squadra mobile di Napoli hanno già perquisito alcuni uffici di palazzo Santa Lucia e l’appartamento di Mastursi al quale è stato sequestrato anche il cellulare, oltre a numerosi documenti. Del resto sono state proprio le intercettazioni telefoniche a svelare che cosa stesse accadendo la scorsa estate quando il destino di De Luca era in bilico per l’applicazione della legge Severino.
Comincia tutto il 2 luglio scorso: il presidente della prima sezione civile, Gabriele Cioffi, congela il decreto di sospensione firmato dal presidente del Consiglio nei confronti di De Luca e rinvia all’udienza del 17 luglio quando a pronunciarsi sul ricorso contro l’applicazione della normativa per i pubblici ufficiali condannati dovrà essere il collegio. Nessuno può immaginare che nel corso di un’inchiesta avviata dalla procura di Napoli sia finito sotto intercettazione il telefono di Manna. Il manager chiede a un amico avvocato di essere messo in contatto con Mastursi, spiega di poter dare notizie sulla sentenza che entro qualche giorno sarà firmata da sua moglie. La trattativa viene avviata, l’uomo vuole un incarico in Regione, evidentemente gli viene fatto capire che c’è la possibilità di ottenerlo.
Il 17 luglio il tribunale prende la decisione. Il governatore rimane al proprio posto perché, scrive Scognamiglio, «la sospensione comporterebbe la lesione irreversibile del suo diritto soggettivo all’elettorato passivo, posto il limite temporale del mandato elettivo». Gli atti vengono trasferiti alla Consulta e il 22 la sentenza diventa pubblica. Manna passa all’incasso, ma i tempi sono lunghi, la designazione per l’incarico non può essere immediata. Intanto i pubblici ministeri decidono di trasmettere il fascicolo per competenza ai colleghi della capitale visto il coinvolgimento di un giudice del distretto di Napoli.
Circa tre settimane fa scattano le perquisizioni della polizia. Due giorni fa, con le dimissioni di Mastursi, l’indagine finora riservata diventa di dominio pubblico. Adesso bisognerà capire se Manna si sia «venduto» una sentenza già decisa o se invece sia riuscito a influenzare le scelte della moglie. Ma anche e soprattutto accertare il grado di coinvolgimento di De Luca, cioè quando sia stato informato di quello che era accaduto e che cosa abbia fatto. Soprattutto perché il suo capo della segreteria si sia deciso a lasciare l’incarico svariati giorni dopo aver subito i controlli della polizia e aver così saputo dell’inchiesta. Per questo è possibile che venga interrogato a breve.
11 novembre 2015 (modifica il 11 novembre 2015 | 08:29)