mariok ha scritto:Sarebbe interessante un confronto tra i livelli di studio di coloro che escono e quelli che entrano.
Se fosse vero che ad andarsene sono i più preparati, staremmo finanziando l'istruzione per gli altri paesi.
Sicuramente interessante. Per ora ho trovato dati 2013. se trovo altro aggiorno questo thread.
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=ABLB8DHBItaliani in fuga all'estero: boom (+71,5%) di espatri nel 2013 secondo l'Aire. Gran Bretagna al primo postoBoom di espatriati Oltremanica nel 2013: +71,5% in un solo anno. Parla inglese la nuova emigrazione italiana. Cresce del 19% l'emigrazione complessiva: lo scorso anno gli italiani fuggiti all'estero hanno sfiorato quota 100mila. Assume i contorni di una vera e propria "invasione" l'espatrio di italiani in Gran Bretagna, secondo i dati ufficiali Aire (Anagrafe Italiani Residenti all'Estero), che la trasmissione di Radio 24 «Giovani Talenti», condotta da Sergio Nava, rivela in esclusiva nella puntata di sabato 10 maggio, in onda alle 13.30.
Nel 2013 la Gran Bretagna è diventato il primo Paese mondiale di emigrazione per gli italiani, con 12.904 espatri ufficiali (segnalati all'ufficio Aire). L'incremento rispetto al 2012 è stato del 71,5%. Il vero boom di espatri verso il Regno Unito si registra soprattutto nella
fascia 20-40enni: lo scorso anno sono approdati Oltremanica 8487 italiani in quella fascia d'età, con un incremento dell'81%, rispetto al 2012. Più numerosi i 20-30enni (4351), rispetto ai 30-40enni (4136).
A livello generale, anche il 2013 ha visto crescere l'emigrazione ufficiale italiana verso l'estero: 94.126 i connazionali espatriati, con un incremento del 19,2% rispetto al 2012 (anno nel quale la crescita era stata pari al 30%). Oltre a sfiorare quota 100mila unità, l'emigrazione ha fatto registrare in soli due anni un incremento del 55% (dai 60.635 del 2011).
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Per dare un'idea comparativa, è come se - nel 2013 - l'intera città di Alessandria si fosse trasferita all'estero. Anche se e' più ragionevole ritenere che -poiché
circa un italiano su due non comunica il proprio trasferimento oltreconfine- sia stato l'equivalente della città di Prato (188mila abitanti) ad emigrare, nel 2013.
Caratteristiche generali: boom di emigranti dal Lazio. Si espatria sempre più dal Centro-Nord Italia. A livello di provenienza regionale, resta ampiamente primatista la Lombardia, con 16.418 espatri (+24,7% sul 2012), seguita dal Veneto (8743 emigrati). La vera sorpresa è però il Lazio, che in un solo anno sale di due posizioni e scalza la Sicilia dal terzo posto: 8211 gli emigranti laziali, con un incremento del 37,9%.
L'emigrazione all'estero assume sempre di più i connotati di un fenomeno del Centro-Nord del Paese: nella "top ten" regionale degli espatri 2013 troviamo al quarto posto la Sicilia (7818), al quinto il Piemonte (7267), al sesto l'Emilia-Romagna (6682), al settimo la Campania (6249), all'ottavo la Toscana (5159), al nono la Calabria (4716) e al decimo la Puglia (4665).
L'Europa resta il "porto sicuro" dei nostri emigranti: nel 2013 si sono trasferiti nei Paesi del Vecchio Continente 60.066 italiani, il 63,81% sul totale degli espatriati.
Come anticipato, la Gran Bretagna passa dal terzo al primo posto, tallonata dalla Germania (11.731 emigrati nel 2013), dalla Svizzera (10.300), dalla Francia (8342) e dall'Argentina (7496). Nella "top ten" dei Paesi di emigrazione da segnalare il sorpasso del Brasile (sesto Paese di destinazione) sugli Stati Uniti (ora settimi).
Anche nel 2013 gli uomini hanno costituito il 56% degli espatriati, le donne il 44%.
Fascia 20-40enni.La "fuga dei talenti" non cala:
un emigrante su due ora è "under 40". Gli "under 40" italiani fanno registrare una maggiore propensione alla fuga: lo scorso anno sono emigrati in 45.516. In percentuale, il 48,3% sul totale. Praticamente uno su due. Più numerosi i 30-40enni (24.001), rispetto ai 20-30enni (21.515). Rispetto al 2013, l'incremento di espatri in questa fascia d'età è stato del 28,4%, superiore dunque alla media generale di quasi dieci punti. Nessun calo rispetto al 2012, quando l'incremento era stato del 28,3%.
Anche per i 20-40enni l'Europa fa la parte del leone quale Continente di approdo, "assorbendo" il 70,3% della nostra emigrazione: la Gran Bretagna stacca tutti, seguita dalla Germania (6023 20-40enni, +17%) e dalla Svizzera (5016, +22%).
Interessante notare come la Germania attiri la fascia più giovane degli emigranti (3270 i 20-30enni), mentre la Svizzera costituisca un porto di approdo per quella più matura (2667 i 30-40enni).
Le prime tre regioni di provenienza degli "under 40" sono, nell'ordine: Lombardia, Veneto e Lazio. Tra i giovani il gruppo più numeroso di espatrio è quello dei 30-40enni lombardi (in 4421 hanno lasciato lo scorso anno la regione), seguiti dai 20-30enni lombardi (3596 espatriati), dai 30-40enni laziali (2360), dai 30-40enni veneti (2145) e dai 20-30enni siciliani (2069).
Infine, sempre secondo dati Aire, gli espatriati italiani al 31/12/2013 hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 2.379.977 (calcolata a partire dall'1/7/1990). Gli italiani complessivamente residenti all'estero alla stessa data erano invece 4.482.115.
«Non è che vado all'estero: scappo dall'Italia». Ecco perché 4 laureati su 10 non ne vogliono sapere di lavorare qui
Prima la fuga, poi il lavoro. Secondo l'Osservatorio Istud 2013-2014, il 41% dei giovani sceglie l'estero come prima opzione. Anche senza un progetto in cantiere
di Alberto Magnani
Perché i giovani non vogliono lavorare in Italia / IntroduzioneSe hai un progetto, vai all'estero. O viceversa. L'edizione 2013-2014 dell'Osservatorio Istud ha messo a confronto sogni, ansie e aspettative sul proprio futuro di 3.289 giovani di Europa, America e Asia. Il paragone tra italiani e "resto del mondo" ribadisce la voglia di fuga dalla Penisola: più di 4 laureati su 10 preferirebbero trasferirsi, oltre l'80% reputa «povere» o addirittura «poverissime» le opportunità professionali offerte dall'imprese di casa propria. Ma c'è di più. Se in Germania o Stati Uniti le esperienze internazionali sono viste come opportunità di formazione, in Italia più del 20% degli under 30 identifica con la fuga la sua (unica) chance di trovare lavoro. Vediamo perché.
2. Perché i giovani non vogliono lavorare in Italia / Prospettive zeroDomani è un altro giorno. E se il fuso orario è diverso, meglio ancora: secondo l'Osservatorio, più di 8 "italians" su 10 non vedono prospettive professionali nel paese d'origine. Nel dettaglio, le opportunità lavorative sono considerate «povere» o «molto povere» dal 32,4% e il 52,2% degli intervistati, contro una media generale del 17,7% e del 20,2%. Se si ribalta la prospettiva, lo sbalzo è ancora più largo: solo il 3% dei laureati italiani considera «molte buone» le offerte di casa propria, contro il 26,1% dei grossi paesi industriali dell'Occidente (i "Gwic", Great Western Industrial Countries: Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna...) e addirittura il 40,6% dei Bric (i paesi emergenti o già emersi come Brasile, India e Cina). In altre parole: un under 30 qualificato di Pechino o Brasilia è 13 volte più ottimista sul proprio futuro rispetto a un coetaneo di Milano o Roma. «C'è una fortissima disillusione. I giovani italiani non vedono prospettive» spiega al Sole 24 Ore Antonio Nastri, ricercatore Istud. I rischi? Ad esempio, "partire per partire" senza un progetto specifico: «C'è una maggiore disponibilità ad accettare qualsiasi cosa – spiega Nastri - Gli italiani fanno più fatica a mettere a fuoco la propria fantasia professionale, soprattutto in un settore stabile».
3. Perché i giovani non vogliono lavorare in Italia / L'estero è la prima sceltaMa i soggiorni a Londra, Berlino, Shangai sono un'occasione o una fuga? Nel caso degli italiani, una fuga. «Potendo scegliere», ben il 41,6% degli intervistati volerebbe all'estero come prima opzione sul suo domani. È vero: tra i Brics si parla comunque di un caso su 5 (il 23,3%), se ci si sposta sui cugini di Europa o negli Stati Uniti la percentuale è di poco inferiore: il 38,8%. A far la differenza non è il dove, ma il perché: se i giovani international partono nel segno di una «futuro migliore», gli italiani si limitano alla fuga da un «presente peggiore" o comunque sprovvisto del suo minimo sindacale. Lo dimostra un dato: il 21,4% dei connazionali affida alle sue esperienze fuori dall'Italia qualsiasi spiraglio per "opportunità che non sono offerte nel mio paese", contro percentuali ferme all'11,2% nel caso dei Gwic e addirittura al 6,7% nel caso dei Bric. «Il sogno dell'estero c'è sempre stato – spiega ancora Nastri -. Il punto è che si sta affermando sempre di più come prima scelta. E quando chiediamo quali sono le aspettative, la prima risposta che ci viene fornita è: trovare qui le opportunità che non trovo in Italia». Le formazioni post laurea interessa a pochi: la ricerca evidenzia come poco più dell'11% degli italiani intervistati si apra alle ipotesi di un master, contro il 40,5% dei giovani nati e cresciuti nei Bric e il 21,6% dei coetanei di Europa e Usa.
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